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Preistoria. Alle origini dell’alimentazione: in mostra a Firenze la prima farina dell’uomo del Paleolitico. 30mila anni fa l’Homo Sapiens cacciatore-raccoglitore seguiva una dieta mediterranea, cioè 20mila anni prima della nascita dell’agricoltura nel Vicino Oriente

A Firenze la mostra “30.000 anni fa la prima farina. Alle origini dell'alimentazione”

A Firenze la mostra “30.000 anni fa la prima farina. Alle origini dell’alimentazione”

Lo scavo in località Bilancino nel Mugello in Toscana

Lo scavo in località Bilancino nel Mugello in Toscana

Una macina e un macinello in pietra stanno rivoluzionando le conoscenze sull’alimentazione dei primi Homo sapiens. Vi ricordate? Ne avevamo già parlato in occasione delle giornate preparatorie a Expo 2015 (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/?s=glutine). In quell’occasione, a Firenze, si era annunciata la scoperta in Toscana da parte di un gruppo di ricerca archeologica guidato da Biancamaria Aranguren della soprintendenza Archeologia della Toscana, in collaborazione con Anna Revedin, dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, della farina più antica del mondo, un fatto che potrebbe rivoluzionare le attuali conoscenze sull’alimentazione e la conoscenza agricolo/tecnologica degli uomini del Paleolitico. Ciò rivelerebbe infatti che l’uomo preistorico era più vegetariano di quanto fino ad ora fosse noto e che già 30.000 anni fa si nutriva di farine ricavate macinando varie piante selvatiche; potremmo dire che già “seguiva” una dieta (quasi) mediterranea! E ora quelle scoperte e quelle conclusioni sono documentate nella mostra “30.000 anni fa la prima farina. Alle origini dell’alimentazione” allestita fino al 3 gennaio allo Spazio Mostre dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze (via Bufalini 6) a cura di Anna Revedin dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Biancamaria Aranguren della soprintendenza Archeologia della Toscana e di Fabio Santaniello dell’Università di Trento. Si tratta della rappresentazione, con un forte taglio divulgativo e anche scenografico, dei primi risultati del progetto di ricerca dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria “Le risorse vegetali nel Paleolitico” condotto da Revedin in collaborazione con la soprintendenza Archeologia della Toscana e con il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze e reso possibile dal contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

La mappa dei rinvenimenti di pestelli preistorici: due in Italia, a Bilancino e Grotta Paglicci

La mappa dei rinvenimenti di pestelli preistorici: due in Italia, a Bilancino e Grotta Paglicci

Archeologia sperimentale: la produzione di farina con la macina paleolitica del Bilancino

Archeologia sperimentale: la produzione di farina con la macina paleolitica del Bilancino

Tutto è nato dalla scoperta di una macina, usata per produrre la più antica farina della storia, e di un macinello-pestello avvenuta nel 1992, tra le migliaia di manufatti rinvenuti in uno scavo in località Bilancino, nel Mugello, oggi sommerso da un invaso artificiale che fornisce l’acqua a Firenze. Il colpo di genio è stato quello di non lavare questi antichissimi strumenti e di analizzare le pietre e i resti del focolare preistorico al microscopio elettronico e al carbonio 14, è così che è venuto fuori che sulle pietre c’erano tracce di amido risalenti a 30mila anni fa. Le analisi condotte su questi oggetti, e sui sedimenti che ancora erano presenti, hanno infatti rivelato che i nostri progenitori del Paleolitico superiore erano già in grado di trasformare, elaborare e consumare prodotti derivati dalla raccolta dei vegetali selvatici, creando in qualche modo le premesse tecniche per un processo che diventerà parte integrante della “invenzione” dell’agricoltura, circa 10mila anni fa. “Grazie alle analisi condotte fra il 2005 e il 2007 dal Dipartimento di biologia vegetale dell’università di Firenze”, ricordano le ricercatrici, “si è scoperto che gli amidi sugli utensili appartengono a varie piante ma soprattutto alla Typha (Tifa), detta anche stiancia o mazza sorda, pianta palustre molto comune da cui si ricavavano gallette o farinate ad alto valore nutritive. Fino a pochi anni fa dalle foglie della Tifa si ricavavano fibre per l’intreccio di corde, stuoie e “sporte”, mentre i rizomi erano utilizzati a scopo alimentare in molti paesi extra-europei”. Il gruppo archeologico ha anche raccolto i rizomi di tifa, li ha seccati, macinati e, su di un focolare ricostruito come quello scoperto negli scavi di Bilancino, con questa farina, ha cucinato della “gallette” che sono risultate di gusto gradevole. “Le implicazioni di questa scoperta sono sotto molti aspetti rivoluzionarie”, sottolineano Aranguren e Revedin. “Per la prima volta l’uomo aveva a disposizione un prodotto elaborato facilmente conservabile e trasportabile, ad alto contenuto energetico perché ricco di carboidrati complessi, che permetteva maggiore autonomia soprattutto in momenti critici dal punto di vista climatico e ambientale. La scoperta dimostra inoltre che l’abilità tecnica necessaria per la produzione di farina e quindi per preparare un cibo, gallette o una farinata, era già acquisita in Toscana molto prima della nascita dell’agricoltura nel Neolitico, legata ai cereali, che si sviluppò in Medioriente”.

L'ingresso di Grotta Paglicci a Rignano Garganico

L’ingresso di Grotta Paglicci a Rignano Garganico

Il pestello dell'uomo paleolitico trovato a Grotta Paglicci

Il pestello dell’uomo paleolitico trovato a Grotta Paglicci

Un’altra importante scoperta, presentata nella mostra fiorentina, e appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences” (Usa) e legata a questo progetto, aggiunge importanti elementi sulla dieta dei nostri antenati. A Grotta Paglicci, in Puglia, dove Annamaria Ronchitelli dell’Università di Siena conduce le ricerche, su un pestello di 33mila anni fa (quindi più antico della macina del Bilancino) sono state trovate tracce di amidi di varie piante selvatiche. Per la prima volta è testimoniato l’utilizzo di un cereale – l’avena – che sarà coltivato solo migliaia di anni dopo e ancora molto utilizzato in Nord Europa, ad esempio il porridge, e che sta suscitando grande interesse da parte dei nutrizionisti per le sue molteplici proprietà alimentari, compresa l’assenza di glutine e il basso indice glicemico. “La maggior parte dei granuli di amido è stata attribuita a poaceae, cioè graminacee, e molti di essi ad avena, molto probabilmente avena barbata, una pianta che cresce spontanea in Italia”, spiega Annamaria Ronchitelli, direttrice degli scavi a Grotta Paglicci. “Si tratta al momento della prima testimonianza dell’uso di questo cereale. Sono stati rinvenuti anche pochi amidi riconducibili a farina di ghiande di quercia. Dagli studi è stato possibile comprendere che gli antichi cacciatori-raccoglitori di Grotta Paglicci, che sono vissuti in un periodo climatico più freddo dell’attuale, avevano sviluppato tecnologie complesse di lavorazione della pianta prima della macinazione. Per la prima volta, infatti, è stata trovata prova di un pretrattamento termico delle cariossidi – come ancora oggi viene fatto, per migliorarne le proprietà alimentari e organolettiche -, non si sa se attraverso bollitura, tostatura o arrostimento, al fine di rendere più agevole la macinazione, facilitando l’allontanamento del rivestimento esterno dei grani e garantendo una maggiore conservabilità della farina e, nel caso dell’avena, sviluppando il particolare aroma che non è presente nel prodotto fresco”.

Annamaria Ronchitelli dell'università di Siena all'interno della Grotta Paglicci

Annamaria Ronchitelli dell’università di Siena all’interno della Grotta Paglicci

Cambia così lo scenario delle conoscenze sull’economia e la vita di 30mila anni fa e molte sono le implicazioni di questa scoperta. Dalla possibilità di conservare e trasportare un alimento altamente energetico, alla elaborazione di «ricette», necessarie per rendere digeribili i carboidrati attraverso vari tipi di cottura, fino a ricostruire una complessa gestione delle risorse del territorio. Queste scoperte mettono anche in evidenza l’importanza della raccolta, attività tradizionalmente svolta dalle donne, e quindi degli alimenti vegetali nella dieta umana fin dal Paleolitico. Si ridimensiona così il ruolo finora attribuito alla caccia dovuto al fatto che gli animali costituivano il soggetto principale dell’arte rupestre paleolitica e che le loro ossa si conservano molto meglio dei resti vegetali. “Questo studio, nell’anno dell’EXPO – conclude la professoressa Ronchitelli – espande le nostre informazioni sulle piante alimentari utilizzate per la produzione di farina in Europa durante il Paleolitico e sulle origini di una tradizione alimentare, cioè l’utilizzo dell’Avena e delle ghiande, che persiste fino ad oggi nel bacino del Mediterraneo”.

Nella dieta dell’Homo Sapiens anche farina senza glutine. Scoperta a Firenze una macina di 30mila anni fa. La ricerca presentata a Expo 2015. A settembre mostra sulla “dieta preistorica” (quasi mediterranea)

La macina usata dall'Homo Sapiens 30mila anni fa ritrovata a Bilancino nel Mugello, in Toscana

La macina usata dall’Homo Sapiens 30mila anni fa ritrovata a Bilancino nel Mugello, in Toscana

La dieta mediterranea non era stata ancora codificata, ma i nostri antenati dell’età della pietra già andavano sperimentando qualcosa di simile, associando i carboidrati alla tradizionale (e scontata) carne. “La dieta dell’uomo paleolitico, vissuto circa 30mila anni fa, era più sana perché più varia di quanto si conoscesse fino ad oggi”, rivela una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto italiano di preistoria e protostoria con sede a Firenze, la più prestigiosa istituzione del nostro Paese in questo campo, promossa dall’assessorato alle Politiche agricole della Regione Toscana e dal ministero per i Beni e le attività culturali e del turismo, e sostenuta da un contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. L’Homo Sapiens si nutriva infatti non solo in prevalenza di cacciagione (come ritenuto fino ad oggi) ma anche i vegetali costituivano una parte importante della sua alimentazione, in particolare i carboidrati complessi sotto forma di farina, ma senza glutine. È stato dunque un primo passo verso la “dieta mediterranea”. e sta rivoluzionando le conoscenze sulla dieta dell’Homo sapiens che, fatte le dovute proporzioni, stava sicuramente meglio di quanto stiamo noi oggi. La ricerca è stata presentata a Palazzo Strozzi di Firenze nell’ambito delle giornate di approfondimento e di divulgazione collegate a Expo 2015. Hanno introdotto i lavori Maria Bernabò Brea, presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria; Andrea Pessina, soprintendente Archeologo della Toscana; Pierluigi Rossi Ferrini, vice presidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze e sono poi intervenuti Biancamaria Aranguren, della soprintendenza Archeologia della Toscana; Anna Revedin, dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria; Giuseppe Rotilio dell’Università di Roma 2. Ha concluso la giornata l’assessore alle Politiche agricole della Regione Toscana.

Così l'Homo Sapiens utilizzava la macina per prodursi la farina

Così l’Homo Sapiens utilizzava la macina per prodursi la farina

La scoperta. “La ricerca”, ha spiegato la sua coordinatrice Anna Revedin, direttore dell’Istituto di preistoria, “è nata dal rinvenimento, durante i lavori per la costruzione della nella zona della diga di Bilancino nel Mugello, di una macina e di un macinello in pietra usati per produrre la più antica farina della storia risalente a 30 mila anni fa, molto prima dell’invenzione dell’agricoltura, utilizzando vegetali selvatici, in particolare i rizomi, cioè le radici, di piante palustri”. Finora si credeva che l’uomo moderno avesse imparato a praticarla 10mila anni fa, ma questa scoperta ha rivelato come proprio i carboidrati complessi sotto forma di farina, ma senza glutine, giocassero un ruolo determinante nella dieta dell’Homo sapiens che già conosceva ed era in grado di trattare le piante più opportune per la sua alimentazione. Essa era infatti a base di carne magra, frutta, verdura, semi (mandorle, noci, nocciole) carboidrati senza glutine e ben si adattava ad una vita fatta di tantissimo movimento.

A settembre una mostra a Firenze sulla dieta preistorica illustrerà i risultati della scoperta di Bilancino

A settembre una mostra a Firenze sulla dieta preistorica illustrerà i risultati della scoperta di Bilancino

Homo Sapiens ed Expo 2015. Gli studi sulla dieta dell’uomo del Paleolitico, in particolare a partire dalla comparsa dell’uomo con caratteristiche morfologiche attuali (circa 40mila anni fa), hanno una doppia valenza, sia per la ricostruzione della Storia dell’evoluzione umana, sia per avere nuovi elementi di comprensione sulle disfunzioni dell’uomo attuale correlabili al cibo ed agli stili di vita dei paesi industrializzati. Si tratta di un argomento molto dibattuto attualmente nel campo della Preistoria e della Paleoantropologia per le nuove metodologie che permettono di avere nuovi dati – testimonianze dirette sulla dieta dell’uomo paleolitico. Questi stessi temi, ha annunciato il vice presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Pierluigi Rossi Ferrini, saranno al centro di una mostra proposta dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria che si terrà a settembre nella sede dell’Ente Cassa in via Bufalini e che prende le mosse dal dibattito promosso da Expo Milano 2015 che ha per tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. L’esposizione illustrerà gli ultimi risultati scientifici sulla dieta preistorica, utili anche a comprendere le attuali problematiche alimentari, e documenterà la storia dello scavo dell’insediamento Preistorico di Bilancino che è stato diretto, con fondi regionali, da Biancamaria Aranguren della soprintendenza Archeologica della Toscana.