Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la tavola rotonda, in presenza e on line, “Un frammento alla volta” partendo dal libro di Marcella Frangipane (università la Sapienza) “Un frammento alla volta. Dieci lezioni dall’archeologia” (Il Mulino)
Gli oggetti hanno un’anima e una storia che passa attraverso le mani degli artigiani che li hanno forgiati e di coloro che li hanno usati. Ecco il senso dell’archeologia: far parlare il tempo attraverso le cose, per ricostruire l’impossibile fotografia del passato. Venerdì 5 maggio 2023, alle 17, nella sala Fortuna del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia si discuterà di frammenti di vita quotidiana, tracce di rituali religiosi, di attività economiche e di relazioni tra persone e con l’ambiente a partire dal libro “Un frammento alla volta. Dieci lezioni dall’archeologia” (Il Mulino) di Marcella Frangipane. Ingresso gratuito in sala Fortuna fino ad esaurimento posti. Per info e prenotazioni: relazioniesterne@mulino.it. Sarà possibile seguire l’evento in diretta streaming sul canale Etruschannel al seguente link: https://bit.ly/3oXKPfP. Introduce Valentino Nizzo, direttore museo ETRU. Modera Romina Laurito, archeologa museo ETRU. Intervengono assieme all’autrice: Francesca Balossi Restelli, professore ordinario in Preistoria e Protostoria del Vicino Oriente – Sapienza Università di Roma; Lucia Mori, professore associato in Storia del Vicino Oriente antico – Università Sapienza di Roma; Davide Nadali, professore associato in Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente – Sapienza Università di Roma; Gian Maria Di Nocera, professore associato in Paletnologia – Università della Tuscia di Viterbo; Sara De Angelis, funzionario archeologo – Direzione regionale Musei del Lazio.

Copertina del libro “Un frammento alla volta. Dieci lezioni dall’archeologia” (Il Mulino) di Marcella Frangipane
Un frammento alla volta. Dieci lezioni dall’archeologia. Frammenti di vita quotidiana, tracce di rituali religiosi, di attività economiche e di relazioni tra persone e con l’ambiente: gli oggetti portano il segno di quanto avvenuto nel tempo in cui furono creati e delle loro funzioni all’interno della comunità. Come schegge di uno specchio ci restituiscono l’immagine di quello che siamo stati e ci aiutano a dar forma al passato. Per riannodare i fili di questi mondi lontani e poco riconoscibili è necessario un lavoro lungo anni. Oltre quaranta sono quelli che Marcella Frangipane ha trascorso sul sito di Arslantepe in Anatolia, dove sorge il palazzo pubblico più antico del mondo: un viaggio nel tempo – che risale al V millennio a.C. e oltre – e nello spazio – esteso a tutto il territorio della Mezzaluna fertile – alla scoperta delle prime civiltà umane e di quei fenomeni politici e sociali che ancora regolano le nostre vite. Dieci lezioni dall’archeologia dei tempi più antichi per capire come siamo arrivati fin qui e come potrebbe essere il nostro domani.

L’archeologa Marcello Frangipane
Marcella Frangipane, accademica dei Lincei, socia della National Academy of Sciences degli Usa e della British Academy, docente di Archeologia preistorica e protostorica alla Sapienza. Ha diretto per trent’anni gli scavi sul sito di Arslantepe in Turchia, oggi incluso nelle liste del patrimonio Unesco.
Tra Londra (British Museum) e Parigi (Biblioteca nazionale di Francia) sta prendendo forma il progetto “Roman Provincial Coinage”, primo catalogo sistematico in dieci volumi delle monete imperiali coniate dalle zecche provinciali. Al lavoro un team internazionale tra cui un italiano, Dario Calomino, cui è stato affidato la realizzazione del volume 6, che copre il periodo di tre imperatori: Elogabalo, Alessandro Severo e Massimino il Trace

I due tomi che compongono il primo volume del progetto “Roman Provincial Coinage” curato da British Museum e Bibliothèque Nationale de France
Il progetto è di quelli che fanno tremare i polsi: catalogare tutte le monete romane giunte fino a noi del periodo imperiale, coniate dalle zecche provinciali. Il progetto Roman Provincial Coinage, che sarà composto in tutto da dieci volumi a coprire il periodo imperiale dal 44 a.C. al 296-7 d.C. (il primo volume, che copre l’età giulio-claudia, 44 a.C.-69 d.C., è stato pubblicato nel 1992), è pubblicato dalla British Museum Press e dalla Bibliothèque Nationale de France, sotto la direzione generale di Andrew Burnett (British Museum), Michel Amandry (Bibliothèque nationale de France) e Chris Howgego (Ashmolean Museum). Il progetto, che punta a produrre una tipologia standard della monetazione provinciale dell’impero romano, coinvolge una trentina di esperti da tutto il mondo chiamati a studiare le dieci più importanti collezioni numismatiche accessibili del mondo (Berlino, Staatliche Museen; Cambridge, Fitzwilliam Museum; Copenaghen, Nationalmuseet; Glasgow, Museo Hunterian; London, British Museum; Monaco di Baviera, Staatliche Münzsammlung; New York, American Numismatic Society; Oxford, Ashmolean Museum; Parigi, Bibliothèque Nationale de France; Vienna, Kunsthistorisches Museum) e tutto il materiale pubblicato. Tradotto in numeri si parla di più di 100mila monete solo per i conii schedati in neppure quattro dei dieci volumi previsti, e cioè il 3, il 4, parte del 7 e il 9. Quindi alla fine saranno centinaia di migliaia le monete catalogate. Se pensiamo che il manuale più famoso sulla monetazione romana (che comunque non prende in esame la monetazione provinciale) è quello del numismatico francese Henry Cohen (Description des Monnaies frappées sous l’Empire Romain) che risale all’ultimo quarto dell’Ottocento, e in epoca più recente, realizzato tra il 1923 e il 1994, è il Roman imperial Coinage (Ric), si può capire l’importanza e la valenza del progetto Roman Provincial Coinage, prima trattazione sistematica sulla monetazione civile al culmine dell’impero romano, che sarà uno strumento insostituibile per lo studio della storia sotto il profilo culturale, religioso, politico, economico e amministrativo a livello locale e per tutto l’impero.
In questo team internazionale di archeologi numismatici c’è anche un italiano, il veronese Dario Calomino, laurea in Archeologia romana (2002) e un MA in Numismatica classica (2005) all’università di Padova; e un dottorato di ricerca in Scienze Storiche e Antropologiche (2009) all’università di Verona sulla monetazione provinciale romana di Nicopoli di Epiro. “La mia esperienza di insegnamento”, ricorda, “è iniziata nel 2004, quando ho avviato la collaborazione l’università di Verona come cultore della materia, la Numismatica, e come membro del Comitato scientifico della Missione archeologica nel Foro romano di Grumentum (Basilicata). Nel 2010-2011 – continua – ho lavorato come assistente in Numismatica classica all’università di Padova, Dipartimento di Archeologia. Nel Regno Unito ho collaborato con il King’s College di Londra e ho insegnato per un anno allo University College di Londra”. La svolta nel 2012 con l’assegnazione di una borsa Newton di ricerca internazionale da parte della British Academy di Londra per lavorare sul sesto volume del Roman Provincial Coinage al Dipartimento di monete e medaglie del British Museum.
Sul suo profilo Dario Calomino si mostra curvo su una moneta, intento a studiarla. È lui stesso che spiega il suo ruolo nel progetto internazionale: “Mi è stato assegnato di curare la catalogazione delle monete romane coniate dalle zecche provinciali nel III sec. d.C., uno dei più turbolenti e, se vogliamo, più oscuri dell’impero. In particolare mi devo interessare della produzione monetale tra il 218 e il 238 d.C., cioè il periodo immediatamente successivo a Settimio Severo, fondatore della dinastia dei Severi, cui è riservato il volume 5. Nei vent’anni che devo studiare si sono succeduti tre imperatori, Elagabalo (218-222 d.C.), Alessandro Severo (222-235 d.C.) e Massimino il Trace (235-238 d.C.). Il primo, morto assassinato dalle guardie pretoriane, era siriano di origine, per diritto ereditario, alto sacerdote del dio Sole (El-Gabal) di Emesa, sua città di origine. Il secondo, cugino di Elagabalo, nativo di Arca Caesarea, oggi nel nord del Libano, ultimo imperatore dei Severi, finì anche lui assassinato dai soldati durante una campagna contro le tribù germaniche perché stava trattando un accordo col nemico. Dopo di lui salì al trono un generale di origine barbarica e di grandi capacità militari, Massimino il Trace, il primo a non vedere mai Roma, il primo imperatore-soldato. Anche lui finì tragicamente, assassinato dai suoi soldati durante l’assedio di Aquileia”.


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