Napoli. Al museo Archeologico nazionale aprono due nuove mostre: le fotografie di Gabriel Ivanovič de Rumine e gli acquerelli di Luigi Bazzani. Osanna: “Un prezioso lavoro di valorizzazione delle collezioni grafiche e fotografiche del Mann”

Un acquerello su Pompei di Luigi Bazzani nella mostra “Luigi Bazzani e la casa pompeiana” al Mann (foto mann)

Un’immagine di Pompei di De Rumine nella mostra “1859 – Un fotografo russo a Pompei: Gabriel Ivanovič de Rumine” al Mann (foto archivio mann)
Il museo Archeologico nazionale di Napoli inaugura il 17 settembre 2025 due nuove mostre, Le fotografie di Gabriel Ivanovič de Rumine e gli acquerelli di Luigi Bazzani, in dialogo con la sezione permanente Domus dedicata alla cultura dell’abitare nell’area vesuviana. I percorsi arricchiscono l’esperienza di visita intrecciando memoria materiale, fonti documentarie e linguaggi artistici diversi, e rappresentano un ulteriore esito del processo di valorizzazione del patrimonio del Mann. Accanto ai suoi straordinari capolavori antichi, infatti, il Museo custodisce fotografie, acquerelli e documenti d’archivio conservati nell’Archivio Storico e nell’Archivio Disegni: testimonianze che narrano storie e restituiscono la ricchezza delle prospettive con cui, nel tempo, il mondo antico è stato interpretato e raccontato. Le due mostre, curate da Andrea Milanese, Ruggiero Ferrajoli e Domenico Pino, saranno visitabili fino al 28 febbraio 2026. “Il museo Archeologico nazionale di Napoli è non solo luogo di conservazione, ma anche laboratorio di ricerca”, commenta il direttore generale Musei Italiani, Massimo Osanna: “indagare i nostri archivi significa far emergere nuove chiavi di lettura, che ci aiutano a comprendere le origini del mito di Pompei e il ruolo che esso ha avuto nell’immaginario europeo. Valorizzare archivi e collezioni significa restituire ai pubblici la complessità di un patrimonio che vive attraverso molteplici forme di espressione”.

Un acquerello su Pompei di Luigi Bazzani nella mostra “Luigi Bazzani e la casa pompeiana” al Mann (foto mann)

Un acquerello su Pompei di Luigi Bazzani nella mostra “Luigi Bazzani e la casa pompeiana” al Mann (foto mann)
“Luigi Bazzani e la casa pompeiana”. L’esposizione nasce a seguito del restauro di diciotto acquerelli di Luigi Bazzani (1836-1927), pittore e scenografo di successo, di cui l’Archivio Disegni del Mann possiede una delle raccolte più ricche insieme al Victoria & Albert Museum di Londra e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Considerate non soltanto espressioni artistiche, ma anche testimonianze storiche delle scoperte archeologiche nelle città vesuviane, le opere di Bazzani del Mann raffigurano diversi soggetti pompeiani: dal Foro al Tempio di Iside, fino agli interni delle case e ai giardini. Oltre agli acquerelli, sono in mostra una gouache di Giuseppe Marsigli, disegni di Pasquale Maria Veneri, fotografie antiche e bronzi ottocenteschi. Un focus specifico è dedicato alla Casa del Fauno, di cui Veneri ha raffigurato il tegolato antico. Scoperta nel 1830, la casa è sorprendente per la ricchezza e raffinatezza del suo apparato decorativo, dai pavimenti ai fregi in terracotta, dal grande mosaico della Battaglia di Isso alla statuetta in bronzo del fauno danzante, da cui il complesso prende il nome. Le gouaches, gli acquerelli e le foto in mostra ne illustrano sia l’impianto complessivo che le sofisticate decorazioni. La mostra è allestita nella sala XCV (95), tra l’allestimento permanente Domus e l’esposizione temporanea dedicata a Gabriel Ivanovič de Rumine che sarà inaugurata nello stesso giorno.

Un’immagine di Pompei di De Rumine nella mostra “1859 – Un fotografo russo a Pompei: Gabriel Ivanovič de Rumine” al Mann (foto archivio mann)

Un’immagine di Pompei di De Rumine nella mostra “1859 – Un fotografo russo a Pompei: Gabriel Ivanovič de Rumine” al Mann (foto archivio mann)
“1859 – Un fotografo russo a Pompei: Gabriel Ivanovič de Rumine”. Quest’esposizione proietta il visitatore nel 1859 e offre un racconto inedito, che mostra come il mito di Pompei, già al centro dell’immaginario europeo, avesse conquistato anche una disciplina allora agli esordi: la fotografia, nata solo pochi anni prima. In quell’anno, l’aristocratico russo Gabriel Ivanovič de Rumine viaggia come fotografo al seguito del Granduca Costantino di Russia in una lunga crociera nel Mediterraneo che tocca, tra le altre mete, Palermo, Napoli, Atene e Gerusalemme. Con uno speciale permesso accordato dal re Ferdinando II, de Rumine scatta una serie di vedute di Pompei, che rappresentano uno dei più antichi reportage fotografici degli scavi – certamente il primo di grande formato – realizzati quando la fotografia stessa era ancora una disciplina giovane, nata solo vent’anni prima. Consapevole dell’importanza dei suoi scatti, ne invia copie a Parigi perché siano esposte alla Société Française de Photographie, dove vengono accolte con grande interesse. Il Mann custodisce ventotto di queste rare immagini all’albumina, a lungo rimaste dimenticate negli archivi, senza data né attribuzione. La mostra ne presenta per la prima volta un’ampia selezione, insieme ad altre fotografie storiche e a preziosi documenti d’archivio. Sarà ospitata nel Salone del Plastico di Pompei, uno spazio emblematico che restituisce – anche attraverso il grande modello della città – la forza evocativa e la suggestione senza tempo di Pompei. “Queste preziose fotografie, esposte ora al pubblico per la prima volta”, commenta il direttore generale Musei Italiani, Massimo Osanna, “ci consentono di osservare il fascino esercitato da Pompei nell’immaginario europeo da una prospettiva inedita, attraverso una forma di espressione allora del tutto nuova. La riscoperta di questo fondo è il frutto di un lavoro di ricerca e di valorizzazione del ricco patrimonio del Mann, che conferma come studio e indagine documentaria siano strumenti fondamentali per ampliare la conoscenza e, con essa, la fruizione del patrimonio”.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale la mostra “Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850”: un viaggio nella storia dell’archeologia e delle metodologie di scavo e ricerca un viaggio nella storia dell’archeologia e delle metodologie di scavo e ricerca

Allestimento della mostra “Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Come si svolgevano gli scavi a Pompei nel primo secolo dopo la scoperta? Perché le pitture erano asportate? A quando risale l’idea di lasciare gli affreschi in situ? E quali erano i rischi? La mostra “Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850”, aperta al pubblico nella Sala del Plastico di Pompei al museo Archeologico nazionale di Napoli fino al 31 gennaio 2025, prova a rispondere a queste domande, soffermandosi sul processo di documentazione delle scoperte archeologiche nelle città vesuviane. Questa ampia attività è cristallizzata nelle numerose pubblicazioni ufficiali commissionate da diversi regnanti di Napoli, da Carlo di Borbone a Ferdinando II, passando per Gioacchino e Carolina Murat. Il percorso è curato da Domenico Pino (Phd, University College, Londra) con la supervisione di Andrea Milanese.

Allestimento della mostra “Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“Valorizzare le fonti che raccontano la straordinaria epoca delle grandi scoperte nelle città vesuviane”, commenta il direttore generale Musei, prof. Massimo Osanna, “significa offrire al pubblico un viaggio nella storia dell’archeologia e delle metodologie di scavo e ricerca. Un percorso di grande interesse storico e documentario, pensato per i diversi pubblici del Museo, che potranno così inserire gli straordinari capolavori della collezione in più quadro ampio che ne racconta la scoperta, la musealizzazione, la pubblicazione. La mostra offre così una visuale inedita, rivolta da un lato ai grandi ritrovamenti del passato, dall’altro alla prospettiva presente di un Museo che, oltre a favorire la fruizione del proprio patrimonio, continua a renderlo vivo attraverso lo studio e la ricerca”.

Allestimento della mostra “Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740–1850” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Le ventisei opere in esposizione provengono dai fondi del Mann: Biblioteca, Archivio Storico, Archivio Disegni e Stampe e raccolta dei rami della Stamperia Reale custodiscono un patrimonio straordinario che permette di approfondire pagine di storie ancora tutte da raccontare. Oltre ai volumi de Le Antichità di Ercolano Esposte (1757–92), con annessi rami e disegni preparatori, il pubblico potrà ammirare la copia di Rami Inediti appartenuta a Carolina Murat, alcune gouaches di Francesco Morelli e rare veline di Giuseppe Marsigli.

Il grande plastico in sughero degli scavi di Pompei esposto al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
La mostra temporanea dialoga con l’istallazione permanente, al centro della sala, del grande plastico di Pompei realizzato tra 1861 e 1879: un messaggio per ribadire come la volontà di documentare e, dunque, raccontare il passato, si sia tradotta in diverse modalità comunicative, sperimentate dalle prime imprese settecentesche fino a metà dell’Ottocento.







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