Roma, scoperti i resti del monumentale Arco di Tito al Circo Massimo visto l’ultima volta in piedi nell’VIII secolo. Ma servono molti soldi per gli scavi, così sarà reinterrato
L’ultimo ad aver visto ancora in piedi l’Arco di Tito al Circo Massimo di Roma fu l’Anonimo di Einsiedeln che nell’VIII secolo ne aveva trascritto l’iscrizione sull’attico. Poi l’oblio. Vuoi per il degrado inesorabile del tempo, vuoi perché il fornice centrale nel XII secolo fu inglobato nel canale dell’Acqua Mariana (acquedotto medievale fatto costruire da Callisto II nel 1122), vuoi per le spoliazioni subite nei secoli. Ma della monumentalità dell’arco di Tito al Circo Massimo si era certi. La pianta la conosciamo dalla Forma urbis, la struttura dalle rappresentazioni che si sono susseguite tra il II e il IV secolo. Ma niente di concreto. Fino a qualche giorno fa quando gli archeologi della soprintendenza capitolina durante i lavori di scavo, restauro e valorizzazione dell’emiciclo del Circo hanno ritrovato alcuni grandi frammenti architettonici in marmo lunense pertinenti alla zona dell’attico e alla trabeazione dell’Arco realizzato al centro dell’emiciclo del Circo Massimo in onore dell’imperatore Tito nell’anno della sua morte, nell’81, per celebrare la sua vittoria sui Giudei e la distruzione di Gerusalemme. “Straordinario ritrovamento”, ha scritto l’assessore alla Cultura di Roma Giovanna Marinelli.
Le indagini, ancora in corso, sono risultate molto complesse poiché lo scavo è realizzato al di sotto della falda di acqua che ricopre gran parte delle strutture archeologiche. È stato riscoperto il pavimento antico in lastre di travertino e sono stati messi in luce tre plinti frontali e parte del plinto della quarta colonna. Il potente strato di riporto che copriva parte delle strutture antiche ha permesso anche la conservazione di alcune strutture murarie tardoantiche o altomedievali di particolare importanza, attualmente in fase di studio.
Il monumento era a tre fornici intercomunicanti, con una platea e una scalinata sulla fronte verso il circo, mentre si collegava con due gradini con il piano di calpestio esterno all’edificio. La fronte era caratterizzata da 4 colonne libere e 4 lesene retrostanti aderenti ai piloni. Era sormontato, sull’attico, da una grandiosa quadriga bronzea. L’arco assumeva un ruolo particolarmente importante nel corso delle processioni trionfali che celebravano le vittorie dei generali o degli imperatori. Il lungo corteo trionfale, dopo aver sfilato lungo il Circo Massimo e avere raccolto l’ovazione della folla, passava al di sotto dell’arco e proseguiva il suo cammino diretto al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio.
Dallo studio dei reperti è stato calcolato che l’ampiezza dell’arco doveva essere di circa 17 metri, per una profondità di circa 15, mentre le colonne dovevano sviluppare un’altezza di oltre 10 metri. Un monumento che, anche se nel complesso più piccolo di quello di Settimio Severo posto sulla via Sacra via, doveva impressionare non poco, per magnificenza e ricchezza di decorazioni, quanti entravano in Roma dalla Via Appia attraverso la vicina Porta Capena. È attualmente in fase di realizzazione, in collaborazione con il Dipartimento Architettura dell’Università di Roma Tre, la ricostruzione virtuale del monumento. Purtroppo l’indagine, per la natura del terreno, come si diceva è molto complessa e comporta scelte dolorose, come spiegano all’assessorato comunale: “In attesa delle nuove risorse necessarie per l’eliminazione delle infiltrazioni d’acqua, per la ricostruzione con la tecnica dell’anastilosi dell’arco, nonché per evitare rischi di danneggiamento, tra qualche giorno l’area del ritrovamento sarà reinterrata”.
Patto Comune di Roma-Fai per la valorizzazione della villa di Massenzio sulla via Appia, con il grande circo e il Mausoleo di Romolo
La villa di Massenzio è una villa imperiale di Roma, costruita dall’imperatore romano Massenzio. Il complesso si trova tra il secondo e terzo miglio della via Appia antica, ed è costituito da tre edifici principali: il palazzo, il circo di Massenzio e il mausoleo dinastico, progettati in una inscindibile unità architettonica per celebrare Massenzio. Dal 2008 la Villa di Massenzio fa parte del sistema dei “Musei in Comune”. Da dicembre 2012 il sito fa parte del progetto “Aperti per Voi” del Touring Club Italiano dove decine di volontari si alternano per accogliere i visitatori, il cui numero è in costante crescita anche grazie all’accesso gratuito entrato in vigore da fine agosto 2014. Oggi con i suoi 100mila visitatori l’anno è il sito più visitato tra gli otto musei aperti gratuitamente dal Comune di Roma. Ma si può e si vuole fare di più. Di qui l’accordo proprio tra Comune di Roma e Fondo per l’Ambiente Italiano per studiare un futuro di valorizzazione della Villa di Massenzio. Amministrazione comunale e Fai, ha annunciato l’assessore alla cultura Giovanna Marinelli, “hanno siglato un protocollo con il quale si istituisce un tavolo tecnico. Obiettivo, trovare una soluzione tecnico giuridica compatibile con la legge per un partenariato pubblico privato per la Villa di Massenzio. Con questo tavolo diamo il via a uno studio che speriamo ci porti presto a una soluzione concreta”.
I resti delle costruzioni massenziane si configurano come l’ultimo atto della trasformazione di una originaria villa rustica repubblicana (II secolo a.C.) costruita in posizione scenografica sul declivio di una collina rivolta verso i Colli Albani. All’età giulio-claudia appartengono i due ninfei orientati verso la via Appia, a uno dei quali – ancora visibile e recentemente riscavato – si addossò molto più tardi un casale. Nel II secolo poi la villa subì una radicale trasformazione ad opera di Erode Attico che la inglobò nel suo Pago Triopio. La proprietà passò poi nel demanio imperiale, e fu a questo punto che, all’inizio del IV secolo, Massenzio vi fece costruire la villa, il circo e il mausoleo di famiglia, nel quale fu deposto (forse per primo) il figlio Valerio Romolo morto adolescente. La sconfitta di Massenzio a opera di Costantino determinò probabilmente il precoce abbandono dell’impianto (si pensa che l’ippodromo non sia stato neppure mai usato, da Massenzio), e il fondo passò nel Patrimonium Appiae (citato già al tempo di Gregorio Magno (alla fine del VI secolo) tra i patrimonia ecclesiastici). La grande tenuta passò poi ai Conti di Tuscolo, poi ai Cenci, poi ai Mattei ai quali si riferiscono i primi scavi, nel XVI secolo.
Il monumento più noto di tutto il complesso è il Circo di Massenzio, l’unico dei circhi romani ancora ben conservato in tutte le sue componenti architettoniche. All’interno di un quadriportico allineato sulla via Appia antica, si erge il mausoleo dinastico, noto anche come “tomba di Romolo” dal nome di Valerio Romolo, giovane figlio dell’imperatore che qui fu presumibilmente sepolto. Il fascino del sito archeologico e in particolare del grandissimo circo entusiasma il vicepresidente esecutivo del Fai Marco Magnifico, che sottolinea: “La villa di Massenzio è un luogo enorme, ricco di paesaggio, di storia, di archeologia, dove c’è ancora tanto da scavare e dove bisogna intervenire naturalmente mettendo le ragioni della tutela al primo posto. Ma che va rivisto a nostro avviso in modo anche un po’ ludico, soprattutto il circo. Il sindaco Marino ci ha chiamati e noi abbiamo delle idee, che sono sostanzialmente delle idee di buon senso, come quella di raccontare al visitatore la vita in un circo dell’antichità e di farlo in qualche modo rivivere, non più con le gare di bighe, magari con una gara di sacchi o altro, puntando a informare con intelligenza e insieme anche divertire”. Certo, ammette, il progetto è ancora tutto da scrivere. Al momento la priorità è trovare un modo per immaginare una partnership tra comune e Fai rimanendo nel perimetro delle leggi attuali. Magnifico però è speranzoso, “potremmo far crescere i visitatori dagli attuali 100mila a 2 anche 300mila”, dice. Ottimista il vice presidente Fai, anche per quanto riguarda i finanziamenti: “Siamo convinti di poter trovare soldi in Usa dove abbiamo molti sostenitori”.
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