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Portici (Na). All’università “Federico II” la giornata di studi “Il Real Sito di Portici. Ricerche, restauri e prospettive”, importante momento di confronto scientifico sulla valorizzazione di uno dei più significativi siti reali borbonici del territorio campano

Venerdì 20 giugno 2025, alle 9.30, a Portici, nella Sala Cinese dell’università di Napoli “Federico II” in via Università 100, ospita la giornata di studi “Il Real Sito di Portici. Ricerche restauri e prospettive”, un importante momento di confronto scientifico dedicato alla valorizzazione di uno dei più significativi siti reali borbonici del territorio campano. L’iniziativa, che vede la partecipazione di istituzioni di primo piano nel panorama culturale nazionale, si propone di fare il punto sullo stato delle ricerche, sui cantieri di restauro in corso e sulle prospettive future per la conservazione e valorizzazione del Real Sito di Portici, prezioso esempio dell’architettura reale settecentesca e sede del primo museo ercolanense. Alla giornata porteranno i saluti istituzionali Matteo Lorito, rettore dell’università “Federico II”; Gaetano Manfredi, sindaco della Città Metropolitana di Napoli; Danilo Ercolini, direttore dipartimento di Agraria; Luigi La Rocca, capo dipartimento per la Tutela del patrimonio culturale; Mariano Nuzzo, soprintendente per l’area metropolitana di Napoli; Stefano Mazzoleni, direttore museo delle Scienze agrarie; Paola Costa, dirigente città metropolitana di Napoli; Vincenzo Cuomo, sindaco di Portici; Gennaro Miranda, presidente fondazione Ente Ville Vesuviane; Lorenzo Capobianco, presidente OAPPC  Napoli. L’evento è aperto al pubblico e alla comunità scientifica. La Giornata di Studi rappresenta un’occasione preziosa per fare il punto sui risultati raggiunti e delineare le strategie future per la conservazione di questo straordinario patrimonio, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali e scientifici impegnati nella sua tutela.

Veduta dall’alto della Reggia di Portici (foto paerco)

La giornata si articola in quattro sessioni tematiche che spaziano dalla storia dei siti reali borbonici alle più moderne tecniche di restauro. Si parlerà dell’eredità di Luigi Vanvitelli e della sua influenza sull’architettura della Federico II, del rapporto tra la Reggia e l’antico museo ercolanense, fino ai cantieri di restauro attualmente in corso. Particolare attenzione sarà dedicata al ruolo del Real Sito come villa vesuviana del “miglio d’oro” e alle strategie innovative per il restauro e la valorizzazione del patrimonio borbonico. Gli interventi spazieranno dalle riflessioni sul restauro del Fortino di Ferdinando IV alle analisi del Gabinetto dorato della Regina, testimonianza dell’apogeo del tardobarocco.

SESSIONE 1 – I siti Reali: chair Serena Borea. Renata Picone, presidente Sira – università di Napoli “Federico II”, “Siti reali borbonici. Nuove strategie per il restauro e la valorizzazione”; Alessandro Castagnaro, università di Napoli “Federico II”, “Luigi Vanvitelli dalla Reggia di Portici alle sedi della Federico II”; Fabio Mangone, università di Napoli “Federico II”, “Fuga a Portici”; Massimo Visone, università di Napoli “Federico II”, “La fortuna iconografica del Palazzo Reale di Portici”.

SESSIONE 2 – Il Real Sito di Portici, villa vesuviana del miglio d’oro: chair Mariano Nuzzo. Serena Borea, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Conservare per continuare a conoscere. L’impegno della Soprintendenza per il restauro, la tutela e la valorizzazione del Real Sito”; Marco De Napoli, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Conoscere per tutelare. La vestizione del vincolo culturale per strategie di tutela e valorizzazione del Real Sito di Portici”; Valentina Russo, università di Napoli “Federico II”, “In oppugnandis propugnandisque opidis tirocinio: riflessioni per il restauro del Fortino di Ferdinando IV nella Reggia di Portici”; Andrea Pane – Damiana Treccozzi, università di Napoli “Federico II”- Scuola Superiore Meridionale / museo Archeologico nazionale di Napoli, “La Reggia di Portici tra apogeo del tardobarocco e istanze di rinnovamento stilistico: il caso del Gabinetto dorato della Regina tra conoscenza e conservazione”; light lunch. Inaugurazione mostra fotografica di Giovanni Genova. Presentazione di Francesca Stopper.

SESSIONE 3 – La Reggia e il museo ercolanense: chair Stefano Mazzoleni. Francesco Sirano, direttore parco archeologico di Ercolano, “Ercolano 1738 dallo scavo alla musealizzazione”; Elena Manzo, università della Campania “Luigi Vanvitelli”, “Genesi di una residenza reale tra Storia, Architettura e Archeologia”; Luca di Franco, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Prima e dopo l’Herculanense Museum. La Reggia di Portici e l’antico”; Domenico Camardo, Mario Notomista, Packard Humanities Istitute / Istitute Packard per i Beni Culturali, “La villa romana delle scuderie del Palazzo Reale di Portici e le ville del territorio ercolanese”.

SESSIONE 4 – I cantieri in corso e prospettive future: chair Luigi Veronese. Brunella Como, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Il restauro dei saloni dell’ala nord est della Reggia di Portici, già appartenenti alla Villa del Conte di Palena”; Palma Maria Recchia, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Tracce ritrovate: interventi di restauro nell’ultimo quinquennio”; Valeria Fusco, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, “Il restauro dello scalone della Reggia. Interventi di conservazione e innesti contemporanei per un nuovo ingresso all’area museale”; Giuseppe Napolitano, Gerardo Puca, Clea Martone, Città Metropolitana di Napoli, “Interventi di restauro alla Reggia curati dalla Città Metropolitana di Napoli. Dalla Galleria del piano nobile alle scuderie”.

Napoli. A Palazzo Reale presentazione del Protocollo d’Intesa per la tutela e valorizzazione delle Ville Vesuviane siglato tra la Procura di Napoli, la Procura di Torre Annunziata, il dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale e la Fondazione Ente Ville Vesuviane

Martedì 17 giugno 2025, alle 10, nella Sala Conferenza di Palazzo Reale di Napoli, presentazione del Protocollo d’Intesa per la tutela e valorizzazione delle Ville Vesuviane. L’accordo, siglato tra la Procura della Repubblica di Napoli, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, il dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale del ministero della Cultura e la Fondazione Ente Ville Vesuviane, rappresenta un importante passo avanti nella protezione e nella promozione di un patrimonio storico-artistico di eccezionale valore. Interverranno Aldo Policastro, procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli; Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; Nunzio Fragliasso, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata; Luigi La Rocca, capo dipartimento per la tutela del patrimonio culturale – ministero della Cultura; Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Ville Vesuviane. Saranno inoltre presenti Pierpaolo Filippelli, procuratore aggiunto di Napoli; Mariano Nuzzo, soprintendente ABAP per l’area metropolitana di Napoli; Rosalia D’Apice, delegata del DG alla soprintendenza ABAP per il Comune di Napoli. Il Protocollo d’Intesa nasce dalla volontà congiunta delle istituzioni coinvolte di rafforzare gli strumenti di tutela e di valorizzazione delle Ville Vesuviane, capolavori dell’architettura settecentesca situati lungo il “Miglio d’Oro”. L’accordo mira a garantire un’azione coordinata per contrastare il degrado e l’abbandono, promuovendo al contempo iniziative culturali e di sensibilizzazione. Nel corso dell’incontro verranno illustrati gli obiettivi e le azioni concrete previste dall’accordo, tra cui la mappatura delle ville, il monitoraggio delle condizioni di rischio, la promozione di attività di restauro e conservazione e la valorizzazione attraverso eventi e percorsi culturali.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la mostra “Miti greci per principi dauni”: 25 reperti trafugati, importante gruppo di vasi apuli e attici a figure rosse, recuperati dai Carabinieri del Tpc e provenienti dall’Altes Museum di Berlino. Destinazione finale il costruendo museo della Legalità a Foggia

roma_villa-giulia_mostra-miti-greci-per-principi-dauni_locandinaFino al 16 marzo 2025 si potranno ammirare al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia nella mostra “Miti greci per principi dauni”, per poi passare al Castello Svevo di Bari, in attesa di trovare sede nel costituendo museo Archeologico nazionale di Foggia. Sono i 25 reperti archeologici, un importante gruppo di vasi apuli e attici a figure rosse, recuperati nell’ambito di una riuscita operazione di diplomazia culturale condotta con i Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale e provenienti dalle collezioni di antichità classica dell’Altes Museum di Berlino.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: da sinistra. Massimo Osanna, Alessandro Giuli, Luana Toniolo, Liuigi La Rocca (foto agnese sbaffi / mic)

All’inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia col ministro della Cultura Alessandro Giuli sono intervenuti la direttrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Luana Toniolo; il direttore generale Musei e curatore della mostra, Massimo Osanna; il capo dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale e curatore della mostra, Luigi La Rocca; il procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Roma, Giovanni Conzo; il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro; il capo dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Alfonsina Russo; l’Ambasciatore tedesco in Italia, Hans-Dieter Lucas.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il ministro Alessandro Giuli col dg Massimo Osanna (foto agnese sbaffi / mic)

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Cratere a volute rosse apulo con Ratto di Persefone, attribuito al Pittore di Dario (340-320 a.C.) esposto nella mostra “Miti greci per i principi dauni” (foto mic)

Il progetto espositivo, a cura di Luigi La Rocca, Massimo Osanna e Luana Toniolo, nasce nell’ambito dell’Accordo di cooperazione culturale siglato il 13 giugno 2024 a Berlino tra i ministeri della Cultura italiano e tedesco, la Fondazione per l’Eredità Culturale della Prussia (SPK) e il Museo di Berlino. Grazie a questa intesa, raggiunta a valle di un importante lavoro delle Procure della Repubblica di Roma e Foggia e dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, oltre che degli uffici del ministero della Cultura, è potuto rientrare in Italia un prezioso contesto funerario di 21 vasi apuli provenienti dalla Puglia settentrionale, area abitata dall’antica popolazione dei Dauni, assieme a due vasi attici a figure rosse, un cratere lucano a figure rosse e un frammento di affresco proveniente da una villa di Boscoreale, dichiarati di dubbia provenienza. In virtù della provenienza daunia, i materiali torneranno poi in Puglia e saranno assegnati definitivamente all’istituendo Museo di Foggia presso Palazzo Filiasi, all’esito dei lavori di restauro e adeguamento funzionale attualmente in corso e finalizzati alla realizzazione di un museo dedicato proprio alle attività di contrasto al fenomeno dello scavo clandestino e della illecita esportazione di beni archeologici. Con l’occasione e in virtù del dialogo virtuoso tra Italia e Germania, è stato avviato un programma di prestiti di opere a lungo termine con lo stesso museo berlinese, grazie alla collaborazione dei parchi archeologici di Paestum e Velia e del museo Archeologico nazionale di Napoli.

“Questa mostra porta con sé il concetto di diplomazia culturale, di cooperazione, di amicizia con una nazione così importante come la Germania”, interviene il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “e con un allestimento completamente orientato all’idea dell’inclusione e dell’accessibilità che è un esempio modello da seguire in tutte le realtà museali”.

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Allestimento della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

“Grazie all’attività di diplomazia culturale del ministero della Cultura è stato possibile sottoscrivere questo importante Accordo di cooperazione con la Fondazione dell’Eredità Culturale Prussiana che ha consentito la restituzione all’Italia di 25 preziosi reperti archeologici, precedentemente esposti presso l’Altes Museum di Berlino”, commenta il capo dipartimento per la Tutela del Patrimonio culturale, Luigi La Rocca. “I pregiati manufatti di produzione apula e attica, tra cui crateri di grandi dimensioni a figure rosse, piatti decorati, una kylix, skyphoi, anfore e un’hydria, possono ora essere ammirati nella suggestiva cornice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia per essere restituiti alla collettività e infine esposti in Puglia, il luogo dal quale furono scavati clandestinamente e successivamente esportati.  Un nuovo successo delle istituzioni italiane deputate alla tutela del patrimonio culturale e al contrasto dei traffici illeciti dei nostri beni archeologici”.

“Questo progetto è il risultato emblematico di un’operazione culturale di successo, incarnata dall’intesa conclusa con la Fondazione dell’Eredità Culturale Prussiana”, ricorda il direttore generale Musei, Massimo Osanna. “Grazie a questo accordo, frutto di un significativo lavoro delle Procure, dei Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale e, naturalmente, degli uffici del ministero della Cultura, torna in Italia un importante nucleo di vasi apuli e attici a figure rosse, originari dell’area della Puglia settentrionale, storicamente abitata dagli antichi Dauni. Considerata la loro provenienza, dopo l’esposizione a Villa Giulia e il successivo allestimento presso il Castello Svevo di Bari, questi materiali saranno definitivamente destinati al costituendo Museo di Foggia, che sarà dedicato proprio alle attività di contrasto all’illecita esportazione di beni archeologici. Un progetto di ampio respiro dunque, che parla di diplomazia culturale, salvaguardia del patrimonio, pubblica fruizione e promozione della legalità, in un’ottica di rete e collaborazione tra istituzioni”.

“La restituzione di questi manufatti è in linea con la posizione di principio dei Musei Berlinesi nei confronti delle antichità”, spiega l’ambasciatore tedesco in Italia, Hans-Dieter Lucas, “e rappresenta un altro bell’esempio per la già esemplare cooperazione tra Germania e Italia nel settore della tutela e della restituzione di beni culturali. Abbiamo un interesse comune a proteggere i beni culturali con valore identitario da saccheggi, scavi illegali, furti e contrabbando. Poiché il furto e il contrabbando di opere d’arte e beni culturali non creano solo ingiustizia e danni materiali, già di per sé gravi, ci privano anche dell’opportunità di conoscere meglio la tradizione, i proprietari e gli ideatori di questi reperti”.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro (foto agnese sbaffi / mic)

“Il patrimonio culturale di una nazione rappresenta la propria identità storica da proteggere e conservare, quale testimonianza incancellabile delle proprie radici e tradizioni”, sottolinea il comandante dei carabinieri Tpc, Gen. D. Francesco Gargaro. “Quando opere d’arte vengono sottratte al loro contesto originario, non solo viene violata la norma a tutela del Paese di provenienza, ma viene cancellata la traccia dell’identità culturale di un popolo. È per questo che con profonda soddisfazione, con l’inaugurazione al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia della mostra “Miti greci per principi dauni”, viene celebrato un altro importante recupero di straordinari reperti archeologici costituiti da un corredo di 21 vasi apuli del IV sec. a.C. di inestimabile valore, frutto di scavi clandestini operati in Puglia negli anni ’70-’80. Questo rimpatrio testimonia un’efficace azione sinergica posta in essere tra i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, il ministero della Cultura, le autorità giudiziarie di Roma e Foggia e l’istituzione museale di Berlino. Pertanto, l’accordo siglato tra il ministero della Cultura italiano e l’Altes Museum di Berlino costituisce un vero e proprio modello di cooperazione per tutte le future attività di diplomazia culturale tra lo Stato italiano e le altre nazioni nell’opera di recupero e restituzione di beni d’arte sottratti ai territori e alle comunità di origine”.

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Inaugurazione della mostra “Miti greci per principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: il capo dipartimento Alfonsina Russo con l’ambasciatore Hans-Dieter Lucas (foto agnese sbaffi / mic)

“Il museo di Villa Giulia già custode del celebre Cratere di Eufronio dal 2009 al 2015, simbolo del successo delle politiche di diplomazia culturale del nostro Paese, rappresenta il luogo ideale per celebrare il ritorno di questo significativo gruppo di reperti archeologici, finora conservati all’Altes Museum”, aggiunge il capo dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Alfonsina Russo. “Questi vasi straordinari, con le loro affascinanti narrazioni mitologiche, saranno ora protagonisti, prima di tornare definitivamente in Puglia, di due importanti mostre che ne potranno esaltare il valore storico e culturale. Con l’occasione e in forza del proficuo dialogo tra Italia e Germania, è stato inoltre avviato un programma di prestiti di opere a lungo termine con lo stesso museo berlinese, grazie alla collaborazione dei parchi archeologici di Paestum e Velia e del museo Archeologico nazionale di Napoli. Una iniziativa che non solo conferma la qualità dell’impegno dell’Italia per la protezione del patrimonio culturale, ma che dà vita ad un ampio programma di valorizzazione e fruizione integrata”.

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Allestimento della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

“La mostra “Miti greci per principi dauni” allestita a Villa Giulia”, spiega la direttrice Luana Toniolo, “è una mostra che celebra il rientro di 25 reperti dall’Altes Museum di Berlino. Una mostra accessibile, anzi direi accogliente. Una mostra che infatti nella prima sala, con un allestimento immersivo che integra LIS, racconta gli specifici miti dei primi cinque grandi vasi: miti a volte poco noti come il mito di Reso o di Diomede come fondatore della Daunia ad altri miti più grandi come la gigantomachia o il ratto di Persefone. Nella seconda sala un grande video ci racconta i rituali funerari dauni e il rientro dei vasi in Italia e la loro apertura nell’emozione generale a Villa Giulia. La mostra si conclude con altri reperti non pertinenti all’area di Arpi, il più importante e esteso insediamento della Daunia, ma provenienti dal mondo attico e dalla Lucania”.

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Cratere a volute rosse apulo con scena di Gigantomachia, attribuito al Pittore dell’Oltretomba (330-310 a.C.) esposto nella mostra “Miti greci per i principi dauni” (foto mic)

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Il ministro Giuli segue i supporti multimediali della mostra “Miti greci per i principi dauni” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto agnese sbaffi / mic)

Tra gli oggetti in mostra un gruppo di straordinari vasi a figure rosse di grandi e medie dimensioni – ben attribuibili per caratteristiche stilistiche ad alcuni dei ceramografi più noti e prolifici, attivi nella seconda metà del IV secolo a.C., come il Pittore di Dario e il Pittore dell’Oltretomba -, e due vasi attici, prodotti cioè nella regione di Atene, e uno lucano pure appartenenti al rimpatrio da Berlino. Oggetti di lusso prodotti essenzialmente per essere deposti nelle tombe e decorati con scene mitologiche. Grazie a un allestimento immersivo e accessibile, le opere raccontano la loro storia e quelle degli dei e degli eroi in essi raffigurati. Il nucleo di reperti compariva nell’elenco di beni trafugati dal noto trafficante d’arte Giacomo Medici, condannato nel 2009 per traffico illecito di beni culturali. In base alle indagini, fu prima acquisito da una famiglia svizzera (collezione Cramer) e poi venduto all’Altes Museum dal commerciante di antichità Christopher Leon, per 3 milioni di marchi nel 1984.

 

Roma. Il Nucleo TPC dei carabinieri ha recuperato due sarcofagi e otto urne etruschi provenienti da uno scavo clandestino a Città della Pieve (Pg), tutte riferibili allo stesso ipogeo riconducibile alla gens Pulfna. L’intervento di Luigi La Rocca

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I carabinieri del TPV riconsegnano sarcofagi e urne etrusche recuperate da scavo clandestino di Città della Pieve (foto emanuele antonio minerva / tpc)

Nuovo importante successo dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale che grazie a una lunga e minuziosa indagine hanno sventato la sottrazione allo Stato di un significativo nucleo di reperti etruschi databili nell’ultimo quarto del III sec. a.C. trafugati da un contesto funerario nel territorio di Città della Pieve località San Donnino. La complessa e articolata attività di indagine svolta dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale – sezione archeologia, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, col recupero di due sarcofagi e otto urne etruschi provenienti da uno scavo clandestino a Città della Pieve, è stata presentata a Roma, nella sede del Reparto operativo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

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Urne e sarcofagi etruschi recuperati dai carabinieri del TPC: da sinsitra, il sostituto procuratore di Perugia, Annamaria Greco; il Gen. D. Francesco Gargaro; il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone; il ministro della Cultura Alessandro Giuli; e il capo del dipartimento per la Tutela del Patrimonio Culturale del Mic, Luigi La Rocca (foto emanuele antonio minerva / tpc)

Sono intervenuti il procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, Raffaele Cantone; il sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Perugia, Annamaria Greco; il comandante dei Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, Gen. D. Francesco Gargaro; il ministro della Cultura, Alessandro Giuli; e il capo del dipartimento per la Tutela del Patrimonio Culturale del ministero della Cultura, Luigi La Rocca. L’operazione di recupero di queste urne è considerata dagli esperti uno dei più importanti recuperi di manufatti etruschi mai realizzato durante un’azione investigativa. La circostanza, altresì, che le opere sequestrate siano riferibili a un unico ipogeo rendono particolarmente rilevante il valore archeologico, artistico e storico del recupero stesso. I materiali provengono infatti da una tomba costituita probabilmente da due piccole camere ipogee, che è stata quasi completamente distrutta dai responsabili dello scavo clandestino.

Le attività sono state avviate nel mese di aprile 2024, a seguito di una comunicazione dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale che segnalava un possibile scavo abusivo nella zona fra Chiusi e Città della Pieve e il ritrovamento di importanti reperti archeologici etruschi. L’indagine, svolta dalla sezione Archeologia del Reparto Operativo TPC, ha preso il via dall’acquisizione di fotografie ritraenti numerose urne cinerarie con personaggi semi-recumbenti, tipici della cultura etrusca, che circolavano sul mercato illecito dell’arte. La collaborazione scientifica da parte di un docente dell’università di Roma Tor Vergata ha permesso di contestualizzare l’appartenenza dei reperti a una necropoli etrusca, verosimilmente del territorio chiusino già ricco di analoghe testimonianze artistiche.

Ulteriori accertamenti, con il supporto specializzato della direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio del ministero della Cultura e della Soprintendenza dell’Umbria, hanno permesso di focalizzare l’attenzione su un rinvenimento fortuito, già denunciato nel 2015 a Città della Pieve: un agricoltore, durante i lavori di aratura del terreno, si era imbattuto in un ipogeo etrusco contenente quattro urne funerarie e due sarcofagi riconducibili alla gens Pulfna, il cui medesimo patronimico era presente proprio su alcune delle urne raffigurate nelle fotografie da ricercare. Tuttavia, mentre l’ipogeo dei Pulfna scoperto nel 2015 era costituito da sepolture maschili, le immagini reperite dagli investigatori raffiguravano prevalentemente principesse etrusche. Le indagini sono state quindi concentrate nei luoghi limitrofi al predetto sito umbro, al fine di accertare se altri ipogei fossero stati violati di recente.

Valutata la necessità di disporre di adeguate attrezzature e mezzi meccanici per la movimentazione e il trasporto di tali reperti, considerato il peso e le dimensioni delle urne, i Carabinieri si sono concentrati su determinati soggetti ritenuti in grado di gestire le complesse operazioni di un recupero clandestino. L’analisi di ulteriori dati acquisiti negli archivi amministrativi locali e l’interpolazione con gli elementi raccolti nella prima fase delle indagini, hanno consentito di incentrare l’interesse investigativo su un imprenditore locale, titolare di una società in grado di svolgere anche movimento terra, che possedeva, tra l’altro, terreni adiacenti a quelli in cui era stato scoperto nel 2015 l’ipogeo.

Avendo avuto i militari del TPC conferma di una imminente commercializzazione dei beni sul mercato antiquario clandestino, è stata richiesta al gip l’autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni telefoniche. Tale attività è stata supportata anche da servizi di osservazione e pedinamento, con l’utilizzo di un drone in dotazione al Nucleo Elicotteri Carabinieri di Pratica di Mare. Ciò ha permesso di individuare con rilevante probabilità la presenza dei reperti all’interno di un’area ben delimitata nel territorio di Città della Pieve. È stato, quindi, emesso decreto di perquisizione locale ed in sede di esecuzione sono state proprio le urne ritratte nelle fotografie individuate nella fase iniziale dell’indagine. Inoltre, utilizzando anche gli elementi topografici acquisiti dal sorvolo del drone, i militari TPC hanno potuto individuare con precisione il sito di scavo. In particolare, sono state individuate quali eventuali responsabili due persone, nei confronti delle quali si procede per i reati di furto e ricettazione di beni culturali e soprattutto sequestrate 8 urne litiche etrusche, due sarcofagi e il relativo corredo funerario di età ellenistica del III secolo a.C.

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Reperti fittili e in bronzo recuperati dai carabinieri del TPC nell’operazione a Città della Pieve (foto emanuele antonio minerva / tpc)

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Lo scheletro di una donna di circa 40 anni all’interno di uno dei sarcofagi recupertai dai carabinieri del TPC a Città della Pieve (foto emanuele antonio minerva / tpc)

“Dal momento del trasporto a Roma”, ricorda Luigi La Rocca, “i reperti sono stati affidati alla cura di un gruppo di lavoro costituito da funzionari archeologi della DG ABAP (Sara Neri e Federica Pitzalis) e della Soprintendenza ABAP dell’Umbria (Luca Pulcinelli e Paola Romi), funzionari restauratori (Adriano Casalgrande, Stefania Di Marcello, Giulia Severini, Serena Di Gatano) e una antropologa (Elena Dellù) dell’ICR, a cui si deve un primo inquadramento del contesto. Si tratta di oltre 50 elementi fittili e metallici pertinenti al corredo funebre, di due sarcofagi, di uno dei quali si conserva la sola copertura poiché la cassa è stata distrutta e trovata in frammenti all’esterno della tomba, l’altro completo, la cui copertura reca una formula onomastica femminile incisa (VELIA LEFNI PULFNASA) e la cui cassa contiene lo scheletro di una donna di circa 40 anni; otto urne litiche per lo più realizzate in alabastro, che presentano casse decorate a rilievo e coperchio coronato dalla figura del defunto nella posizione semirecumbente (distesa) propria del banchetto, anch’esse ancora riempite di terra e contenenti ancora i resti delle incinerazioni”.

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Dettaglio dei monili rivestiti in foglia d’oro indossati dalle defunte sui coperchi dei sarcofagi recuperati dai carabinieri del TPC a Città della Pieve (foto tpc)

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Specchi in bronzo recuperati dai carabinieri del TPC nell’operazione a Città della Pieve (foto emanuele antonio minerva / tpc)

“Sulla base delle prime ricostruzioni”, continua La Rocca, “in una delle camera erano deposti i due sarcofagi, le due urne di maggior pregio, che si contraddistinguono anche per l’eccezionale stato conservativo dei pigmenti policromi e del rivestimento a foglia d’oro, che esalta la sontuosità dei molteplici monili indossati dalle defunte raffigurate sui coperchi e gli oggetti di corredo che pure fanno riferimento all’universo femminile tra cui spiccano – accanto a un consistente nucleo di vasellame in bronzo (olpai, oinochoai, situle e fiasca) – quattro specchi con decorazione incisa figurata, che nelle more degli interventi conservativi rivelano raffigurazioni di indubbio interesse. Uno in particolare è decorato con la scena di una lupa che allatta un bambino in presenza di figure tra cui sembra di potere riconoscere Eracle e Mnerva, scena che naturalmente richiama il mito di fondazione di Roma anche se non sfugge l’anomalia dell’assenza di uno dei gemelli. Sarà quindi l’approfondimento dell’analisi tecnica a fornire elementi utili per una interpretazione definitiva dell’iconografia rappresentata. Altro dato interessante è che lo specchio è certamente più antico dell’epoca della deposizione, fine IV a.C. e quindi costituisce oggetto di famiglia, tesaurizzato e poi posto nella tomba”.

“Le urne sono decorate con episodi del mito, raffiguranti la caccia al cinghiale calidonio da parte di Meleagro e Atalanta, connotata come cacciatrice dal corto chitone e dall’ascia bipenne brandita sopra la testa e una variante etrusca dell’uccisione di Troilo, uno dei figli del re Priamo, da parte di Achille assistito da Aiace, alla presenza di una coppia di Vanth (demoni inferi). Davanti a un altare, sul ventre di un cavallo atterrato, il corpo dell’eroe troiano è scompostamente disteso e privato dalla testa, sollevata per la capigliatura dall’antagonist. Le caratteristiche stilistiche e la raffinatezza dell’esecuzione permettono di ricondurre entrambe le urne al Gruppo dei Purni Curce, attivo tra il 240 e il 220 a.C. e identificato da studi recenti quale cerchia produttiva di primaria importanza nella scultura chiusina di età ellenistica”.

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Urna con protome di gorgone e coperchio displuviato recante il nome del titolare (VEL PULFNA CLANTI….): proveniente da Città della Pieve (foto emanuele antonio minerva / tpc)

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Le urne etrusche recuperate nella seconda camera ipogea a Città della Pieve dai carabinieri del TPC (foto tpc)

“All’altra, e prossima, camera ipogea – descrive La Rocca – sono invece riconducibili le altre cinque urne: una con coperchio displuviato recante il nome del titolare (VEL PULFNA CLANTI….) e cassa ornata da una protome di gorgone sorgente da un cespo d’acanto, compresa tra lesene scanalate, con policromia ben preservata, una con cassa liscia sostenuta da due sfingi e coperchio con defunto di età matura a torace scoperto, altre due recanti sul coperchio un personaggio semirecumbente ma con superfici fortemente degradate per fenomeni post deposizionali; su una si riconosce una nuova scena con l’agguato di Achille a Troilo, un’ultima con figura acefala sul coperchio nella posizione canonica del banchetto e cassa con scena figurata con una scena di battaglia tra un personaggio maschile in nudità eroica, con lembo sui fianchi, armato di un aratro, individuabile con ECHETLO, l’eroe di Maratona e guerrieri con scudo e armatura. Più incerta appare, infine, l’originaria localizzazione di un’ultima urna di piccole dimensioni, posta forse all’interno di una nicchia e caratterizzata dalla raffigurazione della defunta sul coperchio e sulla cassa da quella dell’uccisione reciproca di Eteocle e Polinice, tratta dal ciclo tebano”.

“Grazie alla presenza di iscrizioni onomastiche sul sarcofago deposto nella prima tomba e dell’urna con Medusa nella seconda di proprietà di un Vel”, sottolinea La Rocca, “entrambi i sepolcri afferiscono alla ricca gens dei Pulfna – titolare anche con il ramo Pulfna Peris di un’altra camera ipogea venuta fortuitamente in luce nel 2015 a poca distanza e indagata dalla Soprintendenza territoriale. È presumibile, dunque, che nell’area dovessero collocarsi residenze e fattorie appartenenti a questa famiglia secondo una modalità di popolamento diffuso. Come documentano le attestazioni epigrafiche, i Pulfna, insieme ai Purni, rappresentano, infatti, le famiglie di spicco di Città della Pieve, la cui presenza ricorre a Chiusi stessa (Tomba del Granduca) e in altre località dell’agro (Dolciano, Prunellato. La nuova scoperta, al di là dell’indubbio valore intrinseco dei reperti, offre una preziosa occasione di lettura contestuale dei beni depredati e di valorizzazione delle possibilità documentarie dell’intero palinsesto funebre, dal momento che il tempestivo intervento dei CC, a scavo appena concluso si potrebbe dire, ha consentito la possibilità di registrazione di dati importanti che diversamente sarebbero stati definitivamente perduti: la presenza di sepolture a cremazione e a inumazione, la tipologia e il materiale dei monumenti ivi presenti, il corredo di accompagno (urne, sarcofagi, ecc.; alabastro, travertino, ecc.), il nome della famiglia titolare della tomba, gli alfabeti usati nelle iscrizioni”.

“Al fine di dispiegare la potenzialità scientifica del contesto e restituire un patrimonio di indubbia rilevanza al territorio”, conclude La Rocca, “si è avviato un progetto più ampio che vede coinvolti DG ABAP ICR e Soprintendenza che possa reinserire nel proprio tessuto storico le evidenze rinsaldando così il legame indissolubile tra conoscenza, tutela e valorizzazione attraverso attività da svolgere nell’area del rinvenimento (Indagini non invasive e, in seguito, scavo stratigrafico) e in laboratorio (microscavo del contenuto delle urne, trattamento dei resti antropologici, interventi di prima conservazione e restauro delle urne e degli oggetti di corredo), finalizzate alla diffusione scientifica delle conoscenze e alla restituzione alla pubblica fruizione di concerto con la DG Musei”.