Ravenna. Al museo nazionale presentazione del libro “Museo Nazionale di Ravenna. Il Medagliere”, a cura di Erica Filippini, Anna Lina Morelli, Serafina Pennestrì, ventesimo numero del Notiziario del Portale Numismatico dello Stato – Medaglieri Italiani

Copertina del libro “Museo Nazionale di Ravenna. Il Medagliere”, a cura di Erica Filippini, Anna Lina Morelli, Serafina Pennestrì
A Ravenna si presenta il volume dedicato alle raccolte numismatiche dei musei nazionali di Ravenna: “Museo Nazionale di Ravenna. Il Medagliere”, a cura di Erica Filippini, Anna Lina Morelli, Serafina Pennestrì. Si tratta del ventesimo numero del Notiziario del Portale Numismatico dello Stato – Medaglieri Italiani, parte di una collana editoriale inserita nel sistema Biblioteca Virtuale e promossa dal ministero della Cultura, direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio. La monografia, edita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, rappresenta uno strumento fondamentale per la conoscenza del medagliere ravennate, fino ad ora parzialmente noto solo agli specialisti e perlopiù sconosciuto al pubblico. Appuntamento il 13 dicembre 2024, alle 17, al museo nazionale di Ravenna (via San Vitale 17. Alla presentazione interverranno il direttore dei musei nazionali di Ravenna Andrea Sardo; Serafina Pennestrì, funzionaria archeologa coordinatrice dell’unità organizzativa Beni numismatici della direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio; Erica Filippini e Anna Lina Morelli, docenti di Numismatica dell’Alma Mater Studiorum università di Bologna, insieme ad alcuni degli autori dei saggi. L’incontro si concluderà con un intervento di Serena Ciliani, direttrice di sito e responsabile delle collezioni del museo nazionale di Ravenna.
L’inserimento di un’ampia selezione della sua collezione numismatica nel Portale Numismatico dello Stato (www.numismaticadellostato.it), promosso dal ministero della Cultura rappresenta un importante riconoscimento per il museo nazionale di Ravenna; monete e medaglie saranno infatti visibili nelle “vetrine virtuali”, permettendo al pubblico di ammirarle, studiarle e contestualizzarle. Questo progetto collega la raccolta ravennate ad altre prestigiose collezioni italiane, come quelle di Firenze, Parma e Torino, integrandola in un sistema digitale innovativo che, da oltre quindici anni, combina rigore scientifico e valorizzazione del patrimonio numismatico.
Realizzato grazie a una collaborazione con il dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Alma Mater Studiorum università di Bologna, il progetto ha incluso campagne fotografiche, verifiche sul campo e catalogazioni che hanno fatto emergere aspetti inediti di un patrimonio in parte ancora inesplorato. La pubblicazione si inserisce così in un percorso di indagini che, dagli anni ottanta del secolo scorso fino a oggi, ha visto il medagliere protagonista di mostre e studi specifici, confermando il valore storico, artistico e scientifico di questa collezione legata al collezionismo illuministico e ottocentesco. La pubblicazione segue un percorso cronologico che abbraccia un arco temporale vastissimo: nato grazie ai monaci camaldolesi del cenobio di Classe, che vedevano in monete e medaglie un complemento alle loro ricerche sulle Antichità, il medagliere ha progressivamente acquisito altri nuclei attraverso acquisizioni, ritrovamenti archeologici e collezioni private, spesso perdendo la tracciabilità originaria. Vi trovano così spazio monete greche e romane, dalle emissioni repubblicane a quelle tardoimperiali, oltre a quelle ostrogote, bizantine, medievali e moderne. Particolare attenzione è dedicata alla zecca di Ravenna, che ebbe un ruolo di rilievo nella produzione monetale del passato. Accanto alle monete, il volume esplora anche il mondo delle medaglie, soffermandosi sulla preziosa collezione illuministica appartenuta all’architetto ravennate Camillo Morigia, una testimonianza del gusto eclettico e dello spirito erudito dell’epoca.
Castelfranco Emilia. Inaugurato il nuovo allestimento del museo civico Archeologico “Simonini” per rendere immersiva l’esperienza di visita e maggiormente coinvolgente per gli studenti con opere multimediali per la divulgazione dei temi storico archeologici

Fin dalla sua costituzione nel 1999, il museo civico Archeologico “Anton Celeste Simonini” di Castelfranco Emilia, il romano Forum Gallorum, sulla via Emilia, insieme alla soprintendenza per i Beni archeologici (oggi Sabap per la Città Metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara) e l’Istituto per i Beni Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna (oggi Servizio Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna) ha cercato un costante interscambio con il suo territorio di riferimento, molteplici iniziative sia per il pubblico di addetti ai lavori, sia per quello meno esperto: attraverso le esposizioni, ma anche con l’organizzazione di giornate di studio, conferenze, oltre che iniziative didattiche rivolte alle scuole (vedi A Castelfranco Emilia nel rinnovato museo Archeologico “Simonini” apre la mostra “Alle soglie della romanizzazione: storia e archeologia di Forum Gallorum”: viaggio in più di otto secoli di storia del territorio tra Mutina e Bononia lungo la via Emilia con reperti inediti | archeologiavocidalpassato). Proprio per valorizzare tutte le fasi cronologiche attestate nel territorio e contemporaneamente offrire un apparato comunicativo innovativo, rivolto ai diversi tipi di pubblico, è nata l’idea di ampliare il museo realizzando innanzitutto opere multimediali per la divulgazione dei temi storico archeologici allo scopo di rendere immersiva l’esperienza fruitiva del museo e maggiormente coinvolgente per gli studenti.
Sabato 18 dicembre 2021, è stato presentato e inaugurato il nuovo allestimento alla presenza di Giovanni Gargano, sindaco; Leonardo Pastore, assessore alla Cultura; Monica Miari, funzionario Sabap; Anna Lina Morelli, università di Bologna; Luigi Malnati, già soprintendente e direttore della Direzione generale antichità del Ministero. E con collegamenti in videoconferenza di Cristina Ambrosini, dirigente Servizio Patrimonio Culturale della Regione Emilia Romagna; Valentino Nizzo, direttore museo nazionale Etrusco di Villa Giulia; Filippo Demma, direttore parco archeologico di Sibari; Raffaella Da Vela, ricercatrice Eberhand Karls Universität Tübingen; gen. Roberto Riccardi, capo Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.


La sala dedicata ai reperti di età romana nel museo civico Archeologico “Celeste Simonini” a Castelfranco Emila (foto comune castelfranco emilia)
Il Museo espone una collezione archeologica che per importanza supera i confini locali per collocarsi tra i patrimoni archeologici più rilevanti della Regione Emilia-Romagna. Arricchito negli ultimi anni dai risultati delle ricerche e degli scavi condotti sul territorio comunale, racconta la storia del territorio e della città dal Neolitico al Medioevo, senza soluzione di continuità. Tra i numerosi reperti, tre sono le attestazioni archeologiche che rappresentano il fiore all’occhiello della collezione castelfranchese e che sono frutto di recenti scoperte e di studi approfonditi: l’insediamento di Piumazzo ascrivibile al Neolitico, il deposito di lingotti metallici di Aes signatum e la mansio romana sulla via Emilia. I ritrovamenti del periodo Neolitico risultano fondamentali in quanto attestano non solo l’occupazione dell’Alta pianura emiliana prima dell’età del Bronzo, ma anche la presenza e la diffusione della popolazione che prende il nome di “Cultura dei vasi a bocca quadrata”. Dagli scavi del 2012 di Cava Rondine a Piumazzo provengono ceramiche, resti faunistici ed oggetti quotidiani, oltre ad una pietra lavorata realizzata in selce alpina, manufatti in ossidiana, in cristallo di rocca e un frammento di ascia in pietra verde levigata. Le ceramiche, spesso in frammenti, sono decorate con forme geometriche e dinamiche, mentre vengono incise sulla bocca.

Eccezionale è la scoperta nel 1897, avvenuta nella frazione di Riolo, di un grande vaso in ceramica contenente un ripostiglio di lingotti. I lingotti in bronzo fuso, alcuni recanti il marchio a forma di “ramo secco” e denominati quindi “aes signatum”, hanno ancora una funzione incerta. L’ipotesi proposta più accreditata li vede come una forma di scambio, mentre il simbolo del ramo secco è interpretato come il marchio di una officina metallurgica. Il deposito di Castelfranco Emilia, con i suoi 99 frammenti di ferro e rame per un peso di 90 kg, è ad oggi il più il più cospicuo in Italia.


La copertina della guida del Museo civico Archeologico di Castelfranco Emilia “A.C. Simonini”
All’interno della sala romana, la via Emilia e la mansio rappresentano il fulcro della collezione. Gli studi più recenti su Castelfranco e il suo territorio hanno portato a definire i limiti dell’insediamento romano con la recente scoperta di una mansio all’incrocio di via Valletta/Via Emilia, una stazione di sosta posta lungo le vie principali, scoperta tra il 2017 e il 2018 a nord della via Emilia (vedi Com’era organizzata una mansio romana? Come ci si viveva? La risposta dall’eccezionale scoperta a Castelfranco Emilia nella mostra “Una sosta lungo la via Emilia, tra selve e paludi. La mansio di Forum Gallorum a Castelfranco Emilia” | archeologiavocidalpassato). La frequente pratica di riutilizzare il materiale edilizio ci priva degli alzati della mansio, mentre dalle fondamenta è possibile datare il primo impianto, di forma quadrangolare con cortile interno, al II secolo a.C. Erano presenti stalle ed aree ad uso abitativo. I reperti rinvenuti sono costituiti da oggetti quotidiani di ottima fattura, come vasellame in vetro e in ceramica da tavola, oltre ad un unicum nel suo genere, una coppa in vetro blu databile al I secolo a.C. La campagna di scavo del 2017, inoltre, ha restituito ventidue monete romane, inquadrabili in un arco di tempo compreso tra il II secolo a.C. e il IV-V secolo d.C. che segnalano la vita della mansio. È oggi disponibile una Guida al Museo.
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