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Roma. A Palazzo Massimo “Con sobria chiarezza”, due giornate di studio in onore di Giovanni Becatti a cinquant’anni dalla scomparsa: in presenza e on line. Il programma

roma_palazzo-massimo_giornata-di-studio-con-sobria-chiarezza_locandina“Con sobria chiarezza” giornate di studio in onore di Giovanni Becatti. A cinquant’anni dalla scomparsa, il parco archeologico di Ostia antica celebra la figura di Giovanni Becatti con due giornate di convegno a Roma, a Palazzo Massimo alle Terme, il 4 e 5 dicembre 2023: in presenza e on line sul canale YouTube del Parco: https://www.youtube.com/@parcoarcheologicodiostiaan4711. Grazie al contributo di allievi, colleghi e continuatori della sua opera nell’ufficio degli Scavi di Ostia, verrà ripercorsa la carriera di uno studioso che ha lasciato un’impronta profonda nella storia dell’arte antica e nell’archeologia del XX secolo. Di multiformi interessi, Becatti seppe spaziare dall’arte minoica alla paletnologia e dall’arte greca arcaica alla tarda antichità, affrontando con uguale competenza e passione l’arte, la storia e la filologia classica. I vari contributi consentiranno di delineare il profilo di un vero umanista, capace di coniugare l’attività di ricerca sul campo con una conoscenza enciclopedica delle fonti antiche e dell’iconografia, unite a una grande versatilità scrittoria e divulgativa.

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Il leone: dettaglio della sala di rappresentanza in opus sectile di una villa (domus) monumentale fuori Porta Marina a Ostia, conservato al museo dell’Alto Medioevo (foto Muciv)

Del periodo ostiense verranno esaminati i molteplici filoni di ricerca che Becatti seppe dipanare nella sua lunga attività al servizio della Soprintendenza archeologica. Giunto ventiseienne a Ostia, ma già con l’esperienza formativa degli scavi a Lemno con la Scuola Archeologica Italiana di Atene, divenne il principale collaboratore del direttore degli Scavi Guido Calza, che gli affidò la pubblicazione delle sculture trovate negli sterri per l’Esposizione Universale del 1942 e lo studio tipologico di tappeti musivi e mitrei. Nel frattempo coltivava la sua vocazione per l’insegnamento, iniziando a Pisa quella feconda attività didattica che l’avrebbe portato a Milano, Firenze e Roma, coltivando in ogni cattedra una prolifica scuola di allievi ed epigoni. La carriera accademica non gli impedì di continuare la collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Ostia, portando a termine il volume della Topografia Generale – primo della serie di Scavi di Ostia – e pubblicando nella stessa collana l’Edificio con Opus Sectile fuori Porta Marina, esempio eccezionale dell’arte dell’intarsio marmoreo fiorita nella tarda antichità. Le testimonianze dei colleghi e di chi lo conobbe sono concordi nel delineare una figura modesta, laboriosa, collaborativa e disponibile, che fino all’ultimo portò il suo contributo sia in ambito editoriale, con la grandiosa impresa dell’Enciclopedia dell’Arte Antica, sia continuando a stimolare la ricerca sul campo, con l’avvio dello scavo universitario delle Terme del Nuotatore. In occasione del convegno verrà affissa una targa in ricordo dello studioso sulla facciata del Museo Ostiense, dove sono ugualmente onorati i colleghi e i collaboratori dei suoi esordi, quasi a voler ricostituire quell’affiatato gruppo di lavoro e di ricerca che “con sobria chiarezza” seppe avviare gli studi moderni su Ostia.

Programma 4 dicembre 2023: “Giovanni Becatti e Ostia”, modera Alessandro D’Alessio. Alle 9, saluti istituzionali: Stéphane Verger (direttore del museo nazionale Romano), Massimo Osanna (direttore generale Musei); 9.15, introduzione al convegno con Alessandro D’Alessio (direttore del parco archeologico di Ostia antica); 9.30, Fausto Zevi (già Sapienza Università di Roma) “Giovanni Becatti, un ricordo ostiense”; 10, Dario Daffara (parco archeologico di Ostia antica) “Il silenzioso ardore per la ricerca: Giovanni Becatti a Ostia (1938-1954) e a Milano (1954-1957)”; 10.30, Claudia Valeri (Musei Vaticani) “Giovanni Becatti e la scultura ostiense”; pausa caffè; 11.30, Cristina Genovese (parco archeologico di Ostia antica) “Mosaici e pavimenti marmorei di Ostia: attualità dello studio di Giovanni Becatti”; 12, Carlo Pavolini (già università della Tuscia – Viterbo) “Considerazioni sulle Case ostiensi del tardo impero 75 anni dopo”; 12.30, discussione. Pausa pranzo. Alle 14.30, Claudia Tempesta (parco archeologico di Ostia antica), Stella Falzone (università Roma Tre) “Rileggere Becatti alla luce di Gismondi: il contributo della documentazione d’archivio alla ricostruzione del contesto della Domus sotto il Vicolo del Dioniso”; 15, Filippo Marini Recchia (archeologo indipendente), Paola Olivanti (archeologa indipendente) “La basilica forense di Ostia: una revisione dei dati d’archivio a ottant’anni dalla pubblicazione di Giovanni Becatti”; 15.30, Clementina Panella (già Sapienza Università di Roma), Maura Medri (università Roma Tre) “Le Terme del Nuotatore in Ostia Antica. Lo scavo, i contesti, l’architettura”; 16, discussione.

Programma 5 dicembre 2023: “Giovanni Becatti, gli studi e l’insegnamento”, modera Patrizio Pensabene. Alle 9.30, Graziella Becatti (storica dell’arte indipendente) “Chi era Giovanni Becatti”; 10, Carlo De Domenico (università Statale di Milano) “Giovanni Becatti in Grecia (1936-1937)”; 10.30, Gabriella Capecchi (già università di Firenze) “Giovanni Becatti professore di Archeologia Classica nella “tradizione giovane” dell’Ateneo fiorentino”; pausa; 11.30, Maria Grazia Picozzi (già Sapienza Università di Roma) “Giovanni Becatti storico dell’arte antica”; 12, Stefano Tortorella (già Sapienza Università di Roma) “Gli studi di iconografia di Giovanni Becatti”; 12.30, discussione. Pausa pranzo. Alle 14.30, Marco Ruffini (Sapienza Università di Roma) “Giovanni Becatti e la critica d’arte”; 15, Patrizio Pensabene (già Sapienza Università di Roma) “Lo stile è una fiction? Sono da considerare superati i cataloghi tipologici?”; 15.30, Andrea Carandini (già Sapienza Università di Roma) “Giovanni Becatti, un uomo bravo e buono”; 16, discussione e tavola rotonda.

Ostia antica. Presentazione del libro “Scavi di Ostia I-Topografia generale”, ristampa, a 70 anni dalla prima uscita, a cura di D’Alessio e Daffara. Al termine verrà svelata una targa in onore di Giovanni Becatti, a 50 anni dalla scomparsa dell’archeologo Giovanni Becatti, che scavò e sistemò l’area archeologica di Ostia antica

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L’archeologo Giovanni Becatti (foto parco ostia antica)

In occasione dei cinquant’anni dalla scomparsa dell’archeologo Giovanni Becatti (1912-1973), il parco archeologico di Ostia antica dedicherà una targa all’illustre studioso, ancora oggi fonte di ispirazione per le ricerche storico-archeologiche a Ostia antica. Giovanni Becatti ha partecipato alla grande stagione degli scavi per l’Esposizione Universale di Roma del 1942 e alla sistemazione dell’area archeologica nel dopoguerra. In seguito si è dedicato all’insegnamento universitario, continuando a mantenere un forte rapporto con Ostia e il suo territorio per tutta la vita. La targa in suo onore verrà svelata al pubblico nel bookshop dell’area archeologica al termine della presentazione del libro “Scavi di Ostia I-Topografia generale”, che è in gran parte frutto della sua collaborazione con Guido Calza e Italo Gismondi. Questa nuova edizione è a cura di Alessandro D’Alessio e Dario Daffara, ed è edita da L’Erma di Bretschneider. Appuntamento venerdì 16 giugno 2023, alle 17, al bookshop dell’Area archeologica di Ostia antica. Ingresso libero per i partecipanti a partire dalle 16.30. Presentazione a cura di Fausto Zevi, professore emerito di Archeologia e Storia dell’arte greco-romana, e di Andrea Paribeni, professore di Storia dell’Arte medievale all’università di Urbino. Interverranno i curatori del volume, Alessandro D’Alessio, direttore del parco archeologico di Ostia antica, e Dario Daffara, archeologo, responsabile dell’Ufficio Studi e Ricerche del Parco.

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Copertina del libro “Scavi di Ostia I-Topografia generale” a cura di D’Alessio e Daffara (L’Erma di Bretschneider)

Scavi di Ostia I – Topografia generale. Settant’anni fa il volume della Topografia Generale inaugurava la longeva collana degli Scavi di Ostia, giunta oggi al XVII titolo. L’opera fu ideata da Guido Calza, direttore degli scavi di Ostia per più di vent’anni, allo scopo di illustrare la storia, l’urbanistica e le scoperte archeologiche legate alla prima colonia di Roma, un quadro che in quegli anni si andava precisando grazie ai grandi scavi per la mai tenutasi Esposizione Universale del 1942 nella zona occidentale della città antica. Calza non poté completare il testo a causa della prematura scomparsa nel 1946; la redazione del volume fu portata a termine dai suoi più stretti collaboratori, l’architetto Italo Gismondi e l’archeologo Giovanni Becatti, che arricchirono il tomo con una descrizione topografica corredata da piante di fase e da una planimetria generale tuttora utilizzata come base topografica di riferimento. Il volume uscì nel 1953 e divenne il modello per le successive pubblicazioni ostiensi: esaurito ormai da anni nei cataloghi delle librerie, il parco archeologico di Ostia antica ha promosso la realizzazione di questa ristampa con l’acquisizione digitale del testo e delle immagini originali, pubblicate in formato leggermente ridotto per rendere il tomo più maneggevole. Completano il testo una presentazione di Alessandro D’Alessio, direttore del parco archeologico di Ostia antica, una breve introduzione di Dario Daffara e una sintetica nota di aggiornamento bibliografico.

Parco archeologico di Ostia Antica. Grazie al progetto Digit@ostia la Biblioteca ostiense mette a disposizione di tutti diverse pubblicazioni dedicate a Ostia antica in consultazione libera e gratuita

Sul sito del parco archeologico di Ostia Antica sono a disposizione on line molte pubblicazioni dedicate a Ostia antica (foto parco ostia antica)

La Biblioteca ostiense mette a disposizione di tutti diverse pubblicazioni dedicate a Ostia antica in consultazione libera e gratuita in formato pdf: sul sito web del Parco si trova infatti il progetto Digit@ostia, dove sono raccolti articoli, opuscoli, contributi sia di carattere scientifico che divulgativo. La sezione “pubblicazioni dell’ex-Soprintendenza” raccoglie le opere divulgative a stampa prodotte dalla soppressa Soprintendenza archeologica di Ostia, precedente denominazione del Parco archeologico di Ostia antica. Nella sezione “Miscellanee Ostiensi” si trovano contributi di vari autori dalla metà dell’Ottocento fino a oggi su Ostia e Porto, nonché volumi di grande importanza per la storia degli studi ostiensi, come “Ostia colonia romana” di Ludovico Paschetto. Infine, la sezione “Miscellanea Raissa Calza” raccoglie gli scritti dell’archeologa e storica dell’arte attiva per più di trent’anni negli scavi di Ostia. 

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Il logo della collana “Scavi di Ostia” (foto parco ostia antica)

Pubblicazioni dell’ex-soprintendenza archeologica di Ostia. A partire dal dopoguerra la soprintendenza archeologica di Ostia antica, soppressa nel 2009 e accorpata alla Soprintendenza archeologica di Roma, ha curato la pubblicazione di opere divulgative di alto valore scientifico. Tra queste pregevoli pubblicazioni si ricorda la serie degli “Itinerari Ostiensi”, agili volumi dedicati a vari aspetti della città antica (vita quotidiana, necropoli, età repubblicana, ecc.), i pieghevoli dedicati alle aree archeologiche minori, realizzati in occasione del Giubileo del 2000, e infine le brochure realizzate per le aperture straordinarie dei monumenti in particolari occasioni (Giornate Europee del Patrimonio, Settimane della Cultura). Il parco archeologico di Ostia antica, erede della Soprintendenza, ha deciso di rendere disponibili gratuitamente queste pubblicazioni, che testimoniano vecchi allestimenti e sistemazioni del museo e dell’area archeologica.

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Alcuni volumi della “Miscellanea ostiense” (foto parco ostia antica)

Miscellanee Ostiensi. La sezione dei contributi miscellanei su Ostia e il suo territorio è una delle più antiche della Biblioteca, creata da Dante Vaglieri e poi ampliata sotto la direzione di Guido Calza. In essa sono confluiti testi di vari autori, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, che si sono occupati a vario titolo delle antichità di Ostia e di Porto. 

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Giovanni Becatti fu direttore degli Scavi di Ostia dal 1947 al 1950 (foto parco ostia antica)

Miscellanea Giovanni Becatti. Giovanni Becatti (5 dicembre 1912 – 10 aprile 1973) è stato uno dei più importanti archeologi ostiensi, fine studioso di statuaria antica e autore di significativi ritrovamenti. Formatosi alla Sapienza di Roma con Giulio Quirino Giglioli e alla Scuola Archeologica Italiana di Atene diretta da Alessandro Della Seta, Becatti giunse a Ostia nel 1938 come ispettore alle antichità, instaurando da subito un proficuo rapporto personale e professionale con Guido Calza, direttore degli Scavi, e con la studiosa Raissa Gourevitch (poi Calza). Dopo aver collaborato ai grandi scavi ostiensi per l’Esposizione Universale del 1942, dal 1947 al 1950 ricoprì l’incarico di direttore degli Scavi, per passare in seguito all’insegnamento universitario in vari atenei italiani ed esteri. Animato da un grande interesse per la scultura antica, collaborò all’allestimento del museo Ostiense pubblicando studi su un gran numero di opere, tra i quali ricordiamo il rilievo della pesca miracolosa dal Santuario di Ercole (inv. 157) e il gruppo dei lottatori (inv. 1138). Becatti continuò a seguire le scoperte ostiensi con interesse e partecipazione, concentrando la sua attenzione sulla tarda antichità. Già nel 1948 aveva pubblicato un saggio sulle abitazioni ostiensi del tardo impero; tornato sul campo nel 1959, riportò completamente alla luce l’edificio con opus sectile fuori Porta Marina, curandone la pubblicazione nella collana Scavi di Ostia. Per la stessa collana pubblicò inoltre il volume dedicato ai mosaici e ai pavimenti marmorei e il volume dedicato ai Mitrei, tuttora fondamentali per l’attività di ricerca e di restauro. Nel 1966 avviò infine il cantiere-scuola delle Terme del Nuotatore nel quale si formarono archeologi come Andrea Carandini, Clementina Panella e Maura Medri. Della sua vastissima bibliografia presentiamo in questa sede gli articoli e gli estratti dedicati alla sua trentennale attività ostiense.

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Raissa Gourevich Calza ritratta nel museo Ostiense nel 1964 (foto parco ostia antica)

Miscellanea Raissa Calza. È stato recentemente celebrato il quarantennale della scomparsa di Raissa Gourevich Calza (1894-1979), archeologa e storica dell’arte antica specializzata nella ritrattistica imperiale romana. Nata a Odessa in una ricca famiglia russa, Raissa crebbe nel vivace contesto culturale della Russia zarista, alla vigilia della sua caduta. Spostatasi in Italia dopo la Rivoluzione, conobbe a Roma Giorgio de Chirico, che divenne il suo secondo marito e con il quale si trasferì a Parigi. Qui decise di dedicarsi all’archeologia, frequentando i corsi dell’archeologo Charles Picard (1883-1965) all’Ecole du Louvre. In seguito alla burrascosa rottura con De Chirico, nel 1933 tornò in Italia, dove venne assunta agli Scavi di Ostia antica come assistente del Direttore, Guido Calza. Negli anni ostiensi documentò le interessanti scoperte che si stavano facendo durante gli scavi per l’Esposizione Universale del 1942, scrivendo il primo rendiconto dei ritrovamenti nella cosiddetta Sede degli Augustali. Grazie alla sua vasta conoscenza della scultura romana di età imperiale, dedicò vari articoli alle opere del museo Ostiense, del quale fu a lungo curatrice: i suoi studi culminarono nei due volumi dedicati ai ritratti nella collana “Scavi di Ostia”, tuttora strumento indispensabile per la conoscenza della scultura ostiense. La Biblioteca Ostiense vuole rendere omaggio alla figura di questa importante studiosa mettendo a disposizione una selezione dei suoi scritti dedicati a Ostia, di grande valore scientifico e caratterizzati da una prosa asciutta e vivace. Il parco archeologico di Ostia antica esprime la propria riconoscenza alle istituzioni e ai periodici che hanno consentito di pubblicare questi scritti.

Archeologia in lutto. All’età di 86 è morto a Roma Paolo Moreno, uno dei massimi studiosi dell’arte greca. A lui si deve il primo studio scientifico sui Bronzi di Riace. Malacrino (MArRC): “Il suo contributo resta fondamentale”. Grande divulgatore, a lui si devono identificazioni e attribuzioni da Fidia a Prassitele il Vecchio

I Bronzi di Riace esposti in una speciale sala del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto MArRC)
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Paolo Moreno, uno dei massimi studiosi dell’arte greca

L’Archeologia e la Storia dell’Arte antica sono in lutto. È scomparso a Roma, il 5 marzo 2021, Paolo Moreno, uno dei massimi studiosi dell’arte greca, protagonista di importanti identificazioni e attribuzioni da Fidia a Prassitele il Vecchio (quali autori, del gruppo colossale in bronzo di cui sono copia i Dioscuri del Quirinale) e dei Bronzi di Riace. I funerali si svolgeranno in forma privata. “La scomparsa, questa mattina a Roma, di Paolo Moreno lascia sgomenti. Sia per l’uomo, dalle nobili qualità umane, sia per lo studioso e l’archeologo, il cui contributo sui Bronzi di Riace resterà di fondamentale importanza per la ricerca scientifica”, è il primo commento rilasciato da Carmelo Malacrino, direttore del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, alla notizia della morte dell’archeologo e storico dell’arte di origini friulane, la cui ricerca scientifica è indissolubilmente legata alle due preziose statue conservate al MArRC. “Paolo”, continua Malacrino, “ci lascia a un anno dal cinquantesimo anniversario del ritrovamento dei Bronzi, in un momento in cui le fasi per la celebrazione dell’evento stanno per determinarsi. La sua assenza si farà sentire. È a Paolo Moreno, infatti, che si deve il primo studio scientifico sui Bronzi di Riace, oggetto di curiosità e interesse da parte dei più grandi studiosi. Moreno è stato il primo a intuire l’importanza delle nuove frontiere aperte dal mondo delle scienze applicate, in primis le analisi delle terre di fusione che hanno indicato la città di Argo, nel Peloponneso, come probabile area di produzione delle due sculture. Il suo nome, ne sono certo – conclude- non sarà dimenticato dal museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria e da tutto il mondo della cultura”.

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Paolo Moreno, allievo di Doro Levi, Giovanni Becatti e Ranuccio Bianchi Bandinelli

Nato a Udine il 30 ottobre 1934, Paolo Moreno ha intrapreso gli studi classici al liceo ginnasio “Jacopo Stellini” della sua città natale, continuandoli all’università di Bari dove ha conseguito la laurea in Lettere e Filosofia nel 1958. Il successivo percorso formativo lo ha visto nel 1961 ad Atene, allievo di Doro Levi alla Scuola archeologica italiana di Atene, e a Roma alla Scuola Nazionale di Archeologia, dove ha ottenuto il diploma di perfezionamento nel 1964, allievo di Giovanni Becatti e Ranuccio Bianchi Bandinelli. Ha insegnato all’università di Bari, dove è stato direttore dell’Istituto di Archeologia, e a La Sapienza di Roma. Dal 1992 è stato titolare della cattedra di Archeologia e storia dell’arte greca e romana alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università Roma Tre. Era in pensione dal 2008. È stato redattore dell’Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale, e ha partecipato ad analoghe iniziative internazionali. Ha diffuso le sue scoperte su celebri monumenti di arte antica attraverso articoli in riviste specializzate, relazioni a congressi, conferenze pubbliche, incontri nelle scuole, interviste per i media e scritti su periodici divulgativi. Frequenti sono stati i suoi contatti culturali con la Grecia: ha presentato a Rodi la nuova ricostruzione del Colosso di Rodi, ha tenuto conferenze a Salonicco e ad Atene, ha promosso la collocazione sull’acropoli Cadmea delle copie moderne dei Bronzi di Riace da lui ravvisati come due dei Sette eroi della spedizione contro Tebe; ha ricevuto da Sicione riconoscimenti per gli studi su Lisippo nativo della città.

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Il libro di Paolo Moreno “I Bronzi di Riace. Il Maestro di Olimpia e i Sette a Tebe” (Electa)

Per Paolo Moreno quei due straordinari capolavori, originali del V secolo a.C. dalla bellezza mai vista prima, sono espressione di “un’arte che il rinascimento non ha mai neanche sfiorato”. Così lui stesso definiva i Bronzi di Riace nel documentario di Sky Arte andato in onda nel 2016, all’indomani della riapertura al pubblico del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. Al 2002 risale, infatti, il suo celebre volume “I Bronzi di Riace. Il Maestro di Olimpia e i Sette a Tebe”, edito per Electa, in cui una serrata analisi storico-artistica e letteraria ha portato l’archeologo friulano ad identificare i due Eroi di Riace con due delle numerose statue che costituivano il monumento eroico (heroon) dei Sette a Tebe e dei loro epigoni, posto sull’agorà di Argo ed eretto dagli Argivi all’indomani della vittoria di Oinòe contro gli Spartani (456 a.C.). Secondo Moreno, il Bronzo A rappresenterebbe l’eroe Tideo, opera di Ageladas il Vecchio, mentre il Bronzo B, l’indovino Anfiarao, opera di Alkamenes di Lemno, gli stessi maestri a cui sarebbe da attribuire la decorazione scultorea del tempio di Zeus a Olimpia. “Molte delle ipotesi di Moreno sulle due statue di Riace”, ricorda Malacrino, “sono state oggi integrate o superate da nuove acquisizioni scientifiche, ma rimane attuale la sua lezione di metodo, sull’importanza di interpretare insieme, in maniera sinottica, i dati storico-artistici, quelli letterari e quelli archeometrici. Moreno è stato allievo di grandi maestri dell’archeologia italiano del calibro di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Doro Levi e Giovanni Becatti. Ha diretto l’Istituto di Archeologia dell’Università di Bari e dal 1992 è stato ordinario di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana all’Università di Roma Tre. Paolo Moreno è stato soprattutto un instancabile divulgatore della conoscenza del mondo antico, dai grandi maestri della classicità (Fidia e Prassitele soprattutto) alle grandi trasformazioni artistiche del mondo ellenistico e romano. Alla famiglia e agli affetti del prof. Moreno le più sentite condoglianze da parte di tutto il personale del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria”.

Alla mostra “Archaeology and Me” a Palazzo Massimo a Roma per la prima volta insieme due dei tre pezzi trafugati del “Gladiatore che uccide un leone”, gruppo scultoreo della seicentesca Collezione Giustiniani

Il gruppo del "Gladiatore che uccide il leone" in un'incisione della seicentesca Collezione Giustiniani

Il gruppo del “Gladiatore che uccide il leone” in un’incisione della seicentesca Collezione Giustiniani

Palazzo Massimo a Roma, sede del museo nazionale Romano

Palazzo Massimo a Roma, sede del museo nazionale Romano

Per la prima volta dopo 50 anni tornano insieme due dei tre pezzi del “Gladiatore che uccide un leone”, gruppo scultoreo della seicentesca Collezione Giustiniani, trafugati tra il 1966 e il 1971: sono la testa del leone, preso, ma ruggente. E il busto dell’atleta pronto a colpirlo a morte. Testa di leone e busto dell’atleta sono le star indiscusse della mostra “Archaelogy and Me – Pensare l’archeologia nell’Europa contemporanea”, aperta al museo nazionale Romano di Palazzo Massimo a Roma fino al 23 aprile 2017. Che cos’è l’archeologia? Come viene percepita dai cittadini europei? Quale ruolo ha nella società contemporanea? Sono le domande alle quali risponde la mostra a cura di Maria Pia Guermandi e Rita Paris, promossa dalla soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area centrale di Roma e dal museo nazionale Romano, in collaborazione con l’Istituto per i Beni Artistici Culturali e naturali dell’Emilia Romagna, con l’organizzazione di Electa.

Il torso di Mitra-Gladiatore restituito dal Paul Getty Museum, ora in mostra a Roma

Il torso di Mitra-Gladiatore restituito dal Paul Getty Museum, ora in mostra a Roma

Il gruppo del “Gladiatore che uccide un leone”, ritratto in una delle incisioni volute dal marchese Vincenzo Giustianiani nel 1631 per illustrare la sua collezione di antichità, era in realtà una composizione creata all’epoca intorno al frammento di un Mitra tauroctono di età romana. Rubato dalla Villa di Bassano Romano, il torso è stato restituito dal Getty Museum nel ’99 grazie al nucleo Tutela patrimonio culturale dei carabinieri dopo una lunga vicenda, ben riassunta sul sito “Archaelogy and me”, che dimostra come “l’archeologia non sia solo scavo, ma anche studio, conoscenza, collaborazione e tanta pazienza. E talora, come nel caso del “torso di Mitra”, l’archeologia un caso  da risolvere!”. “Siamo al 1984”, raccontano gli esperti di Archaeology and me, “quando alcune foto di dettaglio del solo busto della statua apparvero in un articolo sui restauri del Paul Getty Museum di Malibu, in California. Non venivano forniti né una foto per intero della statua né indicazioni sulla provenienza! Ancora una volta fu un archeologo a riconoscere il pezzo: il tedesco Rainer Vollkommer, studioso dell’iconografia del dio Mitra. Evidentemente il torso del “Gladiatore-Mitra” era uscito illegalmente dal nostro Paese per essere venduto sul mercato antiquario. Grazie al reparto operativo del comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nel 1999 l’opera ritornò in Italia e venne collocato a Ostia, accanto all’originale come avrebbe voluto Giovanni Becatti”.

La testa di leone del gruppo Giustiniani: era esposta a Villa di Capo del Bove sulla via Appia

La testa di leone del gruppo Giustiniani: era esposta a Villa di Capo del Bove sulla via Appia

La testa del leone è stata invece rinvenuta ad aprile scorso nel sito archeologico di Capo di Bove sulla Via Appia, in una villa privata acquistata dalla soprintendenza e oggi aperta al pubblico. “Per una strana coincidenza della sorte”, ci raccontano ancora gli archeologi di Archaeology and Me, “la testa, rubata nel 1966, era già rientrata a far parte delle collezioni dello Stato: era esposta nella Villa di Capo di Bove, al Parco Archeologico dell’Appia Antica! È possibile che la testa fosse stata acquistata sul mercato antiquario dal vecchio proprietario della villa, prima che la proprietà fosse venduta alla Soprintendenza Archeologica di Roma nel 2002. E ora, grazie al sapiente lavoro dei Carabinieri del Nucleo Tutela il pezzo è stato riconosciuto e, in occasione della mostra “Archaeology&ME”, è finalmente possibile rivedere riuniti due “protagonisti” di questa lunga storia!”.