Nell’ambito del programma “Restituzioni. Tesori d’arte restaurati” Intesa Sanpaolo restaura uno splendido rilievo templare con immagine del dio Heh conservato nel museo civico Archeologico di Bologna: cantiere aperto al pubblico nei giorni 8, 15 e 22 settembre 2021

Intesa Sanpaolo restaura uno splendido rilievo templare con immagine del dio Heh nell’ambito del programma “Restituzioni. Tesori d’arte restaurati”. La tecnologia diagnostica e il restauro incontrano l’antico Egitto al museo civico Archeologico di Bologna. Nell’ambito della XIX edizione di “Restituzioni. Tesori d’arte restaurati”, il programma biennale di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio nazionale curato e promosso da Intesa Sanpaolo, da mercoledì 8 settembre 2021 prende avvio il restauro di uno splendido rilievo templare con immagine del dio Heh, che data molto probabilmente al regno del sovrano Tolomeo II Filadelfo (285-246 a.C.). Il restauro sarà eseguito da Cristina del Gallo, restauratrice esperta in materiali lapidei. Per presentare e condividere con il pubblico questa importante operazione sono previsti tre giorni di restauro ‘aperto’ all’interno della sezione Egizia – 8, 15 e 22 settembre 2021 (dalle 15 alle 19) -, durante i quali si potranno osservare da vicino il rilievo e i trattamenti conservativi. È possibile accedere con il biglietto del museo nei normali orari di apertura e nel rispetto delle misure di sicurezza finalizzate al contenimento del rischio di contagio da Covid-19.


“Restaurare l’antico”, progetto del museo civico Archeologico di Bologna (foto istituzione bologna musei)
Coordinato sotto il profilo scientifico dalla funzionaria egittologa Daniela Picchi, il progetto consente al museo civico Archeologico di proseguire e aggiornare le attività di ricerca, studio e valorizzazione sulle proprie collezioni storiche. Il restauro è stato preceduto da una campagna diagnostica di imaging, a cura di DI.AR. Diagnostica per immagini per i Beni Culturali, e di indagini micro-invasive, a cura degli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, con il quale il museo vanta una collaborazione pluriennale. I risultati di tali indagini hanno permesso di verificare l’eventuale sopravvivenza di colori, sicuramente presenti in origine, e le caratteristiche della patina che oscura parzialmente il calcare. Il rilievo fu esposto al pubblico per la prima volta al museo civico Archeologico di Bologna nel 1961, in occasione della mostra temporanea “L’Egitto antico nelle collezioni minori dell’Italia settentrionale” curata da Silvio Curto, allora direttore del museo Egizio di Torino. A distanza di mezzo secolo, nel 2013, la famiglia Puppi, che lo possedeva, lo ha generosamente ceduto al museo, perpetuando una tradizione cittadina di donazioni che ha reso ricca e prestigiosa la collezione egiziana di Bologna.

Il rilievo con immagine del dio Heh. Questo frammento lapideo (MCABo EG 3711: 25 x 73 cm) proviene dalla parete di un tempio egiziano non ancora identificato e mostra solo parte di una scena più grande scolpita ad incavo. Vi sopravvive la parte superiore della figura di Heh, una divinità nota sin dall’Antico Regno, che rappresenta il concetto di moltitudine e di infinito. Il dio indossa un ampio pettorale, una barba ricurva e una parrucca dalle fitte ciocche, sormontata da ciò che rimane di un disco solare. È rivolto a sinistra e solleva le braccia all’altezza delle spalle, tenendo in ogni mano un ramo di palma renepet (‘tempo’). Un segno ankh (‘vita’), inclinato verso la testa del dio, è posto nella giunzione tra il ramo di palma e il pugno del dio per sostenere un cartiglio, di cui sopravvive solo la parte inferiore. Il cartiglio a sinistra, sebbene molto danneggiato, permette di identificare gli ultimi due geroglifici del nome di intronizzazione di Tolomeo II Filadelfo (285-246 a.C.), secondo sovrano della dinastia di origine macedone che assunse il potere in Egitto dopo Alessandro Magno. Tutti gli elementi che definiscono l’iconografia del dio, a partire dalla sua stessa figura che ha il valore semantico di ‘milione’, rimandano ai concetti di tempo e di moltitudine, di vita, di dominio e di durata. L’associazione ai cartigli di Tolomeo II sembra tradire l’aspirazione del sovrano a un perpetuo rinnovamento del potere, della legittimità, della forza e della vita, più che il concetto di infinito o infinità di tempo e spazio, che comunque connotano il dio.
Restituzioni. Tesori d’Arte restaurati è il programma biennale di Intesa Sanpaolo che punta alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico del Paese attraverso la restituzione alla collettività di opere d’arte fragili. La conoscenza del territorio dove viviamo passa attraverso la comprensione delle opere d’arte che vi sono state prodotte o che vi sono conservate; ognuna di esse racchiude in sé un brano della nostra storia, di un passato in cui troviamo le ragioni del presente e le radici del nostro futuro. Si tratta di segni dell’uomo, di espressioni della sua più alta dimensione immateriale che prendono forma nella materia. Per questo intrinsecamente fragili. Con questa consapevolezza, dal 1989, attraverso Restituzioni, Intesa Sanpaolo investe risorse, competenze ed energie per la difesa dei beni artistici e per la salvaguardia delle identità territoriali che danno forma alla nostra penisola. Ogni due anni la Banca, in collaborazione con Soprintendenze, Poli museali e Musei autonomi, seleziona un numero consistente di opere bisognose di intervento, ne sostiene il restauro e organizza le mostre temporanee che permettono al pubblico di conoscerne i risultati. A oggi sono oltre un migliaio le opere d’arte restaurate e restituite alla collettività: con testimonianze che spaziano dall’archeologia fino alle soglie dell’età contemporanea, dalla pittura, alla scultura, all’oreficeria, alle manifatture tessili. Il programma si impegna inoltre nel restauro di opere monumentali come gli affreschi giotteschi dell’Abbazia di Chiaravalle e la grande tela di Paolo Veronese Cena di San Gregorio Magno, nella Basilica di Monte Berico a Vicenza, in occasione dei 30 anni di Restituzioni.
Bologna. Il museo civico Archeologico avvia il restauro della scultura funeraria del leone etrusco dei Giardini Margherita, l’esemplare più completo mai ritrovato. L’intervento anticipa la mostra sugli Etruschi prevista in autunno. Intanto nei mercoledì di luglio il restauro sarà aperto al pubblico

Il corpo del leone rinvenuto nel tardo Ottocento nella necropoli etrusca dei Giardini Margherita di Bologna (foto musei civici di Bologna)
I mercoledì di luglio a Bologna saranno i mercoledì “del leone”. Al museo civico Archeologico di Bologna parte il restauro aperto al pubblico di una rara scultura funeraria a tutto tondo in pietra arenaria che raffigura un leone accovacciato con le fauci spalancate, proveniente dalla necropoli etrusca dei Giardini Margherita di Bologna e databile alla fine del VI secolo a.C. Appuntamento ogni mercoledì di luglio, dalle 9.30 alle 16, quando i visitatori del museo civico Archeologico di Bologna potranno vivere una delle esperienze più affascinanti in cui possa accadere di imbattersi tra le molteplici attività che ogni giorno animano il “dietro le quinte” di un museo: osservare i lavori in corso di un restauro aperto alla visione del pubblico. Oggetto dell’intervento conservativo, che ha preso avvio mercoledì 3 luglio 2019, si dovrebbe concludere tra circa 4 settimane. Al termine del restauro, la scultura verrà ricollocata permanentemente nella Sala X, a preludio della grande mostra dedicata agli Etruschi che sarà allestita al museo civico Archeologico dal prossimo autunno.

Le vetrine del museo civico Archeologico di Bologna con i reperti provenienti dalla necropoli etrusca dei Giardini Margherita
L’operazione di recupero è resa possibile grazie all’intervento dell’associazione Amici del museo Archeologico di Bologna – Esagono, generosamente supportata da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e dal Rotary Club Bologna Sud. Gli Amici del museo Archeologico da anni si impegnano infatti per migliorare la conoscenza e la valorizzazione delle collezioni permanenti del museo e la promozione della divulgazione della cultura archeologica. La scelta della modalità di restauro a “cantiere aperto”, già adottata in passato dal museo civico Archeologico, si rivela particolarmente efficace come pratica di divulgazione e valorizzazione dei beni culturali, per favorire la conoscenza del patrimonio artistico conservato negli spazi museali e osservare dal vivo il lavoro dei professionisti dei beni culturali che ogni giorno se ne prendono cura, accrescendo nei visitatori la consapevolezza della complessità sottesa alla conservazione e tutela. I risultati delle indagini potranno inoltre consentire di acquisire utili prospettive di ricerca per lo studio della ritualità funeraria della Bologna etrusca.

La testa del leone dai Giardini Margherita: scultura funeraria etrusca di fine VI sec. a.C. (foto musei civici di Bologna)
La tipologia iconografica di questo segnacolo si distingue infatti per la sua particolarità rispetto al contesto del territorio felsineo, dove è documentata la presenza più diffusa di stele a ferro di cavallo. Nei sepolcreti bolognesi sono noti solo tre esemplari di leoni funerari in pietra a tutto tondo e la fiera rinvenuta ai Giardini Margherita ne è l’esemplare più completo. Il felino, erede di una tradizione figurativa e scultorea che trova in Etruria tirrenica e nel vicino Oriente i suoi prodromi stilistici, aveva funzione apotropaica per proteggere il defunto e come monito contro le violazioni da parte di predatori e malintenzionati. Il reperto, che aveva una funzione di segnacolo, ovvero di lapide posta al livello del terreno per identificare con esattezza il luogo di una sepoltura, è stato rinvenuto in corrispondenza della tomba 192 e proviene dalle campagne di scavo dirette dall’archeologo Edoardo Brizio tra il 1887 e il 1889, in prosecuzione delle prime ricerche avviate nel 1876 da Antonio Zannoni durante i lavori per la realizzazione del parco pubblico dei Giardini Margherita, ricerche che avrebbero portato alla scoperta di una delle più importanti necropoli di Bologna etrusca. Fin dal momento del ritrovamento, la tomba a fossa e il suo corredo mostravano segni evidenti di spoliazione. Il segnacolo funerario fu rinvenuto infatti in due frammenti distaccati – la testa (alta 25 cm) e il corpo che mostra una fiera accucciata (lunghezza cm 64; altezza con la testa circa cm 64, senza testa circa 41) – e in questo stato di conservazione giunse nel 1889 nella sede dell’appena inaugurato museo civico di Bologna. La testa fu ricoverata nel deposito, mentre il corpo esposto nella Sala X del percorso di visita permanente che accoglie le antichità etrusche scavate a Bologna e nei suoi dintorni fra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

Il leone dalla necropoli etrusca dei Giardini Margherita “ricomposto” nel disegno realizzato da Elena Canè, del team di restauro
Lo scopo dell’intervento di restauro è di restituire la maggiore integrità possibile alla scultura, dopo averne pulito le superfici e consolidato la pietra. L’équipe di lavoro è composta da Elena Canè, Rocco Ciardo, Cristina del Gallo, Angelo Febbraro, Federica Guidi, Marinella Marchesi, Andrea Rossi (DI.AR – Diagnostica per i Beni Culturali). Il rimontaggio delle due parti congruenti verrà effettuato tramite un’operazione il meno invasiva possibile, che andrà ad integrare la parte mancante tra il corpo e la testa del leone, garantendo la solidità della struttura. Ma il recupero non è l’unico obiettivo. Occasioni come queste sono infatti preziose anche per compiere indagini diagnostiche e sperimentare nuove tecniche su aspetti legati ai materiali e alle strutture dei manufatti archeologici. L’intervento sulla scultura si inscrive in una dimensione interdisciplinare che copre un ampio orizzonte di competenze appartenenti a professionalità differenti, interne ed esterne allo staff del museo. La fase di avvio delle procedure di cantiere è partita da un’esplorazione preliminare condotta dagli archeologi del museo sulla struttura, sui dati di scavo, sugli aspetti stilistici del manufatto lapideo. L’accertamento sullo stato di conservazione del reperto è quindi proseguito con indagini multispettrali (luce radente, fluorescenza UV e VIL) che hanno consentito di escludere la presenza di decorazioni e sussistenze di policromie. Il progetto della struttura metallica di sostegno è ideato e realizzato dal laboratorio di restauro del museo, cui si affiancherà l’intervento esterno di pulitura e consolidamento della scultura. Le operazioni saranno eseguite ogni mercoledì, nel mese di luglio 2019, all’interno di un box-laboratorio posizionato fra le teche della sezione egizia del museo, per permettere al pubblico di assistere “in diretta” al paziente lavoro di restauro.
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