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Torino. Al museo Egizio riallestite le sale di Iti e Neferu e di Ahmose: frutto di un lavoro di ricerca e rilettura delle fonti d’archivio, di scoperte inattese nei depositi, le sale raccontano l’archeologia di inizio Novecento di Schiaparelli e Rosa

Il nuovo allestimento delle sale di Iti e Neferu e di Ahmose al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Studiare il patrimonio di reperti dell’antico Egitto e approfondire la vita degli archeologi che hanno contribuito a far emergere i tesori di questa antica civiltà riserva ancora sorprese e nuove scoperte. È il caso della sala di Iti e Neferu e della saletta dedicata alla Principessa Ahmose del museo Egizio di Torino, oggetto entrambe di un riallestimento che dall’8 luglio 2025 sono riaperte al pubblico, grazie al lavoro di studio e ricerca dei curatori del Museo: Beppe Moiso, Enrico Ferraris e Cinzia Soddu e alla progettazione espositiva di Enrico Barbero e Piera Luisolo.

I calzari in cuoio della Principessa Ahmose, risalenti alla XVIII dinastia, esposti al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Due le novità assolute dei riallestimenti: il ritrovamento di una pittura appartenente al ciclo decorativo della tomba di Iti e Neferu, nei depositi del museo di Antropologia ed Etnografia dell’università di Torino, durante un riscontro inventariale, e i calzari in cuoio della Principessa Ahmose, risalenti alla XVIII dinastia, per la prima volta esposti al pubblico, dopo un delicato lavoro di restauro. “Stiamo aggiornando gli allestimenti permanenti per integrare i risultati più recenti della ricerca sulla collezione e per migliorare l’accessibilità dei contenuti”, spiega il direttore del museo Egizio, Christian Greco. “Particolare attenzione è rivolta all’esposizione dei resti umani. Ricostruire i corredi funerari non è solo un’operazione scientifica, ma anche un gesto di rispetto: significa trattare questi reperti come testimonianze di vite vissute, tenendo conto delle implicazioni etiche e culturali che comportano”.

La tomba di Iti e Neferu a Gebelein in una foto storica conservata nell’Archivio fotografico del museo Egizio di Torino

Il curatore Beppe Moiso nelle sale dedicate alla tomba di Iti e Neferu al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

La sala dedicata alla ricostruzione della tomba di Iti e Neferu al museo Egizio, è stata rivista architettonicamente, sulla base di una serie di studi condotti sulla struttura della tomba, sui suoi 14 pilastri, attraverso il parallelo con altre tombe coeve, sulla base di fotografie scattate dallo stesso Schiaparelli. Delle 36 pitture originariamente staccate dalla tomba e arrivate a Torino nel 1924, dopo un lungo restauro a Firenze, operato da Fabrizio Lucarini, ne furono esposte in museo 29. Una delle 7 mancanti è riemersa recentemente dai depositi del museo di Antropologia ed Etnografia di Torino e attualmente è ancora oggetto di un delicato lavoro di restauro; mentre le altre, andate perdute, ci sono note solo attraverso fotografie di archivio. L’intero corpus delle pitture è tuttavia visibile nell’archivio storico fotografico online dell’Egizio, che contiene circa 2mila immagini digitalizzate, che documentano l’intera attività archeologica condotta dal Museo in Egitto, tra il 1903 e il 1937.

Dettagli degli affreschi dalla tomba di Iti e Neferu di Gebelein conservati al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Il nuovo allestimento della tomba di Iti e Neferu non è soltanto un aggiornamento espositivo, ma anche un modo per restituire al pubblico una pagina fondamentale della storia del Museo e dell’archeologia italiana, legata alla campagna di scavo del 1911 a Gebelein, condotta da Virginio Rosa, giovane chimico e botanico, in procinto di diventare egittologo, scomparso prematuramente a soli 26 anni. Quella di Gebelein fu l’unica, delle dodici missioni promosse da Ernesto Schiaparelli, a disporre di una documentazione ampia e dettagliata. La figura di Virginio Rosa emerge come centrale non solo per l’importanza della scoperta, ma anche per le notevoli capacità fotografiche in ambito archeologico: il suo patrigno, Secondo Pia, fu il primo a documentare fotograficamente la Sindone e lo stesso Rosa fu il primo a impiegare lastre fotografiche a colori in una missione archeologica di Schiaparelli, testimoniando con straordinaria modernità le fasi dello scavo.

Il giovane archeologo Virginio Rosa da Varallo Sesia (Vercelli) (foto museo Egizio)

La figura di Virginio Rosa e le sue scoperte saranno presto oggetto di un volume della collana “Studi del Museo Egizio” (Franco Cosimo Panini Editore), intitolato “1911: l’Egitto di Virginio Rosa” e scritto da Beppe Moiso. Il libro restituirà, attraverso la documentazione archivistica e il giornale di scavo, compilato da Rosa, i disegni, gli scambi epistolari con Schiaparelli, uno spaccato sulle varie attività collegate alla ricerca archeologica e sulle istruzioni lasciate da Schiaparelli per condurre correttamente uno scavo.

Il nuovo allestimento della tomba di Ahmose al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

La saletta dedicata alla Principessa Ahmose, al primo piano del Museo, accanto a quella di Nefertari, è stata riallestita secondo una logica narrativa coerente, che mette al centro il ruolo dell’archeologo e l’importanza della documentazione d’archivio e delle scienze della conservazione. Accogliendo la frammentarietà dei reperti come un’opportunità narrativa, il museo ha trasformato la parzialità dei materiali in occasione di approfondimento e riflessione sul lavoro dell’archeologo. Il nucleo narrativo si concentra sui reperti recuperati dai depositi: i calzari in cuoio della principessa, restaurati con grande perizia da Francesca Gaia Maiocchi e Giulia Pallottini, restauratrici del Museo, un frammento di tessuto su cui poggiavano i monili della principessa. L’interpretazione di oggetti frammentari è affidata ai disegni ricostruttivi del curatore Paolo Marini, che rendono leggibili reperti altrimenti difficili da comprendere e illustrano al pubblico il processo di ricostruzione e lettura archeologica.

Il nuovo allestimento della tomba di Ahmose con la mummia della principessa al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Il tema dell’esposizione delle mummie e, più in generale, dei resti umani è da tempo oggetto di un’attenta riflessione da parte del Museo, che negli ultimi dieci anni ha affrontato questa questione con particolare sensibilità, consapevole della complessità delle implicazioni etiche e della varietà di percezioni culturali dei visitatori, provenienti da contesti e tradizioni molto differenti tra loro. Proprio per rispondere a queste sfide, è stato istituito all’interno del Museo un Comitato etico, con l’obiettivo di guidare e accompagnare le scelte espositive, nel rispetto della dignità dei reperti umani e delle diverse sensibilità contemporanee.

La mummia di Ahmose in un guscio di basalto nel nuovo allestimento al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Nel caso del riallestimento dei resti di Ahmose, il Museo ha scelto una soluzione innovativa e rispettosa: è stato realizzato un guscio protettivo in fibra di basalto, modellato con precisione sulle forme irregolari del reperto. La presenza di microfori distribuiti su tutta la superficie consente un’efficace e invisibile ventilazione del volto, garantendo al contempo la conservazione ottimale e una presentazione rispettosa del reperto. L’impegno del Museo in questo ambito continua a orientarsi verso un dialogo aperto e consapevole con il pubblico, nel segno della responsabilità scientifica, dell’inclusività culturale e del rispetto della persona anche oltre la morte.

Una fase dell’allestimento della saletta di Ahmose al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Le pareti delle vetrine dedicate ad Ahmose, a Nebiry e alla tomba denominata Queens’ Valley 39 riportano l’indicazione delle tombe di provenienza, inserite in una mappa della Valle delle Regine, che restituisce unità e contesto agli scavi condotti da Schiaparelli in quella zona. Il racconto si articola attraverso nuovi testi, apparati grafici, e ricostruzioni visive che aiutano a comprendere le caratteristiche di queste sepolture, meno monumentali rispetto a quella di Nefertari, ma comunque appartenenti a personaggi di alto rango. Nel basamento della principessa Ahmose è visibile l’infografica riguardante il telo funerario. Il lenzuolo funebre che avvolgeva il corpo di Ahmose, ritrovato in frammenti, è anche uno dei primi esempi di Libro dei Morti e risale alla fine della XVII dinastia (circa 1540 a.C.). Grazie alla ricostruzione del testo, si stima che in origine fosse lungo 4 metri e largo oltre un metro.

Il posizionamento dei vasi canopi nel nuovo allestimento della sala della tomba di Ahmose e Nebiry al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

I reperti della tomba di Nebiry tra cui i suoi vasi canopi e ceramiche di imitazione cipriota, restituiscono l’immagine di un alto funzionario a contatto con circuiti internazionali e inserito in una rete di scambi che rifletteva lo status e le relazioni esterne dell’Egitto del Nuovo Regno. L’intento è stato quello di costruire un racconto coerente e accessibile, che unisce la documentazione archeologica, il restauro e la riflessione museografica. Grazie a questo intervento, le sale dedicate a Nefertari e Ahmose risultano oggi più armoniche e coerenti, non solo dal punto di vista visivo, ma anche narrativo. La frammentarietà di alcuni oggetti è trasformata in un’opportunità di racconto minuzioso, offrendo al pubblico uno sguardo ravvicinato e consapevole sul lavoro dell’archeologo, sull’importanza della conservazione e sulla capacità del museo di rinnovarsi attraverso la ricerca.

Torino. Al museo Egizio ogni domenica visita guidata gratuita al tempio di Ellesiya per celebrare il nuovo allestimento della Cappella rupestre e la sua restituzione alla collettività

torino_egizio_tempio-di-ellesiya_visite-guidate_locandinaPer celebrare il nuovo allestimento della Cappella rupestre di Ellesiya e la sua restituzione alla collettività, a partire dall’8 dicembre 2024, ogni domenica, potrai partecipare a una visita guidata gratuita a un luogo unico. Un tempio donato dall’Egitto, arrivato a Torino nel 1966. Le visite sono realizzate grazie al supporto di Gruppo FS, Official Sponsor dell’evento. Per non perdere l’opportunità di scoprire la Cappella rupestre di Ellesiya e il suo nuovo allestimento si può prenotare la visita gratis sul sito del museo Egizio: https://egizio.museitorino.it/…/visita-guidata…/.

Tempio di Ellesiya. Approda a Torino nel 1966 la Cappella Rupestre di Ellesiya, il più antico tempio rupestre della Nubia. A seguito della costruzione della diga di Assuan, l’Italia e il Museo Egizio furono chiamati a contribuire alla campagna Unesco per il salvataggio dei templi della Nubia, che rischiavano di essere sommersi dalle acque del lago Nasser. Il governo egiziano decise quindi di donare all’Italia il Tempio, in segno di gratitudine per la partecipazione del nostro Paese all’operazione di salvataggio: il reperto, dopo una complessa operazione di trasporto e ricostruzione all’interno del museo Egizio, fu presentato a Torino alla presenza delle autorità italiane ed egiziane nell’autunno del 1970.

A distanza di oltre mezzo secolo il museo Egizio, nell’ambito del rinnovamento per il bicentenario, ha scelto di rendere accessibile gratuitamente al pubblico la Cappella, che avrà un suo ingresso indipendente da via Duse e alla fine dei lavori anche dalla corte coperta del Museo, liberamente fruibile dai visitatori. Nel 2023 è iniziato l’ultimo restauro della Cappella con la pulitura e il consolidamento delle superfici ad opera del Centro Conservazione Restauro La Venaria Reale. La Cappella è stata riallestita grazie al lavoro di ricerca e studio degli egittologi e curatori: Johannes Auenmüller, Alessia Fassone, Paolo Marini, Beppe Moiso, Tommaso Montonati. Un suggestivo video mapping, ideato da Robin Studio, rielabora sui blocchi della cappella i suoi trascorsi storici e il viaggio dall’Egitto a Torino. Il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane è Official Sponsor della restituzione del Tempio di Ellesiya alla collettività, con il contributo di Fondazione CRT e di Consulta per la Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino e la partecipazione di Ribes Digilab.

“Dei e Faraoni a Torino: musiche, documenti e racconti dell’800”: per Archivissima – La Notte degli Archivi 2024 il museo Egizio di Torino e la Fondazione Giubergia propongono un happening che unisce archeologia, storia e musica classica: un’occasione unica per scoprire la Torino di inizio Ottocento, quando le statue di dei e faraoni sono approdate in città

torino_egizio_notte-degli-archivi_dei-e-faraoni_musiche-documenti-e-racconti-dall-800_locandinaIn occasione dell’edizione 2024 di Archivissima – La Notte degli Archivi, il museo Egizio di Torino e la Fondazione Giubergia propongono un evento molto speciale: un’occasione unica per scoprire la Torino di inizio Ottocento, quando le statue di dei e faraoni sono approdate in città dando vita al più antico museo di antichità egizie al mondo. Documenti storici, aneddoti e curiosità sulla nascita, 200 anni fa a Torino, del più antico museo Egizio al mondo sono infatti gli ingredienti di “Dei e Faraoni a Torino: musiche documenti e racconti dell’800”, un happening al museo Egizio, il 7 giugno 2024, alle 18.30, con replica alle 19.30 e alle 20.30. Organizzato dal museo Egizio in collaborazione con la Fondazione Renzo Giubergia e con l’associazione De Sono, l’appuntamento unisce archeologia, storia e musica classica. In occasione dell’happening si esibiranno nella corte del Museo: Fé Avoulgan (soprano), Alessandro Fantoni (tenore), Tania Pacilio (mezzosoprano), Giulia Maino (voce recitante), Diego Mingolla (pianoforte) con momenti musicali dall’Aida di Giuseppe Verdi .

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Statue di dei e faraoni nell’allestimento tempèorneo al museo Egizio di Torino che rievoca il primo allestimento nell’Ottocento (foto museo egizio)

Accompagnati dallo spettacolo musicale, i curatori del museo, Beppe Moiso e Tommaso Montonati, responsabili dell’archivio storico fotografico del museo Egizio, attraverso documenti d’archivio, lettere dell’epoca e curiosità storiche racconteranno l’avventurosa origine del museo Egizio e il viaggio che intrapresero le statue di dei e faraoni dall’antico Egitto a Torino. Statue che saranno visibili al pubblico nell’atrio e sotto le arcate auliche del palazzo barocco ex Collegio dei Nobili, tuttora sede del Museo, in un allestimento temporaneo che offre una suggestione dell’origine del Museo. Nel 1823 queste, infatti, assieme a migliaia di reperti della collezione Drovetti, varcarono la soglia del palazzo barocco che oggi ospita il museo Egizio e l’accademia delle Scienze e furono sistemate al piano terreno e nella corte. Un anno dopo nacque a Torino il primo museo Egizio al mondo.

Nell’anno del bicentenario della sua fondazione (1824-2024), il museo Egizio di Torino approda per la prima volta al cinema con “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio”, nelle sale italiane solo per due giorni, il 12 e 13 marzo, con la partecipazione straordinaria del Premio Oscar Jeremy Irons, che guida il pubblico in un viaggio alla scoperta dei tesori di una delle civiltà più affascinanti della storia antica

torino_egizio_film-uomini-e-dei-le-meraviglie-del-museo-egizio_locandinaNell’anno del bicentenario della sua fondazione, il museo Egizio di Torino approda per la prima volta al cinema con “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio”, il film evento che è stato presentato in anteprima alla 41esima edizione del Torino Film Festival e che arriverà nelle sale italiane solo per due giorni, il 12 e 13 marzo 2024 (elenco cinema su nexodigital.it). Prodotto da 3D Produzioni, Nexo Digital e Sky in collaborazione con il museo Egizio e diretto da Michele Mally, che firma il soggetto con Matteo Moneta, autore della sceneggiatura.

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Il premio Oscar Jeremy Irons durante sul set del film “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio” di Michele Mally (foto di Francesco Prandoni)

Il film vede la partecipazione straordinaria del Premio Oscar Jeremy Irons, che guida il pubblico in un viaggio alla scoperta dei tesori di una delle civiltà più affascinanti della storia antica. Completa il viaggio visivo la colonna sonora originale, composta ed orchestrata dal pianista e compositore Remo Anzovino ed eseguita dall’autore con l’Orchestra Sinfonica Accademia Naonis diretta da Valter Sivilotti, in uscita su etichetta Nexo Digital e distribuzione Believe nel 2024. Spiega Remo Anzovino: “La sfida era scrivere una colonna sonora che parlasse di una cultura di cui non conosciamo la musica. Comporre per “Uomini e Dei. Le Meraviglie del Museo Egizio” è stato davvero un viaggio spirituale alla scoperta del profondo significato che la morte aveva nell’Antico Egitto, ossia l’inizio di una nuova vita. In piena sintonia con il regista Michele Mally, l’uso della tecnica del corale a 4 parti bachiano – applicato sia alle sezioni della orchestra sia al pianoforte solo -, di movimenti fugati e di passaggi atonali, mi ha permesso di orientare il suono, per contrasto stilistico, verso il mistero che le immagini e il racconto sullo schermo suggeriscono. Ringrazio il maestro Valter Sivilotti e l’Orchestra Sinfonica Accademia Naonis per avere splendidamente diretto e interpretato la mia musica”. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. Per il 2024 la Grande Arte al Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.

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Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

Reperti, studi scientifici e il dietro le quinte del Museo sono narrati in maniera corale non solo dalla presidente del museo, Evelina Christillin, e dal direttore Christian Greco, ma anche da alcuni dei curatori del museo come Cédric Gobeil, Beppe Moiso, Susanne Töpfer, Paolo Del Vesco, Federico Poole, Johannes Auenmüller, Enrico Ferraris, Alessia Fassone, Tommaso Montonati, dalle  restauratrici Cinzia Oliva, Roberta Genta, Paola Buscaglia del Centro di Conservazione e Restauro de La Venaria Reale, dall’antropologo Pieter Ter Keurs, dal direttore dipartimento Egizio del Louvre Vincent Rondot, dal capo del dipartimento Egitto e Sudan del British Museum Daniel Antoine, dai curatori del British Museum Ilona Regulski e Marcel Maree, dalla direttrice del Ägyptisches und Papyrussammlung di Berlino Friederike Seyfried, dalla direttrice generale museo Egizio del Cairo Sabah Abdel Razik Saddik, dal Ceo di Ima Solutions Sarl Benjamin Moreno. Dal Louvre di Parigi al British Museum di Londra fino all’Ägyptisches Museum di Berlino: sono solo alcune delle importanti istituzioni museali mondiali da cui provengono i membri del comitato scientifico del Museo, che vanta oltre 90 collaborazioni scientifiche con musei, atenei e centri di ricerca internazionali.

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Bernardino Drovetti, al centro, tra le rovine di Tebe nel 1818 (foto museo egizio)

Le collezioni custodite a Torino comprendono oltre 40mila reperti, che hanno una natura antiquaria – in quanto legati al collezionismo e al criterio di raccolta reperti di Bernardino Drovetti, diplomatico piemontese al servizio del governo francese che vendette a Carlo Felice di Savoia il primo nucleo delle collezioni del Museo per 400mila lire dell’epoca – e una natura archeologica, legata a campagne di scavo archeologico promosse da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina in Egitto all’inizio del Novecento. Con oltre un milione di visitatori nel 2023, il museo Egizio è il più antico al mondo dedicato alla civiltà degli antichi Egizi. Al museo Egizio di Torino dei 40mila reperti custoditi, 12mila sono esposti su 4 piani. Sfingi, statue colossali, minuscoli amuleti, sarcofagi, raccontano quasi 4000 anni di storia antica. Tra i reperti celebri nel mondo ci sono il Papiro dei Re, noto all’estero come la Turin King List, l’unica lista che sia giunta fino a noi che ricostruisce il susseguirsi dei faraoni, scritta a mano su papiro, o il Papiro delle Miniere, una delle più antiche carte geografiche conosciute. E ancora sculture come la statua del sacerdote Anen, quella di Ramesse II, quella della cosiddetta Iside di Copto, oltre al ricco corredo funebre di Kha, sovrintendente alla costruzione delle tombe dei faraoni che insieme alla moglie Merit sarà tra i protagonisti di tutto il racconto.

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Statuetta in legno della dea Tauret, dedicata dal disegnatore Parahotep, venerata in ambito domestico, proveniente da Deir el Medina, e conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“La strada per Menfi e per Tebe passa da Torino” scrisse Jean-François Champollion che nel 1824, due anni dopo aver decifrato i geroglifici, venne nella capitale sabauda. Ma perché proprio a Torino, nel 1824, si decise di aprire un museo che non aveva uguali al mondo, dedicato a una civiltà ancora in via di svelamento? Chi fu il primo a vedere nelle Alpi il profilo delle piramidi? Per scoprire le origini del museo in “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio” risaliremo così il corso del Nilo sulle tracce dei suoi grandi esploratori ed archeologi del passato: Donati, Drovetti, Schiaparelli. Visiteremo i luoghi da cui provengono i principali reperti delle collezioni torinesi, da Giza a Luxor fino all’antico villaggio di Deir el-Medina, abitato dagli scribi e dagli artigiani delle tombe della Valle dei Re e delle Regine. E viaggeremo a ritroso nel tempo, alla metà del 1500, quando i sovrani del Piemonte, i Savoia, per dare prestigio alla loro capitale riscrissero il mito delle origini egizie di Torino, sovrapponendo il toro, simbolo della città, col dio Api, che aveva le sembianze di toro ed era venerato nell’antico Egitto. Attraverso i sarcofagi e gli oggetti del corredo funebre della tomba di Kha e Merit racconteremo invece il viaggio dell’architetto Kha nell’Oltretomba, dal momento della mummificazione ai funerali, fino al giudizio di fronte ad Osiride e alla vita nell’Aldilà, seguendo le pagine del Libro dei Morti.

Torino. Sabato sera gratuito al museo Egizio, tra luglio e agosto, grazie allo “Speciale Estate con Francorosso”

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Accordo museo Egizio – Alpitour World: da sinistra, Tommaso Bertini, Pier Ezhaya e Christian Greco (foto graziano tavan)

Sabato sera gratuito al museo Egizio di Torino grazie allo “Speciale Estate con Francorosso”. Quest’estate si potrà visitare gratuitamente il museo Egizio ogni sabato sera, dalle 18.30 alle 22.30, da sabato 1° luglio a sabato 12 agosto 2023, nell’ambito delle azioni di sostegno alla cultura ed al territorio promosse da Alpitour World con il suo nuovo piano di responsabilità sociale. Grazie all’iniziativa Speciale Estate, Francorosso, Premium Brand del gruppo turistico Alpitour World, offrirà al pubblico i biglietti del museo Egizio, prenotabili on line. Per visitare gratuitamente il museo Egizio il sabato sera è infatti necessario prenotarsi on line: https://egizio.museitorino.it/categoria/speciale-estate-con-francorosso/. Durante queste serate sarà presente lo staff di Francorosso e per tutti coloro che parteciperanno a questi appuntamenti, ci sarà la possibilità di ricevere un buono da 100 euro, spendibile su una prossima vacanza con Francorosso.

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La postazione multimediale in Sala 4 consente di accedere a parte dell’Archivio fotografico del museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

In occasione dello “Speciale Estate con Francorosso” è stata collocata, nella sala 4 al secondo piano del Museo, una postazione multimediale, che renderà fruibile al pubblico una parte della collezione dell’Archivio storico fotografico che da tre anni è oggetto di un lavoro certosino di studio, catalogazione e digitalizzazione. L’Archivio Storico Fotografico del Museo Egizio è una miniera di storie inedite che custodisce 45mila documenti, di cui 1500 scatti dei primi del Novecento, inseriti nel dicembre 2021 su un sito dedicato, per poi crescere di numero di mese in mese. Un grande lavoro volto a ricostruire un racconto attraverso immagini delle Missioni Archeologiche Italiane, in 14 località in Egitto dal 1903 al 1937, che portarono a Torino oltre 30mila reperti. Ernesto Schiaparelli (1856-1928), fondatore delle Missioni Archeologiche Italiane, nonché direttore del Museo Egizio, ebbe l’intuizione di introdurre la fotografia al museo e di documentare tramite le immagini il suo lavoro di archeologo in Egitto. Correva l’anno 1903 quando partì da Torino per le campagne di scavi archeologici in Egitto, portando con sé alcuni fotografi e istituendo poi un’abitudine che fu raccolta anche dai suoi successori, come Giulio Farina. Furono così immortalati per la prima volta reperti che oggi sono a Torino, ma vengono studiati in tutto il mondo e momenti che ormai fanno parte della storia dell’egittologia. Per oltre un secolo quegli scatti sono stati custoditi con cura, senza però essere accessibili a studiosi e appassionati.

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Cartoline dal passato: il ritrovamento della statua di Pendua e Nefertari all’inizio del Novecento dalla Missione archeologica italiana in Egitto (foto archivio museo egizio)

Ora grazie a Francorosso un centinaio tra gli scatti più significativi di inizio secolo, selezionati da Beppe Moiso e Tommaso Montonati, egittologi e archivisti del Museo Egizio, sono a disposizione di chiunque visiti il museo, non solo di sabato. Inoltre, attraverso la postazione multimediale il visitatore potrà portarsi a casa simbolicamente un piccolo pezzo di antico Egitto: potrà infatti scaricare gratuitamente sul proprio smartphone le fotografie che più preferisce, cartoline dal passato che documentano il momento esatto, all’inizio del Novecento, in cui furono ritrovati i reperti presenti nelle sale (ad esempio la statua di Pendua e Nefertari, il sarcofago di Duaenra, la tomba di ignoti e molti altri). L’archivio fotografico digitale del Museo Egizio si è aggiudicato il Premio Museo Open Culture Italia 2022, riconoscimento Icom-Italia (International Council of Museum), Wikimedia Italia e Creative Commons Italia e dedicato ai progetti di valorizzazione del patrimonio di musei e istituti culturali, tramite l’adozione di strumenti per il pubblico dominio o di licenze open access.

Torino. Al museo Egizio la mostra “Champollion e Torino” del ciclo “Nel laboratorio dello studioso” a cura di Beppe Moiso e Tommaso Montonati, a un mese dal bicentenario della decifrazione dei geroglifici, ad opera di Jean-François Champollion, padre dell’egittologia. E a settembre sarà esposto il Canone Regio, studiato da Champollion

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L’ingresso della mostra “Champollion e Torino” al museo Egizio di Torino per il ciclo “Nel laboratorio dello studioso” (foto museo egizio)

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La stele dedicata ad Amenhotep I e Ahmose Nefertari della collezione Drovetti esposta nella mostra “Champollion e Torino” (foto museo egizio)

A un mese dal bicentenario della decifrazione dei geroglifici, ad opera di Jean-François Champollion, padre dell’egittologia, il museo Egizio di Torino racconta e approfondisce con la mostra “Champollion e Torino” un inedito aspetto della vita dello studioso francese, che nel 1824 giunse a Torino per collaborare all’ordinamento dei reperti della collezione del Museo Egizio, appena fondato. E davanti alla ricca collezione egittologica esclamò la frase divenuta famosa: “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”. In particolare, Champollion restò estasiato dalla statua di Ramses II, oggi esposta nella Galleria dei Re. Di essa, lo studioso francese disse: “In breve, ne sono innamorato”. La mostra “Champollion e Torino” curata da Beppe Moiso e Tommaso Montonati, curatori del museo Egizio e dell’Archivio Storico fotografico del museo, apre il 26 agosto 2022. L’esposizione fa parte del ciclo “Nel laboratorio dello studioso”, una serie di mostre bimestrali che accompagnano i visitatori dietro le quinte dell’Egizio, alla scoperta dell’attività scientifica, condotta dai curatori ed egittologi del Dipartimento Collezione e Ricerca del museo. La mostra, aperta al pubblico fino al 30 ottobre 2022, è visitabile al primo piano del museo. E il 27 settembre 2022, in occasione del bicentenario della decifrazione dei geroglifici, il museo osserverà un orario di apertura speciale, fino alle 22, con ingresso gratuito a partire dalle 18.30.

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L’allestimento della mostra “Champollion e Torino” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

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Jean François Champollion ritratto da Leon Cogniet nel 1831

Champollion, l’uomo che ci ha permesso di comprendere i testi dell’antico Egitto, dai papiri alle iscrizioni, decifrando i geroglifici nel 1822, arriva a Torino il 7 giugno 1824 e da subito si concentra sul riordino e sullo studio dei reperti egizi della collezione di antichità egizie, riunite dal console francese Bernardino Drovetti e giunta a Torino dopo essere stata acquistata da re Carlo Felice di Savoia. Appena giunto in città, Champollion alloggia all’hotel Féder in strada della Zecca 8 (l’attuale via Verdi), si trasferisce poi presso l’amico Ludovico Costa, in via Barra di Ferro (attuale via Bertola). La sua permanenza in città si protrae fino al marzo 1825, mesi durante i quali visita i luoghi di cultura cittadini, studia la collezione del museo e tesse legami con diversi intellettuali torinesi. Anche se non mancheranno le frizioni con Giulio Cordero di San Quintino, conservatore del museo, che si occupa della prima catalogazione della collezione Drovetti, quando ancora è stivata al porto di Livorno.

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Appunti autografi di Jean-François Champollion conservati al museo Egizio di Torino ed esposti nella mostra “Champollion e Torino” (foto museo egizio)

All’arrivo di Champollion alcuni dei reperti oggi esposti al museo Egizio erano ancora conservati nelle casse in cui arrivarono a Torino dall’Egitto. Il suo lavoro dapprima si concentra sul riconoscimento dei nomi reali all’interno dei cartigli, riportati sia in geroglifico sia in ieratico. La collezione del museo Egizio per lui fu una folgorazione. In una lettera al fratello scrisse in italiano: “Questo è cosa stupenda” e trascorre le sue giornate torinesi a catalogare, decifrare e a prendere appunti. Pubblicazioni ottocentesche e lettere autografe di Champollion, reperti e statuette sono gli ingredienti principali della mostra che ricostruisce i 9 mesi del padre dell’egittologia nel capoluogo piemontese.

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Alcuni frammenti del papiro dei Re o Canone Regio conservato al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

A Champollion si deve un primo studio del Canone Regio, papiro che è arrivato a noi in numerosi frammenti e che è famoso nel mondo perché riporta sul retro l’elenco dei faraoni fino a Ramses II (vedi #iorestoacasa. “Passeggiate del Direttore”: nel quinto incontro il direttore del museo Egizio ci ricorda il ruolo di Vidua nella nascita del museo, ci riporta alle atmosfere dell’Ottocento con le sale storiche, e ci fa conoscere il Canone Regio | archeologiavocidalpassato). Il Papiro, conservato a Torino, tornerà in esposizione a fine settembre 2022, dopo essere stato restaurato, grazie all’opera di un team di studiosi e restauratori internazionali, una triangolazione tra Torino, Berlino e Copenaghen, sotto la supervisione della responsabile della Papiroteca del museo Susanne Töpfer.

Torino. Al museo Egizio conferenza dell’egittologo Tommaso Montonati su “Il sito archeologico di Qau el-Kebir”. Incontro in presenza e on line

Giovedì 30 giugno 2022, alle 18, al museo Egizio di Torino, nuovo appuntamento con le conferenze del ciclo “Museo e Ricerca. Scavi, Archivi, Reperti”. Tommaso Montonati, egittologo archivista del museo Egizio, ci guida alla scoperta dei viaggi e del sito archeologico di Qau el-Kebir. Introduce Beppe Moiso, curatore e responsabile dell’Archivio Storico del museo Egizio. Ingresso libero fino a esaurimento posti. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo. La necropoli rupestre di Qau el-Kebir, nel X nomo (provincia) dell’Alto Egitto, è un’area indissolubilmente legata al museo Egizio di Torino. Fu infatti esplorata dal Museo nel 1905 e nel 1906, sotto la direzione di Ernesto Schiaparelli. Dagli scavi sono emerse imponenti tombe nobiliari appartenenti ai governatori della provincia. Oltre agli eccezionali reperti integri furono rinvenuti, e portati a Torino, anche migliaia di frammenti, di statue, pareti e soffitti decorati, rivelando soltanto in minima parte lo splendore che un tempo doveva essere presente all’interno delle tombe, insieme alla sfarzosità delle élites provinciali.  

Torino. Conferenza egittologica in presenza e on line con Paolo del Vesco, curatore del museo Egizio su “Schiaparelli a Tebe. Dai primi viaggi ai primi scavi archeologici”

torino_egizio_conferenza-schiaparelli-a-tebe_del-vesco_locandinaErnesto Schiaparelli (1856-1928) è sicuramente noto per la direzione del Museo Egizio (dal 1894), per la fondazione della M.A.I., la Missione Archeologica Italiana, e per le grandi scoperte avvenute durante le ricerche e gli scavi realizzati in Egitto dal 1903 al 1920, fra le quali spiccano certamente il rinvenimento della tomba della regina Nefertari nella Valle delle Regine e quello della tomba intatta di Kha e Merit a Deir el-Medina. Paolo Del Vesco, curatore del museo Egizio di Torino, ci guiderà alla scoperta dei primi e meno noti viaggi compiuti da Ernesto Schiaparelli in Egitto, nel nuovo appuntamento con le conferenze del ciclo “Museo e Ricerca. Scavi, Archivi, Reperti” su “Schiaparelli a Tebe. Dai primi viaggi ai primi scavi archeologici”: giovedì 16 giugno 2022, alle 18, in presenza nella sala Conferenze del museo Egizio (ingresso libero fino ad esaurimento posti) e in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo: https://museoegizio.it/…/schiaparelli-a-tebe-dai-primi…/ Introduce Alessia Fassone, curatrice del museo Egizio.

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Ernesto Schiaparelli da Biella, direttore del museo Egizio di Torino

Meno noti sono i primi tre viaggi di Schiaparelli in Egitto realizzati fra il 1884 e il 1901: due quando l’egittologo era direttore della sezione egizia del museo Archeologico di Firenze e un terzo compiuto invece per conto del museo torinese. Durante questi primi viaggi Schiaparelli visitò numerosi siti lungo il corso del Nilo, studiandone i monumenti, copiando e fotografando iscrizioni e scene, acquistando antichità e realizzando piccoli scavi, ma i suoi interessi si concentrarono principalmente nello studio dei resti archeologici di Tebe, presso la moderna Luxor. Sulle orme dei primi importanti studi realizzati da Pier Roberto Del Francia e Beppe Moiso, e grazie a documenti inediti degli Archivi di Stato di Roma e Torino, fotografie storiche dell’archivio del museo Egizio e alcune note rinvenute in una guida turistica dell’Egitto datata 1881 è oggi possibile ricostruire in modo più dettagliato l’attività di ricerca svolta da Schiaparelli in questi primi viaggi.

Torino. Conferenza egittologica in presenza e on line al museo Egizio con il curatore Beppe Moiso su “Gebelein: un’area archeologica vasta e complessa”

torino_egizio_conferenza-gebelein_moiso_locandinaIl sito di Gebelein, in arabo le due montagne, sorge a una trentina di chilometri a sud di Luxor e costituì, già dalle epoche preistoriche, un importante centro abitato che continuò a vivere fino al periodo tolemaico, pur non mancando sepolture ascrivibili al periodo arabo. La spettacolarità di questo luogo, caratterizzato da due possenti rilievi, non mancò di stupire i savant al seguito della spedizione militare napoleonica del 1798, e l’artista Vivant Denon ne rese una bella tavola nella quale è esaltata l’asperità del luogo. Anche il mondo scientifico non tardò ad interessarsi a questo sito, attratto dalle tante antichità che emergevano dal terreno e già nel 1885 Gaston Masperò, allora direttore del Service des Antiquités, inaugurò una serie di ricerche sistematiche, tese a testare l’importanza archeologica del sito. Negli anni seguenti altri ricercatori avviarono improvvisate campagne di scavi, alcune anche illegali, e bisognerà attendere il 1910 perché la concessione di scavo venga rilasciata a Ernesto Schiaparelli, direttore del museo Egizio di Torino. Giovedì 12 maggio 2022, alle 18, nuovo appuntamento, in presenza e on line, con le conferenze del ciclo “Museo e Ricerca. Scavi, Archivi, Reperti”. Beppe Moiso, curatore del museo Egizio e responsabile dell’Archivio Storico, con la conferenza “Gebelein: un’area archeologica vasta e complessa” ci guida alla scoperta del sito di Gebelein. Introduce Christian Greco, direttore del museo Egizio. Ingresso libero in sala Conferenze del museo Egizio fino a esaurimento posti. È gradita la prenotazione scrivendo una email a comunicazione@museoegizio.it (i posti saranno riservati fino alle 18). Sarà necessario indossare una mascherina FFP2. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo: https://youtu.be/CYRqM1oSJ7o.

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Operai impegnati nello scavo del sito di Gebelein (foto Archivio museo Egizio di Torino)

La Missione Archeologica Italiana, diretta da Ernesto Schiaparelli, iniziò le sue ricerche agli inizi di gennaio del 1910, esplorando principalmente la sommità e il versante occidentale della prima collina. Sarà tuttavia la successiva campagna di ricerche concentrata sulla seconda collina e affidata al giovane Virginio Rosa, che consentirà lo straordinario ritrovamento di numerose tombe, alcune intatte con i loro corredi funerari. Gli scavi proseguirono nel 1914 e nel 1920, con la presenza dell’antropologo Giovanni Marro, presenza voluta da Schiaparelli stesso per affrontare lo studio del molto materiale osteologico presente sullo scavo. Le ricerche riprenderanno nel 1930 con Giulio Farina per proseguire nel 1935 e 1937. In tempi più recenti il sito venne ulteriormente indagato negli anni 1995, 1996 e 1999 dalla missione del museo Egizio con Anna Maria Donadoni Roveri, con lo scopo di contestualizzare, con scavi, le zone archeologiche esplorate in passato, redigendo nel contempo le mappe archeologiche del territorio. Attualmente l’intera area è oggetto di studio, con estese ricognizioni sul campo, da parte del Gebelein Archaeological Project dell’università di Varsavia che dal 1993, con la direzione di Wojciech Ejsmond, intende completare i rilievi individuando dai pochi resti esistenti, la posizione delle principali tombe. Questo lavoro riveste particolare importanza anche a causa dell’avanzare delle coltivazioni, con l’occupazione di terreni di notevole rilevanza archeologica.

Varallo Sesia (Vc). Incontro con l’egittologo Beppe Moiso del museo Egizio di Torino su “Virginio Rosa: Varallo Sesia e l’Egitto” alla vigilia della chiusura della mostra “Liberi di Imparare”

Alla vigilia della chiusura della mostra “Liberi di Imparare”, che fino al 13 febbraio 2022 espone a Varallo Sesia copie di reperti del Museo Egizio, realizzate dai detenuti delle sezioni scolastiche della Casa Circondariale dell’Istituto tecnico “Plana” e del Primo Liceo Artistico di Torino, in seguito a un corso di formazione con gli egittologi del Museo, Beppe Moiso, curatore dell’Egizio, tiene un incontro sulla figura di Virginio Rosa. Appuntamento sabato 12 febbraio 2022, alle 15, nel salone dell’Incoraggiamento di Palazzo dei Musei a Varallo Sesia, per l’incontro su “Virginio Rosa: Varallo Sesia e l’Egitto” con l’egittologo Beppe Moiso, curatore del museo Egizio di Torino, i cui studi si rivolgono in particolare alla formazione della collezione torinese, comprendendo l’intera attività archeologica condotta da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina. Curatore della riproduzione informatica degli archivi cartacei e fotografici per la creazione di una banca dati centralizzata, si occupa degli scavi condotti a Gebelein e Assiut, riconducibili all’attività svolta da Virginio Rosa nella campagna del 1911.

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Storica insegna stradale della Pinacoteca di Varallo (foto eventivalsesia.info.it)

L’incontro è organizzato in collaborazione con Unpli (Unione Pro Loco Piemontese), con cui il museo Egizio ha collaborato per il tour regionale della mostra “Liberi di imparare”. Ingresso gratuito su prenotazione: 0163.51424 oppure info@pinacoteavarallo.it. La mostra itinerante “Liberi di imparare” – L’Antico Egitto nel Carcere di Torino era stata inaugurata il 18 dicembre 2021 nella Pinacoteca di Varallo, grazie a UNPLI che ha fatto da collante sul territorio tra Palazzo dei Musei e il Museo Egizio di Torino. Si tratta di un rilevante e ambizioso progetto che ha promosso l’avvio di una collaborazione tra il museo Egizio, che vanta la più antica collezione al mondo dedicata alla cultura egizia e la Pinacoteca di Varallo, che si annovera tra le più importanti a livello regionale.

La pianta della Tomba di Ignoti disegnata da Virginio Rosa (foto Graziano Tavan)

Virginio Rosa, botanico e chimico, cultore di studi archeologici e di antico Egitto, affonda le sue radici a Varallo Sesia, paese natale della madre. A cavallo tra il 1910 e il 1911, l’allora direttore del museo Egizio, Ernesto Schiaparelli, affidò al giovane Rosa la direzione degli scavi a Gebelein e Assiut, in Egitto, nell’ambito della Missione Archeologica Italiana. La sua attività sul campo fu preziosa non solo come direttore degli scavi, ma anche per aver documentato con disegni e sul suo inseparabile “Giornale di Scavo” tutte le fasi dei lavori e i reperti egiziani. Proprio sulla base dei suoi documenti di inizio Novecento, all’Egizio si è potuto procedere ad alcuni riallestimenti delle sale. Tra i reperti scoperti nel corso degli scavi diretti da Rosa si possono ammirare al museo Egizio: la tomba degli Ignoti, quella di Ini e quella di Iti e Neferu. Rosa morì prematuramente a 26 anni, proprio di ritorno dall’Egitto.