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Roma. Visita guidata gratuita sulla via Flaminia della tomba di Fadilla e della tomba dei Nasoni con gli archeologi Roberto Narducci e Barbara Ciarrocchi. Prenotazione obbligatoria

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L’interno della tomba di Fadilla in via Casali Molinario a Roma (foto ssabap-roma)

Venerdì 20 gennaio 2023, esattamente un anno dopo l’avvio delle aperture calendarizzate, si terranno le visite guidate alla tomba di Fadilla e alla tomba dei Nasoni sulla via Flaminia: due turni, massimo 15 persone. Alle 9.30, appuntamento in via Casali Molinario: Tomba di Fadilla; alle 10.30, appuntamento in via Flaminia, 961: Tomba dei Nasoni. La prenotazione è obbligatoria compilando il modulo a questo link https://forms.gle/BsYYRu2ztn4LiKzE7. Ogni visita comprende l’accesso alla Tomba di Fadilla e alla Tomba dei Nasoni. Sono ammesse prenotazioni singole, è necessario ripetere l’operazione di prenotazione per ogni partecipante. Si consiglia di raggiungere il luogo dell’appuntamento qualche minuto prima dell’inizio della visita e di indossare la mascherina. In caso di disdetta si prega di inviare una email all’indirizzo ss-abap-rm.urp@cultura.gov.it. L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti.

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L’interno della tomba dei Pisoni sull’antica via Flaminia a Roma (foto ssabap-roma)

Il nome si deve a una piccola lapide in marmo con incisa la dedica di un marito all’amata moglie che lo aveva preceduto nel regno dei morti. Grazie all’epigrafe funeraria, alla tomba scoperta nel 1923 in via dei Casali Molinario, è stato attribuito il nome di Tomba di Fadilla. Insieme alla Tomba dei Nasoni, distante poche centinaia di metri, è stata inserita in un percorso di visite guidate gratuite a cadenza mensile a cura dell’archeologo responsabile del sito, Roberto Narducci, e dell’archeologa Barbara Ciarrocchi che ogni mese conduce i visitatori alla scoperta della storia dei luoghi di sepoltura della via Flaminia.

Roma. Apertura con permesso speciale dell’area archeologica di Grottarossa al VI miglio dell’antica Via Flaminia su cui si affacciavano tombe e ville

roma_via-flaminia_area-archeologica-grottarossa_apertura-straordinaria_locandinaL’appuntamento per quei fortunati che sono riusciti a iscriversi (il numero di 30 posti è stato presto raggiunto) è domenica 18 dicembre 2022 alle 11 davanti al cancello di ingresso alla fine del parcheggio su via di Grottarossa per un evento unico “Roma Sparita: l’area archeologica di Grottarossa” (apertura con permesso speciale dell’archeologa Sabrina Di Sante, presidente dell’associazione Roma Sparita). È importantissima la puntualità ed è richiesta la collaborazione nell’uso dei dispositivi di protezione individuale e nel mantenimento della distanza minima di sicurezza. Si consiglia abbigliamento comodo e soprattutto scarpe adatte a terreni erbosi. Si potrebbe trovare l’erba bagnata quindi scarpe a prova di acqua.

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Strada basolata nell’area archeologica di Grottarossa sul VI miglio dell’antica Via Flaminia (foto ssabap-roma)

L’area archeologica di Grottarossa si trova al VI miglio dell’antica Via Flaminia, in un tratto che lentamente viene riaperto alla pubblica fruizione. Si tratta di un’area che necessita ancora di tanta attenzione e lavoro ma già l’apertura è di buon auspicio per il futuro. È stato rimesso in luce un tratto dell’antica via su cui si affacciavano tombe e ville. Le indagini compiute dalla Soprintendenza tra il 1980 e il 1989 hanno individuato diversi edifici funerari, un grande complesso residenziale, un impianto tardo antico ed un lungo tratto della via consolare che corre tra i mausolei in parte ancora visibili. Questi sono del tipo “a torre” (I secolo a. C.-I secolo d. C.), trasformato in fortilizio a controllo del Tevere nel Medioevo, a tamburo cilindrico (seconda metà del I secolo a. C.).

Riano (Rm). Durante i lavori di posa di una condotta idrica scoperti due tratti basolati dell’antica via Flaminia

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Il tratto di strada basolata dell’antica via Flaminia scoperto a Riano di Roma (foto sabap-etru-mer)

Quasi trenta metri di strada basolata romana a poco meno di un metro dal piano di calpestio. E non i basoli di una strada qualunque, ma dell’antica via Flaminia, la strada consolare costruita dal censore Gaio Flaminio per collegare Roma con l’Italia centro- settentrionale e realizzata in soli due anni, tra il 220 e il 219 a.C. È successo a Riano, a una trentina di chilometri a Nord di Roma, durante i lavori di scavo finalizzati alla messa in opera di una nuova condotta idrica. I lavori svolti da Acea Ato2 Spa, hanno rimesso in luce due tratti dell’antica via Flaminia.

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Il tratto di strada basolata dell’antica via Flaminia scoperto a Riano di Roma (foto sabap-etru-mer)

Subito sono partite le indagini archeologiche svoltesi a cura della società Archeo dell’archeologo Fabio Turchetta e sotto la direzione scientifica della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio dell’Etruria Meridionale, con funzionario competente Biancalisa Corradini. La via basolata, individuata ad una profondità di circa -0,90 m dall’attuale piano di calpestio, è stata indagata per un tratto lungo 27 metri. In questo tratto la moderna via Flaminia ripercorre in maniera piuttosto precisa il tracciato della via romana, fatta eccezione per un lieve disassamento.

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Il tratto di strada basolata dell’antica via Flaminia scoperto a Riano di Roma (foto sabap-etru-mer)

La strada antica, che presenta i tipici solchi carrai, è stata indagata per una larghezza massima di 4 metri e conserva solo piccole porzioni dell’originaria crepidine sul limite occidentale. Non è stato invece possibile riportare alla luce il limite orientale del basolato antico che prosegue al di sotto del piano stradale della via Flaminia moderna. Un ulteriore tratto dello stesso tracciato antico è stato identificato 90 metri più a Nord, sulla banchina occidentale della strada moderna immediatamente a ridosso del Monumento dedicato a Giacomo Matteotti; anche in questo caso il basolato romano risulta perfettamente conservato a soli -0,80 m di profondità dall’attuale piano di calpestio della via Flaminia moderna.

Roma. La soprintendenza speciale annuncia l’apertura a febbraio di due luoghi unici dove archeologia e paesaggio si armonizzano, entrambi lungo l’antica via Flaminia: la Villa di Livia, moglie di Augusto, e l’Arco di Malborghetto, un tetrapylon inglobato in un antico casale. Niente prenotazione, ma solo il Green Pass

Archeologia e paesaggio si intrecciano nei siti di Villa di Livia e Arco di Malborghetto a Roma: luoghi della cultura unici dove archeologia e paesaggio si armonizzano creando contesti fuori dall’ordinario. Si potranno visitare tra il 3 e il 20 febbraio 2022 secondo un calendario predisposte dalla soprintendenza speciale di Roma. Arco di Malborghetto (via Barlassina 1, tel. 0633625595): giovedì 3, venerdì 4, sabato 5 dalle 9.30 alle 13.30; domenica 6 dalle 9.30 alle 16.30; giovedì 17, venerdì 18, sabato 19 dalle 9.30 alle 13.30; domenica 20 dalle 9.30 alle 16.30. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Per garantire una migliore gestione del flusso di visitatori, nel caso di gruppi superiori alle 10 persone si consiglia di scrivere preventivamente all’indirizzo: ss-abap-rm.malborghetto@beniculturali.it. Villa di Livia (via di Villa di Livia 187 con ingresso all’interno del parco comunale di Prima Porta, tel. 0633626826): giovedì 3, venerdì 4, sabato 5 dalle 9.30 alle 13.30; domenica 6 dalle 9.30 alle 16.30; giovedì 17, venerdì 18, sabato 19 dalle 9.30 alle 13.30; domenica 20 dalle 9.30 alle 16.30. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Per garantire una migliore gestione del flusso di visitatori, nel caso di gruppi superiori alle 10 persone si consiglia di scrivere preventivamente al responsabile del sito: angelina.delaurenzi@beniculturali.it. Si ricorda che per effetto del Decreto Legge 221 del 24 dicembre 2021 per accedere è necessario esibire all’ingresso il Green Pass e indossare la mascherina. Per far fronte ad eventuali problemi tecnici si consiglia di portare con sé il documento cartaceo. L’ingresso è gratuito senza prenotazione. 

Gli alzati della villa di Livia, sulla via Flaminia, con le pareti affrescate (foto ssabap-roma)

Villa di Livia a Prima Porta. In un angolo incontaminato lungo l’antica via Flaminia, emergono i significativi resti della Villa di Livia, moglie di Augusto. Denominata dalle fonti antiche ad gallinas albas, in ricordo di uno straordinario evento occorso a Livia mentre si recava nei suoi possedimenti, narrato da Plinio con queste parole: “…a Livia Drusilla…un’aquila lasciò cadere dall’alto in grembo…una gallina di straordinario candore che teneva nel becco un ramo di alloro con le sue bacche. Gli aruspici ingiunsero di allevare il volatile e la sua prole, di piantare il ramo e custodirlo religiosamente. Questo fu fatto nella villa dei Cesari che domina il fiume Tevere presso il IX miglio della Via Flaminia, che perciò è chiamata alle Galline; e ne nacque prodigiosamente un boschetto”. (Plin. nat. XV, 136-137). La precisa collocazione topografica e gli imponenti muri di sostruzione della basis villae, da sempre in vista, hanno esposto il complesso a ripetute spoliazione dalla fine dell’Impero in poi. Nel 1863, alcune fortunate ma non adeguatamente documentate esplorazioni, hanno portato al rinvenimento, dapprima della famosa statua di Augusto loricato, ora ai Musei Vaticani, e subito dopo della stanza seminterrata con le pareti affrescate dalle note pitture di giardino, staccate nel 1951 a scopo conservativo e trasferite al Museo Nazionale Romano e ora esposte a Palazzo Massimo alle Terme.

Una stanza della Villa di Livia, sulla via Flaminia, riportata in luce dagli scavi della soprintendenza (foto ssabap-roma)
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Un dettaglio delle pareti affrescate della Villa di Livia sulla via Flaminia (foto ssabap-roma)

Grazie alle ricerche archeologiche della Soprintendenza Speciale di Roma, è stato possibile scoprire buona parte delle strutture antiche. Varcare la soglia della Villa immette negli ambienti privati dove sono ancora visibili le camere da letto, cubicula, di Livia e dell’imperatore, l’atrio e un piccolo giardino interno, e la zona di rappresentanza, costituita da grandi ambienti che si affacciano sul peristilio. Tutto il complesso aveva le pareti affrescate e i pavimenti a mosaico e in opus sectile. Una grande terrazza porticata con giardino, probabilmente il lauretum ricordato dalle fonti, ornava il lato orientale della residenza imperiale, da cui si poteva ammirare il Tevere. Recenti indagini hanno rivelato diverse fasi dopo quella di epoca giulio-claudia: una degli inizi dell’età flavia, testimoniata dalla presenza di ben due piscinæ calidæ e una natatio, e una successiva, del periodo severiano, caratterizzata da una radicale ristrutturazione. Dalla fine dell’Impero il complesso è stato oggetto di ripetute spoliazioni. Nell’Antiquarium, posto presso l’attuale ingresso dell’area archeologica, sono esposti i reperti più significativi rinvenuti nel sito.

L’Arco di Malborghetto, oggi un casale, immerso nel verde della campagna romana (foto ssabap-roma)

Arco di Malborghetto. Poco oltre il XIII miglio della Flaminia antica si trova il Casale di Malborghetto. L’edificio ha inglobato un Arco quadrifronte del IV secolo d.C. posto a segnacolo dell’incrocio tra la via Flaminia e la strada di collegamento tra Veio e la Tiberina. Il tetrapylon, a pianta rettangolare, su quattro pilastri in laterizio, era coronato da un attico a copertura piana. La presenza di un arco onorario sulla via Flaminia, databile al IV sec. d.C., è stato messo in relazione alla discesa delle truppe di Costantino da settentrione proprio lungo questa strada per opporsi a quelle dell’imperatore Massenzio. La tradizione cristiana vuole che Costantino, accampatosi in questo luogo, abbia visto al tramonto nel cielo il segno della croce e che “durante il sonno viene avvertito di far segnare sugli scudi il celeste segno di Dio e di dar battaglia”. Il giorno dopo, il 28 ottobre del 312, Costantino sbaragliava ai Saxa Rubra l’esercito del rivale e lo stesso Massenzio periva nelle acque del Tevere. A seguito di questa vittoria, nel 315, il Senato Romano fece erigere nell’Urbe l’arco bifronte presso il Colosseo e forse nel Suburbium quello di Malborghetto.

Il modellino dell’Arco quadrifronte inglobato nel Medioevo in una chiesa fortificata, esposto nell’Antiquarium dell’Arco di Malborghetto (foto ssabap-roma)

Nel corso del tempo l’arco ha subìto numerose trasformazioni sia strutturali che funzionali. Nell’ XI sec. diventa chiesa fortificata dedicata alla Vergine e nel XIII viene inserito nella cinta muraria di un castrum, denominato dalle fonti Burgus S. Nicolai de arcu Virginis. Parte delle difese dello Stato Pontificio sino al XV, fu distrutto durante le lotte tra gli Orsini e i Sacrofanesi. Trasformato in casale e circondato dalle rovine del Borgo, prese da allora il nome di Malborghetto o Borghettaccio. Nel 1567 l’edificio venne restaurato dallo speziale (aromatarius) milanese Costantino Petrasanta e poi nel XVIII secolo adattato a Stazione di Mezza Posta. Mantenne questa funzione sino a quando Pio VI, collegando Civita Castellana alla via Cassia, soppresse il servizio postale lungo il tratto suburbano della via Flaminia. Tornato ad essere un semplice casale, solo nel 1982 entrò a far parte dei Beni del Demanio. Dopo un’attenta opera di restauro ospita un Antiquarium con i ritrovamenti pertinenti alla Via Flaminia.