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Rovereto. Serata speciale per la terza giornata del RAM film festival: al teatro Zandonai il film fuori concorso “Power of Rome” di Giovanni Troilo con Edoardo Leo

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L’attore Edoardo Leo protagonista del film “Power of Rome” (foto fmcr)

Serata speciale per la terza giornata del RAM film festival di Rovereto al Teatro Zandonai, venerdì 30 settembre alle 20.30, con la proiezione del film fuori concorso “Power of Rome” (Italia, 2022; 83’) con Edoardo Leo, straordinariamente sul grande schermo roveretano. L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti. A presentare il film saranno presenti gli autori Donato Dallavalle e Luca Lancise. Il film è diretto da Giovanni Troilo, prodotto da Italian International Film e Vision Distribution con Sky, con il contributo del ministero della Cultura. Si tratta di una grande produzione, ideata per il compleanno di Roma del 2022 e interpretata da Edoardo Leo, in cui si intrecciano fiction e documentario. film_power-of-rome_locandinaIl film inizia con un attore, Leo, che impersona Giulio Cesare, che abbandona all’improvviso il set e inizia a girovagare alla scoperta di luoghi e segreti della Città Eterna. La docufiction segue le tracce della nascita dell’Impero Romano, dalla creazione imperiale di Augusto ai meandri della reggia, e della follia, di Nerone; dagli spalti caotici del Colosseo alle armonie architettoniche della Villa di Adriano; dal sogno di Costantino che genera l’impero del Cristianesimo, all’angoscia di Marco Aurelio che intuisce il crollo di una civiltà. Edoardo Leo esplora la sua stessa città con occhi nuovi tra incontri divertenti, fughe, svolte sorprendenti e momenti onirici nei quali si lascerà catturare dai volti e dalle voci degli “Dei di Roma”. L’attore scopre, e fa scoprire, come questa città ha rischiato ogni volta di morire ed è stata, ogni volta, rifondata in modo che da Roma si rigenerasse Roma e dall’eredità del suo Impero, l’Occidente.

Storia. Esce il 1° giugno per Giunti un nuovo libro di Mariangela Galatea Vaglio “I lupi di Roma. Antonio contro Ottaviano” su Marco Antonio. Galatea: “Alle volte gli sconfitti meritano una voce e la gloria che gli spetta”

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Copertina del libro “I lupi di Roma. Antonio contro Ottaviano” di Mariangela Galatea Vaglio

Mariangela Galatea Vaglio colpisce ancora. Dopo Giulio Cesare ecco Marco Antonio. Sempre per Giunti Editore esce in libreria il 1° giugno 2022 il libro “I lupi di Roma. Antonio contro Ottaviano”: uno spaccato della storia di Roma in quella zona di crepuscolo tra la fine della repubblica e l’inizio dell’impero. Roma, Idi di Marzo del 44 a.C. Cesare è stato ucciso e l’Urbe è travolta dal caos: chi sarà il suo successore ed erede? Amici, nemici, collaboratori e familiari si affannano per ritagliarsi nuovi ruoli e impadronirsi del potere. Ma a emergere su tutti sono loro, Antonio e Ottaviano, l’ancor giovane ex braccio destro di Cesare e il suo quasi imberbe e sconosciuto ma determinatissimo e spregiudicato nipote. Nulla viene risparmiato: tradimenti, scontri militari, alleanze improbabili, voltafaccia inattesi. In un quindicennio l’intera storia del Mediterraneo, del vicino Oriente e dell’Europa viene sconvolta per opera dei due contendenti e dei loro uomini di fiducia. I lupi di Roma, in branco, calano sui resti della Repubblica. Sono individui senza scrupoli, affiancati da donne altrettanto ambiziose: Fulvia, Livia, Ottavia, Cleopatra. In uno scenario da kolossal hollywoodiano si intrecciano i destini dei numerosi protagonisti di un periodo chiave della storia romana, quello che vede la fine della Repubblica e la nascita di un nuovo regime: il principato di Augusto e l’impero.

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Mariangela Galatea Vaglio (foto graziano tavan)

“Parliamo di lui, Marco Antonio”, scrive Mariangela Galatea Vaglio. “Di questo figliolo di nobili antenati, discendente da un grande oratore, il nonno omonimo, che aveva perso la testa (letteralmente) durante le guerre civili, perché Mario in persona aveva mandato a casa sua un commando per farlo fuori. Di questo figlio di un padre forse troppo pacioccone, che si era fatto inviare contro i pirati e invece di gloria imperitura ne aveva ricavato battute sulla sua incapacità e una morte oscura senza aver concluso nulla. Di questo ragazzone piacente, muscoloso, che nella Roma della Tarda repubblica nessuno prende davvero sul serio, perché è una testa calda, uno che mena le mani, beve troppo, frequenta compagnie discutibili e spende i soldi che non ha. Di questo giovane costantemente sottovalutato, e snobbato da quella nobilitas di cui in fondo faceva parte, perché Antonio è uno che si deve sudare tutto, sempre, ma ce la fa perché è testardo come pochi, e furbo, e non molla mai. Non ha l’eleganza di un Cesare, perché è sanguigno, diretto, strafottente. Ma è anche un animo romantico, fedele agli amici, passionale con le donne, leale con chi gli offre una chance. Di lui si è parlato poco, e spesso male. Nei secoli non ha avuto la fortuna che meritava. E così ho deciso di dedicare a lui il mio nuovo libro, I Lupi di Roma, perché la storia la scrivono i vincitori, ma alle volte gli sconfitti meritano una voce e la gloria che gli spetta”.

Passeggiata dantesca nel Parco archeologico del Colosseo: il pubblico è accompagnato on line per dodici puntate a riconoscere i luoghi del PArCo attraverso le parole del sommo poeta. Si inizia col Dantedì

In occasione del secondo Dantedì – giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri – il parco archeologico del Colosseo accoglie l’invito del ministero della Cultura e, nel 700.mo anniversario della morte del Sommo Poeta, propone una passeggiata che ripercorre la storia del PArCo attraverso le terzine dantesche che hanno narrato alcune delle vicende della storia di Roma, dalle origini alla fine dell’impero. Foro Romano, Palatino e Fori imperiali conservano oggi le testimonianze tangibili e monumentali dell’esistenza di personaggi storici a cui Dante ha dato voce nelle cantiche della Divina Commedia, assieme alle divinità pagane venerate nei templi dell’area archeologica centrale. Il pubblico verrà guidato a riscoprire, leggendo le terzine dantesche, le vicende di Enea e del Palladio, il pastore Caco, l’evoluzione del potere attraverso Cesare, il princeps Augusto e Giustiniano, l’umiltà di Traiano davanti a una vedova, fino ad arrivare all’essenza della fede e alla figura di San Pietro, e alle tante divinità tutelari che da sempre hanno popolato il Pantheon romano. Ad accompagnare il pubblico ci saranno le voci narranti di attori che hanno generosamente dato la loro disponibilità a prendere parte all’iniziativa, ideata e curata dalle funzionarie archeologhe Elisa Cella e Federica Rinaldi. Ad aprire il percorso sarà Massimo Ghini, seguito da Giandomenico Cupaiuolo, Giuseppe Cederna e Rosa Diletta Rossi. Le loro voci accompagneranno per dodici puntate il pubblico, portandolo a riconoscere i luoghi del PArCo attraverso le parole del sommo poeta di Firenze. Primo appuntamento (doppio) con le passeggiate dantesche giovedì 25 marzo 2021, alle 21.04, online sugli account social del PArCo: “Introduzione | Paradiso, Canto II, 1-9” con Massimo Ghini, e “Caco, il pastore | Inferno, Canto XXV, 16-33” e con Giuseppe Cederna; 1° aprile 2021, “Enea | Inferno, Canto II, 10-36” con Giandomenico Cupaiuolo; 8 aprile 2021, “Catone l’Uticense | Purgatorio, Canto I, 28-93” con Giuseppe Cederna; 15 aprile 2021, “Cesare | Paradiso, Canto VI, 34-72” con Giandomenico Cupaiuolo; 22 aprile 2021, “Virgilio | Inferno, Canto I, 61-75” con Giandomenico Cupaiuolo; 29 aprile 2021, “Orazio, Ovidio e Lucano | Inferno, Canto IV, 73-102” con Rosa Diletta Rossi; 6 maggio 2021, “Traiano | Purgatorio, Canto X, 70-93” con Giuseppe Cederna; 13 maggio 2021, “Giustiniano | Paradiso, Canto VI, 1-27” con Massimo Ghini; 20 maggio 2021, “Apollo | Paradiso, Canto I, 13-36” con Rosa Diletta Rossi; 27 maggio 2021, “Venere | Paradiso, Canto VIII, 1-39” con Rosa Diletta Rossi; 3 giugno 2021, “San Pietro | Paradiso, Canto XXIV, 52-75” con Massimo Ghini.

“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Terza puntata: la Casa di Augusto e la Casa di Livia

Il colle Palatino era il cuore di Roma antica con edifici pubblici e sacri fulcro della città

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa terza puntata si parla della Casa di Augusto e della Casa di Livia.

La “Stanza delle Maschere” nella Casa di Augusto sul Palatino, con decorazione pittorica in tardo secondo stile, che evoca la facciata di una scena teatrale (foto PArCo)
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La “Stanza dei Festoni” nella Casa di Augusto sul Palatino (foto PArCo)

Con Augusto la storia del colle Palatino come zona di residenza ha la sua svolta più importante: Ottaviano, che sul colle era nato nel 63 a.C., decise infatti di stabilirvi la sua abitazione acquistando la casa dell’oratore Ortensio Ortalo e progressivamente altre proprietà. Lo fa, più che per nostalgia, per una motivazione fortemente politica: non è un caso che le abitazioni di Augusto e della moglie Livia si trovino proprio accanto ai resti delle capanne romulee, un’area fortemente simbolica, legata alle fasi più antiche della città, cui il nuovo princeps voleva idealmente collegarsi, proponendosi come nuovo fondatore della città. A colpire, nell’edificio, non sono le strutture architettoniche, ma soprattutto la raffinata decorazione pittorica di tardo secondo stile, conservata in alcuni ambienti: la “stanza delle maschere”, che evoca la facciata di una scena teatrale; la più semplice “Stanza dei festoni di pino” ed il meraviglioso “studiolo”, dà una delle espressioni più raffinate della pittura romana.

La Casa di Livia sul Palatino, sorgeva accanto alla Casa di Augusto (foto PArCo)
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Decorazioni pittoriche in tardo secondo stile nella Casa di Livia sul Palatino (foto PArCo)

Lo stesso può dirsi per la cosiddetta Casa di Livia, ricavata da una precedente abitazione, ristrutturata e decorata anch’essa con pitture di secondo stile. Le due abitazioni mantennero strutture separate, ed erano collegate tra loro da corridoi o criptoportici. La casa di Augusto, costituita da nuclei abitativi distinti, non aveva quindi nulla della monumentalità che caratterizzerà più tardi i palazzi imperiali; la sobrietà dell’abitazione si mostra in perfetto accordo, del resto, con il carattere del suo proprietario, descritto dalle fonti antiche come amante della vita modesta professata dai romani delle origini: Svetonio (Augusto, 73), ci racconta infatti che “le suppellettili e l’arredamento erano semplicissimi, come si può vedere dai letti e dai tavoli rimasti ancora oggi, la maggior parte dei quali a stento appartengono ad una eleganza privata. Dicono che dormisse su un letto con modeste coperte”.

La ricca decorazione pittorica dello Studiolo della Casa di Augusto sul Palatino (foto PArCo)

La dirompente innovazione della casa di Augusto si afferma in altro modo: nel collegamento, tramite una rampa monumentale, con l’adiacente tempio di Apollo, votato dopo la battaglia di Azio del 31 a.C. ed inaugurato tre anni dopo. La stretta connessione dell’abitazione con un edificio templare, ereditata da esempi ellenistici e sino ad allora inedita nel mondo romano, conferisce all’abitazione un fortissimo legame con il sacro, che sarà ulteriormente rafforzato con la costruzione, all’interno del complesso abitativo, del sacello di Vesta, citato dalle fonti ma non ancora individuato. La sacralità dell’edificio si estende anche, inevitabilmente, al suo proprietario, e spiana così la strada, aperta con l’apoteosi di Giulio Cesare nel 44
a.C., alla divinizzazione della figura del princeps.​

#buonconsiglioadomicilio. Con Chiara Facchin alla scoperta del Torrione da Basso, camera da letto estiva del principe vescovo Bernardo Cles, dove l’esaltazione dell’impero romano diventa legittimazione del potere imperiale dei contemporanei

La volta affrescata della camera da letto estiva del principe vescovo nel Torrione da Basso del Castello del Buonconsiglio (foto buonconsiglio)

Nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio per la regia di Alessandro Ferrini: Chiara Facchin, dei Servizi educativi del museo del Buonconsiglio, ci accompagna alla scoperta del Torrione da Basso: sala circolare decorata fra il 1532 e il 1533 da Marcello Fogolino che qui realizzò il suo capolavoro. Il programma iconografico dell’ambiente, che si ispira a personaggi ed avvenimenti di storia romana, ha come tema l’esaltazione dell’impero antico, dal quale i regnanti moderni dovevano trarre stimolo ed esempio per la creazione del loro “imperio”.

Il Torrione da Basso è una struttura fortificata costruita sulla fondazione della torre angolare del giardino di Giovanni Hinderbach. “Bernardo Cles – ricorda Chiara Facchin – ha inglobato questa struttura all’interno del Magno Palazzo rendendolo un ambiente privato su un piano sul quale si trovano invece ambienti di rappresentanza. L’architettura fortificata di questa struttura rende l’ambiente adatto a essere una camera da letto, la camera da letto estiva del principe vescovo. Infatti, come era consuetudine nelle corti europee, anche Bernardo Cles ha scelto un ambiente che potesse essere adibito a camera privata durante il periodo estivo. L’ambiente è rivolto con due grandi finestre sul lato Ovest e sul lato Sud verso il giardino del Magno Palazzo da cui salivano dolci profumi e piacevoli suoni che svegliavano la mattina il principe vescovo. La stanza era arricchita da una serie di cuoi decorati che rivestivano tutte le pareti mentre il soffitto della volta è stato affrescato da Marcello Fogolino che ha rappresentato una serie di scene racchiuse ed esaltate da bellissime cornici in stucco bianco. Il centro della volta è decorato con lo stemma familiare di Bernardo Cles sovrastato dal galero, il copricapo cardinalizio: in mezzo si vedono le sette verghe e il ramo d’alloro intrecciato al ramo di palma, ovvero le imprese personali del principe vescovo”.

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Una delle quattro scene dipinte da Marcello Fogolino con Giulio Cesare (qui nel triunvirato) nel Torrione da Basso (foto buonconsiglio)

Tutto attorno quattro scene tratte dalla vita di Giulio Cesare: “La prima, quella in cui è raffigurato all’interno del triunvirato”, continua Facchin. “Si vedono i tre personaggi seduti in una piccola edicola e al fianco dei cavalli trattenuti a stento dai loro servitori. Nella seconda si vede un’immagine in cui Giulio Cesare riceve dei doni, delle offerte, probabilmente in seguito alla promulgazione delle leggi suntuarie, quando parte delle proprietà in eccesso rispetto a quanto determinato dalle leggi doveva essere consegnata proprio a Giulio Cesare. Marcello Fogolino nella terza scena descrive il momento in cui Giulio Cesare riceve la testa mozzata di Pompeo dalle mani di Tolomeo e lo punta con l‘indice sottolineando la crudeltà del gesto di Tolomeo stesso. Nella quarta scena viene descritto un corteo notturno. Fogolino per questa immagine si è ispirato alla rappresentazione realizzata da Mantegna alla corte di Mantova. In questo caso Fogolino è stato molto abile perché all’interno della scena ha dovuto inserire una serie di fonti luminose artificiali, delle torce delle fiaccole, che permettessero attraverso le luci e le ombre di delineare i personaggi protagonisti del corteo. Allargando lo sguardo possiamo cogliere la rappresentazione che Fogolino fa della figura umana. Le cornici ovali racchiudono figure maschili e femminili che si alternano con pose molto plastiche diversificate tra loro. Tra una figura umana e l’altra Fogolino ha rappresentato una serie di creature fantastiche e di mostri mitologici rendendoli con estrema bizzarria e una grande analiticità. Ha rappresentato in maniera molto fresca e vivace degli elementi che richiamano l’antichità classica rendendoli estremamente contemporanei”.

L’imperatore Domiziano, uno dei 14 cesari dipinti da Marcello Fogolino nel Torrione da Basso (foto buonconsiglio)

Proprio questo è lo spirito che anima anche le rappresentazioni dei 14 imperatori romani che finiscono la parte laterale della volta. “Ogni imperatore romano – fa notare Facchin – è presentato a cavallo ma ognuno in una posa differente, ritratto da una prospettiva diversa, e qui vediamo davvero l’abilità pittorica di Fogolino. L’altra particolarità di questi ritratti è che ogni imperatore è inserito in un paesaggio molto moderno con strutture architettoniche e figure umane che richiamano l’epoca rinascimentale. Il gioco tra antico e moderno, tematiche antiche in paesaggi contemporanei che si respira all’interno dei ritratti degli imperatori sottolinea ed evidenza anche quella che era la scelta tematica voluta da Bernardo Cles. Il principe vescovo infatti faceva parte della corte imperiale di Carlo V ed era consigliere personale del fratello Ferdinando. Attraverso la decorazione di questa sala troviamo una legittimazione del potere imperiale che affonda le sue radici nella cultura classica, quella dell’antica Roma, con un filo conduttore che passa da antico a moderno, rendendo ancora più forte e riconoscibile il potere imperiale contemporaneo”.

Al museo Egizio di Torino in scena nella Galleria dei Re a grande richiesta lo spettacolo “Cleopatra, la mia regina” con Elena Ferrari

Elena Ferrari nella Galleria dei re del museo Egizio di Torino protagonista dello spettacolo "Cleopatra, la mia regina"

Elena Ferrari nella Galleria dei re del museo Egizio di Torino protagonista dello spettacolo “Cleopatra, la mia regina”

A grande richiesta, dal 2 al 7 agosto 2016 al museo Egizio di Torino va nuovamente in scena lo spettacolo “Cleopatra, la mia regina”. Il monologo, di e con Elena Ferrari, è uno degli eventi collaterali che hanno accompagnato la mostra “Il Nilo a Pompei”, prima tappa del grande progetto “Egitto Pompei”, frutto della collaborazione tra il museo Egizio, la soprintendenza Pompei e il museo Archeologico nazionale di Napoli (Mann), che mira ad indagare i rapporti tra la cultura egizia e quella grecoromana (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/03/09/egitto-pompei-al-museo-egizio-di-torino-la-prima-tappa-del-progetto-con-la-mostra-il-nilo-a-pompei-nella-nuova-sala-asaad-khaled-per-la-prima-volta-gli-affreschi-del-tempio-di-isid/). Nella Galleria dei Re, l’attrice ripercorre attraverso gli occhi e la voce di Carmiana, fedele ancella e inseparabile amica di Cleopatra, la vita della famosa regina d’Egitto: partendo dalla sua infanzia, passando per l’esilio, fino all’incontro segreto con Giulio Cesare, per poi arrivare all’incontro successivo con Antonio, e giungere alla guerra contro Ottaviano e alla sconfitta e morte dei due amanti. Tra avvenimenti storici realmente accaduti e leggende tramandate, lo spettatore incontra in un brillante monologo alcuni dei personaggi che più hanno segnato la sua esistenza. Lo spettacolo, incluso nel biglietto, è ad ingresso libero, fino a esaurimento posti e non è possibile prenotarsi.

“Passeggiate nel cuore di Roma antica tra Romolo e Costantino”: Andrea Carandini racconta l’antica Roma al Piccolo Eliseo di Roma

L'archeologo Andrea Carandini, tra i massimi esperti di Roma antica, oggi presidente del Fai

L’archeologo Andrea Carandini, tra i massimi esperti di Roma antica, oggi presidente del Fai

Quattro passi nell’Antica Roma: l’archeologo Andrea Carandini, uno dei massimi conoscitori del Palatino e delle origini di Roma, oggi presidente del Fai (Fondo per l’Ambiente Italiano), sarà il protagonista al Piccolo Eliseo di Roma di un ciclo di incontri dedicati allo straordinario patrimonio artistico, archeologico e monumentale di Roma antica dal titolo “Passeggiate nel cuore di Roma antica tra Romolo e Costantino”. Quattro appuntamenti a cadenza mensile che ripercorrono la storia dei luoghi e degli eventi che vi si svolsero. Una sintesi (fino al 21 aprile) storico, topografica e archeologica del cuore dell’Urbe, tra l’VIII secolo a.C. e il IV secolo d.C., con le sue meraviglie e i suoi monumenti. Il Palatino e, in particolare, la sua pendice settentrionale erano il cuore di Roma antica. Qui, attorno alla metà dell’VIII secolo a.C., vengono edificati edifici sacri e pubblici che erano il fulcro della città stato. Col passare del tempo il paesaggio del monte e della pendice mutano: prima accogliendo le dimore dell’aristocrazia e poi i palazzi degli imperatori e grandi edifici funzionali. “L’archeologo è come Freud”, ricorda Carandini. “Sono trent’anni che scavo dentro. Anche lì si porta alla luce, si cercano radici, fondamenta”.

Il colle Palatino era il cuore di Roma antica con edifici pubblici e sacri fulcro della città

Il colle Palatino era il cuore di Roma antica con edifici pubblici e sacri fulcro della città

Al Piccolo Eliseo di Roma gli incontri di Andrea Carandini

Al Piccolo Eliseo di Roma gli incontri di Andrea Carandini

Si comincia giovedì 21 gennaio 2016 alle 17.30 con “Il tempo dei primi re: tra Romolo e Tarquinio Prisco (750-530 a.C.). Si prosegue poi giovedì 18 febbraio alle 17.30 con “Dagli ultimi re alla tarda repubblica: tra Servio Tullio e Giulio Cesare (530-44 a.C.)” sulla storia di Servio Tullio che dà inizio a un lungo processo che porterà sulla pendice del Palatino le splendide dimore dei più illustri uomini della città e che giungerà al culmine in età tardo-repubblicana. Sempre alle 17.30 giovedì 17 marzo ci sarà “Dalla fine della repubblica a Nerone: tra il triumvirato e il grande incendio (44 a.C.-64 d.C.)” che racconta come, dopo le guerre civili e la fine della Repubblica, Augusto rifonda, ingrandisce e abbellisce la città. Sotto i suoi successori le dimore palatine dell’aristocrazia senatoria vengono sostituite dai palazzi imperiali. Tutto sarà interrotto dalla distruzione causata dall’incendio neroniano. Infine l’ultimo incontro dal titolo “L’età imperiale: tra l’incendio di Nerone e Costantino (64 d.C.-IV secolo d.C.)” che si svolgerà giovedì 21 aprile e che racconta la nuova rivoluzione urbanistica, quella neroniana, iniziata dopo l’incendio. Il tiranno puntava a trasformare Roma in una grande e regolare capitale ellenistica incentrata sulla sua sconfinata reggia, la Domus Aurea. L’assolutismo di Nerone e la sua sconfinata dimora falliscono e vengono sepolti dalle opere degli imperatori successivi, ma il tessuto cittadino rimarrà lo stesso fino alla fine dell’impero.

“Didone, per esempio. Nuove storie dal passato”: Mariangela Galatea Vaglio presenta un red carpet grecoromano che diverte, seduce e risplende e ci fa scoprire che “L’impero romano è meglio di Beautiful”

"Didone, per esempio. Nuove storie dal passato" di Mariangela Galatea Vaglio

“Didone, per esempio. Nuove storie dal passato” di Mariangela Galatea Vaglio

Non è un libro di archeologia. Ma quanto lo trovano interessante gli archeologi! “Didone, per esempio. Nuove storie dal passato”  (Edizioni Ultra) di Mariangela Galatea Vaglio è un concentrato di informazioni su alcuni protagonisti – eroi ed eroine – del mito e della storia antica nel mondo classico che l’autrice ha tratteggiato con ritratti-biografie (non autorizzate)-medaglioni vividi e pregni di dettagli che solo chi ha dimestichezza con le fonti antiche (anche quegli autori considerati minori o delle cui opere sono giunti a noi solo frammenti) può permettersi di citare: è un pantheon di personaggi storici e mitologici più vivi (“e talora pure più cialtroni”) dei politici, delle veline e degli opinion maker del nostro tempo; un red carpet grecoromano che diverte, seduce, risplende grazie alla penna di Galatea. Ma attenzione, Vaglio – da rigorosa storica qual è – non scivola mai nella facile interpretazione del mondo antico con gli occhi e i parametri di noi che viviamo nel terzo millennio: il testo riporta fatti e situazioni di altri mondi e di altre culture. Citazioni e riferimenti ai nostri giorni corrono sempre sul filo dell’ironia, mai sono una lettura critica. Anzi in più di un passo l’autrice fa presente che certe situazioni – che cozzano contro il nostro comune sentire – all’epoca erano accettate senza intaccare il comune senso del pudore.

Mariangela Galatea Vaglio, giornalista e insegnante, dottore di ricerca in Storia Antica, blogger (Il nuovo mondo di Galatea)

Mariangela Galatea Vaglio, giornalista e insegnante, dottore di ricerca in Storia Antica, blogger (Il nuovo mondo di Galatea)

Tagliente e sintetica, arguta e ironica, ma anche partecipativa e didattica, Mariangela Galatea Vaglio nel suo stile talora dissacrante ma sempre coinvolgente armonizza le sue conoscenze di storica del mondo antico con la sua esperienza didattica di insegnante e quella comunicativa di giornalista, nonché la freschezza e la modernità di blogger (suo il blog Il nuovo mondo di Galatea). “L’impero romano è meglio di Beautiful”, assicura Galatea. Mai affermazione fu più azzeccata. Solo che quanto scrive Mariangela Vaglio non è la sceneggiatura di una soap opera o del gossip per alimentare le chiacchiere estive sotto l’ombrellone. No, qui è tutto vero, tutto documentato, dalla cronaca nera alla cronaca rosa, dagli intrighi di palazzo alle storie di letto.  Ecco allora che quando compare la bellissima Elena di Troia, così altera e distaccata, pure antipatica per quanto è amata e agognata, subito si insinua il dubbio che dietro tanta altezzosità si celi una segreta passione per le droghe pesanti. Poi c’è Didone col relativo complesso: Didone bella e intelligente, coraggiosa e impavida, che fine fa? S’innamora del vacuo Enea, che più che un uomo è una iattura, e in quanto tale non può che condurla a una tragica fine. E a seguire tornano in vita Ulisse, il re contadino che stilla fascino e sudore; Calpurnia, la moglie perfetta; Pericle, bello come Obama; Messalina, la Paris Hilton dell’antichità; Temistocle, l’eroe per eccellenza, il vincitore di Salamina che fermò l’incubo persiano, è “il meraviglioso figlio di buona donna”.  E se Alessandro Magno fu “Il primo globalizzatore” e Giulio Cesare “l’uomo che si giocò il potere a dadi”, Augusto è ricordato come “l’imperatore in ombra” e la sorella Ottavia “l’ombra di Augusto”; Marco Aurelio “l’imperatore controvoglia”, Aureliano “l’imperatore che venne dal nulla” , Ipazia “la donna che violava le regole”, Onoria “la donna che sussurrava agli Unni”, e tanti altri in un vortice di storie narrate e reinterpretate con humor e leggerezza. Ma perché la storia a scuola non ce l’hanno raccontata così?