Este (Pd). Per GEA 2024 al museo nazionale Atestino l’incontro con Stefano Buson su “L’arte dei Veneti antichi. Bronzi cesellati e sbalzati”, e il film “L’arte delle situle illustrata con l’archeologia sperimentale”

Domenica 16 giugno 2024, alle 17, nell’ambito delle Giornate europee dell’Archeologia il museo nazionale Atestino di Este (Pd) presenta “L’arte dei Veneti antichi. Bronzi cesellati e sbalzati”, un incontro a cura di Stefano Buson, già restauratore presso la direzione regionale Musei del Veneto e studioso delle antiche tecniche di realizzazione di reperti istoriati. Nel corso del pomeriggio verranno descritte le varie fasi della produzione artistica delle situle e delle lamine votive create dai Veneti antichi e al termine verrà presentato un filmato dal titolo “L’arte delle situle illustrata con l’archeologia sperimentale”. Nell’occasione sarà allestito un piccolo laboratorio dove, assieme agli attrezzi e alle lamine in corso di lavorazione, sarà possibile toccare con mano alcune situle ricostruite con la tecnica usata dagli antichi Veneti. Evento compreso nel biglietto d’ingresso. Posti limitati, prenotazione consigliata allo 0429.2085 oppure scrivendo una mail a drm-ven.museoeste@cultura.gov.it.
Verona. Al museo Archeologico nazionale “I reperti ci parlano. L’arte dei Veneti antichi” con Stefano Buson, terzo appuntamento di archeologia sperimentale
Domenica 3 marzo 2024, alle 15, “I reperti ci parlano. L’arte dei Veneti antichi” terzo appuntamento, il primo del 2024, con l’archeologia sperimentale al museo Archeologico nazionale di Verona per rivivere i gesti degli artigiani del nostro passato con dimostrazioni delle antiche tecniche di lavorazione. La partecipazione all’evento è gratuita. Stefano Buson, restauratore in servizio per molti anni alla direzione regionale Musei Veneto e grande studioso delle antiche tecniche di realizzazione dei reperti istoriati, racconterà il modo in cui venivano progettate e materialmente create situle e lamine votive, splendidi manufatti artistici dei Veneti antichi. Nel corso del pomeriggio sarà allestito un piccolo laboratorio dove, assieme agli attrezzi e alle lamine in corso di lavorazione, sarà possibile toccare con mano alcune situle ricostruite con la tecnica originale.
Padova. Presentato il Progetto San Basilio: lo scavo, le ricerche, la valorizzazione del sito nel comune di Ariano nel Polesine (Ro) che era già un polo di scambio mercantile, centro logistico e di relazioni, sul Delta del Po prima di Adria e Spina. Ruolo che continua anche con i Romani

L’area archeologica di San Basilio, vicino ad Ariano Polesine: i reperti sono al museo di Adria (foto drm-veneto)
Prima di Adria e Spina c’era già un polo di scambio sul Delta del Po: l’odierno sito di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro). I 1200 e più anni di vita del centro offrono documenti essenziali per tracciare la storia antica della Pianura padana e del Polesine in particolare e hanno attirato l’attenzione degli studiosi fin dagli anni Settanta/Ottanta del secolo scorso. Dopo le prime ricerche, nuove campagne di scavo si sono svolte negli anni Novanta (soprintendenza Archeologica del Veneto) e quindi più intensamente dal 2018 grazie alla collaborazione tra università di Padova, università Ca’ Foscari di Venezia, soprintendenza ABAP di Verona Rovigo e Vicenza e direzione regionale Musei Veneto e sostenute dalla Fondazione Cariparo e dal Comune di Ariano nel Polesine. Il progetto era finalizzato a riprendere le attività di ricerca, alla promozione culturale e turistica anche in rapporto con il museo Archeologico nazionale di Adria e con la collettività e gli enti locali. Sul Progetto San Basilio è stato fatto il punto nella giornata di studi “Archeologia a San Basilio. Work in progress”, venerdì 19 gennaio 2024 a Palazzo Liviano a Padova (vedi Padova. A Palazzo Liviano giornata di studi “Archeologia a San Basilio. Work in progress” con la presentazione del Progetto San Basilio: ambiente, nuovi scavi età preromana ed età romana | archeologiavocidalpassato).
Miti e leggende dell’antica Grecia narravano di un grande fiume, portatore di merci, ricchezze e risorse di ogni genere dalle terre degli Iperborei, le genti che vivevano a nord del mondo conosciuto. Il fiume celebre fino al cuore del Mediterraneo era il Po, allora chiamato Eridano, e alle foci dei molti bracci di questo corso d’acqua arrivarono i primi navigatori greci alla ricerca di nuovi mercati e di fecondi contatti con le popolazioni etrusche e venete della grande Pianura padana. I nuovi luoghi di incontro trovarono l’ideale collocazione tra le foci del fiume e le dune costiere, dove si incrociavano rotte marine, fluviali e terrestri. Nacque così l’abitato di San Basilio che divenne da subito punto di scambio multietnico fin da un’epoca (la fine del VII secolo a.C.) in cui ancora Spina e Adria non avevano conosciuto il loro primo sviluppo.

Una fase dello scavo archeologico a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) curato dall’università d Padova (foto unipd)
L’abitato di San Basilio sembra così essere il più antico polo mercantile del sistema deltizio padano vivo da allora per secoli sviluppando la sua vocazione di centro logistico e di relazioni. Non a caso, proprio attraverso San Basilio viene tracciata nel 153 a.C. la via Annia, la più antica delle strade consolari romane che da Roma conduceva a Rimini, Adria, Padova e infine al caposaldo militare di Aquileia. Con l’età romana il ruolo di San Basilio crebbe progressivamente e nella piena età imperiale (tra I e V secolo dopo Cristo) il centro diventò un grande vicus di oltre 30 ettari, una stazione di sosta del sistema di comunicazione terrestri dello Stato romano (mansio Hadriani) e infine centro mercantile di prima grandezza che sembra pareggiare e superare Adria nella tarda antichità. Le migliaia di monete romane ritrovate nel sito raccontano il suo eterno ruolo di luogo di scambio e relazione tra popoli e comunità.

L’area archeologica di via Brenta a San Basilio di Ariano nel Polesine (Ro) (foto unipd)
L’area archeologica di via Brenta. Nel corso delle stagioni 2022 e 2023 la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le Province di Verona Rovigo e Vicenza (Giovanna Falezza) ha completato l’intervento di ripristino, pulizia e valorizzazione dell’area archeologica posta al centro del sito (via Brenta), messa in luce da scavi negli anni Novanta del secolo scorso e già interessata da un grosso intervento di restauro grazie al Progetto interregionale Italia-Croazia denominato Value. È qui visibile un grandioso edificio di età imperiale romana utilizzato come horreum, magazzino per prodotti alimentari, che qualifica San Basilio come uno dei più grandi centri mercantili della tarda età imperiale romana, nonché i resti del primo nucleo paleocristiano (chiesa, battistero e sepolcreto).

Bronzetto di produzione etrusca dall’area archeologica di San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) (foto unipd)

Progetto “San Basilio. Alla riscoperta del passato”: campionature (foto unive)
Lo scavo dell’abitato etrusco. Dopo gli interventi del 2018 e del 2019 le ricerche sull’abitato etrusco sono proseguite grazie all’impegno dell’università di Padova (Silvia Paltineri) e dell’università Ca’ Foscari di Venezia (Giovanna Gambacurta) che operano in regime di convenzione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza (Giovanna Falezza). L’università di Padova ha condotto due scavi. Nel primo, più esteso, è stata messa in luce la pavimentazione di un edificio, già oggetto di ampia spoliazione in antico, che presentava un alzato e una copertura in materiale deperibile. Fra i materiali ritrovati si segnalano ceramica etrusca di produzione locale, ceramica veneta e ceramica di importazione greca, sia corinzia che attica a figure nere. Nel secondo scavo, aperto più a Nord in un’area compromessa da lavorazioni agricole e dall’impianto di un frutteto, sono stati messi in luce pali lignei parzialmente conservati e abbondante materiale ceramico, soprattutto bucchero etrusco. Tra i rinvenimenti, del tutto eccezionali sono alcuni bronzetti di produzione etrusca, presumibilmente di Orvieto o di Vulci, a forma di quadrupede e di felino, che in origine erano utilizzati per decorare recipienti di alto pregio. L’università Ca’ Foscari di Venezia si è concentrata sulla comprensione dell’estensione dell’abitato e delle sue caratteristiche in rapporto ai commerci greci e adriatici. Le aree di scavo aperte nel corso degli ultimi due anni hanno portato all’individuazione di un canale destinato al drenaggio delle acque, indispensabile in un territorio anfibio, oltre che delle caratteristiche costruttive delle abitazioni e delle vicine aree destinate alle produzioni. Tra i materiali rinvenuti si segnalano prestigiosi frammenti di ceramica daunia e attica a figure nere.

Lo scavo della villa romana a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) curato dall’università di Padova (foto unipd)

Iscrizione in marmo che celebra l’istituzione di una fondazione funeraria, rinvenuta nella campagna 2023 a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) (foto unipd)

Nuovo edificio scoperto a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) con foto da drone a sensori multispettrali (foto unipd)
Lo scavo e le ricognizioni nell’abitato romano. Le attività di ricerca condotte dall’università di Padova (Jacopo Bonetto, Caterina Previato, Jacopo Turchetto, Wieke De Neef) in convenzione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza (dott.ssa Giovanna Falezza) interessano la fase romana del sito di San Basilio, che in questa fase costituì uno snodo commerciale di fondamentale importanza posto all’incrocio tra vie di terra (via Annia-Popillia) e le vie d’acqua. Dal 2022 sono riprese le indagini archeologiche presso la cosiddetta “villa romana”, già in parte scavata negli anni Settanta del secolo scorso. I nuovi scavi hanno permesso di individuare ulteriori ambienti appartenuti all’edificio e di riportare in luce oltre 450 monete e altri preziosi reperti, tra cui un’iscrizione in marmo che celebra l’istituzione di una fondazione funeraria con cui venivano donate somme di denaro al collegio dei fabbri. A fianco delle attività di scavo sono in corso di svolgimento una serie di ricerche topografiche, finalizzate alla ricostruzione dell’organizzazione dell’antico abitato. Sono state condotte, da un lato, attività di raccolta di superficie dei materiali ceramici antichi con l’impiego di tecnologie digitali di tipo Mobile Mapping e, dall’altro, ricerche da remote e proximal sensing, che hanno visto l’impiego di un drone termico e di un drone multispettrale. Tutti i dati raccolti sono stati fatti confluire all’interno di una piattaforma GIS, che fungerà da base per lo sviluppo di un webGIS tematizzato, interamente dedicato al patrimonio archeologico di San Basilio. L’utilizzo del drone con sensori multispettrali e dei sistemi di prospezione magnetica hanno permesso l’eccezionale scoperta della posizione e della precisa articolazione di un edificio romano prima del tutto sconosciuto, che sarà oggetto di scavo dal mese di maggio 2024. Queste attività di ricognizione e prospezioni geofisiche hanno inoltre permesso di individuare altri edifici e di meglio definire l’articolazione dell’abitato romano che aveva un’estensione di oltre 30 ettari, pari a quello di una piccola città.

L’ingresso del rinnovato Centro turistico culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto drm-veneto)
Il riallestimento del Centro turistico culturale. Nell’ottica di creare un punto informativo adeguato alla comprensione delle aree archeologiche e del suo ambiente, la nuova stagione di attività ha visto il rinnovamento del Centro Turistico Culturale come luogo di lettura del complesso rapporto tra uomo e ambiente nella storia della regione polesana, tema dominante fin dal primo allestimento del 1995. Il già importante lavoro svolto nel primo allestimento è stato integrato nel 2021 con nuove opere di riqualificazione tecnico-strutturale e valorizzazione del Centro, nonché con l’allestimento della sezione relativa al celebre albero monumentale “Quercia di Dante”.

I monitor con i contributi video che arricchiscono il percorso del Centro turistico culturale San Basilio (foto drm-veneto)
Il nuovo progetto completato e presentato nel 2024, concepito dall’architetto Nicola Nottoli con l’organizzazione e il coordinamento di Jacopo Bonetto, Marco Bruni, Alberta Facchi e Giovanna Falezza, prevede un sistema espositivo anulare che presenta in forma fisica il tema dell’“isola” di Ariano, della “duna” (Dune fossili) e della centralità geografica di San Basilio, luogo paradigmatico della stratificazione storica del Delta. Gli elementi del precedente allestimento sono integrati e affiancati dai nuovi, in modo da creare un percorso narrativo funzionale alle esigenze del pubblico. Lungo il percorso ad anello si dipana un racconto di sintesi che regge il filo dello sviluppo storico del sito dall’età etrusca all’età tardo antica/alto-medioevale. Un racconto articolato in 5 “tappe”, con teche che racchiudono i reperti maggiormente rappresentativi e iconici. Questi sono, per lo più, di nuova selezione dai depositi del museo Archeologico nazionale di Adria, rappresentando delle vere novità, e introducono i visitatori alle tematiche esposte nelle precedenti vetrine, che sono contenute in due piccole sale laterali. L’applicazione di una boiserie alle pareti del lucernario centrale, la ‘piramide’, consente un trattamento personalizzato dell’illuminotecnica e la visione dei numerosi monitor, cui è affidata una parte del racconto visivo.

Il percorso ad anello del Centro turistico culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto drm-veneto)
I temi sviluppati nel percorso ad anello sono: “San Basilio, un centro multiculturale” dove una sezione introduttiva spiega le peculiarità di questo centro, nato sullo scorcio del VII secolo a.C. come primo approdo di scambi commerciali tra mondo italico, etrusco e mediterraneo; “Un porto dell’Etruria Padana” in cui si viene introdotti al tema degli Etruschi a San Basilio, anche in rapporto agli altri centri dell’Etruria padana sia per gli aspetti della cultura materiale che per le tecniche costruttive; “La trasformazione del sito nell’età della Romanizzazione” che occupa la vetrina centrale, vera protagonista del percorso, che ospita un eccezionale tesoretto di cui rimangono 124 denari e quinari d’argento di età repubblicana; “Roma e San Basilio” è il tema della quarta sezione, nella vetrina del percorso circolare sono esposti materiali edilizi, ma il tema è sviluppato bene all’interno della sala di approfondimento, dedicata, oltre che alle architetture della Mansio Hadriani, al vasellame da mensa e agli scambi commerciali; “San Basilio e la cristianizzazione del Delta” qui si trovano i materiali più integri e significativi provenienti dai corredi funebri della necropoli paleocristiana rinvenuti presso il battistero paleocristiano.
Ariano nel Polesine (Ro). Inaugurazione del nuovo allestimento del Centro Turistico Culturale San Basilio e dell’area archeologica di via Brenta
Nuovo allestimento del Centro Turistico Culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro). L’inaugurazione mercoledì 17 gennaio 2024, dalle 11 alle 13, al Centro Turistico Culturale San Basilio, via San Basilio 12, San Basilio, Ariano nel Polesine (Ro). Inoltre dalle h16:00 alle h18:30 il Centro rimarrà aperto per accogliere tutti i visitatori. Si tratta di un evento che vede coinvolto il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova a conclusione di un lungo lavoro di riallestimento del prezioso museo Archeologico sul Delta del Po. È questa l’area dove il Dipartimento conduce ricerche archeologiche da molti anni, con il supporto del Comune, della Fondazione Cariparo, della Provincia di Rovigo e di molti altri soggetti. Le ricerche sono condotte in collaborazione con l’università Ca’ Foscari di Venezia, con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo Vicenza e con la direzione regionale Musei (museo archeologico nazionale di Adria). Il programma della mattinata. Alle 11, i saluti di Luisa Beltrame, sindaco di Ariano nel Polesine; Enrico Ferrarese, presidente della Provincia di Rovigo; Gilberto Muraro, presidente della fondazione Cariparo; Cristiano Corazzari, assessore Regione Veneto; Moreno Gasparini, presidente parco regionale veneto Delta del Po; Daniele Ferrara, direttore regionale Musei del Veneto; Fabrizio Magani, soprintendente ABAP di Verona Rovigo e Vicenza; Giovanna Falezza, direttore museo Archeologico nazionale di Verona. Alle 11.30, gli interventi di Alberta Facchi, direttore del museo Archeologico nazionale di Adria; Nicola Nottoli, architetto progettista dei nuovi allestimenti; Jacopo Bonetto, dell’università di Padova. Alle 12, inaugurazione del Centro turistico culturale. Alle 12.45, inaugurazione dell’area archeologica di via Brenta. Seguirà un buffet nell’aula didattica dell’azienda agricola Forzello.
Fratta Polesine (Ro). Al museo Archeologico nazionale la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini” promosso da soprintendenza, università di Padova e Roma, e CPSSAE nell’ambito del progetto “Prima Europa” finanziato dalla Fondazione Cariparo. Parleranno tutti i protagonisti delle ricerche. Per i bambini un laboratorio speciale

Non sono passati neppure due mesi dalla chiusura della campagna 2023 a Frattesina e Villamarzana, in Polesine, nell’ambito del progetto finanziato dalla Fondazione Cariparo “Prima Europa. La protostoria del Polesine”, ed è tempo di “rendere conto” agli abitanti di questi territori, prima ancora che agli studiosi, quanto emerso dalle ultime ricerche e quali prospettive ci sono per il futuro. Così, In linea con la mission del progetto, che mira a integrare l’aspetto della ricerca sullo straordinario patrimonio protostorico del Medio Polesine con quello della sua valorizzazione, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università di Roma La Sapienza e il CPSSAE in sinergia con il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (Ro) e le amministrazioni comunali di Fratta Polesine e Villamarzana, organizzano per sabato 18 novembre 2023, alle 16.15, al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini”, con l’obiettivo di presentare alle comunità locali i risultati raggiunti nel corso delle campagne di scavo condotte nell’estate 2023. Evento gratuito con prenotazione obbligatoria. Info e prenotazioni: drm-ven.museofratta@cultura.gov.it, 0425668523. Per i bambini, nella stessa giornata, alle 15.30, sarà organizzato sempre al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, un laboratorio didattico gratuito a cura della cooperativa sociale Scatola Cultura, dedicato allo scavo archeologico. Info e prenotazioni: visitmuseofrattapolesine@scatolacultura.it, 3891208491

Il professor Andrea Cardarelli (Sapienza università Roma) dirige gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)
Proprio grazie ai finanziamenti di fondazione Cariparo, Soprintendenza, Università di Padova e Roma, e CPSSAE hanno potuto riprendere gli studi sui grandi insediamenti della fine dell’età del bronzo e dell’inizio dell’età del ferro (XII-X secolo a.C.) di Frattesina di Fratta Polesine e di Villamarzana che, in quel periodo storico, rappresentavano uno snodo di importanza fondamentale nelle relazioni tra Europa, Italia peninsulare e Mediterraneo. In tal senso, il progetto “Prima Europa” prevede, oltre allo studio e alle analisi dei reperti provenienti da indagini pregresse, anche e soprattutto la ripresa delle ricerche sul campo, al fine di fornire un’immagine più precisa possibile delle caratteristiche dei due abitati e più in generale dell’organizzazione territoriale del Polesine.

Il prof. Michele Cupitò dell’università di Padova, direttore dello scavo del sito protostorico di Villamarzana, mostra alcune stratigrafie (foto graziano tavan)
Apriranno l’incontro i saluti istituzionali di Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo; Enrico Ferrarese, presidente della Provincia di Rovigo; Paolo Carafa, prorettore del Patrimonio archeologico della Sapienza-Università di Roma; Monica Salvadori, prorettrice con delega al Patrimonio artistico, storico e culturale e delega al sistema bibliotecario di Ateneo dell’università di Padova; Elena Biasin, consigliere del Comune di Rovigo per il museo dei Grandi Fiumi; Cinzia Mantovani, assessore alla Cultura del Comune di Fratta Polesine; Daniele Menon, sindaco di Villamarzana; e Adriano Azzi, presidente dell’associazione “Il Manegium”.

L’archeologo Paolo Bellintani del CPSSAE segue gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)
Seguiranno gli interventi dedicati ai risultati degli scavi archeologici tenuti da Andrea Cardarelli (uniroma), Paolo Bellintani (cpssae), Nicola Cappellozza (sap) e Ivana Angelini (unipd) per lo scavo di Frattesina (“Le indagini 2023 a Frattesina di Fratta Polesine: primi risultati e prospettive future”) e da Michele Cupitò (unipd) e Paola Salzani (sabap-vr) per lo scavo di Villamarzana (“Le indagini 2023 nel sito di Villamarzana: primi risultati e prospettive di ricerca”). Un contributo sarà infine dedicato alle attività di comunicazione e archeologia pubblica realizzate nell’ambito del progetto dal museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine con Maria Letizia Pulcini e Andrea Gardina (drm-veneto) su “Raccontare l’Archeologia. Attività di comunicazione e valorizzazione delle indagini 2023 a Frattesina e Villamarzana”.
Esclusivo. Col direttore dello scavo prof. Michele Cupitò (unipd) visita guidata alla scoperta del sito protostorico di Villamarzana (Ro) che sembra vocato alla produzione agricola, fonte di sostentamento del fabbisogno alimentare probabilmente per il vicino sito di Frattesina. Ecco gli obiettivi anche ambiziosi della ricerca inserita nel progetto “Prima Europa. La Protostoria del Polesine” con una mission: valorizzare e comunicare

Campi coltivati a mais nel medio Polesine: in mezzo la piccola trincea di scavo del sito protostorico di Villamarzana (foto graziano tavan)
I campi di mais appena tagliato si perdono a vista d’occhio nella pianura polesana dove oggi, come tremila anni fa, si pratica l’agricoltura. Come sta dimostrando il sito protostorico di Villamarzana (X – IX sec. a.C.) di quasi 80 ettari, dove dal 4 settembre 2023 è attiva la prima campagna di scavo diretta dal prof. Michele Cupitò del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, che segue quelle del 1970 (diretta da Leone Fasani) e del 1993 (diretta da Luciano Salzani) e i sondaggi della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza nel 2004.

Una delle aree di scavo della campagna 2023 del sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)
Villamarzana si trova a una decina di chilometri da Rovigo, a soli tre da Fratta Polesine dove è noto dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso il villaggio protostorico di Frattesina (XIII – IX sec. a.C.) che copre un’area di 20 ettari, in questo periodo oggetto di scavi da parte dell’università Roma La Sapienza e del Cpssae di Rovigo. Entrambi i siti sorsero lungo un ramo del Po di Adria, oggi un paleoalveo, ma presentano caratteristiche diverse. E se dell’abitato di Frattesina, la cui scoperta stupì il mondo degli studiosi, si sa molto, di Villamarzana è ancora quasi tutto da definire: rispetto a Frattesina, qui sembra emergere un’estensione sì più grande ma con tessuto abitativo più rarefatto, meno densamente occupato. Villamarzana potrebbe quindi diventare il testimonial della vita dei nostri antenati di tremila anni fa fornendoci notizie sull’ambiente in cui vivevano e su cosa coltivavano. E quindi grazie a questa campagna di scavo si potrà chiarire anche il rapporto con la vicina Frattesina di cui Villamarzana, ma è solo un’ipotesi al momento tutta da dimostrare, e la prudenza degli archeologi è d’obbligo, potrebbe essere stata il “granaio” o comunque la fonte di sostentamento.
Entrambi i piani di ricerca archeologica rientrano nel progetto “Prima Europa. La protostoria del Polesine” finanziato dalla Fondazione CARIPARO, che mira a integrare l’aspetto della ricerca sullo straordinario patrimonio protostorico del Medio Polesine con quello della sua valorizzazione. In linea con la mission del progetto, a Villamarzana il 14 e per il 27 settembre 2023 vengono organizzati due eventi di archeologia pubblica. Un bell’esempio di archeologia pubblica che vede coinvolto anche il Comune di Villamarzana con il sindaco Daniele Menon, il cui supporto è stato, è e sarà essenziale.

Il prof. Michele Cupitò dell’università di Padova, direttore dello scavo del sito protostorico di Villamarzana, mostra alcune stratigrafie (foto graziano tavan)
Per saperne di più abbiamo chiesto al prof. Michele Cupitò di introdurre i lettori di “archeologiavocidalpassato.com” al sito protostorico di Villamarzana. Una visita guidata esclusiva in quattro step per capire meglio la ricerca archeologica, i suoi obiettivi e il rapporto con il territorio. Per prima cosa il prof. Cupitò ci introduce al progetto Prima Europa; quindi fa una disamina della storia degli scavi, e del sito sotto l’aspetto geomorfologico e topografico in rapporto al sito di Frattesina; il professore illustra poi la campagna di scavo 2023 e infine ci porta alla scoperta dei laboratori temporanei a supporto della ricerca archeologica.
“Il progetto Prima Europa – esordisce Cupitò – è un progetto di ricerca archeologica finanziato dalla fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ha fortemente voluto investire sul recupero di questo straordinario patrimonio archeologico, nello specifico protostorico, che caratterizza il Polesine in generale e il medio Polesine in particolare, soprattutto l’area compresa tra i due grandi siti di Villamarzana e di Frattesina. Gli enti che sono coinvolti nel progetto sono la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza nella persona della dott.ssa Paola Salzani, e per quanto riguarda lo scavo di Villamarzana il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova; per quanto riguarda invece lo scavo di Frattesina a Fratta Polesine, che è in corso in questo stesso periodo, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università di Roma la Sapienza e il Cpssae di Rovigo. Nel tempo inoltre è stata messa in atto una sinergia molto importante con la direzione regionale Musei del Veneto e, in particolare, con il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine diretto dalla dott.ssa Maria Letizia Pulcini soprattutto per gli aspetti della comunicazione. Lo scavo a Villamarzana è diretto dal prof. Michele Cupitò, lo scavo a Frattesina è diretto dal prof. Andrea Cardarelli dell’università di Roma e dal dottor Paolo Bellintani del Cpssae”.
“Il grande sito di Villamarzana – riprende Cupitò – è noto fin dagli anni ’70 del Novecento, scavo condotto dal professor Fasani e dal dottor Luciano Salzani, poi approfondito negli anni ’90. Però è un sito che è rimasto un po’ all’ombra rispetto alle straordinarie evidenze di Frattesina. E cito questo importantissimo sito non a caso perché si tratta di due siti molto vicini, troppo vicini – diciamo – nel senso che una delle ragioni fondamentali che noi cerchiamo di capire è perché due siti di così grande importanza e di così grandi dimensioni siano sorti l’uno vicino all’altro. E questo già ci fa immaginare che ci fosse una relazione stretta tra questi due insediamenti, cioè che si trattasse di un sistema insediativo e non di siti separati. Allora per cercare di porsi le domande giuste su Villamarzana è inevitabile parlare del pre Villamarzana perché Villamarzana, a differenza di Frattesina, è un sito che nasce solo allo scorcio dell’Età del Bronzo, cioè nel X secolo a.C. e perdura fino ai primi inizi dell’Età del Ferro. Frattesina invece, che appunto si trova a pochi chilometri a Ovest di Villamarzana, ha una vita molto più lunga. È già un insediamento vivo nel XIII secolo, cioè nella fase che gli archeologi chiamano Età del Bronzo recente, si sviluppa, e raggiunge la straordinaria evidenza, che tutti voi potete vedere in museo e nelle pubblicazioni, tra il XII e l’XI secolo a.C., soprattutto quindi nelle prime fasi del Bronzo finale. Con il X secolo, dicevo, pochi chilometri a Est di Frattesina, cioè dove ci troviamo qui, e sulla stessa sponda del Po di Adria, che si trova a Nord di entrambi i siti, nasce appunto il sito di Villamarzana. Che è un sito di enormi dimensioni, ma su queste enormi dimensioni bisogna riflettere. Cioè le enormi dimensioni di Villamarzana sono determinate ad oggi fondamentalmente solo sulla diffusione dei materiali di superficie, ceramiche, reperti, che le arature hanno portato in superficie. Non è detto ovviamente che uno spargimento di ceramica corrisponda a un’area abitativa in senso proprio. E le prospezioni magnetometriche che abbiamo condotto già nell’agosto nel 2022 mostrano proprio questa situazione, cioè che Villamarzana probabilmente era un sito composto da nuclei giustapposti, vicini, che occupano complessivamente un’estensione di anche 80 ettari, ma separati tra loro da aree destinate alle attività produttive primarie, cioè l’agricoltura, l’orticoltura, l’allevamento”.
“La campagna di scavo 2023, che attualmente è in corso – il prof. Cupitò entra nel vivo -, è iniziata il 4 settembre ’23 e poggia su quelle che erano state le ricerche pregresse che avevamo condotto già nel 2022, prospezioni magnetometriche finalizzate a leggere senza scavare le evidenze che stanno sotto il piano di campagna in modo da avere un’idea di dove si vanno ad aprire gli scavi, e poi appunto su due trincee di verifica che abbiamo aperto nel dicembre 2022: una più a Nord che corrisponde a un’area che mostrava una forte concentrazione di strutture apparentemente abitative, comunque a strutture di una certa rilevanza, e invece una seconda in un settore più a Sud che coincideva con un fossato o un canale, non abbiamo ancora chiaro se si trattasse di un canale naturale antropizzato o di un fossato antropico in senso proprio, che sembra cingere questa parte dell’insediamento. L’obiettivo chiaramente era quello di leggere in contemporanea un segmento del tessuto abitativo e poi questo aspetto molto importante della delimitazione del sito. Perché di Villamarzana per ora poco è noto e quasi nulla dal punto di vista topografico.

Momenti di scavo nell’area con presenza di impianti produttivi nel sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)
“Gli scavi che sono ora in corso, per cui do delle informazioni che domani potrebbero essere anche superate, perché fa parte dell’archeologia procedere per integrazioni di dati costanti, nella parte che noi ipotizzavamo essere occupata da case mostrano che in realtà probabilmente non siamo in un’area veramente di case abitazioni, ma più probabilmente di impianti di tipo produttivo. Non è ancora chiaro per la produzione di cosa, quello che tendiamo a escludere è che si trattasse di aree artigianali in senso proprio cioè per la produzione la lavorazione del bronzo, del vetro, della ceramica, dell’osso del palco di cervo. È possibile anche, sulla scorta di confronti con altri contesti che sul piano stratigrafico sono analoghi, si trattasse di aree destinate alla trasformazione delle derrate alimentari, in particolare dei cereali.

Il prof. Cupitò mostra quella che sembra essere una struttura di perimetrazione, una sorta di palizzata, bruciata, a delimitare il sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)
Nel secondo settore, quello prossimo all’area di delimitazione del sito, l’obiettivo è quello di verificare appunto l’andamento di quella che sembra essere una struttura di perimetrazione, una sorta di palizzata, bruciata, che abbiamo identificato già nel dicembre 2022, e di scavare un dato molto importante che sono sicuramente gli spessori di un’area destinata a campi o orti. È quindi chiaro che il sito di Villamarzana, perlomeno per quello che stiamo vedendo adesso, ci darà – ed è questo quello che più di tutto ci interessa – delle informazioni collaterali rispetto a quello che è lo scavo “normale” di un’area abitativa. Cioè finalmente si aprirà una finestra su quello che era tutto l’hinterland che però era la base fondamentale della vita dele comunità: cioè le aree dei campi, le aree degli orti, le aree di lavorazione dei cereali e, quindi, una finestra sull’ambiente. Ecco noi riteniamo che a Villamarzana che potrebbe avere avuto anche una funzione in qualche modo collegata a Frattesina come centro produttivo per il sostentamento del fabbisogno alimentare di questo sito vocato invece principalmente all’artigianato e allo scambio, vorremmo tentare di aprire una finestra su quella che era la campagna e l’agricoltura di questo territorio tremila anni fa. Ed è molto bello – secondo me – vedere come noi camminiamo su campi di oggi e sotto i nostri piedi, a 60-70 centimetri, abbiamo campi o comunque aree di produzione agraria antiche oltre tre millenni.
“Perché comunicare? Perché comunicare è la base fondamentale per far conoscere, e conoscere è la base fondamentale per valorizzare, parola che ormai è estremamente utilizzata, fondamentale, però è una parola che talvolta è più uno slogan che una realtà. Noi vogliamo invece cercare di riempire la parola valorizzazione, comunicazione, con dei contenuti che sono di fatto il tentativo di ricostruire la vita di questo territorio qualche migliaio di anni fa e renderla attuale”.
“In concomitanza con lo scavo sul campo, il progetto Villamarzana – conclude il direttore dello scavo – ha previsto anche l’allestimento di laboratori temporanei in un’area molto piacevole – un piccolo giardino pubblico comunale – e all’interno di uno stabile di proprietà della parrocchia che, grazie ai buoni rapporti con il Comune di Villamarzana che è fondamentale dal punto di vista del supporto, siamo riusciti ad avere. In questo laboratorio temporaneo si processano fondamentalmente quattro cose: il primo di tutto, a livello informatizzato, è l’elaborazione di piante, foto piani, quindi tutta la documentazione di scavo, che è a tre chilometri di distanza, quindi molto comodo, e quindi c’è anche la possibilità di avere subito un riscontro di quelle che sono le attività, di verifica di quelle che sono le attività di campo.

Laboratori temporanei: il prof. Cupitò nel settore dove si puliscono i reperti dal sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)
Poi naturalmente c’è il primo processamento dei materiali dei reperti di tutti i tipi, dalla ceramica, alle faune, agli elementi in osso e palco di cervo, che vengono lavati, catalogati. E poi molto importante proprio per quello che è l’obiettivo del progetto, quello di essere un progetto che non guarda solo il sito ma guarda anche molto l’ambiente nel quale il sito tremila anni fa era inserito, del quale faceva parte, sono due settori: uno dedicato allo studio praticamente sul posto delle faune, cioè dei resti di pasto, per capire quindi che tipo di animali venivano allevati e consumati, e lo sfruttamento degli animali; e l’altro, attraverso la setacciatura con acqua o flottazione, dedicato allo studio dei macroresti vegetali, quindi semi, carboni, che possono darci una informazione molto importante su quella che era appunto la copertura vegetale, l’ambiente e soprattutto quelle che erano le colture, cosa veniva coltivato, cosa veniva sfruttato per l’alimentazione a livello vegetale. Altro aspetto importante che però è affrontato in un altro laboratorio non sul campo ma a Padova, è quello che riguarda la palinologia e la micromorfologia che sono curati dal collega Cristiano Nicosia del dipartimento di Geoscienze che sono un altro tassello per la ricostruzione da un lato dell’ambiente più in senso ampio attraverso lo studio dei pollini, dall’altro da un punto di vista – attraverso la micromorfologia – della composizione reale degli strati. Quindi che cosa contengono, come si sono formati: una decodificazione sempre più approfondita di quelli che sono i segreti della stratigrafia che speriamo di svelare”.
Altino. Conclusi i lavori di messa in sicurezza dell’ex risiera, sede del museo Archeologico nazionale: la collezione archeologica sarà di nuovo visitabile in tutti i suoi spazi

Riaprono le sale del museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Il sottotetto del museo Archeologico nazionale di Altino dopo i lavori di messa in sicurezza (foto drm-veneto)
Conclusi i lavori di messa in sicurezza dell’ex risiera, sede del museo Archeologico nazionale di Altino, così mercoledì 30 agosto 2023, a partire dalle 14, la collezione archeologica sarà di nuovo visitabile in tutti i suoi spazi (vedi (vedi Altino (Ve). Lavori in corso al museo Archeologico nazionale: alcune aree chiuse durante l’estate | archeologiavocidalpassato). Su una superfice di quasi 5000mq di strutture lignee la direzione regionale Musei del Veneto aveva richiesto l’apporto della classe di reazione al fuoco B-s1, d0 che è stata ottenuta applicando un ciclo di vernice ignifuga, in questo caso a base solvente. Con la riapertura della ex risiera, il costo dei biglietti sarà: Intero 6 euro, ridotto 3 euro, eventi e convenzioni 4 euro, eventi serali 2 euro, #Altino365 – abbonamento annuale 15 euro. Il prezzo dei biglietti comprende la maggiorazione di 1 euro prevista dal ministero della Cultura per finanziare la ricostruzione del patrimonio culturale danneggiato dall’alluvione del maggio 2023; l’aumento rimarrà in vigore fino al 15 dicembre 2023.

Museo Archeologico nazionale di Altino: reperti e vetrine sigillati per consentire la messa in sicurezza delle parti lignee (foto frezza group)
L’ex risiera era stata chiusa il 3 luglio 2023, lasciando visibili le aree archeologiche, la mostra “Antenati altinati” e la torretta panoramica. In queste settimane, Frezza Group all’interno di un museo, dove sono presenti numerosi reperti nelle teche di vetro o esposti nelle sale, ha dovuto procedere con estrema cura. Le vernici sono state applicate con pompe airless che, nebulizzando il prodotto, hanno reso necessario una copertura meticolosa degli ambienti applicando doppi nylon e sigillando le sovrapposizioni con nastro.

Le colonne in ferro restaurate all’esterno del museo Archeologico nazionale di Altino (foto frezza group)
Invece all’esterno del museo Frezza Group ha rimosso la vernice intumescente esistente per poter successivamente applicare un nuovo ciclo intumescente per la protezione R 60 delle colonne metalliche esterne al museo. Le colonne sono state sottoposte a idrolavaggio ad alta pressione prima e all’applicazione di primer e vernice intumescente dopo. Ed essendo un ambiente esterno soggetto agli effetti della brezza marina è stata adottata una vernice a base solvente poi protetta con una finitura poliuretanica bicomponente, sempre a base solvente, in tinta antracite come da indicazioni progettuali.
Adria. Al museo Archeologico nazionale sarà esposto in modo permanente il vaso attico a figure nere del gruppo di Leagro recuperato dai carabinieri Tpc e consegnato alla direzione regionale musei del Veneto

Vaso attico a figure nere opera dei ceramografi del gruppo di Leagro (525-500 a.C.) (foto drm-veneto)

Vaso attico a figure nere opera dei ceramografi del gruppo di Leagro (525-500 a.C.) (foto drm-veneto)
La sua provenienza è ignota. Ma è certo che il vaso attico consegnato ufficialmente nei giorni scorsi dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia alla direzione regionale Musei Veneto verrà successivamente assegnato permanentemente al museo Archeologico nazionale di Adria per l’esposizione al pubblico. L’importante reperto, un vaso attico a figure nere opera dei ceramografi del gruppo di Leagro e databile tra il 525 e i 500 a.C., arricchirà e integrerà così in modo significativo la sua già importante collezione di ceramica attica, nota a livello internazionale.





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