Bologna. Per “Musei sotto le stelle”: il museo civico Archeologico in piazza Maggiore racconta “Il dolio delle meraviglie”, prima della proiezione del film “Dune” in programma nel cartellone “Sotto le stelle del Cinema”

Piazza Maggiore a Bologna per “Sotto le stelle del Cinema” (foto Lorenzo Burlando / courtesy Fondazione Cineteca di Bologna)
Non contiene spezie ma ben 14.841 oggetti: sono quelli ritrovati all’interno del Ripostiglio di San Francesco, conservato al museo civico Archeologico di Bologna, che giovedì 18 luglio 2024, alle 21.30, è il protagonista in piazza Maggiore della manifestazione “Sotto le stelle del Cinema”, prima della proiezione del film “Dune” di Dennis Villeneuve (USA, 2021, 155’). I Musei Civici di Bologna si raccontano infatti sotto le stelle in piazza Maggiore dal 1° luglio al 9 agosto 2024. Sono sei gli appuntamenti serali con “Musei sotto le stelle” che, grazie alla collaborazione tra il Settore Musei Civici Bologna e la Fondazione Cineteca di Bologna, alle 21.30 nel mese di luglio e alle 21.15 in agosto, precederanno le proiezioni gratuite dei film in programma nel cartellone Sotto le stelle del Cinema, manifestazione promossa da Cineteca di Bologna e Comune di Bologna con il sostegno di ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna. Main sponsor Gruppo Hera. Fa inoltre parte di Bologna Estate 2024, il cartellone di attività promosso da Comune di Bologna e Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.


Il nuovo allestimento del Ripostiglio di San Francesco al museo civico Archeologico di Bologna (foto giorgio bianchi / bologna musei)
Giovedì 18 luglio 2024, alle 21.30: Anna Dore (curatrice della Sezione Etrusca, fase villanoviana museo civico Archeologico) presenta la mostra “Il dolio delle meraviglie. Un nuovo allestimento per il Ripostiglio di San Francesco”. Il museo civico Archeologico continua ad aggiornarsi, in una dialettica proficua fra rispetto degli allestimenti storicizzati e moderne esigenze di fruizione. Con questo spirito è stata recentemente interessata da un accurato restyling con nuovi apparati multimediali una delle sale che più incuriosiscono il pubblico: quella dedicata al Ripostiglio di San Francesco, eccezionale rinvenimento riferibile all’inizio del VII sec. a.C. Si tratta probabilmente del deposito di una fonderia, costituito da un grande vaso (dolio) riempito con più di 14.000 oggetti in bronzo, che ci svelano informazioni sulle dinamiche economiche e sociali della Bologna etrusca. Oltre al numero, eccezionale risulta la varietà dei pezzi presenti, tra i quali figurano quasi tutte le categorie di manufatti in uso nella Prima Età del Ferro: armi, oggetti di ornamento e di prestigio, utensili e attrezzi si affiancano a frammenti di vasellame, lamine ritagliate, verghette, pani metallici di varie dimensioni, scarti di fusione e scorie. Numerosi in particolare gli strumenti da lavoro, preziosi per ricostruire le principali attività artigianali e di sussistenza della comunità villanoviana. Il riallestimento, curato da Laura Bentini, è stato realizzato anche grazie al sostegno di Settore Patrimonio Culturale – Regione Emilia-Romagna, Fondazione Luigi Rovati e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
Bologna. Al via “Musei sotto le stelle”: i Musei Civici di Bologna si raccontano in piazza Maggiore prima delle proiezioni gratuite dei film in programma nel cartellone “Sotto le stelle del Cinema”. Ecco il calendario

Piazza Maggiore a Bologna per “Sotto le stelle del Cinema” (foto Lorenzo Burlando / courtesy Fondazione Cineteca di Bologna)
I Musei Civici di Bologna si raccontano sotto le stelle in piazza Maggiore dal 1° luglio al 9 agosto 2024. Sono sei gli appuntamenti serali con “Musei sotto le stelle” che, grazie alla collaborazione tra il Settore Musei Civici Bologna e la Fondazione Cineteca di Bologna, alle 21.30 nel mese di luglio e alle 21.15 in agosto, precederanno le proiezioni gratuite dei film in programma nel cartellone Sotto le stelle del Cinema, manifestazione promossa da Cineteca di Bologna e Comune di Bologna con il sostegno di ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna. Main sponsor Gruppo Hera. Fa inoltre parte di Bologna Estate 2024, il cartellone di attività promosso da Comune di Bologna e Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.

Durante uno dei riti più amati dai cittadini bolognesi, dai cinefili di tutto il mondo e dai tanti turisti che affollano la città in estate, i volti e le voci di coloro che dirigono e lavorano nei Musei Civici si alterneranno per raccontare in prima persona le storie e i patrimoni culturali museali attraverso varie e differenti trame narrative di percorsi espositivi permanenti, mostre, progetti in corso. I musei escono dai propri confini materiali e dialogano con il grande pubblico che vive la magia del cinema all’aperto più bello del mondo. “Siamo molto felici di questa collaborazione tra il nostro Settore Musei Civici Bologna e la Fondazione Cineteca di Bologna”, dichiara Eva Degl’Innocenti, direttrice Settore Musei Civici Bologna, “di cui i sei appuntamenti di Musei sotto le stelle sono soltanto la piccola parte di una collaborazione culturale che vedrà uniti i nostri musei e la Cineteca per la realizzazione e la promozione di progetti, attività culturali, eventi, nonché per la partecipazione congiunta a bandi, con particolare attenzione al rapporto tra patrimonio culturale, musei e cinema”. Ecco il calendario.

La mostra di Robert Kuśmirowski “P E R S O [A] N O M A L I A” al MAMbo di Bologna (foto Ornella De Carlo / courtesy l’artista, Foksal Gallery Foundation e Freak Andò di Maurizio Marzadori)

La mostra “Conoscenza e Libertà. Arte islamica al Museo Civico Medievale di Bologna”: fiala in vetro blu decorato a smalti policromi e oro (Siria, XIII secolo) (foto bologna musei)
Domenica 7 luglio 2024, ore 21.30: Silvia Battistini (direttrice Musei Civici d’Arte Antica) e la mostra “Conoscenza e Libertà. Arte islamica al Museo Civico Medievale di Bologna”. Il Museo Civico Medievale conserva un prezioso nucleo di manufatti islamici che riflette l’interesse collezionistico di illustri personaggi bolognesi verso l’arte orientale fin dalla seconda metà del XVIII secolo. Fino al 15 settembre 2024, la mostra “Conoscenza e Libertà. Arte islamica al Museo Civico Medievale di Bologna” consente di riscoprire vicende e percorsi che, da secoli, costituiscono una parte significativa della storia culturale della città attraverso una selezione di manufatti di altissima qualità – tra metalli, ceramiche, maioliche, vetri e manoscritti – realizzati dall’inizio del XIII al XVIII secolo. L’obiettivo della curatrice Anna Contadini è quello di mettere in evidenza l’influenza che le culture materiali di produzione islamica hanno avuto sull’arte e sul pensiero occidentali, in particolare nella trasmissione di saperi scientifici e tecniche di manifattura e decorazione diventate parte di un vocabolario artistico globale. La mostra nasce da una collaborazione scientifica internazionale tra Musei Civici d’Arte Antica di Bologna e SOAS University of London ed è realizzata in collaborazione con Museo di Palazzo Poggi | SMA – Sistema Museale di Ateneo e Dipartimento di Storia Culture e Civiltà | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Info: www.museibologna.it/medievale. A seguire il film “Deriva a Tokyo” (Gia/1966) di Seijun Suzuki (82’).

Il nuovo allestimento del ripostiglio di San Francesco al museo civico Archeologico di Bologna (foto giorgio bianchi / Comune di Bologna)
Giovedì 18 luglio 2024, ore 21.30: Anna Dore (curatrice della Sezione Etrusca, fase villanoviana Museo Civico Archeologico) e la mostra “Il dolio delle meraviglie. Un nuovo allestimento per il Ripostiglio di San Francesco”. Il Museo Civico Archeologico continua ad aggiornarsi, in una dialettica proficua fra rispetto degli allestimenti storicizzati e moderne esigenze di fruizione. Con questo spirito è stata recentemente interessata da un accurato restyling con nuovi apparati multimediali una delle sale che più incuriosiscono il pubblico: quella dedicata al Ripostiglio di San Francesco, eccezionale rinvenimento riferibile all’inizio del VII sec. a.C. Si tratta probabilmente del deposito di una fonderia, costituito da un grande vaso (dolio) riempito con più di 14.000 oggetti in bronzo, che ci svelano informazioni sulle dinamiche economiche e sociali della Bologna etrusca. Oltre al numero, eccezionale risulta la varietà dei pezzi presenti, tra i quali figurano quasi tutte le categorie di manufatti in uso nella Prima Età del Ferro: armi, oggetti di ornamento e di prestigio, utensili e attrezzi si affiancano a frammenti di vasellame, lamine ritagliate, verghette, pani metallici di varie dimensioni, scarti di fusione e scorie. Numerosi in particolare gli strumenti da lavoro, preziosi per ricostruire le principali attività artigianali e di sussistenza della comunità villanoviana. Il riallestimento, curato da Laura Bentini, è stato realizzato anche grazie al sostegno di Settore Patrimonio Culturale – Regione Emilia-Romagna, Fondazione Luigi Rovati e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Info: www.museibologna.it/archeologico. A seguire il film “Dune” (USA/2021) di Denis Villeneuve (155’).

La mostra “L’antica Bologna dell’acqua e della seta” al museo civico del Patrimonio Industriale di Bologna (foto roberto serra / Iguana)
Mercoledì 7 agosto 2024, ore 21.15: Alessio Zoeddu (funzionario Museo del Patrimonio Industriale) e la mostra “L’antica Bologna dell’acqua e della seta”. Fin dal XII secolo Bologna si dota di un complesso sistema idraulico artificiale composto da chiuse, canali e chiaviche che distribuiscono a rete l’acqua, prevalentemente utilizzata come fonte di energia per il funzionamento di numerosi opifici. Tra questi spicca il mulino da seta “alla bolognese”, di cui in museo è presente un modello in scala 1:2 funzionante, utilizzato per la torcitura del filo di seta al fine di ottenere il velo, prodotto che rende celebre Bologna per oltre quattro secoli, ampiamente commercializzato in tutta Europa e spesso riprodotto nell’iconografia occidentale. L’abbondanza della risorsa idrica, unita all’alta tecnologia raggiunta dai mulini da seta, permette così ad una città, non dotata di significativi corsi d’acqua naturali, né di uno sbocco sul mare, di recitare un ruolo da protagonista nel panorama della proto-industria europea e del grande commercio internazionale fino alla fine del XVIII secolo. Info: www.museibologna.it/patrimonioindustriale. A seguire il film “Divorzio all’italiana” (Ita/1961) di Pietro Germi (105’).

La mostra “Wandrè La chitarra del futuro” al museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna (foto roberto serra / musei civici bologna)
Giovedì 8 agosto 2024, ore 21.15: Marco Ballestri (curatore) e la mostra “Wandrè La chitarra del futuro”. In occasione dei 20 anni dall’apertura, il Museo internazionale e biblioteca della musica presenta l’esposizione “Wandrè La chitarra del futuro”, promossa in collaborazione con Regione Emilia-Romagna – Assessorato alla Cultura e Paesaggio e la sponsorship tecnica di Assimusica (Cremona), visitabile con ingresso gratuito fino all’8 settembre 2024. Antonio “Wandrè” Pioli (Cavriago, 1926 – 2004) ha fondato negli anni Cinquanta la prima fabbrica di chitarre elettriche in Italia e inventato negli anni Sessanta e Settanta alcuni dei modelli più innovativi e sperimentali nella storia mondiale di questo strumento. Le sue “sculture sonore”, distanti dai modelli convenzionali dell’epoca, sono vere e proprie opere d’arte pop intrise di futurismo, surrealismo, metafisica e astrattismo, ancora oggi tra le più ricercate dai collezionisti di tutto il mondo. Il curatore dell’esposizione Marco Ballestri, membro del collettivo I Partigiani di Wandrè, introduce il pubblico a questa figura leggendaria accompagnato da una clip del documentario Wandrè. Utopia elettrica (2024/23’30”), un progetto di Regione Emilia-Romagna – Assessorato alla Cultura e Paesaggio realizzato da 3D Produzioni, integralmente visibile in mostra. Info: www.museibologna.it/musica. A seguire il film “I Compagni” (Ita/1963) di Mario Monicelli (128’).

Il monumento di Gaetano Simoli al cimitero monumentale della Certosa di Bologna (foto alberto alvisi)
Venerdì 9 agosto 2024, ore 21.15: Roberto Martorelli (referente per la valorizzazione culturale del Cimitero Monumentale della Certosa per il Museo civico del Risorgimento) e “Le forme del passato, la scoperta del presente. La Certosa, museo a cielo aperto”. Sepolcreto etrusco, monastero certosino, cimitero. La Certosa di Bologna testimonia 2500 anni di trasformazioni del territorio, ma soprattutto, con la sua estensione su 25 ettari, è il più grande museo cittadino, dove si intrecciano storia, arte, cultura e costume. Un luogo straordinario creato da chi ci ha preceduto per riflettere sul passato, il presente e il futuro. Un modo insolito e suggestivo per scoprirlo è con la rassegna “Certosa di Bologna”. Calendario estivo che propone un ricco programma di attività al tramonto e di sera: per dare voce alle memorie custodite nella sale, nelle gallerie e sotto i portici del cimitero monumentale, alla scoperta di storie di vita grandi e piccole tra incantevoli architetture, pitture e sculture. Info: www.museibologna.it/risorgimento. A seguire il film “Matrimonio all’italiana” (Ita/1964) di Vittorio De Sica (102′).
Bologna. Curatore e protagonisti della mostra “I pittori di Pompei” al museo civico Archeologico introducono alla visita degli oltre cento affreschi dall’area vesuviana conservati al Mann: una pinacoteca unica al mondo sulla pittura degli antichi romani

Locandina della mostra “I pittori di Pompei” al museo Archeologico nazionale di Bologna dal 23 settembre 2022 al 19 marzo 2023
Una pinacoteca unica al mondo che apre lo sguardo sulla pittura degli antichi romani da una prospettiva diversa, quella dei suoi autori, i pictores, che nella stragrande maggioranza dei casi sono rimasti anonimi e di loro comunque sappiamo pochissimo. Ma grazie alle numerose testimonianze pittoriche conservate dopo l’eruzione avvenuta nel 79 d.C. e portate alla luce dalle grandi campagne di scavi borbonici nel Settecento, le cittadine vesuviane costituiscono un osservatorio privilegiato per comprendere meglio l’organizzazione interna e l’operato delle officine pittoriche. Nasce da questi presupposti la mostra “I Pittori di Pompei” al museo civico Archeologico di Bologna fino al 19 marzo 2023.

Parete in IV stile con Nature Morte (xenia) dal tablino dei Praedia di Iulia Felix a Pompei conservata al museo Archeologico di Napoli (foto mann)
Il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana, per contestualizzarne il ruolo e la condizione economica nella società del tempo, oltre a mettere in luce le tecniche, gli strumenti, i colori e i modelli. L’importantissimo patrimonio di immagini che questi autori ci hanno lasciato – splendidi affreschi dai colori ancora vivaci, spesso di grandi dimensioni – restituisce infatti il riflesso dei gusti e i valori di una committenza variegata e ci consente di comprendere meglio i meccanismi sottesi al sistema di produzione delle botteghe. Curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, l’esposizione è resa possibile da un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra Comune di Bologna | museo civico Archeologico e museo Archeologico nazionale di Napoli che prevede il prestito eccezionale di oltre 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione del museo partenopeo, in cui è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo.
“La mostra nasce dalla volontà di creare un focus, un punto di osservazione privilegiato, su questi pittori anonimi”, spiega il curatore Mario Grimaldi ad archeologiavocidalpassato.com, “ma che ci hanno lasciato il loro repertorio iconografico e anche la loro vita all’interno delle abitazioni sepolte dal Vesuvio in primis, e ovviamente anche in tutte le realtà di età romana. Così abbiamo la possibilità di educare l’occhio a riconoscerne la presenza nelle grandi figure, nelle immagini, nel loro rapporto con il contesto e con lo spazio. E poi anche a entrare all’interno del discorso più importante del loro potere economico, della loro valenza sociale, e anche del rapporto che essi avevano nell’operare all’interno dello spazio ciò che avevano contrattualizzato e magari pensato con il proprietario della casa. Quindi un dialogo tra spazio e decorazione che non smette mai”.
“Il museo Archeologico nazionale di Napoli è lieto di vedere finalmente completato un lungo lavoro iniziato con il museo civico Archeologico di Bologna e l’organizzazione di Mondomostre”, sottolinea Paolo Giulierini, direttore del Mann, ad archeologiavocidalpassato.com, “che ha portato alla realizzazione di questa grande mostra dedicata ai pittori pompeiani qui in terra felsinea. D’altra parte l’idea di dare conto della grandezza della pittura pompeiana è un’idea che ha sempre in qualche modo caratterizzato le attività dell’Archeologico, che è impegnato in tante mostre anche all’estero, su temi analoghi. Oggi però si approfondisce un aspetto meno noto, cioè si vuole attraverso le pitture recuperare le personalità di pittori che in qualche modo erano dietro alle opere, restituendo una sorta di identikit di personalità a uomini di cui non ci è giunta la firma. Le opere sono oltre un centinaio. Affrontano temi che vanno dall’aspetto mitologico a quello storico, alla parte naturalistica, e danno uno spaccato completo di quella che era la vita di Pompei ma in generale anche di quella che era stata la grandezza della pittura del mondo greco che non si è conservata ma che in qualche modo è stata mutuata traghettata copiata anche da questi artisti attraverso cartoni. E quindi grazie a queste opere ricostruiamo anche la grandezza della Grecia che sostanzialmente è quella grandezza che può essere paragonata al Rinascimento pittorico italiano”.
“Questa mostra è molto attesa”, spiega Paola Giovetti, direttore del museo civico Archeologico di Bologna, “perché era stata pensata due anni fa e poi era stata bloccata dalla pandemia. Finalmente la mostra è realtà. Per Bologna è una grande occasione. La mostra raccoglie oltre cento affreschi provenienti da Pompei e dalle città vesuviane ora conservate nella più grande pinacoteca della pittura antica qual è il museo Archeologico nazionale di Napoli. E grande è stata la generosità del suo direttore Paolo Giulierini di accordare il prestito di queste opere per realizzare questa mostra che grazie al curatore Mario Grimaldi pone l’attenzione sulla figura del pittore. Per noi quindi si tratta di una grande occasione perché i bolognesi avranno la possibilità di vedere materiali straordinari accompagnati da una lettura particolare anche molto intima e con un grande valore emotivo. Stiamo parlando in fondo di persone, i pittori del mondo antico, anonimi ma di persone che sono esistite e che ci hanno lasciato la loro arte. La mostra sarà importante anche per i visitatori stranieri della nostra città che sicuramente conoscono Pompei e che avranno l’occasione di vederne un piccolo pezzo anche a Bologna”.
“I Pittori di Pompei è una grande mostra di qualità e rigore scientifico, un grande viaggio dello stupore, che fino a marzo 2023 accompagnerà i visitatori nella città di Bologna”, interviene per archeologiavocidalpassato.com Elena Di Gioia, delegata alla cultura di Bologna e città metropolitana di Bologna. “Un’occasione di entrare all’interno del museo civico Archeologico dentro un centinaio di affreschi: un grande libro aperto sulla bellezza, sull’importanza degli affreschi da Pompei e sull’importanza anche dei cicli narrativi che questo affreschi raccontano, dalle scene mitologiche a tutto quello che in mostra si potrà vedere. Una mostra con una parte didattica per l’infanzia molto importante. È dunque una grandissima occasione per la città di Bologna grazie alla collaborazione del museo Archeologico di Napoli da cui provengono le opere. Ed è anche una grande possibilità essere a distanza ravvicinata con questi affreschi, ad altezza occhio per osservare anche i particolari, i colori di questa meravigliosa e straordinaria collezione in mostra”.

Afrodite e Marte: particolare delal prete sud del tablico della Casa dell’Amore punito a Pompei, affresco conservato al museo Archeologico di Napoli (foto mann)
A Bologna, per la prima volta, verrà esposto un corpus di straordinari esempi di pittura romana provenienti da quelle domus celebri proprio per la bellezza delle loro decorazioni parietali, dalle quali spesso assumono anche il nome con cui sono conosciute. Capolavori – solo per citarne alcuni – dalle domus del Poeta Tragico, dell’Amore punito, e dalle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale, e dei Papiri a Ercolano. Il visitatore potrà ammirare un’ampia selezione degli schemi compositivi più in voga nei diversi periodi dell’arte romana, osservando come alcuni artisti sapessero conferire una visione originale di modelli decorativi continuamente variati e aggiornati sulla base di mode e stili locali. Rivivere scene di accoglienza dell’ospite, raffinate immagini di paesaggi e giardini, architetture, ma anche ammirare gli strumenti tecnici di progettazione ed esecuzione del lavoro: colori, squadre, compassi, fili a piombo, disegni preparatori, reperti originali ritrovati nel corso degli scavi pompeiani, comprese coppe ancora ripiene di colori risalenti a duemila anni fa. E, ancora, triclini, lucerne, brocche, vasi, riaffiorati negli scavi e raffigurati proprio negli affreschi in mostra, con i quali dialogavano nello spazio.

Dettaglio con figura femminile del registro superiore in affresco e stucco dal tablino della Casa del Meleagro a Pompei, conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
La mostra proporrà infine la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come quelli della Casa di Giasone e, ancora di più della straordinaria domus di Meleagro con i suoi grandi affreschi con rilievi a stucco, per raccontare il rapporto tra spazio e decorazione, frutto della condivisione di scelte, e di messaggi da trasmettere, tra i pictores e i loro committenti.
Bologna. 1871-2021: nel 150mo della scoperta della Grotta del Farneto da parte di Francesco Orsoni doppia giornata di studio tra San Lazzaro di Savena e la sede del parco regionale dei Gessi bolognesi. Ecco il ricco programma del convegno che si può seguire anche on line. Libri ricordano le figure di Orsoni e Fantini

È il 1871 quando Francesco Orsoni, uno dei precursori dell’archeologia preistorica bolognese, scopre la Grotta del Farneto, sita al centro di una vasta zona carsica tutelata dall’Ente Parco, famosa fin dal secolo scorso per l’ingente messe di reperti archeologici, rinvenuti nei pressi dell’ingresso risalenti a diverse fasi dell’Età del Bronzo. 1871-2021: sono passati 150 anni dalla scoperta della Grotta del Farneto, anniversario che viene celebrato sabato 9 e domenica 10 ottobre 2021 con due giornate dedicate a un monumento sospeso fra natura e storia. La Sala Eventi della Mediateca di San Lazzaro di Savena e la sede del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa al Farneto ospitano, rispettivamente sabato e domenica, “1871-2021 150° Anniversario della scoperta della Grotta del Farneto”, un convegno tematico sulla Grotta del Farneto e il carsismo profondo nel settore Zena-Idice, con una sezione dedicata ai problemi di salvaguardia delle aree carsiche dell’Emilia Romagna, promosso da Comitato Organizzatore del Convegno “I 150 anni della Grotta del Farneto”, Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese, Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna, Ente di gestione Parchi dell’Emilia Orientale, Comune di S. Lazzaro di Savena, con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Ente di Gestione Parchi dell’Emilia Orientale, Comune di Bologna, Comune di S. Lazzaro di Savena, Società Speleologica Italiana, Istituto Italiano di Speleologia e la collaborazione del Museo Civico Archeologico di Bologna e del Museo della Preistoria “Luigi Donini”, di S. Lazzaro di Savena. In seguito alle attuali disposizioni, che regolano il numero di partecipanti alle manifestazioni in ambienti chiusi, il numero massimo di presenti al Convegno è stato contingentato in 60 persone dietro iscrizione, attualmente chiusa. Sono indispensabili l’esibizione del Certificato verde e, in interno, l’uso della mascherina. Comunque chiunque desideri assistere da remoto alla prima sessione del Convegno, il mattino del 9 ottobre 2021, potrà seguirla in diretta streaming su YouTube, all’indirizzo: www.youtube.com/c/ComunediSanLazzaroVideo.

Meta sin dalla prima scoperta di continue escursioni da parte di insigni studiosi, ma anche di semplici visitatori attratti dal fascino e vicinanza di una cavità facilmente percorribile, la Grotta, pur mostrando le ferite inferte dal tempo e (soprattutto) dall’uomo offre, ad un secolo e mezzo dalla sua esplorazione, notevoli spunti di riflessione sul tema della conservazione, tutela e valorizzazione dei beni naturali e storici degli affioramenti carsici del territorio sanlazzarese. Animano il Convegno, fortemente voluto dal Comitato Organizzatore presieduto dal Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese, i rappresentanti di diverse Istituzioni coinvolte nel progetto permanente di recupero dei valori che la Grotta racchiude e custodisce. Nelle due giornate di lavoro si alternano interventi mirati a far comprendere la complessità e intreccio che da sempre lega il delicato ecosistema gessoso all’uomo: Sabato 9 ottobre 2021 verranno affrontati gli aspetti geomorfologici del carsismo del “sistema” Farneto, oggetto di recentissime indagini. In questa stessa sessione troveranno spazio anche approfondimenti sulle principali testimonianze preistoriche dei Gessi, a partire da quelle rinvenute nella Grotta stessa. Domenica 10 sarà la volta della presentazione dei video sulle grotte dell’Emilia-Romagna, prodotti e realizzati di recente dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna e dal Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese. In questo stesso contesto verranno illustrati dagli Autori la nuova guida a stampa dedicata ai fenomeni carsici del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e i volumi incentrati su Francesco Orsoni e Luigi Fantini, due pionieri il cui operato ha fornito un insostituibile apporto allo sviluppo della speleologia e dell’archeologia preistorica. A chiusura del simposio avranno luogo l’inaugurazione della nuova lapide dedicata alla memoria di Francesco Orsoni e la presentazione delle tavole che illustrano il nuovo rilievo topografico della Grotta e del sistema carsico di cui fa parte.

Programma 9 ottobre 2021, ore 8-14: prima SESSIONE, nella Sala Eventi della Mediateca di S. Lazzaro di Savena. Alle 8.30, indirizzi di saluto delle autorità; 8.45, apertura dei lavori con l’esposizione delle Relazioni ufficiali: David Bianco (parco regionale dei Gessi Bolognesi) su “L’esperienza e i progetti del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi nella fruizione dell’ambiente carsico: Grotta del Farneto, Grotta della Spipola e Risorgente dell’Acquafredda”; Massimo Ercolani (FSRER) su “I problemi della salvaguardia e della fruizione pubblica dei fenomeni carsici in ER, con particolare riferimento alla distruzione di Monte Tondo”; Jo De Waele (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali della Terra dell’università di Bologna) su “Il paesaggio dei Gessi, la sua evoluzione ed il contributo della Speleologia”; Luca Pisani (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali della Terra dell’università di Bologna e GSB-USB) su “Il sistema carsico della Buca di Ronzana-Grotta del Farneto. Esplorazioni ed osservazioni geomorfologiche”. Alle 11.20, dopo il coffee break, Laura Minarini e Paolo Bonometti (Museo Civico Archeologico) su “Il riordino dei reperti archeologici rinvenuti nella Grotta del Farneto”; Monica Miari, Sahra Talamo, Maria Giovanna Belcastro (Sabap Bologna, Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (BiGeA) dell’università di Bologna) su “Le datazioni e lo studio dei resti osteologici umani del Sottoroccia del Farneto e della Grotta Marcel Loubens”; Gabriele Nenzioni (museo della Preistoria “L. Donini”) su “Fiamma Lenzi: Il contributo delle ricerche speleologiche per la storia del popolamento dei Gessi Bolognesi, alla luce dei nuovi studi”.

Programma 10 ottobre 2021, ore 8-14: seconda SESSIONE nella Sede del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi, al Farneto. GSB-USB: Presentazione dell’elaborato grafico del nuovo rilevamento topografico della Grotta del Farneto, a cura di Luca Pisani (GSB-USB); presentazione dei volumi pubblicati da GSB-USB, Parco e FSRER nel triennio 2019-2021: “Francesco Orsoni. Storia di un Bolognese, pioniere della Speleologia e dell’Archeologia Preistorica” di Claudio Busi; “Guida ai fenomeni carsici del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi”, del GSB-USB a cura di Paolo Forti, Paolo Grimandi e Piero Lucci; “Luigi Fantini. Vita e ricerche di un uomo straordinario” di Claudio Busi e Paolo Grimandi; presentazione del video realizzato dalla FSRER: “Le Grotte nei Gessi dell’Emilia-Romagna” a cura di Francesco Grazioli e Piero Lucci; presentazione dei video immersivi realizzati dal GSB-USB, a cura di Sergio Orsini e Francesco Grazioli. Alle 11.20, dopo il coffee break, all’ingresso inferiore della Grotta del Farneto: inaugurazione della nuova lapide che il GSB-USB, l’Ente Parchi E.O. e la FSRER dedicano alla memoria di Francesco Orsoni ed inaugurazione delle tavole che illustrano il nuovo rilievo topografico della Grotta e del Sistema carsico di cui fa parte.

Francesco Orsoni, scopritore della Grotta del Farneto
Chi è Francesco Orsoni. Nel 1871 Francesco Orsoni, figura assolutamente originale nell’ambito delle ricerche preistoriche avviate in territorio bolognese nel secondo Ottocento, scopre la Grotta del Farneto, uno dei più importanti insediamenti preistorici dell’Emilia-Romagna, e non solo. Autodidatta, eppure sorretto da una grande acutezza intellettuale e da un animo esuberante, Orsoni dà luogo a una serie di scavi nell’imponente stratificazione archeologica posta nei pressi dell’ingresso portando alla luce una delle più rilevanti collezioni riferibili a diverse fasi dell’età del Bronzo, oggi in gran parte custodite nel museo Archeologico di Bologna. Per merito suo e della sua caparbietà, prima che le avverse condizioni economiche e di salute lo costringessero all’abbandono delle ricerche, la Grotta, oltre a divenire meta irrinunciabile di escursioni da parte di comitive o semplici curiosi, attira l’interesse di alcuni degli artefici delle nascenti discipline preistoriche, Giovanni Capellini ed Edoardo Brizio, che nel corso del secondo Ottocento dedicano al deposito archeologico e alle sue evidenze materiali note e saggi di studio. La fama del “monumento preistorico” viene alimentata anche da altre illustri visite: Alessandro Albicini ed Enrico Panzacchi celebrano in rima il glorioso passato del Farneto, mentre Cesare Zanichelli e Giosuè Carducci, affascinati dal luogo, cercano di favorire, con il loro potere e fama, il lavoro di un Francesco Orsoni in perenne ricerca di fondi per sopravvivere e continuare le indagini sul giacimento.

Luigi Fantini, ricercatore naturalista
Chi è Luigi Fantini. L’inesorabile decadenza del luogo che segue alla scomparsa dello scopritore viene colmata diversi decenni dopo da Luigi Fantini che, nato a pochi passi dalla celebre Grotta, eredita l’animo esuberante e appassionato di Orsoni. Eclettica figura di ricercatore naturalista che alterna con sapiente disinvoltura l’esplorazione del sistema carsico bolognese a ricerche nel campo della mineralogia, paletnologia e insediamenti storici dell’Appennino, Luigi Fantini riscopre le valenze preistoriche del sito con l’individuazione nel 1924, a pochi passi dalla Grotta, di un sistema sepolcrale “a grotticelle” in uso durante la prima età del Rame (denominato “Sottoroccia del Farneto”) che restituisce resti umani e oggetti di corredo. La rapida decadenza del luogo, favorita dalla devastante attività estrattiva del gesso – già attiva al tempo della riscoperta dell’importanza del sito da parte di Fantini – che causa il profondo dissesto dell’intero versante, culminando nel 1991 col crollo del pilastro di ingresso della cavità. Da allora è lenta rinascita, grazie in primo luogo al GSB-USB – Gruppo Speleologico Bolognese- Unione Speleologica che ha profuso il suo costante impegno per la salvaguardia di questo straordinario monumento – decretato di interesse pubblico sin dal 1965 ai sensi delle leggi vigenti al tempo sulla protezione delle bellezze naturali e la tutela delle cose di interesse artistico e storico. L’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni attirata su di esso finalmente ha favorito la creazione nel 1988 del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell’Abbadessa. Nel 2008 ingenti lavori promossi dal Parco ripristinano un nuovo accesso alla Grotta che da quel momento comincia ad ospitare visite guidate in grado di approfondire gli aspetti peculiari del carsismo locale. A 150 anni di distanza, profondamente mutata nel suo aspetto originale, la grotta continua nella sua funzione di presidio sospeso fra natura e storia.
Commenti recenti