Pompei. Nuova scoperta eccezionale nella Regio V: torna alla luce un termopolio (una tavola calda dell’epoca) intatto, con ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione. Il direttore del parco archeologico Osanna descrive la scoperta. E il ministro Franceschini: “Pompei esempio di tutela e gestione”
Una Nereide in groppa a un cavallo marino ben visibile a decoro del bancone della tavola calda attirava l’attenzione dei potenziali avventori che nella piccola piazzetta di Pompei, si godevano la frescura di una fontana: lì si potevano trovare bevande e cibi caldi per poter pranzare fuori casa senza problemi. A Pompei queste tavole calde, molto simili ai nostri street food, che i romani chiamavano con termine greco termopoli (thermopolium), erano molto diffuse – se ne contano un’ottantina -, ma è certo che quello scoperto nella Regio V, e annunciato oggi, 26 dicembre 2020, da Massimo Osanna, direttore generale ad interim del parco archeologico di Pompei, è particolarmente importante: “Una scoperta eccezionale”, è stata definita anche dal ministro ai Beni e alle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini. “Il termopolio della Regio V, una delle antiche tavole calde di Pompei, con l’immagine della Nereide a cavallo”, spiegano gli archeologi, “già parzialmente scavato nel 2019, è riaffiorato per intero con altre ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione”.


Le anfore trovate davanti al bancone del termopolio della Regio V scoperte nel 2019 (foto Parco archeologico di Pompei)
L’impianto commerciale era stato indagato solo in parte nel 2019, durante gli interventi del Grande Progetto Pompei per la messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo storici (vedi: Pompei. Nuova scoperta dallo scavo della Regio V: è emerso un termopolio (tavola calda) con “l’insegna commerciale” e anfore davanti al bancone | archeologiavocidalpassato). Considerate l’eccezionalità delle decorazioni e al fine restituire la completa configurazione del locale, ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, si è deciso estendere il progetto e di portare a termine lo scavo dell’intero ambiente. Di fronte al termopolio, nella piazzetta antistante, erano già emerse una cisterna, una fontana, e una torre piezometrica (per la distribuzione dell’acqua), dislocate a poca distanza dalla bottega già nota per l’affresco dei gladiatori in combattimento (vedi: Pompei: nuova eccezionale scoperta nel cantiere della Regio V. Nel sottoscala di una bottega con alloggio (forse con prostitute) riemerge l’affresco realistico di due gladiatori: uno, soccombendo, chiede la grazia | archeologiavocidalpassato).


L’altro lato del bancone del termopolio scoperto nella Regio V di Pompei con decorazione di anatre, un gallo e un cane da guardia al guinzaglio (foto Luigi Spina)
Le decorazioni del bancone – le prime emerse dallo scavo – presentano sul fronte, l’immagine di una Nereide a cavallo in ambiente marino, e sul lato più corto l’illustrazione, probabilmente, della bottega stessa alla stregua di un’insegna commerciale. Il ritrovamento, al momento dello scavo, di anfore poste davanti al bancone rifletteva non a caso l’immagine dipinta. In questa nuova fase di scavo, sull’ultimo braccio di bancone portato alla luce sono emerse altre pregevoli scene di nature morte, con rappresentazioni di animali, probabilmente macellati e venduti nel locale. Frammenti ossei, pertinenti gli stessi animali, sono stati inoltre rinvenuti all’interno di recipienti ricavati nello spessore del bancone contenenti cibi destinati alla vendita. Come le due anatre germane esposte a testa in giù, pronte ad essere preparate e consumate, un gallo e un cane al guinzaglio, quasi un monito alla maniera del famoso Cave Canem. Una sbeffeggiante iscrizione graffita “Nicia cineade cacator” si legge sulla cornice che racchiude il dipinto del cane: Nicia ( probabilmente un liberto proveniente dalla Grecia) Cacatore, invertito! Forse lasciata da un buontempone che aveva voluto prendere in giro il proprietario o da qualcuno che lavorava nel termopolio.

Altro dato interessante è il rinvenimento di ossa umane, ritrovate, purtroppo, sconvolte a causa del passaggio di cunicoli realizzati nel XVIII secolo da scavatori clandestini in cerca di oggetti preziosi. Alcune sono pertinenti ad un individuo di almeno 50 anni, che verosimilmente al momento dell’arrivo della corrente piroclastica era posizionato su un letto o una branda, come testimoniano il vano per l’alloggiamento del giaciglio e una serie di chiodi e residui di legno rinvenuti al di sotto del corpo. Altre ossa, ancora da indagare sono di un altro individuo, e sono state rinvenute all’interno di un grande dolio, forse qui riposte sempre dai primi scavatori.

Inoltre nel termopolio è stato rinvenuto diverso materiale da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta), in cui in alcuni punti sono stati inseriti frammenti di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio). I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa.
“Oltre a trattarsi di una ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei”, dichiara il direttore Massimo Osanna, “le possibilità di analisi di questo termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un simile ambiente per intero ed è stato possibile condurre tutte le analisi che le tecnologie odierne consentono. I materiali rinvenuti sono stati, infatti, scavati e studiati sotto ogni aspetto da un team interdisciplinare composto da: antropologo fisico, archeologo, archeobotanico, archeozoologo, geologo, vulcanologo. I materiali saranno ulteriormente analizzati in laboratorio e in particolari i resti rinvenuti nei dolia (contenitori in terracotta) del bancone, rappresenteranno dei dati eccezionali per capire cosa veniva venduto e quale era la dieta alimentare”.
“Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone”, interviene il ministro Dario Franceschini, “oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa”.

“Le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio”, spiega Valeria Amoretti, funzionario antropologo del parco archeologico di Pompei: “tra i dipinti del bancone sono raffigurate due anatre germane, e in effetti un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze. D’altro canto, le prime analisi archeobotaniche hanno permesso di individuare frammenti di quercia caducifoglie, probabilmente pertinente a elementi strutturali del bancone. Sul fondo di un dolio – identificato come contenitore da vino sulla base della bottiglia per attingere, rinvenuta al suo interno – è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate/macinate. Apicio nel De re Coquinaria (I,5) ce ne fornisce il motivo, asserendo che venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo”.

Nell’angolo tra le due porte (angolo nord occidentale della stanza) del termopolio è stato rinvenuto uno scheletro completo di cane. “Non si tratta di un grande cane muscoloso come quello dipinto sul bancone”, spiega l’antropologa, “ma di un esemplare estremamente piccolo, alto 20-25 cm alla spalla, pur essendo un cane adulto. Cani di queste piccolissime dimensioni, sebbene piuttosto rari, attestano selezioni intenzionali avvenute in epoca romana per ottenere questo risultato”.

Erano presenti inoltre, all’interno della stanza – e in particolare dietro al bancone dove sono state trascinate dai primi scavatori – un buon numero di ossa umane pertinenti ad un individuo maturo -senescente, di almeno 50 anni di età. Una prima analisi permette di associare queste ossa trascinate a ciò che resta di un individuo rinvenuto nell’angolo più interno della bottega, che verosimilmente al momento dell’arrivo della corrente piroclastica era posizionato al di sopra di un letto o una branda, come testimoniano il vano per l’alloggiamento del giaciglio e una serie di chiodi e residui di legno rinvenuti al di sotto del corpo.

“Ancora da indagare – conclude Amoretti – sono le ossa pertinenti ad almeno un altro individuo, rinvenute all’interno di un grande dolio, probabilmente risistemate in tale posizione sempre dai primi scavatori. Questi sono solamente i primi dati macroscopici forniti dallo scavo in corso, ma non saranno sicuramente gli ultimi: infatti i reperti prelevati e portati in laboratorio, verranno ulteriormente indagati tramite indagini specifiche in dipartimenti e università in convenzione, che permetteranno di affinare sempre più i dati a nostra disposizione e quindi la conoscenza del termopolio e del sito”.
“Archeologia e alimentazione nell’eredità di Parma romana”: mostra con reperti, ologrammi, video, riproduzioni di archeologia sperimentale. Incontri “Gustare la storia” e visite guidate alla scoperta di Parma romana

La statua dell’Abbondanza assisa al trono simbolo della mostra “Archeologia e alimentazione nell’eredità di Parma romana”
Due millenni di cultura dell’alimentazione rivivono attraverso preziosi reperti provenienti da importanti raccolte museali nella grande mostra “Archeologia e alimentazione nell’eredità di Parma romana“ allestita fino al 22 ottobre 2017 negli spazi della Galleria San Ludovico, a Parma. L’obiettivo, attraverso reperti archeologici provenienti dal museo Archeologico di Parma e dai musei civici di Reggio Emilia, insieme a oggetti, ambienti, allestimenti interattivi e multimediali, è quello di sottolineare quanto le radici della cultura alimentare del territorio affondino nell’antichità, riaffermando un’eredità ancora oggi straordinariamente vitale, come dimostra il riconoscimento di “Città Creativa della Gastronomia”, titolo riservato dall’Unesco a sole diciotto città nel mondo. La mostra “Archeologia e alimentazione”, curata da Filippo Fontana e Francesco Garbasi con la supervisione e la consulenza scientifica di Alessia Morigi, e promossa e organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Parma, in collaborazione con l’università di Parma, il Complesso monumentale della Pilotta e il gruppo archeologico VEA, rientra nel progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”, promosso dai Comuni di Modena, Reggio Emilia e Parma, dalle soprintendenze Archeologia Belle arti e Paesaggio di Bologna e Parma, dal Segretariato regionale del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo per l’Emilia-Romagna e dalla Regione Emilia-Romagna. Proprio nell’ambito di questo progetto in autunno ci sarà la riapertura del Ponte romano della Ghiaia, uno spazio riqualificato che tornerà a essere patrimonio della comunità e che presenterà a vista le due imponenti arcate in sasso, la creazione di un unico luogo pubblico museale all’aperto, con oltre 220 reperti archeologici di epoca romana ritrovati durante gli scavi e il recupero dei locali che saranno gestiti dall’università di Parma.
Con la mostra “Archeologia e alimentazione” – spiegano gli organizzatori – le vestigia di un passato antico tornano a vivere grazie a linguaggi contemporanei. Il visitatore, infatti, grazie all’archeologia sperimentale e ad allestimenti interattivi, è accompagnato all’interno di un percorso in cui, accanto ai manufatti provenienti dagli scavi realizzati in città, incontra alcuni ologrammi che riproducono oggetti archeologici di notevole interesse. A questi si aggiungono ambientazioni sonore, stimoli tattili e sensoriali e un video didattico che analizza le tappe principali che hanno contraddistinto lo sviluppo del territorio tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. Questo “viaggio nel tempo” affronta temi di grande interesse storico, come l’organizzazione delle colture, ottenuta attraverso il sistema della centuriazione, ovvero il fitto reticolato di canali, strade e solchi che formavano quella grande infrastruttura che ha permesso la bonifica, la suddivisione razionale e la coltivazione della Pianura Padana. In particolare, vengono poi approfondite le origini della cultura alimentare parmense, come la produzione di prosciutto e formaggio, documentando le abitudini alimentari di epoca romana riemerse con gli scavi archeologici. I reperti testimoniano infatti che, alla base dell’alimentazione quotidiana, c’erano i cereali, insieme ai legumi e alla frutta, così come la polenta e i bolliti di cereali.
Grande spazio è dedicato al banchetto, inteso come rito sociale dove incontrarsi, parlare e mangiare insieme, che è analizzato attraverso la presentazione di oggetti solitamente utilizzati in questa occasione, provenienti da ritrovamenti archeologici in loco e riproduzioni realizzate da archeologi sperimentali, tra cui alcune suppellettili in materiali preziosi come vetro, ceramiche e metalli, che garantivano visibilità sociale e prestigio nella comunità romana. Per restituire al visitatore le suggestioni e le atmosfere del passato, la mostra – come si diceva – si avvale quindi dei nuovi metodi forniti dall’archeologia sperimentale e dai linguaggi interattivi che accompagnano il visitatore in un percorso tra reperti veri e ologrammi. Il percorso, arricchito dalla ricostruzione in 3D della forma urbis romana di Parma, prosegue infine al di fuori della sede espositiva con l’itinerario Parma Sotterranea, ideato per visitare i luoghi più significativi della città antica.
L’itinerario Parma Sotterranea è infatti uno degli eventi collaterali della mostra. Promosso dal gruppo archeologico VEA, il percorso museale all’aperto di ParmArcheologica è garantito da archeologi professionisti che conducono i visitatori alla scoperta dei luoghi urbani dell’antica Parma romana. L’itinerario, della durata di 2 ore e 30 minuti circa, parte proprio dalla sede della mostra in Galleria San Ludovico, per poi proseguire verso l’area archeologica e domus di San Paolo, le mura e le domus romane presso il museo Diocesano, l’area del Foro e del Capitolium di piazza Garibaldi, il Convitto Maria Luigia con i resti dell’anfiteatro, e per concludersi ammirando i meravigliosi mosaici della Domus romana di Palazzo Vitali-Mazza, eccezionalmente aperta per l’occasione. Nel corso della passeggiata, la narrazione fornirà le chiavi di lettura dei luoghi visitati per calarsi nell’ambiente della città storica fin dalle sue fasi di fondazione. Ai partecipanti verrà fatto dono di una scheda riassuntiva sotto forma di pieghevole realizzato con la collaborazione dei 3dArcheoLab. Questo strumento forma, inoltre, una parte interattiva della visita grazie ai contenuti attivabili tramite QrCode direttamente dal proprio smartphone. Per partecipare è necessario prenotare all’indirizzo mail info@foodvalleytravel.com; il costo è di 20 euro comprensivo dell’ingresso al museo Diocesano; i tour si tengono la domenica mattina, con un minimo di 6 partecipanti.
Ricco il calendario di “Gustare la storia”: eventi collaterali alla mostra “Archeologia e alimentazione nell’eredità di Parma” tutti alle 11 alla Galleria San Ludovico a ingresso libero. Si inizia sabato 16 settembre 2017 con il critico letterario Francesco Gallina che parla di “Ghiri farciti, fenicotteri e polvere di datteri: la strabiliante cucina di Apicio”. Il sabato successivo, 23 settembre 2017, “Parmigiano Reggiano, il frutto antico del legame indissolubile fra l’uomo e la sua terra” con Michele Berini, segretario del consorzio Parmigiano-Reggiano sezione di Parma. Sette giorni dopo, sabato 7 ottobre 2017, sarà la volta di Giancarlo Gonizzi, coordinatore dei musei del Cibo di Parma, che affronterà le “Eccellenze complementari: caratteristiche comuni nelle produzioni tipiche della cultura alimentare parmigiana”. Ultimo appuntamento sabato 14 ottobre 2017: con l’archeologa Manuela Catarsi “Alle radici della food valley: cibi e colture a Parma in età romana”.
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