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Ledro 50, dove la preistoria è più blu. Il museo delle Palafitte del lago di Ledro festeggia il mezzo secolo con un ricco programma di eventi sul tema della preistoria. Storia della scoperta della palafitta. Nascita e sviluppo del museo. I nuovi filoni di ricerca

ledro_museo-delle-palafitte_palafittando-2022_locandinaGiovedì 25 agosto 2022, alle 10, visita guidata nell’area protetta del lago d’Ampola; e al museo delle Palafitte di Ledro, alle 10.30 laboratorio, alle 16 visita guidata, e letture per bambini. Venerdì 26 agosto, alle 10, visita guidata a Ledro Land Art – un percorso artistico nella natura, situato nella pineta di Pur -, alle 10.30 e alle 16, al museo delle Palafitte di Ledro, laboratorio per i Venerdì biodiversi, alle 17 al museo Garibaldino e della Grande Guerra di Bezzecca visita guidata su “Dalle camicie rosse alla Grande guerra”. Domenica 28, in piazza Preistoria al museo delle Palafitte di Ledro, il gran finale con “Sogni dell’Adige”. Infine martedì 30 agosto, martedì 6 e 13 settembre, visita guidata al centro visitatori per la Flora e la Fauna “Mons. Ferrari” di Tremalzo (Stazione Inanellamento Casèt). Sono solo gli ultimi di oltre 150 eventi, ma già danno l’idea della ricchezza del programma Palafittando 2022 “Dove la preistoria è più blu” promossi per celebrare i 50 anni del museo delle Palafitte del lago di Ledro (Tn).

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Il museo delle Palafitte, le capanne ricostruite e il lago di Ledro (foto jacopo salvi)

Quest’anno il museo delle Palafitte del lago di Ledro, nato attorno al sito palafitticolo dell’Età del Bronzo patrimonio UNESCO (https://www.palafitteledro.it/museo/), festeggia infatti i 50 anni di storia. ledro_museo-delle-palafitte_Ledro 50_locandinaIl claim “Ledro 50. Dove la preistoria è più blu” richiama l’antico legame tra le popolazioni palafitticole e il bacino lacustre che nel 1929 riconsegnò ai ledrensi e a tutto il mondo un villaggio sospeso su oltre 10mila pali. Per festeggiare il mezzo secolo di vita la sede satellite del MUSE – Museo delle Scienze di Trento ha messo in campo un denso calendario di proposte che da luglio e fino a settembre animano le rive del lago a suon di concerti, visite in notturna e attività “paleolitiche”. Era il 1972 quando il museo delle Palafitte del lago di Ledro aprì per la prima volta le sue porte. Nato come antiquarium, un contenitore di reperti riaffiorati dall’antico villaggio palafitticolo, oggi il Museo è un vivace polo culturale capace di rendere “pop” anche la preistoria, di aprire nuove reti di relazione dentro e fuori il territorio e raccontare con linguaggi sempre nuovi la vita quotidiana dell’Età del Bronzo. Completamente rinnovata nel 2019 ottenendo la certificazione di ecosostenibilità LEED® livello “GOLD”, la sede museale propone, tra ricostruzioni e resti originali del villaggio palafitticolo (2.200-1350 a.C.), un viaggio nel tempo alla scoperta dei nostri antenati preistorici.  

“Questo importante anniversario del museo delle Palafitte del lago di Ledro”, dichiara il presidente del MUSE, Stefano Zecchi, “rappresenta non solo la grande e virtuosa rete museale del Muse sul territorio, ma anche l’eccellenza di una testimonianza storica e culturale di valore universale, Patrimonio dell’Unesco. Espressione prestigiosa di un ruolo dei Musei, non solo come spazi di conservazione di storia e civiltà, ma anche di continua narrazione e dialogo, in relazione con i fruitori della contemporaneità. Il Museo di Ledro è al tempo stesso luogo di sapere, di memoria e di esperienza emozionale, immersiva, conoscitiva ed educativa. Un Museo ‘vivente’: sito di reperti archeologici per un confronto con la nostra visione del mondo, oggi, tra passato, presente e futuro”. E il sostituto direttore e responsabile Sedi territoriali del MUSE, Alberta Giovannini: “Celebrare 50 anni di museo delle Palafitte non significa solo ripercorrere le tappe di un percorso di valorizzazione di un sito Patrimonio dell’Umanità, ma è anche raccontare la storia di un museo che ha cercato continuamente la sinergia con la comunità in cui è inserito e di cui è centro culturale e di richiamo turistico. Questo rapporto virtuoso con il territorio ha sviluppato nel tempo una vera e propria rete di realtà culturali, ReLED, di cui il museo delle Palafitte è il fulcro. Programmi rigorosi nel contenuto ma vivaci nelle modalità, hanno saputo attrarre non solo studenti ma anche migliaia di visitatori da tutta Italia e dall’estero, grazie al lavoro di personale entusiasta che ha saputo con professionalità portare il museo a essere luogo di incontro, comunicazione ma soprattutto esperienza. Come istituzione, il MUSE ha cercato di dare al museo delle Palafitte la giusta autonomia per la realizzazione di una strategia di dialogo con la comunità locale, e al contempo mettere a disposizione la forza scientifica e comunicativa di una realtà rilevante per potenziare il valore intrinseco del sito. In un luogo dove si indaga il passato, continua a vivere il desiderio di guardare a un futuro di continua crescita”.

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Attività didattica al museo delle Palafitte del lago di Ledro (foto muse)

Qualche data e qualche numero sul museo delle Palafitte. 1972-2022: mezzo secolo di storie a filo d’acqua. 1972: nasce il museo delle Palafitte del lago di Ledro. 1995: prende il via la merenda preistorica, prima attività di preistoria imitativa. 1997: parte Palafittando, il programma estivo del museo. 2001: inaugura Ledrolab, spazio didattico per le scuole. 2006: nasce il villaggio preistorico-imitativo nell’area esterna. 2011: il sito entra nella lista Patrimonio UNESCO. 2012: nasce ReLED, la rete dei musei della Valle di Ledro, con capofila il museo delle Palafitte. 2019: il Museo viene ampliato e ristrutturato. 2012: il Museo ottiene la certificazione di ecosostenibilità LEED® GOLD. 2022: si festeggia il cinquantesimo compleanno. Negli ultimi dieci anni le presenze sono sempre state dai 35mila ai 40mila visitatori, eccezion fatta naturalmente durante il 2020 e il 2021 che si sono dimezzati.  Ogni anno tra i 7mila e i 10mila studenti raggiungono Ledro per scoprire le palafitte.

“Il museo delle Palafitte del lago di Ledro nei suoi primi cinquant’anni ha vissuto varie fasi, cambiando vestito più volte ma rimanendo sostanzialmente sempre se stesso”, ricorda Donato Riccadonna, responsabile museo delle Palafitte del lago di Ledro. “Questa vita proteiforme ne ha sottolineato l’estrema duttilità e resilienza, e si può a ragione sostenere un paradosso apparente, e cioè la contemporaneità di un museo che racconta la preistoria. Con il tempo è anche diventato modello organizzativo di una rete museale che non è una nuova istituzione, e questo ha dell’incredibile in un mondo che sforna di continuo nuove istituzioni e regole dettate non da uomini ma da algoritmi. E cosa dire di un centro di ricerca che guarda al mondo situato in una piccola valle di montagna, dove si coniuga cultura ed economia? Forse alla fine il segreto del nostro orgoglio è tutto in questa parola: lavoro”. 

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Il museo delle Palafitte del lago di Ledro all’inizio degli anni ’70 del Novecento quando era ancora solo un antiquarium (foto muse)

Le origini. 1972-1994: il museo antiquarium. A raccontarci le vicende storiche del museo è la tesi “Il museo delle Palafitte del lago di Ledro: mezzo secolo di storia” (Laurea in Lettere) discussa a febbraio del 2021 all’università di Trento da Manuela Pernter. Il museo delle Palafitte del lago di Ledro nasce il 24 settembre 1972 come un antiquarium, ossia come contenitore ed espositore di reperti a tutela del sito archeologico scoperto nel 1929 quando il livello del lago fu abbassato per i lavori di collegamento della centrale idroelettrica di Riva del Garda. Sulla sponda meridionale affiorò inaspettatamente una distesa di oltre diecimila pali, testimonianza di una delle più grandi stazioni preistoriche scoperte fino ad allora in Italia, nonché una delle più importanti – ancora oggi – in Europa. La scoperta ebbe subito una grande risonanza. Il primo saggio di scavo avvenne già nel 1929 mentre la campagna di scavo di maggiore estensione fu quella diretta da Raffaello Battaglia nel 1937, che esplorò una superficie di circa 4mila metri quadrati e portò alla luce oltre 12mila pali e tantissimi reperti. In seguito il sito fu sottoposto a successive ricerche per poterne ricostruire la stratigrafia, interpretare la struttura dell’abitato e recuperare altri materiali anche a fini museografici. L’interesse fu tanto da causare l’arrivo di numerosi visitatori che iniziarono non solo a frequentare l’area archeologica per curiosità ma anche per avere un’occasione di guadagno: spesso venivano fatte delle vere e proprie “cacce al tesoro” per raccogliere souvenir o per vendere dei reperti a turisti e appassionati. Nemmeno l’istituzione di un servizio di sorveglianza mise fine a questo processo di spoliazione; perciò, grazie anche alla consapevolezza dell’amministrazione comunale, dalla metà degli anni ’50, si cominciò a pensare alla costruzione di un edificio museale di fronte all’area archeologica. Duplice l’obiettivo: da una parte si voleva salvaguardare il contesto archeologico e fare da deterrente per chi avesse voluto addentrarsi nella zona dei ritrovamenti; dall’altra valorizzare il sito e offrire un’attrazione culturale.

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Il museo delle Palafitte con la capanna ricostruita come si vede in una pubblicazione di Gino Tomasi del 1972 (foto muse)

Un primo progetto, affidato al geometra Tiziano Muzzio (1957), che prevedeva la costruzione di un edificio simile a una palafitta nell’alveo vuoto del torrente Ponale, non fu mai realizzato. Successivamente, grazie anche all’interessamento del museo Tridentino di Scienze naturali, l’attuale MUSE, si arrivò al progetto definitivo realizzato dall’architetto veneziano Marcello Piovan. I lavori furono operati quasi esclusivamente da artigiani e ditte locali, mentre l’allestimento fu curato dall’allora direttore del museo Tridentino di Scienze naturali, Gino Tomasi, e dal prof. Bernardino Bagolini. Il museo venne inaugurato il 24 settembre 1972 e dopo la sua apertura fu assunto il primo custode, Pietro Risatti, che alloggiò in un piccolo appartamento a fianco del museo fino al suo pensionamento. Osservando l’edificio, alla base della sua costruzione si possono riconoscere delle idee all’avanguardia e intuitive che ne hanno determinato la fortuna e il pregio: innanzitutto la scelta del luogo.

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I reperti conservati al museo delle Palafitte dialogano direttamente con l’area palafitticola del lago di Ledro (foto jacopo salvi)

Fu sostenuta e proposta fin dall’inizio l’idea di realizzare il museo all’aria aperta in adiacenza al sito archeologico, un elemento che ha portato Ledro ad avere, come pochi altri, una posizione privilegiata tra i siti palafitticoli Unesco. Forte anche la volontà di considerare senza soluzione di continuità il rapporto tra edificio, paesaggio, reperti e visitatore: l’edificio si presentava come una grande “vetrina di vetrine” che non poneva barriere visive e si rapportava direttamente con l’ambiente circostante e l’area archeologica. In parallelo si era già compresa l’importanza dell’area esterna tanto che si pensò a una ricostruzione della zona archeologica, restaurando i pali e creando un sistema di passerelle. A ciò va aggiunta la consapevolezza, di cui va dato merito all’allora direttore del museo Tridentino di Scienze naturali, Gino Tomasi, che solo dando responsabilità in sede locale, investendo su un segno tangibile e da tutti usufruibile, si poteva transitare dalla separatezza alla partecipazione, riconoscendo così ai territori il diritto di prendersi cura e identificarsi con i propri beni culturali. Nonostante l’intuizione alla base del progetto architettonico, gli oggetti restavano immobili, non vi erano allestimenti o attività per intrattenere un dialogo con i visitatori.

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Educational del 22 maggio 2007 al villaggio palafitticolo museo delle Palafitte del lago di Ledro (foto muse)

Imparando facendo. 1994-2018: il museo con la scuola e il territorio. La seconda fase è quella che vede il museo vivere più cambiamenti e l’attenzione spostarsi sempre più dall’oggetto archeologico al visitatore e ai rapporti con il territorio. L’attività che più rappresenta questo momento di passaggio è la prima merenda preistorica. Autunno 1995: gli alunni delle scuole medie di Bezzecca entrano in museo con un diverso approccio, quello dell’imparare facendo, così da acquisire un nuovo modo di conoscere e rivivere il passato. Cominciano così le prime attività di archeologia imitativa per scuole e i turisti che pongono Ledro sia come propaggine meridionale di un sistema di “musei all’aperto” del centro Europa, sia come modello pionieristico a livello nazionale, per le modalità di approccio al mondo della didattica, dell’intrattenimento educativo e dell’accoglienza.

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Il villaggio preistorico ad uso didattico realizzato vicino al museo delle Palafitte di Ledro (foto jacopo salvi)

Ledro si presenta come un museo di piccole dimensioni e questo fattore ha costituito in realtà un’opportunità: da una parte ha stimolato la ricerca di nuove attività per arricchire la visita, dall’altro ha permesso un contatto più diretto con il pubblico. Il successo è tanto che sorge presto la necessità di avere nuovo personale e nuovi spazi per migliorare l’offerta didattica e l’accoglienza delle classi. Nel 2001 si inaugura Ledrolab: il Comune di Molina ristruttura e mette a disposizione del museo un immobile da tempo inutilizzato trasformandolo in uno spazio per accogliere le scuole. Non basta: gli spazi sono ancora insufficienti per soddisfare tutte le richieste. Si comincia quindi a pensare alla costruzione di un villaggio preistorico imitativo-didattico, progetto che si concretizza nel 2006 nel Parco del museo. La nascita del villaggio ricostruito segna una svolta ulteriore: vengono messe sempre più in primo piano l’emozione e la sorpresa con attività basate sulla narrazione e l’intrattenimento educativo, come la Festa del villaggio e il Living Prehistory. Sempre in questa fase nasce l’idea di animare la stagione estiva, legata più al turismo e quindi non soltanto a un pubblico scolastico, con il programma Palafittando: a partire dal 1997, tutto questo ha creato un circolo economico virtuoso, che ha attirato l’attenzione di alcuni imprenditori locali diventati sponsor del museo, ha consolidato un rapporto di collaborazione con l’APT per la promozione della zona e la realizzazione di eventi ed inoltre sono stati coinvolti anche produttori locali.

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Manifestazioni garibaldine al museo Garibaldino e della Grande Guerra a Bezzecca (Tn) (foto muse)

Il rapporto con il territorio si rafforza sempre di più: nel 2010 il museo di Ledro prende in gestione il museo Garibaldino di Bezzecca; nel 2012 viene creata una rete museale Ledro, ReLed, sostenuta dal piano di promozione culturale del comune, con la quale Ledro diventa una sorta di quartier generale di una rete di piccoli centri culturali, infine nel 2013 rientra sotto il museo di Ledro il coordinamento della rete di riserve delle Alpi ledrensi. Ledro non è dunque rimasto chiuso in sé ma si è aperto prima verso il territorio poi anche al contesto nazionale e internazionale: dal 2008 è membro di EXARC e nel 2011 è stato iscritto nella lista del patrimonio dell’Unesco insieme a Fiavè e altri 109 siti dell’arco alpino. Si uniscono a ciò anche rinnovati rapporti con il mondo dell’università per tesi di laurea, tirocini, partecipazioni a convegni. Non manca nemmeno l’attenzione verso il mondo della ricerca che riserva nuove collaborazioni e interessanti scoperte.

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Il luminoso interno del museo delle Palafitte del lago di Ledro (foto jacopo salvi)

Verso il futuro. 2019-2021: il nuovo museo di Ledro, “museo motore”. Nel biennio 2018-2019 il museo è oggetto di una profonda ristrutturazione che ne ha modificato e rinnovato sia gli spazi interni sia quelli esterni. Il progetto, frutto di almeno un decennio di “attività preparatorie” fatto di progetti preliminari, focus group, raccolta delle FAQ dei visitatori, attenzione alle modalità di “utilizzo del museo” da parte degli stessi, risponde alla necessità di allinearsi, dal punto di vista strutturale, alla vivacità espressa nelle attività territoriali, nella creazione di reti di stampo nazionale e internazionale, nella messa in campo di strategie culturali ed economiche. Il restauro dell’edificio, l’aggiunta del nuovo blocco vetrato (che amplia gli spazi a un totale di 421 metri quadrati) e la realizzazione di una nuova struttura a pergolato esterna sono il risultato di un necessario adeguamento strutturale, fornendo nuovi spazi dedicati a conferenze, concerti, attività didattiche e mostre temporanee, e creando dunque un nuovo ambiente non solo per gli oggetti ma anche per le persone. I nuovi spazi attivano automaticamente un processo creativo, nella mente degli operatori che vi lavorano, con l’apertura di nuovi canali di comunicazione, attività e intrattenimento coinvolgendo nuovi pubblici. La ristrutturazione ha inoltre permesso di ampliare la stagione di apertura, permettendo al museo di diventare un partner strategico per il turismo sostenibile dell’area.

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Piazza Preistoria, punto di riferimento per molte attività del museo delle Palafitte del lago di Ledro (foto muse)

Il sopraggiungere dell’evento Covid-19 ha modificato la vita della maggior parte delle persone e ha inciso anche sul lavoro ordinario e le attività svolte dai musei. Per rispondere e reagire a quanto andava accadendo, è iniziata per i musei una Second Life: anche il museo di Ledro, a porte chiuse e in un resettamento totale delle attività, ha dovuto immediatamente reinventarsi e riprogrammare il proprio futuro. Così è successo ad esempio nel rapporto con il mondo della scuola che è stato raggiunto da una riproposizione digitale del laboratorio “Quattro passi nella preistoria”. Il lockdown e la didattica a distanza (DAD) hanno invitato a esplorare il mondo del podcasting portando alla creazione di due format: 7MINUTI. Storie sulla linea del tempo e Motori di ricerca. Idee, persone e libri per un futuro migliore. Il museo non ha perso di vista, nonostante le problematiche, la possibilità di tornare a rivedere “dal vivo” i suoi visitatori. Il desiderio di “riportare tutti in piazza”, il desiderio di essere luogo in cui vige solo il distanziamento fisico ma non quello sociale, la possibilità di offrire un luogo culturale all’aria aperta, ha portato a raddoppiare i laboratori e le visite guidate sul territorio per ottemperare alle disposizioni in materia di numeri e assembramenti e a creare nuovi format come Piazza Preistoria, rassegna di musica, teatro, chiacchierate con ricercatori, presentazioni di libri, come in una vera e propria piazza, luogo per eccellenza della comunità che si ritrova.

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Visite guidate all’interno del villaggio preistorico di Ledro (foto jacopo salvi)

Già centro di animazione culturale, con la creazione della Rete museale ReLED il museo ha realizzato un distretto culturale vallivo che ha messo in rete e quindi valorizzando le offerte culturali presenti. Il museo si è rivelato nel corso degli anni un valore aggiunto per un territorio già ricercato ed apprezzato per il suo potenziale paesaggistico e naturalistico; grazie ad esso si è creato un modo di fare cultura partecipato coinvolgendo la comunità nella lettura del patrimonio, nel mettere in campo le proprie competenze e ampliare l’offerta culturale. Nel 2021, infine, il nuovo edificio del museo delle Palafitte del lago di Ledro ottiene anche la Certificazione LEED® [Leadership in Energy and Environmental Design] livello “GOLD”, lo standard di certificazione energetica e di sostenibilità più in uso al mondo: si tratta di una serie di criteri sviluppati negli Stati Uniti e applicati in oltre 100 paesi del mondo per la progettazione, costruzione e gestione di edifici sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale, economico e della salute.

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Ricerche archeologiche nel sito di Pozza Lavino a Tremalzo in Val di Ledro (Tn) (foto muse)

La ricerca scientifica. Non solo attività espositiva ed eventi. Da ormai una decina d’anni il Museo delle Palafitte ha dato avvio a una stagione di ricerca capace di gettare nuova luce sul popolamento preistorico della valle di Ledro. Nel 2011 è stato scoperto il sito d’alta quota di Pozza Lavino (Tremalzo – 1800 metri), che retrodata la prima frequentazione dell’area a circa 10mila anni fa; sono stati poi scoperti una decina di nuovi siti nel fondovalle. Questo non significa che si sia abbandonata l’attenzione sugli straordinari materiali ritrovati dal 1929 nel sito palafitticolo: le ricerche condotte negli ultimi cinque anni si sono infatti concentrate su alcuni di questi. Al momento sono quattro i filoni di ricerca studiati dai ricercatori del museo ledrense e dai colleghi operanti nella “casa madre” del MUSE.

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Il pane di Ledro proveniente dall’area archeologica della palafitta (foto muse)

Il pane di Ledro. Museo, università di Trento, associazione Panificatori della Provincia di Trento, Camera di Commercio si sono messe “al tavolo” per analizzare una pagnotta di 4000 anni fa. Analisi microscopiche permetteranno di capire la composizione di questo pane e di riprodurre, con la Scuola di Arte Bianca di Rovereto, l’antica ricetta, per dare nuova vita a questo alimento e creare un cibo …senza età!

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Palla di argilla con impronte proveniente dall’area archeologica della palafitta di Ledro (Tn) (foto muse)

Impronte digitali. Pare impossibile che in una palla di argilla cotta accidentalmente si siano conservate le impronte digitali delle persone che la stavano lavorando 4mila anni fa. Permutando le tecniche dall’archeologia forense, gli studiosi del MUSE stanno analizzando microscopicamente le tracce per capire sesso ed età dell’autore. Analizzando poi la composizione chimica di questa argilla cotta, sarà possibile verosimilmente individuare le fonti di approvvigionamento.

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Cranio di orso proveniente dall’area archeologica della palafitta di Ledro (Tn) (foto muse)

Bears&humans project – A new tale of bears and humans in Trentino throughout Prehistory. A Ledro il corpus dei resti faunistici conta decine di migliaia di reperti; negli ultimi anni sono stati riordinati e ricatalogati dai ricercatori del MUSE anche per sopperire alla diaspora che li ha portati negli anni in diversi musei ed enti italiani. Recentemente l’analisi si è focalizzata sui resti di orso bruno. Reperti unici al mondo come i crani e le mandibole forate permettono di tracciare l’evoluzione del rapporto tra l’umanità e gli orsi trentini, da risorsa economica durante la preistoria antica a interlocutore simbolico nella comunità agro-pastorale ledrense di 4mila anni fa. Un rapporto speciale sembra legare la comunità che occupava le sponde del lago a questo animale.

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Uno degli scheletri provenienti dall’area archeologica della palafitta di Ledro (Tn) (foto muse)

Genesi. Dal presente alle diverse origini. La storia del popolamento della valle di Ledro attraverso lo studio del DNA. Il progetto, attualmente in corso ha come scopo finale quello di ricostruire la storia genetica della valle di Ledro, attraverso due principali fasi di lavoro: la raccolta di 100 campioni di DNA di individui ledrensi attuali (fase 1) porterà all’estrazione del DNA mitocondriale per dare vita a un profilo genetico capace di definire l’aplogruppo di appartenenza e la relativa storia genetica (su linea materna) di ogni individuo. La seconda fase dello studio (che si concluderà nel 2023) avrà come oggetto la collezione antropologica di Ledro, che attende di essere studiata in maniera approfondita per valutare con precisione l’esatta cronologia e ricostruire i profili genetici di almeno un abitante del villaggio palafitticolo di 4000 anni fa.