Venezia. Mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri”: visita guidata col curatore prof. Damiano. 3. parte: dalla Campagna d’Egitto all’Egittomania e alle spedizioni archeologiche. Presentazione di due rarità esposte

La locandina della mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri. 1922-2022” aperta dal 29 ottobre 2022 a Palazzo Zaguri a Venezia
Terza parte della visita guidata live della mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri” a Palazzo Zaguri a Venezia con il curatore prof. Maurizio Damiano. Nella precedente il prof. Damiano ci ha portato per mano a scoprire la storia della civiltà egizia, dalla preistoria alle prime dinastie, dal Nuovo Regno al Cristianesimo, descritta nella sezione “il fiume del tempo” (vedi Venezia. Mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri”: visita guidata col curatore prof. Damiano. 2. parte: il “fiume del tempo”, la storia della civiltà egizia, dalla preistoria alle prime dinastie, dal Nuovo Regno al Cristianesimo | archeologiavocidalpassato). In questa puntata il prof. Damiano ci riporta alla fine del Settecento, quando il generale Napoleone Bonaparte intraprese la Campagna d’Egitto che fece riscoprire l’Antico Egitto: fu allora che scoppiò l’Egittomania. E con l’Ottocento iniziarono le spedizioni alla ricerca delle antichità egizie. La visita continua incontrando un piccolo spazio dove sono esposte due preziose rarità: una copia dell’Histoire d’Egypte di Auguste Mariette e un bronzetto della collezione di Sami Gabra, direttore del museo Egizio del Cairo negli anni Venti del Novecento.
“Con la distruzione della Biblioteca di Alessandria l’Antico Egitto è finito”, ricorda Damiano. “L’Egitto viene dimenticato per secoli. Finché arriva Napoleone che – è noto – faceva parte della massoneria, una massoneria illuminata. Non è un caso quindi che nella Campagna d’Egitto porti non solo i suoi soldati ma anche i savant: una commissione di studiosi composta da geologi, botanici, e archeologi. Tra loro c’era Vivant Denon che sarebbe stato il creatore del museo del Louvre. Denon torna con il generale Bonaparte mentre le truppe resteranno in Egitto per un anno finché vengono catturate dagli inglesi. E una volta tornato in patria Denon pubblica un grande volume con i suoi disegni. E questo fece scoppiare l’Egittomania che ancora non è finita”. In questo spazio della mostra c’è una riproduzione della Stele di Rosetta. “E così ricordiamo Champollion”, continua. “Perché il 2022 non è solo il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon, ma anche il bicentenario della decifrazione dei geroglifici con la stele di Rosetta”. Sono poi esposti degli oggetti che sono appartenuti agli archeologi che hanno operato in Egitto. “In genere quando si fanno le missioni archeologiche, specie quelle che durano anni”, spiega Damiano, “quando si torna al proprio Paese qualcosa si porta a casa, ma la maggior parte delle cose sono lasciate lì. Queste vengono incamerate dal Governo, e lasciate nei magazzini. Ora il Governo le mette a disposizione per queste esposizioni”. Lì accanto si nota un grammofono che ricorda quello usato da un giovane tenente che ha dormito nella tomba di Tutankhamon dalla sua scoperta per sette anni (a proposito di maledizione: lui è morto a 98 anni!): questo ufficiale, la notte, suonava l’opera italiana a tutto volume che rimbombava nella valle dei Re, e così tenne lontani i predoni, terrorizzati”.
Lasciato l’ultimo piano di Palazzo Zaguri, si incontra un piccolo spazio dove sono esposte – come si diceva – due preziose rarità. La prima riguarda Auguste Mariette, fondatore del museo del Cairo e del servizio delle antichità, e autore, tra l’altro, della storia da cui poi è stato tratto il libretto dell’opera Aida. “Auguste Mariette”, riprende Damiano, “aveva fatto fare il primo volume sul museo del Cairo e la storia d’Egitto. Ne aveva fatte fare solo 600 copie di sua proprietà da donare a certi visitatori, amici particolari”. In mostra ne è esposta una copia dell’Histoire d’Egypte di Auguste Mariette perfettamente conservata. “Se si guarda con attenzione si può leggere una dedica di Mariette a monsieur Gustave Pereire, colui che portò per la prima volta la ferrovia in Egitto. Questo è un pezzo molto raro, già di per sé anche se non ci fosse la dedica di Mariette. Altro pezzo molto raro – continua – è questo bronzetto che rappresenta Bastet-La Gatta che faceva parte della collezione di Sami Gabra, direttore del museo Egizio del Cairo negli anni Venti del Novecento. Lui teneva nel suo ufficio dei bronzetti del museo che avrebbero dovuto stare in magazzino. Ma poiché nelle frequenti visite di re, regine, qualche imperatore succedeva che questi gli chiedessero un souvenir, e poiché era molto imbarazzante dire loro di no, decise di fare dei calchi coi quali si fece fare in bronzo delle repliche perfette. Così alla richiesta “Posso avere…” rispondeva “è un onore maestà” e gli dava la replica. E in questo modo non si toccavano i pezzi originali del museo”.
Egitto. Alla presenza del ministro el-Enani, riaperto al pubblico, dopo i restauri, il tempio di Iside sull’isola di File. Migliorati anche i servizi turistici per i visitatori


Il ministro Khaled el-Enani alla cerimonia di riapertura del tempio di Iside sull’isola di File (foto ministry of Tourism and Antiquities)

Il ministro el-Enani al centro del gruppo dello staff del tempio di Iside (foto ministry of Tourism and Antiquities)
Spettacolare. Sembra spuntare dalle acque del Nilo. Una meta da non perdere. È il tempio di Iside, riaperto al pubblico nei giorni scorsi, prima novità del 2021, alla presenza del ministro al Turismo e alle Antichità Khaled el-Enani, dopo un elaborato progetto di restauro. Costruito in epoca tolemaica sull’isola di File, vicino ad Assuan, nel Sud dell’Egitto, il tempio di Iside nel 1977 fu smontato, insieme a tutti gli altri templi presenti sull’isola di File, e rimontato nella vicina isola di Agilkia. L’intervento fu deciso dall’Unesco per salvare i templi di File sommersi per gran parte dei mesi dell’anno dalle acque innalzatesi dopo la realizzazione della vecchia diga di Assuan all’inizio del secolo. E dal 1979 i templi di File sono inseriti tra i siti Unesco patrimonio dell’Umanità. All’inaugurazione con il ministro el-Enani e il governatore di Assuan il maggiore generale Ashraf Attia, c’erano Mostafa Waziry, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità; Ayman Ashmawy, capo del settore delle antichità egiziane al Consiglio supremo delle antichità; e Abdel Moneim Said, direttore generale delle antichità di Assuan. Dal ministro un grazie ad archeologi e restauratori “per la loro dedizione e i loro sforzi profusi nonostante la difficile situazione provocata dall’emergenza sanitaria, che ha portato a molte grandi scoperte archeologiche, oltre all’apertura di un gran numero di importanti progetti di turismo archeologico, compresa l’istituzione e lo sviluppo di musei e il restauro di siti archeologici in vari governatorati”.

Giovanni Battista Belzoni ritratto in una stampa nelle fogge arabe dell’epoca
Il tempio di Iside nel 1799 fu toccato dalla spedizione scientifica aggregata alle armate francesi della Campagna d’Egitto di Napoleone. E fu visitato nel 1817 da Giovanni Battista Belzoni. Il tempio è lungo circa 19 metri. Il re Tolomeo III lo costruì per adorare la dea Iside e la triade di Assuan, e la sua costruzione non fu completata. È stato costruito in arenaria e ha due porte. La porta principale è coronata da un ornamento sormontato dal disco solare alato. Da esso si accede ad una sala con tre stanze aperte, e la parete orientale della stanza centrale, il Santuario o naos, è incisa con alcune scene funerarie legate al culto di Osiride.

Il restauro del tempio – come ha spiegato Mostafa Waziri – ha previsto il ripristino dei pavimenti e delle colonne, la pulizia delle pareti dal guano di uccelli e pipistrelli e il posizionamento di finestre di filo metallico per impedire agli uccelli di entrare di nuovo. Inoltre sono state ripristinate e pulite le iscrizioni all’ingresso del santuario, rimuovendo la fuliggine sul soffitto. Pulitura anche dei disegni e dei colori esistenti all’ingresso del tempio e della porta laterale e manutenzione dei tavoli delle offerte nella sala ipostila.


Tempio di Iside: uno dei pannelli per i visitatori (foto ministry of Tourism and Antiquities)
Con il restauro sono stati migliorati anche i servizi turistici. “Sono stati posizionati pannelli esplicativi con una guida e una mappa delle destinazioni turistiche del governatorato insieme a pannelli sulle misure di sicurezza da tenere contro il coronavirus”, è intervenuta Iman Zidan, assistente al ministro per lo Sviluppo di Musei e Siti Archeologici. “Inoltre forniamo un volantino sul tempio in arabo e inglese, e abbiamo messo a disposizione del visitatore un codice QR per andare alla pagina del Tempio di Iside sul sito del Ministero, dove si possono trovare maggiori informazioni e foto”.
“Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: nella terza clip del museo Egizio protagonista Asti e Leonetto Ottolenghi, illustre mecenate e raffinato collezionista. Donò la sua collezione egizia alla città, tra cui la Signora delle Ninfee
Terza tappa, Asti. Il viaggio proposto dal museo Egizio di Torino tocca Asti con la terza delle otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e il patrocinio della Regione Piemonte. “Vi porteremo in giro per il Piemonte per raccontarvi storie di uomini audaci e appassionati di antico Egitto”, spiegano al museo. “Toccheremo tutte le province piemontesi, incontreremo le storie di personaggi vissuti tanto tempo fa: numismatici, viaggiatori, archeologi, architetti e collezionisti che, “parlando” in piemontese (sottotitolata in italiano), racconteranno perché c’è un museo Egizio proprio a Torino!”. La terza puntata è dedicata ad Asti e Leonetto Ottolenghi, raccontata in piemontese da Giovanni Tesio dell’università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”. Esponente di una delle più famose e influenti famiglie della città, il conte Leonetto Ottolenghi fu un illustre mecenate e un raffinato collezionista. Decise di donare la sua collezione alla città contribuendo così alla costituzione del locale Museo Civico. A comporre la raccolta anche una serie di oggetti provenienti dall’Egitto, tra i quali ricordiamo la cosiddetta Signora delle Ninfee.

Asti, metà dell’Ottocento. In città c’è una famiglia che si sta guadagnando notevole prestigio per l’impegno e la lungimiranza negli affari: sono gli Ottolenghi, una famiglia ebrea che sta accumulando una fortuna economica con il commercio e le attività finanziarie, ma che si dedica anche alla filantropia e al mecenatismo, nella convinzione che la cultura sia un potente strumento di trasformazione sociale. Amano l’arte e le antichità, sostengono artisti e acquistano pitture, sculture e oggetti archeologici che testimoniano la storia della civiltà. Gli Ottolenghi sono l’espressione migliore di quel gusto per il collezionismo che si sta espandendo in Europa e che ora non è più appannaggio dell’aristocrazia e della nobiltà ma annovera anche banchieri, mercanti, imprenditori e industriali. La famiglia Ottolenghi acquista al centro di Asti un palazzo di grande pregio, frutto dell’opera dell’architetto Benedetto Alfieri: è una dimora sontuosa. Leonetto Ottolenghi (1846-1904), intellettuale e collezionista, una delle più eminenti e illuminate personalità della vita culturale della città, mentre ammira i saloni della nuova dimora, sogna che le sue magnifiche raccolte di oggetti preziosi possano essere ammirate da tutti. Non per vanto, ma perché sente la responsabilità di condividere la sua fortuna: desidera che i suoi concittadini possano godere di tanta bellezza e possano conoscere culture di paesi lontani. La Campagna d’Egitto guidata da Napoleone Bonaparte, ha acceso un vivace interesse e molta curiosità per la civiltà faraonica e, da oltre mezzo secolo, le antichità egizie sono assai contese sul mercato antiquario. Leonetto Ottolenghi, che per la sua munificenza riceverà il titolo di conte, ne subisce il fascino e acquista un centinaio di oggetti: scarabei, amuleti, statuine funerarie e bronzetti di divinità. L’emozione più grande la prova dinnanzi a due sarcofagi finemente decorati. Uno di essi contiene una mummia che il benefattore astigiano battezza Signora delle Ninfee per quella donna raffigurata sul coperchio ornata da una corona di fiori che scendono sui capelli e sul vestito. Ci sono uomini che hanno la capacità di arricchire il patrimonio culturale dei luoghi in cui vivono. È grazie al conte Leonardo Ottolenghi, al suo spirito filantropico e illuminato, se Asti può vantare una collezione egizia considerata tra le più importanti del Piemonte. Una testimonianza di collezionismo privato che diventa patrimonio di tutti.
#iorestoacasa. “Passeggiate del direttore”: Christian Greco parla dell’Epoca dei Consoli, e l’egittomania scoppiata dopo la spedizione di Napoleone. La collezione Drovetti entra al museo Egizio, consacrando Torino capitale dell’Egittologia internazionale
#iorestoacasa. “Passeggiate del direttore”: nella terza puntata, “L’Epoca dei Consoli”, Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino ci racconta quel particolare periodo a cavallo dei due secoli (fine Settecento-inizio Ottocento) aperto con la spedizione di Napoleone in Egitto che risveglia l’interesse dell’Europa per l’Egitto, una vera e propria egittomania, e che porterà a Torino la collezione Drovetti, consacrando per sempre la capitale sabauda capitale dell’Egittologia internazionale.
“Siamo nel 1798”, spiega Greco. “Napoleone organizza una spedizione in Egitto di valenza economico-militare. La Francia voleva limitare l’influenza dell’Inghilterra nel Mediterraneo creando un avamposto in Egitto così da fermare i traffici che arrivavano dalle colonie dell’Oriente e il loro ingresso nel Mediterraneo. Di qui la spedizione. Ma Napoleone si fa accompagnare da 167 studiosi ai quali affida il compito di documentare tutto ciò che vedono in Egitto: ovviamente le antichità, che possono documentare quando le spedizioni militari si fermano. Ma anche la modernità dell’Egitto, la flora e la fauna. Tutto ciò – continua il direttore – confluirà in un’opera monumentale “Description de l’Égypte”, il cui primo volume verrà pubblicato nel 1809, che scatenerà in Europa una specie di egittomania. La spedizione militare di Napoleone non finisce bene. Nel 1801 i francesi nella battaglia di Abukir perdono il dominio sull’Egitto e gli inglesi si fanno consegnare le antichità che hanno raccolto, tra cui la famosa stele di Rosetta, che infatti oggi possiamo vedere al British Museum e non al Louvre. Gli inglesi vorrebbero farsi consegnare anche tutte le loro annotazioni. Ma i francesi si rifiutano dicendo che preferiscono buttare tutto nel Nilo piuttosto che consegnarle agli inglesi. Per fortuna le annotazioni non vennero distrutte, e si arriverà alla “Description de l’Égypte” e alla conseguente profonda trasformazione dell’Europa”.
È questa la cosiddetta “Epoca dei Consoli”. In Europa c’è la voglia di riscoprire questo Paese di cui si era sentito parlare, di cui parlavano i classici, a partire da Omero. “A fronte a questa richiesta”, ricorda Greco, “tutti i diplomatici che lavorano in Egitto sono chiamati a sviluppare un’attività lavorativa parallela a quella del diplomatico ma molto più remunerativa: raccogliere antichità e venderla al mercato antiquario. Tra loro c’è anche Bernardino Drovetti, nativo di Barbania, fuori Torino, ma che era già stato console generale di Francia, almeno fino al congresso di Vienna, poi molto legato a Mohammed Ali che governava l’Egitto per l’impero Ottomano. Drovetti riesce a farsi dare un firmano con il permesso di scavare in vari luoghi dell’Egitto per raccogliere antichità. Alla fine ne raccoglierà più di cinquemila che vorrebbe vendere al mercato antiquario. Ha contatti con la Russia, con la Francia, ma alla fine riesce a convincere il Regno di Sardegna a comprare queste antichità. La vendita è laboriosa, finalmente nel 1823 il re Carlo Felice di Savoia decide di comprare questa collezione per una cifra impressionante: 400mila lire piemontesi. Così più di 5mila antichità arrivano a Torino e renderanno per sempre questa città la capitale dell’egittologia internazionale”.



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