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Archeologia subacquea. Dai fondali del porto romano di Misenum (Bacoli, Na) riaffiorano antichi frammenti di storia: due architravi marmorei con modanature in rilievo e un frammento di colonna in marmo. Dopo i restauri saranno esposti nelle sale del Palazzo dell’Ostrichina, voluto da Ferdinando IV di Borbone. Il soprintendente Nuzzo: “Risultato di straordinaria rilevanza storica e scientifica per i Campi Flegrei”. Il sindaco Della Ragione: “Così il Parco Vanvitelliano diventerà ancor di più polo museale di epoche diverse”

Porto romano di Miseno_ recupero di architrave marmorea dai fondali (foto sabap-na)

Porto romano di Miseno_ rilievo dei fondali (foto sabap-na)

Dai fondali del porto romano di Misenum riaffiorano antichi frammenti di storia: due architravi marmorei con modanature in rilievo e un frammento di colonna in marmo cipollino sono stati recuperati nel tratto di mare tra Punta Terone e Punta Pennata, al largo di Bacoli. Reperti di eccezionale valore storico e archeologico, sommersi dal bradisismo e ora restituiti alla comunità. L’importante operazione di recupero archeologico è stata condotta con successo nei fondali marini antistanti il porto di Miseno a Bacoli, in particolare nei pressi dell’imboccatura del porto romano dell’antica colonia di Misenum, base navale della Classis Misenensis, la più importante flotta dell’impero Romano nel mar Tirreno, portando alla luce reperti di eccezionale valore storico e culturale, risalenti all’epoca imperiale. Un’operazione delicatissima, coordinata dalla soprintendenza con l’Ufficio Archeologia Subacquea diretto da Simona Formola, insieme a Carabinieri Subacquei, TPC, Guardia di Finanza, Guardia Costiera e Comune di Bacoli, nell’ambito di un protocollo d’intesa nato per studiare, tutelare e valorizzare il patrimonio sommerso dei Campi Flegrei, uno dei poli archeologici subacquei più rilevanti del Mediterraneo, avviando un’attività di documentazione e recupero di un cumulo archeologico di notevoli proporzioni, unico nel suo genere.

Architravi marmorei con modanature in rilievo sui fondali del porto romano di Misenum (foto sabap-na)

Si tratta di un contesto archeologico di materiali eterogenei, che si estende per circa 90 m di lunghezza nel tratto di mare che va da Punta Terone a Punta Pennata, largo mediamente 22-23 m, alto circa 2 m, e che si trova ad una profondità variabile da 5 a 9 m sotto il livello del mare. Ad esso si riferiscono, a partire dagli inizi degli anni ‘80 del secolo scorso, numerosi quanto sorprendenti rinvenimenti occasionali, mentre uno scavo sistematico condotto nel 1996, portò alla luce, nonostante la parzialità dell’indagine, una messe di reperti di pregio e dati storico-archeologici di grande rilevanza (statue, basi iscritte, frammenti di architravi, basi di colonne), ora conservati al museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Frammento di colonna sui fondali del porto romano di Miseno (foto sabap-na)

Si tratta evidentemente di elementi scultorei e decorativi appartenenti agli edifici pubblici della colonia romana che costellavano l’insenatura, prima che il bradisismo li sommergesse. Il cumulo archeologico, che costituisce dunque un bacino inestimabile di informazioni e dati storici, rappresenta un intervento post-antico, creato non dal sovrapporsi di strutture crollate, ma da un accumulo intenzionale di materiali edilizi, probabilmente con lo scopo di ottenere una barriera di protezione soffolta, alla stessa stregua della funzione esercitata dalla moderna diga foranea, contro le ingressioni marine generate in particolare dai venti di Scirocco. A suggerire l’interpretazione è lo stato di conservazione dei reperti, che mostrano la faccia inferiore corrosa dai litodomi, sebbene non sia a diretto contatto con l’ambiente marino, e alcuni segni di percolazioni che conservano in superficie alcuni architravi, come se fossero stati a lungo esposti agli agenti atmosferici, e quindi accantonati dopo il crollo o lo smontaggio intenzionale, per essere poi utilizzati come materiali di reimpiego.

Operazioni dei Carabinieri Subacquei del Nucleo di Napoli nello specchio d’acqua di Capo Miseno (foto sabap-na)

Pertanto, sia in ragione della tutela di reperti archeologici alla mercè degli agenti naturali, sia dell’alto interesse che riveste dal punto di vista archeologico la conoscenza della consistenza di tali reperti conservati sul fondale, è stato stipulato un anno fa un Protocollo d’intesa tra la Soprintendenza e il Comune di Bacoli, grazie anche al vivo interesse del sindaco Josi Gerardo della Ragione e di Mauro Cucco, vicesindaco del Comune di Bacoli con delega alla Cultura, finalizzato alla realizzazione di indagini indirette nell’area del Porto di Misenum, nell’ottica di promuovere e sostenere, congiuntamente, ricerche, studi e altre attività conoscitive sul patrimonio culturale sommerso e di promuovere azioni di sensibilizzazione relative ai temi della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale costiero e marino. Sono stati pertanto eseguiti un rilievo completo dell’intero cumulo, comprensivo di caratterizzazione 3D, foto di dettaglio, rilievi iperspettrali delle sezioni più rappresentative del cumulo e del fondale marino su cui esso s’imposta, che hanno consentito di individuare alcuni reperti notevoli giudicati idonei al recupero e all’acquisizione al patrimonio dello Stato, mediante una delicata operazione di recupero, con l’utilizzo di palloni di sollevamento, con carico sommerso sospeso, e trasportati via mare con l’ausilio della motovedetta dei Carabinieri Subacquei. Nello specifico si tratta di due architravi marmorei con modanature in rilievo e un frammento di colonna in marmo cipollino. L’importanza di tali reperti consiste nel dato archeologico e storico che essi restituiscono, fornendo un importante tassello ricostruttivo sulla vicenda insediativa della colonia romana di Misenum e dei suoi monumenti pubblici, di cui ancora poco si conosce.

Operazioni per il sollevamento e il recupero dei reperti dai fondali del porto romano di Miseno (foto sabap-na)

I reperti recuperati saranno sottoposti ad un accurato lavoro di restauro e conservazione dopo le operazioni di desalinizzazione in vasche, predisposte presso il Parco Borbonico del Fusaro, con l’obiettivo di essere a breve esposti al pubblico, nelle sale del Palazzo dell’Ostrichina, voluto da Ferdinando IV di Borbone, messe a disposizione dal Comune di Bacoli, in una mostra permanente. Le operazioni, coordinate dal responsabile dell’Ufficio Archeologia Subacquea della Soprintendenza, Simona Formola, sono state rese possibili grazie al supporto operativo e tecnico specialistico dei Carabinieri Subacquei del Nucleo di Napoli, con cui sono state effettuate numerose ricognizioni preliminari, documentazione video-fotografica di tutte le operazioni svolte nell’area e infine il sollevamento e il trasporto via mare dei reperti, il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale (TPC), e grazie alla disponibilità della base logistica del Reparto di Supporto tecnico della Guardia di Finanza di Miseno, offerta dal colonnello Biagio Looz – comandante del Gruppo di Ricerca, Sviluppo, Standardizzazione e Supporto Tecnico della GdF di Nisida – e del ten. col. Nicola Attollino, per tutte le attività di terra relative al sollevamento, carico e trasporto dei reperti. A garantire la sicurezza della navigazione sono intervenute le unità navali della Guardia Costiera dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Pozzuoli, grazie alla disponibilità del comandante tenente di Vascello Edoardo Russo, e del comando Locamare di Baia, grazie alcComandante Marco D’ Angiolella. Ad assicurare invece l’idonea cornice di sicurezza in mare, anche in considerazione dell’avvento del periodo estivo, caratterizzato da numerose unità da diporto nell’area teatro delle operazioni, hanno offerto il necessario supporto le motovedette della Guardia di Finanza del Reparto operativo Aeronavale di Napoli, comandate dal colonnello Emilio Vitrone.

Si è voluto condividere, anche in linea con gli auspici della Convenzione Unesco per la protezione del patrimonio culturale subacqueo, questa eccezionale operazione di recupero, la prima di numerose altre in programma, anche con una diretta streaming subacquea realizzata con tecnologia Naumacos di Gabriele Gomez de Ayala, che ha consentito al vasto pubblico collegato on line di seguire in tempo reale le operazioni di recupero su tutte le piattaforme social istituzionali della Soprintendenza.

Architrave recuperata dai fondali del porto romano di Miseno: da sinistra, il sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione; il soprintendente Mariano Nuzzo; la responsabile dell’Ufficio Archeologia Subacquea della Soprintendenza, Simona Formola (foto sabap-na)

“Il recupero di questi reperti rappresenta un risultato di straordinaria rilevanza storica e scientifica”, dichiara il soprintendente Mariano Nuzzo, che ha seguito di persona l’intera operazione da mare, illustrando le procedure seguite e le diverse fasi del recupero. “I frammenti marmorei rinvenuti testimoniano la ricchezza e l’importanza anche simbolica di complessi pubblici che caratterizzavano l’intera colonia. Si tratta di elementi architettonici che con ogni probabilità appartenevano ad edifici rappresentativi del potere imperiale, strettamente connessi alla Classis Misenensis. Questi reperti non solo arricchiscono le nostre conoscenze del paesaggio urbano dell’epoca, ma ci restituiscono anche un’immagine viva e tangibile della dimensione politica, sociale e culturale di Miseno nel contesto del Mediterraneo antico. Desidero esprimere un sentito ringraziamento all’Ufficio Archeologia Subacquea della nostra Soprintendenza, per la professionalità e la competenza dimostrate in tutte le fasi dell’intervento, nonché agli operatori subacquei e tecnici specializzati che hanno lavorato con dedizione e rigore scientifico al recupero. È grazie alla sinergia di queste forze che oggi possiamo restituire alla comunità un tassello prezioso della nostra memoria storica”.

Autorità e tecnici sulla banchina attorno a una delle architravi recuperate dai fondali del porto romano di Miseno (foto sabap-na)

E il sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione, presente anch’egli durante l’intervento di recupero: “È una giornata storica per Bacoli ed i Campi Flegrei. Recuperare meraviglie d’epoca romana dal nostro fondale, significa ridare luce a tesori che arricchiranno l’offerta turistica della città. E qualifica il mare flegreo come scrigno di tesori ancora da scoprire. Accade anche questo in un angolo di mondo che convive da millenni con il bradisismo. Da Baie a Misenum, all’intera costa bacolese. Così il Parco Vanvitelliano diventerà ancor di più polo museale di epoche diverse, culture interconnesse. Ringrazio per la grande sensibilità il soprintendente Mariano Nuzzo, con il quale continua una sinergia capace di valorizzare l’archeologia, i paesaggi e la cultura come volano indiscusso dello sviluppo sostenibile a cui deve tendere il nostro territorio”.

Firenze. Al museo Archeologico nazionale la mostra “Visioni di miti e riti etruschi a Firenze”: quattro lastre dipinte intere recuperate a Cerveteri dalla Guardia di Finanza e una quinta acquisita all’asta dalla fondazione Rovati e data alla Stato

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Locandina della mostra “Visioni di miti e riti etruschi a Firenze” al museo Archeologico nazionale di Firenze dal 19 dicembre 2024 al 7 aprile 2025

Il museo Archeologico nazionale di Firenze ospita la mostra “Visioni di miti e riti etruschi a Firenze” dal 19 dicembre 2024 al 7 aprile 2025. Sono esposte quattro lastre dipinte intere, datate alla fine del VI secolo a.C., recuperate a Cerveteri nel 2019 dalla Guardia di Finanza, straordinario risultato di una grande collaborazione tra istituzioni pubbliche che vede, accanto al museo Archeologico nazionale di Firenze e alla direzione generale Musei del ministero della Cultura, il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Roma della Guardia di Finanza – Sezione Tutela Beni demaniali e di interesse pubblico, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, in accordo con la direzione regionale Musei nazionali della Toscana.

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Le quattro lastre etrusche dipinte trafugate da Cerveteri e recuperate dalla Guardia di Finanza nella presentazione di TourismA 2024 (foto graziano tavan)

Una sorprendente ‘pinacoteca’ figurata recuperata nell’estate del 2019 dalla Guardia di Finanza, nel corso di un’operazione di contrasto al commercio clandestino di reperti archeologici. Gli straordinari reperti sono stati prodotti nei decenni finali del VI secolo a.C. in un’officina della città etrusca di Caere (odierna Cerveteri), probabilmente per decorare le pareti di un tempio. Il fregio della parte superiore, comune a tutte e quattro, rappresenta un meandro spezzato che incornicia riquadri con uccelli acquatici e motivi floreali a stella. La superficie è stata danneggiata dai maldestri tentativi di pulizia dei ladri d’arte che le hanno strappate al loro contesto.

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La presentazione al museo Archeologico nazionale di Firenze delle quattro lastre dipinte da Cerveteri con la Guardia di Finanza e il direttore Daniele Maras (foto maf)

La mostra, inaugurata giovedì 19 dicembre 2024, riunisce opere d’arte eccezionali, che hanno superato l’ingiuria del tempo e i danni causati dai ladri d’arte per raccontarci la visione etrusca di miti e riti attraverso una straordinaria tavolozza di colori. Ad accoglierle il direttore del museo, l’etruscologo Daniele F. Maras, che è stato parte sin dall’inizio del gruppo di lavoro della soprintendenza che ha studiato le lastre e le ha restituite alla fruizione pubblica. “Grazie a iniziative espositive come questa, che fa seguito a una breve anteprima nella primavera del 2024 a Vetulonia (vedi Vetulonia (Gr). Al museo civico Archeologico “Isidoro Falchi” apre la mostra “Quadri etruschi raccontano. Le figure del mito e del rito a Vetulonia”, presentata in anteprima a TourismA 2024: quattro lastre etrusche in terracotta dipinta provenienti da scavi clandestini presso Cerveteri, e recuperate nel 2019 dalla Guardia di Finanza | archeologiavocidalpassato), si porta a compimento il ciclo della tutela per le quattro lastre, dalla protezione (assicurata dalla Guardia di Finanza), alla conservazione (resa possibile dalla soprintendenza) fino alla valorizzazione (garantita nel contesto del Museo). Solo così lo sguardo etereo di Pentesilea, l’esuberante vitalità della coppia in corsa, l’esplosione di colori delle ali di Hermes, i gesti enigmatici degli aruspici torneranno a svolgere la funzione per cui sono stati creati: comunicare con il pubblico e trasmettere la voce degli artisti del passato”.

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Il direttore del Maf Daniele Maras accanto alla lastra del Viaggiatore etrusco, nella mostra “Visioni di miti e riti etruschi a Firenze” (foto maf)

Ai quattro capolavori si aggiunge un’altra recente acquisizione, il “Viaggiatore etrusco”: un ulteriore straordinario frammento di lastra dipinta che conserva il profilo di un giovane dalla ricca acconciatura in tenuta da viaggio, che potrebbe in realtà essere il costume di scena di un attore intento in una performance a soggetto mitologico. Il frammento, ritrovato a Cerveteri in epoca imprecisata, è rimasto in collezioni private americane fino al 2020, quando è stato acquistato dalla Fondazione Luigi Rovati di Milano, con l’intento meritorio dichiarato di cederlo allo Stato, consegnandolo poi alla soprintendenza ABAP per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale. Dopo essere stato presentato a Venezia e a Roma, oggi il Viaggiatore è partito di nuovo, questa volta per tornare in Etruria ed essere esposto a Firenze assieme ad altri capolavori dell’arte etrusca. “Il patrimonio culturale – conclude con soddisfazione il direttore Maras – compie la propria missione quando è messo in condizione di raggiungere il pubblico e di promuovere lo sviluppo della cultura. È questo lo scopo di una mostra su opere della pittura antica come quelle che presentiamo oggi, che – sebbene rimaste prive di contesto a causa degli scavatori clandestini – continuano ancora a narrare per immagini la storia, il mito e l’arte”.

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Lastra dipinta etrusca arcaica da Cerveteri: il combattimento tra Achille e Pentesilea, in cui la regina delle Amazzoni si lancia, contro l’eroe greco che la sconfiggerà (foto sabap vt-em)

Le lastre raffigurano il duello tra Achille e Pentesilea con l’eroe greco a sinistra, racchiuso in una pesante armatura, che si ripara dietro lo scudo e si prepara a colpire la regina delle Amazzoni, che sprezzante del pericolo si scaglia verso di lui brandendo una spada insanguinata. Il volto dell’eroina, sereno e distaccato, sottolinea la scelta dell’artista etrusco di rappresentarla all’apice della gloria, subito prima che il nemico la trafiggesse.

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Lastra dipinta etrusca del VI sec. a.C. da Cerveteri: un’eroina armata di arco (foto sabap vt-em)

La seconda si ipotizza possa illustrare una corsa di dei o di eroi. Un uomo biondo dalla carnagione rossa brandisce un ramo dalle foglie dorate mentre insegue una donna dalla chioma riccia armata di arco: potrebbe trattarsi di Apollo e Artemide con i rispettivi attributi divini, oppure della vergine cacciatrice Atalanta sfidata alla corsa dal suo futuro sposo Melanione, che vinse la gara lasciando cadere tre mele d’oro per distrarla.

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Lastra dipinta etrusca del VI sec. a.C. da Cerveteri: il messaggero degli dei Hermes, l’etrusco Turms, dalle ricche ali (foto sabap vt-em)

Non manca la straordinaria iconografia del Giudizio di Paride con a destra il messaggero degli dèi Hermes, dalle ali variopinte e con in mano uno scettro, che precede Hera, prima delle tre dee in lizza per scegliere la più bella tra loro. In origine le altre due dee (Atena e Afrodite) e il giovane Paride chiamato a giudicare erano raffigurati su due lastre adiacenti, purtroppo andate perdute.

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Lastra dipinta etrusca del VI secolo a.C. da Cerveteri: coppia di aruspici al lavoro (foto sabap vt-em)

Due aruspici etruschi al lavoro sono rappresentati in un’altra delle lastre esposte dove un giovane sacerdote dai capelli lunghi ha appena completato un rito di divinazione osservando gli uccelli con il lituo (il bastone ricurvo che ora tiene sulla spalla) e sta comunicando la volontà degli dèi al suo compagno con la barbetta a punta, che si affretta verso destra tenendo in mano un ramoscello con dei frutti rossi.

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Il Viaggiatore Etrusco, lastra dipinta acquisita all’asta dalla Fondazione Rovati e donata allo Stato italiano (foto archeologia viva)

Infine completa l’esposizione un piccolo ma prezioso frammento di lastra dipinta con un “Viaggiatore etrusco” acquistato dalla Fondazione Luigi Rovati di Milano nel 2020, presso una casa d’aste di New York, con l’intento dichiarato di cederlo allo Stato italiano, e consegnato alla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale. Un accurato restauro a cura di Antonio Giglio ha reso possibile lo studio della decorazione e l’esposizione del pezzo prima a Venezia e poi a Roma: oggi il Viaggiatore è partito di nuovo, questa volta per tornare in Etruria ed essere esposto a Firenze. Il frammento dipinto riproduce il profilo di un giovane imberbe dai tratti aristocratici, a torso nudo, che rivolge lo sguardo in basso a sinistra con atteggiamento pensoso. I lunghi capelli rossi sono raccolti in robuste trecce che ricadono sulle sue spalle e sulla schiena, mentre la fronte è incorniciata da un’elaborata serie di riccioli bruni. Sulla sommità del capo si trova un piccolo cappello a tesa di colore grigio: il cosiddetto petaso, tipico di viandanti e viaggiatori, trattenuto da un sottile laccio che pende sotto il mento. Un lungo bastone arancione è appoggiato alla spalla destra e quello che sembra un flauto, piuttosto danneggiato, è trattenuto sotto l’ascella. La cronologia si pone attorno al 500 a.C. Si tratta di un attore di una pantomima? Alcuni indizi fanno pensare che l’abbigliamento del Viaggiatore sia in realtà un costume di scena. Suggeriscono tale ipotesi il doppio colore della capigliatura (che fa pensare a una parrucca), le dimensioni del copricapo (sensibilmente più piccolo del normale) e soprattutto la presenza del flauto, che potrebbe suggerire una performance rituale di musica e danza, del tipo che nell’antichità si chiamava ‘pantomima’. Ma se così fosse, quale ruolo poteva interpretare il personaggio rappresentato? Nell’iconografia antica, la tenuta da viaggio è tipica di diversi personaggi: da Ulisse a Bellerofonte e da Giasone a Teseo. Salvo il primo, però, che è di regola rappresentato come maturo e barbuto, gli altri sono eroi combattenti e non pensierosi come sul nostro frammento dipinto. Esiste un solo giovane eroe mitologico che ha come caratteristica quella di meditare prima di parlare: Edipo, che spesso viene rappresentato proprio nel momento in cui risolve l’enigma della Sfinge. Ci si può pertanto chiedere se sia proprio lui il soggetto messo in scena dal “Viaggiatore”, anche se probabilmente non lo sapremo mai, a causa degli ignoti ladri che in passato hanno strappato il frammento al suo contesto d’origine.

Roma. Presentate e illustrate per la prima volta al pubblico le quattro lastre dipinte etrusche di terracotta, del VI sec. a.C., recuperate a Cerveteri nel 2019 dalla Guardia di Finanza. Saranno esposte nel Castello di Santa Severa

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Lastra dipinta etrusca arcaica da Cerveteri: il combattimento tra Achille e Pentesilea, in cui la regina delle Amazzoni si lancia, contro l’eroe greco che la sconfiggerà (foto sabap vt-em)

A tre anni dal loro recupero a Cerveteri, nel 2019, da parte della Guardia di Finanza nel corso di un’operazione contro il mercato illecito delle opere d’arte, le quattro lastre dipinte etrusche di epoca arcaica sono state restaurate, in un complesso intervento di conservazione a cura di Antonio Giglio. Attualmente sono ancora conservate presso i laboratori della Soprintendenza, ma la loro destinazione definitiva sarà nell’esposizione permanente dell’Antiquarium del Castello di Santa Severa, in una apposita sezione dedicata alle lastre dipinte dell’antica Caere. Ciò permetterà di valorizzarle meglio con un percorso espositivo più ‘mirato’. Di sicuro questo straordinario evento ricorda che, se è possibile ammirare le quattro lastre, è solo grazie al grande lavoro in sinergia e in collaborazione fra la Soprintendenza e le forze dell’ordine.

E ora le quattro lastre dipinte etrusche di terracotta del VI sec. a.C. cominciano a svelare le loro “storie”. È successo nell’incontro promosso dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Viterbo e dell’Etruria meridionale in occasione delle Giornate europee dell’archeologia con la loro presentazione in anteprima al pubblico nella sede della Sabap a Palazzo Patrizi Clementi di Roma. A introdurre sono stati il soprintendente, arch. Margherita Eichberg (nel video) e il ten. Col. della Guardia di Finanza, Alberto Franceschin.

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Lastra dipinta etrusca del VI sec. a.C. da Cerveteri: un’eroina armata di arco (foto sabap vt-em)

A raccontare quelle storie che hanno danno il titolo all’incontro (“Nuove storie per immagini dall’Etruria meridionale”) sono state le scene dipinte su quattro lastre etrusche di terracotta risalenti al VI secolo a.C., esposte per la prima volta in quest’occasione e presentate in anteprima al pubblico. A spiegare il tutto sono stati gli archeologi della Sabap VT-EM Rossella Zaccagnini (nel video) e Daniele Maras, assieme al collega Leonardo Bochicchio, della Sabap per le provincie di Pisa e Livorno, e ad Antonio Giglio, del Consorzio Cavaklik Restauro.

Scene inedite di natura rituale e mitologica, che ne mostrano l’eccezionale valore storico e archeologico, in quanto opera di eccellenti maestri della pittura antica, come è possibile riscontrare nei particolari del volto di alcuni personaggi. E poi si sono potute apprezzare le tonalità dei colori particolarmente vivaci, esaltati proprio dal grande intervento di restauro eseguito a cura della Soprintendenza (nel video Antonio Giglio, del Consorzio Cavaklik Restauro).

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Lastra dipinta etrusca del VI sec. a.C. da Cerveteri: il messaggero degli dei Hermes, l’etrusco Turms, dalle ricche ali (foto sabap vt-em)

I soggetti sono stati spiegati dal funzionario archeologo Daniele Maras (nel video). Fra le scene figurate mitologiche e rituali del tutto inedite, notiamo: il combattimento tra Achille e Pentesilea, in cui la regina delle Amazzoni si lancia, bella e terribile, contro l’eroe greco che la sconfiggerà, racchiuso nella sua armatura; un’eroina armata di arco, impegnata in una gara di corsa contro un avversario biondo, che brandisce un ramo (forse la sfida tra la cacciatrice Atalanta e il suo futuro marito Melanione); il messaggero degli dei Hermes, l’etrusco Turms, dalle ricche ali, che scorta una donna in atto di svelarsi (forse parte di un quadro del giudizio di Paride); una coppia di aruspici al lavoro.

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Lastra dipinta etrusca del VI secolo a.C. da Cerveteri: coppia di aruspici al lavoro (foto sabap vt-em)

“L’analisi della tecnica usata rivela informazioni utili”, precisa l’archeologo Leonardo Bochicchio. “Le lastre sarebbero opera di almeno due artisti, forse un maestro e il suo allievo. Il primo, infatti, mostra una mano più raffinata e specializzata proprio in scene mitologiche, in grado di dare particolare rilievo alla luminosità e all’espressività dei volti. Il suo ‘discepolo’, invece, potrebbe proprio aver lavorato anche nell’officina delle lastre ‘Campana’, oggi al Louvre. Ricordiamo che queste ultime, insieme a quelle ‘Boccanera’ attualmente al British Museum di Londra, sono gli unici esemplari (rinvenuti nel XIX secolo sempre a Cerveteri) simili alle lastre esposte per la prima volta a Palazzo Patrizi Clementi (via Cavalletti 2), risalenti al VI sec. a.C.”.