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Egitto. Torna al suo antico splendore il Viale delle Sfingi, la strada processionale che 3500 anni fa collegava il tempio di Karnak col tempio di Luxor: dopo un lunghissimo progetto di scavo archeologico, recupero e ripristino delle 1200 statue leonine con testa umana, i 2700 metri del viale sacro è protagonista del grande evento mediatico inaugurale “Luxor… La strada degli arieti”

Prova generale per la celebrazione della riapertura del Viale delle Sfingi a Luxor (foto ministry of Tourism and Antiquities)

egitto_luxor-riapre-viale-delle-sfingi_locandinaCi siamo. Dopo l’ennesimo rinvio (l’ultimo è del 5 novembre scorso) oggi, giovedì 25 novembre 2021, dopo un decennale progetto di ricerca archeologica e restauro, sarà riaperta la via processionale delle sfingi che 3500 anni fa collegava il tempio di Luxor con il tempio di Karnak, ideata dal faraone della XVIII dinastia Amenhotep-Amenofi III (1386-1349 a.C.) e utilizzata fino al tramonto della civiltà egizia. Appuntamento alle 19.30 (18.30, ora italiana) con l’evento “Luxor…La strada degli arieti”. E sarà “un evento spettacolare in una delle mete turistiche più famose e più belle dell’Egitto che promuoverà il turismo a Luxor e le sue diverse realtà, non solo archeologiche. A conclusione di uno dei più grandi progetti archeologici realizzati nel Medio Oriente che farà di Luxor il più grande museo all’aperto del mondo”, parola del ministro del Turismo e delle Antichità Khaled el-Anani che nei giorni scorsi ha ispezionato i templi di Luxor e Karnak seguendo da vicino i preparativi per l’evento “Luxor…La strada degli arieti”. Khaled el-Anani è stato accompagnato durante la visita dai suoi assistenti, dal soprintendente generale allo Sviluppo dei Servizi nei siti e musei Archeologici al Consiglio Supremo delle Antichità, il capo dell’amministrazione centrale delle Antichità dell’Alto Egitto, il direttore generale delle Antichità dell’Alto Egitto, il direttore generale delle Antichità di Luxor e il direttore generale delle Antichità di Karnak.

La nuova illuminazione al Ramesseum nel tempio di Luxor (foto ministry of Tourism and Antiquities)
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Il ministro Khaled el-Anani nel sopralluogo al tempio di Karnak (foto ministry of Tourism and Antiquities)

Il ministro el-Anani ne è convinto: l’evento “Luxor…La strada degli arieti” affascinerà il mondo per la bellezza e le attrazioni turistiche e archeologiche di Luxor e farà luce sull’antica civiltà egizia, soprattutto grazie al completamento dei lavori di sviluppo e miglioramento dell’efficienza delle infrastrutture nel governatorato e sviluppo e abbellimento della Corniche, delle sue strade e piazze. E le immagini delle prove generali della grande festa sembrano confermarlo. Il progetto di restauro ha coinvolto la sala ipostila con le grandi colonne nei templi di Karnak, i sistemi di illuminazione nel tempio di Luxor, la sala di 14 pilastri nel tempio di Luxor. “Si potrà così riscoprire il percorso delle grandi processioni conosciute come il Viale degli Arieti”.

Il viale delle Sfingi a Luxor dopo il lungo progetto di scavo, restauro e ricollocamento (foto ministry of Tourism and Antiquities)
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Prova generale per la celebrazione della riapertura del Viale delle Sfingi a Luxor (foto ministry of Tourism and Antiquities)

Si ricorda il Viale degli Arieti, ma oggi si parla di Viale delle Sfingi: perché? Fu la regina Hatshepsut (XVIII dinastia, regnò dal 1506 al 1493 a.C. circa) a costruire porre sulla strada processionale sfingi a sua somiglianza. Ma venne spesso modificata a cominciare dal faraone Amenhotep-Amenofi IV (Akhenaten) che alternò le sfingi con immagini sue alternate a quelle della regina Nefertiti; dopo di lui, Tutankhamon fece modificare quelle immagini facendo scolpire teste di ariete proprio in onore al dio Amon, di cui aveva ripristinato il culto. Invece risale al faraone Nectanebo I, fondatore dell’ultima dinastia faraonica (regnò dal 380 al 362 a.C. circa), il viale che è giunto fino a noi con una teoria di sfingi tipiche del Periodo Tardo. A dimostrazione, spiegano gli egittologi, il fatto che queste sfingi ricordano i lineamenti di Nectanebo e mostrano il tipico sorriso delle sculture della XXX dinastia.

Fase dello scavo del Viale delle Sfingi a Luxor (foto maurizio zulian)

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Fase dello scavo del Viale delle Sfingi a Luxor (foto maurizio zulian)


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Fase dello scavo del Viale delle Sfingi a Luxor (foto maurizio zulian)

Dei lavori di ideazione, scavo, restauro e ricollocamento in situ delle sfingi, nonché la musealizzazione di tutto il percorso, si parla dall’inizio degli anni 2000. E come molti altri progetti archeologici dell’Egitto ha dovuto affrontare e superare molti ostacoli finanziari e amministrativi che hanno inevitabilmente causato la sospensione dei lavori. Nelle immagini di Maurizio Zulian, curatore onorario per le antichità egizie alla fondazione museo civico di Rovereto, si può seguire l’andamento dei lavori che hanno obbligato le autorità a modificare la viabilità, eliminando i tratti stradali che passavano proprio sopra il tracciato sacro, e ad abbattere molti edifici anche pubblici (tra cui la sede del Governatore e una moschea), con lo fratto e lo spostamento di più di 800 famiglie. Oggi il Viale delle Sfingi rappresenta una passeggiata eccezionale di 2700 metri dal X pilone del tempio di Amon-Ra a Ipet Sut (l’antico nome del Tempio di Karnak) al grande portale alto 24 metri costruito da Ramesse II a Ipet Resyt (l’antico nome del Tempio di Luxor) fiancheggiata da circa 1200 statue leonine che attirerano – le autorità egiziano lo sperano convinte – tantissimi turisti.

Egitto. Zahi Hawass ha scoperto a Tebe Ovest la “città d’oro perduta”, edificata da Amenhotep III e utilizzata anche da Tutankhamon e Ay: è la più grande città mai trovata, con distretto amministrativo e industriale (“Scoperta paragonabile alla tomba di Tut”). Informazioni sulla vita quotidiana degli antichi egizi. Si spera dia risposte al perché Akhenaten e Nefertari si spostarono ad Amarna

La città d’oro perduta scoperta da Zahi Hawass a Tebe Ovest (foto ministry of Tourism and Antiquities)
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L’egittologo Zahi Hawass già ministro delle Antichità (foto ministry of Tourism and Antiquities)

Dalle sabbie di Luxor-Tebe Ovest riaffiora la “città d’oro perduta” edificata più di 3000 anni fa sotto il regno di Amenhotep III / Amenofi III e utilizzata – dopo la parentesi di Akhenaten – anche da altri due faraoni: Tutankhamon e Ay. Lo ha annunciato lo stesso autore della scoperta, Zahi Hawass, già ministro alle Antichità, alla guida della missione egiziana a Tebe Ovest. “La scoperta di questa città perduta è la seconda scoperta archeologica più importante dalla tomba di Tutankhamon”, assicura Betsy Brian, professore di egittologia alla John Hopkins University di Baltimora (Stati Uniti). “Molte missioni straniere hanno cercato questa città e non l’hanno mai trovata”, ha sottolineato Hawass. “Noi abbiamo iniziato il nostro lavoro alla ricerca del tempio funerario di Tutankhamon perché i templi di Horemheb e Ay sono stati trovati in questa zona, e abbiamo trovato la città d’oro”. Non si sono ancora spenti gli echi della Parata d’Oro dei Faraoni, l’evento – seguito da milioni di appassionati nel mondo – voluto dal presidente Abdel Fatah al-Sisi e organizzato dal ministero per il Turismo e le Antichità per promuovere l’Egitto in occasione del trasferimento di 22 mummie reali dal museo Egizio di piazza Tahrir al nuovo museo nazionale della Civiltà egizia, che dall’Egitto arriva un’altra notizia destinata a fare rapidamente il giro del mondo.

Amuleti rinvenuti nella città d’oro perduta dalla missione egiziana a Tebe Ovest (foto ministry of Tourism and Antiquities)
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La mummia del re Amenhotep III fu trovata nel 1898 nella tomba di Amenhotep II (KV 35), nella Valle dei Re a Luxor (foto ministry of Tourism and Antiquities)

“È la più grande città mai esistita in Egitto”, ha confermato Hawass, “fondata da uno dei più grandi sovrani dell’Egitto, il re Amenhotep III, il nono re della XVIII dinastia, che governò l’Egitto dal 1391 al 1353 a.C. Suo figlio e futuro erede al trono, Amenhotep IV, che poi nella città dell’Aten (Akhetaten / Amarna) si farà chiamare Akhenaten, ha condiviso nella città d’oro gli ultimi otto anni del suo regno. Questa città era il più grande insediamento amministrativo e industriale dell’epoca. Le strade erano fiancheggiate da case, di cui ci sono rimasti alzati fino a 3 metri. L’area di scavo si trova tra il Tempio di Ramses III a Medinet Habu e il Tempio di Amenhotep III a Memnon: la città si estende a Ovest, fino a Deir el-Medina”. E Brian ha aggiunto: “La scoperta della Città Perduta, non solo ci darà un raro sguardo sulla vita degli antichi egizi nel periodo in cui il Regno era più ricco, ma ci aiuterà a far luce su uno dei più grandi misteri della storia: perché Akhenaten e Nefertiti decisero di trasferirsi ad Amarna”. Le ricerche stanno portando infatti gli archeologi allo strato della città nel suo momento d’oro: le informazioni che ricaveranno sono destinate a cambiare le nostre conoscenze su quel periodo storico tra Amenhotep III e Tutankhamon. Cosa è successo veramente? Perché la città è stata abbandonata e la capitale è stata trasferita ad Amarna? E la città fu di nuovo ripopolata quando Tutankhamon tornò a Tebe? Solo ulteriori scavi nell’area riveleranno cosa accadde veramente quasi 3400 anni fa. La scoperta della città perduta permetterà di capire meglio anche alcuni aspetti della vita quotidiana degli antichi egizi, come la tecnica di costruzione e decorazione delle case, gli strumenti usati e l’organizzazione del lavoro. Finora è stata scavato solo un terzo dell’area: la missione continuerà le ricerche, compresa l’area che è stata identificata come possibile sito del tempio funerario di Tutankhamon. “Abbiamo molte informazioni su tombe e templi”, ha sottolineato Hawass, “ma questa è la prima volta che uno scavo rivela segreti sulla vita dei re dell’età d’oro dell’Egitto”.

La città d’oro perduta riemersa dalle sabbie: gli alzati conservati raggiungono anche i tre metri di altezza (foto ministry of Tourism and Antiquities)

Lo scavo è iniziato nel settembre 2020 e in poche settimane, con grande sorpresa del team, file di mattoni di fango hanno iniziato ad apparire in tutte le direzioni. Quello che veniva poco a poco alla luce era il sito di una grande città in buone condizioni di conservazione, con mura quasi complete e con stanze piene di strumenti della vita quotidiana. Gli strati archeologici sono rimasti intatti per migliaia di anni, lasciati dagli antichi residenti come se fosse ieri. La missione egiziana – come detto – ha iniziato a lavorare in quest’area con l’obiettivo di ritrovare il tempio funerario di Tutankhamon, realizzato dal re Ay, il successore di Tutankhamon, su un sito che più tardi sarebbe finito adiacente al lato meridionale del Tempio di Ramses III a Medinet Habu. Gli egittologi ritengono che il tempio di Ay possa essere appartenuto prima a Tutankhamon poiché lì furono trovate due statue colossali del giovane re. La parte settentrionale del tempio è ancora sotto la sabbia.

Città d’oro perduta a Tebe Ovest: iscrizioni geroglifiche trovate su tappi di argilla di vasi di vino (foto ministry of Tourism and Antiquities)
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Applique rinvenute nello scavo della città d’oro perduta a Tebe Ovest (foto ministry of Tourism and Antiquities)

Il primo obiettivo della missione è stato datare questo insediamento. Iscrizioni geroglifiche trovate su tappi di argilla di vasi di vino e riferimenti storici ci dicono che l’insediamento era costituito da tre palazzi reali del re Amenofi III, nonché dal centro amministrativo e industriale del Regno. Un gran numero di reperti archeologici, come anelli, scarabei, vasi di ceramica colorata e mattoni di fango recanti i sigilli del cartiglio del re Amenhotep III, hanno confermato la datazione della città. Dopo soli sette mesi di scavi, sono state scoperte diverse aree o quartieri. Nella parte meridionale, la missione ha trovato una panetteria, una zona di cottura e preparazione dei cibi, completa di forni e deposito di vasellame. Dalle sue dimensioni, possiamo affermare che la cucina accoglieva un numero molto elevato di lavoratori e dipendenti. La seconda area, ancora scoperta parzialmente, rappresenta il distretto amministrativo e residenziale, con unità più ampie e ben disposte. Quest’area è recintata da un muro a zig-zag, con un solo punto di accesso che conduce a corridoi interni e zone residenziali. L’unico ingresso ci fa pensare che fosse un  sistema di sicurezza, che permetteva di controllare l’ingresso e l’uscita da aree chiuse. I muri a zig-zag sono uno dei rari elementi architettonici dell’antica architettura egizia, utilizzati principalmente verso la fine della XVIII dinastia. La terza area è l’officina. Da un lato, l’area di produzione dei mattoni di fango utilizzati per la costruzione di templi e annessi. I mattoni hanno sigilli recanti il ​​cartiglio del re Amenhotep III (Neb Maat Ra). Dall’altro, un gran numero di stampi da colata per la produzione di amuleti e delicati elementi decorativi. Questa è un’ulteriore prova della vasta attività in città per la produzione di decorazioni sia per i templi che per le tombe.

La strana sepoltura di un bovide scoperta nella città d’oro perduta a Tebe Ovest (foto ministry of Tourism and Antiquities)

In tutte le aree scavate, la missione ha trovato molti strumenti utilizzati in una sorta di attività industriale come la filatura e la tessitura. Sono state portate alla luce anche scorie di lavorazione del metallo e del vetro, ma l’area principale di tale attività deve ancora essere scoperta. All’interno di una delle stanze sono state trovate due insolite sepolture di una mucca o di un toro. Sono in corso indagini per determinare la natura e lo scopo di questa pratica. E ancora più notevole è la sepoltura di una persona trovata con le braccia tese lungo i fianchi, e resti di una corda avvolta intorno alle ginocchia. La posizione della sepoltura e la deposizione di questo scheletro sono piuttosto strane e sono in corso ulteriori indagini. È stato inoltre ritrovato un contenitore contenente due galloni di carne essiccata o bollita (circa 10 kg) che reca una preziosa iscrizione: “Anno 37, carne condita per la terza festa di Heb Sed dal macello del recinto per bestiame di Kha fatta dal macellaio luwy”. Questa preziosa informazione non solo ci dà i nomi di due persone che hanno vissuto e lavorato nella città, ma conferma anche che la città era attiva e ha determinato il tempo della co-reggenza del re Amenhotep III con suo figlio Amenhotep IV / Akhenaten. La missione ha anche trovato un testo inciso sull’impronta di un sigillo che recita: “gm pa Aton” che può essere tradotto come “il dominio dell’abbagliante Aten”, e questo è il nome di un tempio costruito dal re Akhenaten a Karnak. A nord dell’insediamento è stato anche scoperto una grande necropoli, la cui estensione non è stata ancora determinata, e la missione ha scoperto un gruppo di tombe scavate nella roccia di varie dimensioni, a cui si accede tramite scale scavate nella roccia, che mostrano una caratteristica comune alla costruzione delle tombe nella Valle dei Re e nella Valle dei Nobili. Gli scavi sono ancora in corso e la missione prevede di scoprire tombe incontaminate piene di tesori.

Torino. De Martino e Greco aprono le conferenze (on line) del museo Egizio con l’Acme su “Cause, conseguenze e memoria della pandemia che colpì l’Egitto e il regno ittita nel XIV secolo a.C.”. Diretta streaming

La locandina della conferenza egittologica on line al museo Egizio con Stefano De Martino e Christian Greco
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Nel XIV sec. a.C. ci fu una pandemia che colpì l’Egitto e il regno ittita (foto museo Egizio)

Negli ultimi anni di regno del faraone Amenhotep IV, il re ittita Suppiluliuma I condusse due spedizioni militari nella regione corrispondente all’attuale Libano che a quel tempo era sotto il dominio egiziano. Le fonti ittite tramandano la notizia che i soldati dell’esercito di Suppiluliuma I furono contagiati dalle truppe egiziane e contrassero una grave malattia epidemica. Di questo terribile evento si parlerà nella conferenza egittologica online “Cause, conseguenze e memoria della pandemia che colpì l’Egitto e il regno ittita nel XIV secolo a.C.” con  Stefano de Martino e Christian Greco, martedì 24 novembre 2020, alle 18. La conferenza, che sarà in lingua italiana e verrà trasmessa in streaming sul profilo YouTube e sulla pagina Facebook del museo Egizio di Torino, inaugura il ciclo di appuntamenti online che vede uniti museo Egizio e ACME Associazione Amici e Collaboratori del Museo Egizio nel dare voce a studiosi provenienti dall’Italia e dall’estero per rendere noti risultati e passi avanti delle varie ricerche in campo egittologico. Le lettere di Tell el Amarna confermano che nel Levante si fosse in effetti diffusa un’epidemia. Questa pandemia dilagò in tutto il regno ittita e durò per circa venti anni. Analizzando le fonti ittite disponibili, e in particolare le preghiere innalzate alle divinità dal re Mursili II per scongiurare la fine della pandemia, il relatore, in dialogo con il direttore del museo Egizio, cercherà di comprendere che malattia fosse stata, quali fossero stati i provvedimenti presi dal re ittita, e quali ricadute a livello politico ed economico questa grave pandemia avesse avuto.

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Stefano De Martino del dipartimento di Studi storici dell’università di Torino (foto museo Egizio)

Stefano de Martino. È professore ordinario al dipartimento di Studi storici dell’università di Torino, dove insegna Ittitologia e Civiltà dell’Anatolia preclassica. Direttore scientifico del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia, è inoltre coordinatore del dottorato dell’università di Torino “Technology Driven Sciences: Technologies for the Cultural Heritage”. È autore di saggi e volumi sulla storia, la civiltà e la lingue degli Ittiti e dei Hurriti; fa parte del team internazionale che studia e pubblica le tavolette in lingua hurrita rinvenute nel sito di Ortaköy (Turchia).

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Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)

Christian Greco. Nato nel 1975 ad Arzignano (VI), Christian Greco è direttore del museo Egizio dal 2014. Ha guidato e diretto il progetto di ri-funzionalizzazione, il rinnovo dell’allestimento e del percorso espositivo, concluso il 31 marzo 2015, che ha portato alla trasformazione dell’Egizio, da museo antiquario a museo archeologico. Formatosi principalmente in Olanda, è un egittologo con una grande esperienza in ambito museale: ha curato moltissimi progetti espositivi e di curatela in Olanda (Rijksmuseum van Oudheden, Leiden; Kunsthal, Rotterdam; Teylers Museum, Haarlem), Giappone (per i musei di Okinawa, Fukushima, Takasaki, Okayama), Finlandia (Vapriikki Museum, Tampere), Spagna (La Caixa Foundation) e Scozia (National Museum of Scotland, Edimburgh). Alla direzione del museo Egizio ha sviluppato importanti collaborazioni internazionali con musei, università ed istituti di ricerca di tutto il mondo. La sua forte passione per l’insegnamento lo vede coinvolto nel programma dei corsi dell’università di Torino e di Pavia, della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, della New York University di Abu Dhabi e della Scuola IUSS di Pavia con corsi di cultura materiale dell’antico Egitto e di museologia. Il lavoro in campo archeologico è particolarmente importante: è stato membro dell’Epigraphic Survey of the Oriental Institute of the University of Chicago a Luxor e, dal 2015, è co-direttore della missione archeologica italo-olandese a Saqqara. Al suo attivo ha molteplici pubblicazioni divulgative e scientifiche in diverse lingue e numerose partecipazioni a convegni internazionali di egittologia e di museologia come keynote speaker.

Il faraone eretico e la rivoluzione religiosa nell’Antico Egitto. Al museo Egizio di Torino incontro con l’egittologo Marco Zecchi su “Adorare Aten: il tema della gioia nei testi solari del regno di Akhenaten”

Rilievo proveniente da tell el-Amarna (Egitto) con la famiglia reale di Akhenaten e Nefertiti sotto la protezione dell’Aten

“Tu sorgi bello all’orizzonte del cielo / o Aten vivo, da cui nacque ogni vita / Quando ti levi all’orizzonte orientale / tutte le terre riempi della tua bellezza. / Tu sei bello, grande, splendente, eccelso in ogni paese; / i tuoi raggi abbracciano le terre / tenendole strette per il tuo amato figlio.
“Tu sei lontano ma i tuoi raggi sono sulla terra. / Tu sei davanti agli uomini, ma essi non vedono la tua via. / Quando vai in pace all’orizzonte occidentale, / la terra è nell’oscurità come morta. / allora gli uomini dormono nelle loro stanze, /le teste sono ammantate, un occhio non vede l’altro.
“(…) All’alba tu riappari all’orizzonte, / Con il tuo disco splendente di giorno. / Tu lanci i tuoi raggi scacciando le tenebre. / Le Due Terre sono in festa: / svegliate e levate sui due piedi”.
Comincia così il Grande Inno ad Aten, uno dei componimenti più citati negli studi di Egittologia, scoperto alla fine del secolo scorso in una delle tombe della necropoli di tell El-Amarna, la nuova capitale religiosa e politica fondata nel 1345 a.C. dal faraone “eretico” Amenofi IV (anche Amenhotep IV) poi Akhenaten. L’inno celebra un dio di luce, gioia, calore, amore per tutte le forme di vita e per tutti i popoli, compresi i tradizionali nemici dell’Egitto. In tutta la composizione non si trova una parola di odio, nessun accenno a premiazioni o punizioni.

La locandina dell’incontro con l’egittorlogo Marco Zecchi dell’università di Bologna al museo Egizio di Torino

L’egittologo Marzo Zecchi

Martedì 28 maggio 2019, alle 18, il museo Egizio di Torino ospiterà la conferenza “Adorare Aten: il tema della gioia nei testi solari del regno di Akhenaten”, tenuta da Marco Zecchi, professore associato di Egittologia all’università di Bologna.La conferenza, introdotta da Christian Greco, direttore del museo Egizio, è a ingresso libero in sala Conferenze fino a esaurimento posti. L’incontro si potrà seguire anche LIVE STREAMING sulla pagina Facebook del Museo. Marco Zecchi ha studiato all’Alma Mater Studiorum, università di Bologna, e il Department of Archaeology, Classics and Egyptology dell’università di Liverpool.

Particolare della statua del faraone eretico Akhenaten

Alla metà del XIV secolo a.C. l’Egitto fu sconvolto dalla salita al trono di Amenhotep IV, il quale, nel quinto anno di regno, cambiò il suo nome in Akhenaten, inaugurando una politica religiosa ed economica che apparve già ai suoi contemporanei come volutamente in contrasto con la oramai millenaria tradizione della civiltà egiziana. Votato esclusivamente al culto del dio sole Aten, il re concentrò il potere religioso ed economico nelle sue mani a scapito della potente classe sacerdotale. A causa delle sue idee, così in netta contrapposizione con la tradizione culturale del paese, alla sua morte Akhenaten fu estromesso dalla memoria storica dell’Egitto. Eppure, il suo regno costituisce uno dei periodi più complessi e originali della storia egiziana, dominato dalla figura di un sovrano unico nel suo genere, sempre in bilico tra l’essere ritenuto un idealista e primo monoteista della storia o un opportunista, che celò una rivoluzione politica in termini religiosi.