Archivio tag | Villa A di Poppea

Pompei. Gennaio-febbraio con afflusso record: +127% sul 2022, +6% sul 2019. Il direttore Zuchtriegel: “Premiato il lavoro di tutta la squadra. Ora puntare alla Grande Pompei, che mette in rete tutte le aree archeologiche (Boscoreale, Oplontis, Stabia). Ma bisogna migliorare i collegamenti con Napoli”

pompei_parco_visitatori_marzo_2023_1_foto-parco-archeologico-pompei

Visitatori nel foro di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Un inizio da record, quello del 2023, che ha visto aumentare i numeri dei visitatori del parco archeologico di Pompei anche oltre i livelli pre-pandemia. Più 127% rispetto al 2022 (incassi +162%), un aumento del 6% sul 2019 (incassi rispetto al 2019, +19%), complici anche le aperture speciali volute dal ministro Gennaro Sangiuliano come quella del 1° gennaio 2023 e le domeniche gratuite.

torre-annunziata_oplontis_villa-di-poppea_cratere-a-calice_1_foto-parco-archeologico-pompei

Il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino della villa di Poppea (villa A) di Oplontis (foto parco archeologico pompei)

In salita anche gli afflussi negli altri siti afferenti al Parco, in particolare a Torre Annunziata, dove la villa di Poppea, valorizzata con un nuovo allestimento di statue e reperti provenienti dal complesso noto anche come “villa A”, ha registrato un aumento del 103,26 % (157% nel solo mese di febbraio) rispetto al 2022; ma anche nei siti di Stabiae si è rilevato un aumento del +50% nei primi mesi dell’anno rispetto al precedente. “Non si tratta di un semplice ritorno al pre-Covid”, spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel. “Piuttosto vediamo dinamiche del tutto nuove, con ampi gruppi di pubblico che stentano a tornare, in particolare dall’Estremo Oriente, e altri che sono in crescita, tra cui italiani, europei e nordamericani. È una premiazione del lavoro continuo di conservazione, manutenzione, accessibilità e valorizzazione, svolto da una squadra eccezionale di professionisti e collaboratori. La percentuale di case e quartieri fruibili al pubblico oggi a Pompei è la più alta da decenni e con il Consiglio di Amministrazione abbiamo deciso di investire ulteriormente nei servizi di accoglienza, didattica e fruizione per ampliare ancora l’offerta culturale”.

pompei_parco_visitatori_marzo_2023_2_foto-parco-archeologico-pompei

Visitatori nel sito archeologico di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Gli sforzi riguardano anche una maggiore coesione tra i vari siti del Parco, nell’ottica di una “Grande Pompei”, un insieme di aree archeologiche e sedi espositive che vanno collegate sempre di più, sia fisicamente sia culturalmente. Da alcuni mesi, è attivo un servizio di navetta, gestita insieme a EAV e Regione Campania tramite Scabec, che connette Pompei e i siti di Boscoreale, Oplontis e Stabia.

pompei_servizio-artebus_navetta-per-Stabia_foto-parco-archeologico-pompei

Il servizio navetta “Pompeii ArteBus” da Pompei ai siti archeologici del parco (foto parco archeologico pompei)

“Abbiamo deciso di rendere questo servizio gratuito per tutti i nostri visitatori,” annuncia il direttore. “Ma bisogna ragionare in ottica più ampia. A tal proposito ho scritto una lettera al Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, per chiedere un confronto su come possiamo collaborare per migliorare i collegamenti, per esempio con la Circumvesuviana tra Pompei, Napoli e Sorrento, per essere all’altezza del grande interesse che i nostri Beni culturali suscitano in tutto il mondo”.​ Anche il generale Giovanni Di Blasio, direttore generale del Grande Progetto Pompei, nell’esprimere soddisfazione per la positiva ricaduta sull’intero territorio di tali risultati, sottolinea il lavoro svolto dall’Unità Grande Pompei per l’ulteriore sviluppo e la realizzazione degli interventi del Piano Strategico per la riqualificazione dell’area di interesse del sito seriale UNESCO Pompei, Oplontis, Ercolano: “Le ingenti risorse messe recentemente a disposizione dal CIS Vesuvio-Pompei-Napoli, vanno anche nella direzione di migliorare la qualità dei servizi, ad esempio con il finanziamento di un primo lotto della riconversione della ferrovia Torre Annunziata, Castellammare, Gragnano, passo importante per dotarsi di un collegamento leggero e sostenibile e favorire la rigenerazione del water front. L’obiettivo del Piano Strategico, che si ispira alla logica del Grande Progetto Pompei, è far sì che l’intero distretto possa trarre beneficio dai principali attrattori culturali, primo fra tutti il parco archeologico di Pompei, i cui risultati vanno proprio in questa direzione poiché correlati con una maggior permanenza dei visitatori”.

Torre Annunziata. Alla Villa di Poppea (villa A di Oplontis) tornano in situ statue e reperti conservate a Palazzo Criscuolo: nasce un museo diffuso per raccontare, conservare e valorizzare il patrimonio statuario di Oplontis

torre-annunziata_oplontis_villa-di-poppea_cratere-a-calice_1_foto-parco-archeologico-pompei

Il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino della villa di Poppea (villa A) di Oplontis (foto parco archeologico pompei)

A Palazzo Criscuolo di Torre Annunziata (Na), sede del “Museo dell’Identità”, una passeggiata nel tempo alla scoperta delle bellezze e dei tesori oplontini, c’era una sala delle Sculture e degli oggetti ornamentali provenienti dalla “Villa di Poppea” e in parte provenienti dai depositi del Parco archeologico di Pompei- Ora quelle opere sono state riposizionate in alcuni ambienti della villa, regalando un imprevisto colpo d’occhio nel delicato contrasto tra il marmo delle statue, le linee eleganti dei bassorilievi e dei busti, e gli affreschi delle stanze che risaltano dei loro vivaci colori.

pompei_mostra-arte-e-sensualità_zuchtriegel_accanto-a-gruppo-satiro-con-ermafrodito-da-oplontis_foto-parco-archeologico-pompei

Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, davanti al gruppo del Satiro con Ermafrodito proveniente dalla Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

Non si tratta solo della proposta di un nuovo percorso visita, con inediti scorci, ma di un invito al sentire, a lasciarsi sorprendere dall’impressione che la vista di tanta bellezza solleva. Emozioni che prendono corpo alla Villa di Poppea, attraverso la ricollocazione di statue e reperti originari, mai prima esposti nel sito. Un progetto di Museo diffuso permanente che consente di raccontare, conservare e valorizzare l’eccezionale patrimonio statuario di Oplontis. “Riportare questi reperti nel luogo originario di provenienza è stata un’operazione di tutela finalizzata a garantirne un’adeguata conservazione in ambienti monitorati, da un punto di vista della sicurezza e delle condizioni conservative”, dichiara Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei. “Ma anche di valorizzazione sia delle opere sia della villa in quanto l’esposizione in loco consente un racconto diretto e suggestivo del contesto reale”.

torre-annunziata_oplontis_villa-di-poppea_efebo_2_allestimento_foto-parco-archeologico-pompei

La statua dell’Efebo inserita nel percorso di visita della Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

torre-annunziata_oplontis_villa-di-poppea_Bambino con oca_1_foto-parco-archeologico-pompei

Il Bambino con oca: la statua è ritornata alla Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

Quindici i reperti ricollocati, che un tempo adornavano la maestosa Villa, tra i quali un grande cratere in marmo pentelico a bassorilievi, ad aprire il percorso e grandi statue. La Nike, l’Artemide e l’Efebo, e poi il busto di Eracle, il bambino con l’oca, e ancora una testa di Afrodite e ritratti di bambini. A questi reperti già posizionati si aggiungeranno i centauri e il gruppo scultoreo del Satiro con Ermafrodito, al termine della mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” presso la palestra grande di Pompei, dove sono attualmente esposti. Progetto e realizzazione allestimento a cura di: arch. Arianna Spinosa, responsabile unico del procedimento; dott. Giuseppe Scarpati, progettista archeologo; dott.ssa Raffaella Guarino, progettista restauratore; dott.ssa Silvia Bertesago, responsabile Ufficio Mostre; dott.ssa Tiziana Rocco, supporto Ufficio Mostre; arch. Maria Pia Amore, supporto progetto allestimento; arch. Vincenzo De Luce, progetto allestimento. Operatori: Montenovi srl, Caditec srl.

torre-annunziata_oplontis_villa-di-poppea_Ritratti di bambini_1_foto-parco-archeologico-pompei

Ritratti di bambini riposizionati nella Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

torre-annunziata_oplontis_villa-di-poppea_nike_foto-parco-archeologico-pompei

La statua della Nike della Villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico pompei)

L’itinerario ha inizio con il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino, oggi esposto nel grande salone di rappresentanza colonnato. Raffigurati in bassorilievo i gruppi di guerrieri di Pirro, disposti in coppia. Ognuno batte lo scudo con il braccio sinistro e tiene la spada con il destro. Un terzo uomo danza a destra. I guerrieri danzano in punta di piedi con le gambe incrociate e i corpi allungati. Non di minore impatto è la Nike, la donna alata, con il leggero piede nudo, che emerge dalla veste sollevata, teso verso il suolo nell’atto di atterrare, e collocata in uno degli ambienti che affacciano sulla piscina. E ancora l’Artemide, la dea, rappresentata in piena falcata, con il peso del corpo che poggia sulla gamba sinistra, e la destra sollevata. Particolare anche la scultura del bambino che gioca con l’oca. Gruppi di fontane con ragazzi che tengono in mano un uccello acquatico erano molto popolari nella scultura da giardino. Nella maggior parte dei casi il ragazzo era visto come Eros.

oplontis_villa-poppea_Decorazione_foto-parco-archeologico-pompei

La ricca decorazione parietale della villa di Poppea a Oplontis (foto parco archeologico di Pompei)

La Villa di Poppea (nota anche come Villa A per distinguerla dalla villa B rinvenuta poco lontano) era una delle più importanti ville d’otium della costa del Golfo di Napoli. Per la grandiosità dell’impianto e la ricchezza degli apparati decorativi la villa A, nella quale è stata rinvenuta un’anfora in cui è menzionato il nome di Poppea, è attribuita alla seconda moglie di Nerone. Al pari delle lussuose ville di Stabia, presentava un accesso principale orientato verso la campagna retrostante, sviluppandosi poi in una ricca ed articolata distribuzione di sale di soggiorno e giardini aperti sul golfo e le sue bellezze paesaggistiche.

Oplontis-Villa di Poppea_foto-parco-archeologico-pompei

La villa di Poppea by night a Oplontis (Torre Annunziata) (foto parco archeologico di Pompei)

I colonnati dell’affaccio sud, i giardini e le terrazze, visti dal mare, costituivano parte integrante del panorama con il Vesuvio, la campagna circostante, le colline boscose e ricoperte di vigneti. Attorno alla metà del I secolo d.C. il complesso si ampliò con l’aggiunta dell’enorme piscina, 61×17 metri, lungo la quale si disposero le stanze da pranzo, il soggiorno, gli alloggi per gli ospiti e dei piccoli giardini d’inverno. La villa aveva inglobato anche i resti di un più antico complesso produttivo, posti a sud del quartiere della piscina, di cui è stato possibile indagare solo l’ambiente del torchio. Attorno alla piscina, nella ricca vegetazione, era collocata parte delle sculture che decoravano il lussuoso edificio.

torreannunziata_villa-di-poppea

La Villa di Poppea nel sito di Oplontis a Torre Annunziata con i giardini (foto parco archeologico pompei)

Tra le molte ville vesuviane questa è l’unica che offre la possibilità di ricostruire, sulla base degli scavi archeologici, la composizione dei giardini interni, luoghi di riposo e meditazione, che rivestivano una grande importanza nella vita dell’aristocrazia romana. Studi paleobotanici, inoltre, hanno consentito di ricostruire la vegetazione originaria in essi presente: siepi di bosso, oleandri, limoni, platani, olivi, cipressi, edere rampicanti e rose erano disposti a complemento della decorazione scultorea e architettonica. Al momento dell’eruzione l’edificio doveva essere in gran parte disabitato a causa di lavori incorso, forse avviati in occasione di un passaggio di proprietà, che comportarono la rimozione di molti elementi architettonici e decorativi. All’interno delle azioni di miglioramento dei livelli di accessibilità della villa di Poppea, oltre all’inserimento di un nuovo percorso in LIS, nel mese di gennaio si sono conclusi i lavori di messa in sicurezza e sistemazione della rampa di ingresso. Quest’ultimo intervento consentirà anche alle persone con disabilità di accedere alla villa dal lato piscina e riconnettersi al percorso fruito da tutti i visitatori.

Gli ori di Oplontis e gli arredi di lusso al tempo di Poppea: a Torre Annunziata (Napoli) una mostra rivela i tesori scoperti nel sito dell’Unesco e mai esposti. Un museo archeologico permanente per il rilancio della città vesuviana

Il manifesto della mostra "A picco sul mare" allestita a Palazzo Criscuolo a Torre Annunziata sui tesori di Oplontis

Il manifesto della mostra “A picco sul mare” allestita a Palazzo Criscuolo a Torre Annunziata sui tesori di Oplontis

L'ingresso di Palazzo Criscuolo, municipio di Torre Annunziata

L’ingresso di Palazzo Criscuolo, municipio di Torre Annunziata

Le statue di centauro e centaura esposte in mostra a Torre Annunziata

Le statue di centauro e centaura esposte in mostra a Torre Annunziata

L’esposizione è limitata nel tempo: solo fino al 31 marzo 2016. Ma il progetto della mostra di reperti archeologici allestita a Torre Annunziata (Napoli) “A picco sul mare. Arredi di lusso al tempo di Poppea. Oplontis, il fascino e la bellezza. Esposizione di sculture e reperti delle ville romane” è molto ambizioso. Innanzitutto far conoscere la valenza di Oplontis e dei suoi tesori al grande pubblico, in particolare alla cittadinanza di Torre Annunziata e alle scuole del territorio, e poi agli studiosi e agli studenti di archeologia. Perché se è vero che dal 1997 il sito di Oplontis, cittadina romana tra Ercolano e Pompei, da cui dipendeva amministrativamente, posta vicino al mare, più o meno dove oggi sorge Torre Annunziata, fa parte della lista del patrimonio mondiale dell’Unesco come “Aree Archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata” (così motivata: “fornisce una completa e vivida immagine della società e della vita quotidiana in un determinato momento del passato che è senza confronti nel mondo intero”). È anche vero che l’area archeologica di Oplontis è semi-sconosciuta e i suoi tesori quasi mai esposti. Autentici capolavori da decenni chiusi nei magazzini, come le statue che decoravano la villa di Poppea o i preziosi ori, collane e anelli appartenuti alle ricche matrone che vivevano nel suburbio di Pompei. Oggetti di lusso, ma anche vasellame da tavola, come le coppe in terra sigillata e i calici a pareti sottili per bere vino o la grande pentola in bronzo. E poi, le lucerne per illuminare gli ambienti, da quelle giganti a quelle a “testa di uccello” che si potevavno appendere alla parete. Ma sono le sculture il pezzo forte della mostra, dedicata alla memoria di Khaled al Assad, il direttore degli scavi di Palmira trucidato ad agosto dall’Isis, mostra fortemente voluta dal sindaco Giosué Starita e dall’assessore alla cultura Antonio Irlando, insieme al soprintendente di Pompei, Massimo Osanna. Oltre 70 pezzi di enorme valore esposti simbolicamente nelle sale di Palazzo Criscuolo, sede del Comune. Una scelta non casuale perché il sindaco è convinto che questo sia il passaggio necessario per riportare all’attenzione su Oplontis e raggiungere il vero obiettivo: l’apertura di un museo archeologico che possa permettere un’esposizione permanente dei tesori riemersi in decenni di scavi. Ma anche regalare alla terra di Giancarlo Siani un’occasione di rilancio per un territorio troppo a lungo devastato da criminalità e degrado. E per il museo Irlando avrebbe già un’idea precisa: utilizzare l’ex Real fabbrica d’armi, un edificio borbonico che sorge a un passo dalla villa di Poppea: “Prendere un bene dismesso per metterci dentro beni nascosti per troppo tempo agli occhi del mondo mi sembra naturale”, dice Irlando. Per Torre Annunziata un sogno che si avvicina. “La svolta”, Irlando ne è convinto, “può arrivare solo dalla cultura”.

La cosiddetta Villa di Poppea nel sito di Oplontis a Torre Annunziata

La cosiddetta Villa di Poppea nel sito di Oplontis a Torre Annunziata

L'archeologa Antonella Bonini

L’archeologa Antonella Bonini

Ambienti affrescati nella Villa A (di Poppea) a Oplontis

Ambienti affrescati nella Villa A (di Poppea) a Oplontis

“Il sito di Oplontis”, ricorda Antonella Bonini, archeologa della soprintendenza di Pompei e curatrice della mostra, “è posto da itinerari antichi quali l’Anonimo Ravennate e la Tabula Peutingeriana tra Ercolano e Pompei, e come questa venne distrutto dall’eruzione del 79 d.C. Dell’insediamento antico si conoscono solo poche tracce relative a impianti termali ville ed edifici commerciali; i resti più imponenti appartengono alla Villa A (villa di Poppea), una lussuosa residenza affacciata sulla scogliera prospiciente il mare e alla cosiddetta Villa B (villa di Crasso), in realtà un complesso con magazzini al piano terreno ed abitazioni al piano superiore”. La mostra raccoglie infatti le statue che ornavano la grandiosa villa attribuita a Poppea Sabina, seconda moglie di Nerone. Un’abitazione maestosa e sconfinata che duemila anni fa con i suoi terrazzamenti si affacciava sul mare, principesca per la magnificenza dei mosaici e degli affreschi che ne arricchivano gli ambienti, anche se al momento dell’eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C., era vuota di arredi e disabitata per lavori in corso. Da quelle stanze raffinate e lussuose, così come dai portici e dai giardini lussureggianti dove brillavano le acque della grande Natatio, arrivano opere – ora in mostra – come l’Efebo, il Puttino con l’oca, la Venere e le due Centaure, straordinariamente preziose perché uniche, secondo gli studiosi, in tutto il mondo romano. I gioielli e i vetri, invece, di solito custoditi dal museo Archeologico nazionale di Napoli ma non esposti al pubblico, provengono dall’altra importante villa romana della zona di Torre Annunziata, quella appartenuta a Lucio Crasso Tertio. Di fatto un grande complesso, con imponenti colonnati riportato alla luce a partire da 1974 e da allora ancora mai aperto al pubblico. Qui, in grandi ambienti che forse fungevano da magazzini (questa seconda villa doveva essere in realtà una vera e propria azienda agricola) vennero sorprese dall’eruzione oltre 50 persone in fuga. Molti avevano indosso gioielli, alcuni stringevano tra le mani sacchetti con i loro preziosi. Qualcuno, forse i ricchi proprietari della villa, aveva anzi stipato le sue cose più preziose in una cassa, riportata alla luce dagli archeologi nel 1984 in un altro locale della casa. Al suo interno ben 170 monete d’oro e tanti gioielli in oro e in argento. E poi unguentari, stecche in osso, piastrine di vetro per il trucco. Un vero e proprio tesoro che ora si racconta alla città.

L'allestimento della mostra "A picco sul mare" a Palazzo Criscuolo a Torre Annunziata

L’allestimento della mostra “A picco sul mare” a Palazzo Criscuolo a Torre Annunziata

Pentola in bronzo dalla Villa A di Oplontis

Pentola in bronzo dalla Villa A di Oplontis

La visita della mostra “A picco sul mare” inizia dalla sala consiliare dove sono esposte la Nike e l’Efebo, due preziose statue romane ritrovate attorno alla piscina della Villa A. Il percorso prosegue poi al primo piano di Palazzo Criscuolo attraverso sette sale per altrettante sezioni suddivise in due gruppi: le prime cinque approfondiscono la vita quotidiana nelle ville romane attraverso i reperti provenienti quasi totalmente dalla Villa A, mentre le ultime due si soffermano sugli ori di Oplontis, recuperati nella Villa B. Con Antonella Bonini seguiamo il percorso della mostra. “Le prime sale”, spiega Bonini, “illustrano la vita quotidiana attraverso elementi architettonici in terracotta che fungevano da decorazione dei tetti, come gocciolatoi e antefisse, e una preziosa lastra di rivestimento in ardesia; strumenti per l’illuminazione interna come la lucerna di grandi dimensioni probabilmente in uso negli ambienti di soggiorno e le piccole lucerne, ritrovate a centinaia in un ambiente della villa, destinate a rischiarare gli ambienti di servizio o di minore importanza; una selezione di vasellame in ceramiche raffinate, piatti, bicchieri e coppe in terra sigillata e pareti sottili destinate alla tavola, e in ceramica comune, ciotole, brocche e boccali destinati alla cucina, uniti ad una pentola in bronzo esemplificano le tipologie di oggetti presenti nelle case romane”.

Il Puttino con l'Oca, statua in marno bianco del I sec. d.C. scoperta nella Villa A

Il Puttino con l’Oca, statua in marno bianco del I sec. d.C. scoperta nella Villa A

La sala 3 è dedicata al Puttino con l’oca, una statua in marmo bianco rinvenuta sotto il porticato affacciato sul giardino nord della Villa A, insieme al gruppo dei quattro centauri. La statua, databile al I secolo d.C., è una delle numerose repliche dell’originale greco in bronzo del II secolo a.C., il fanciullo che strangola un’oca, opera dello scultore Boethos di Calcedonia, che Plinio il Vecchio ricorda esistente ai suoi tempi nel portico di Ottavia a Roma. Un foro corre dalla base della statua al becco dell’anatra a testimonianza che la scultura era parte di una fontana, probabilmente sulla sommità della fontana a cascatella del peristilio del quartiere servile, all’ombra del grande albero di cui si conserva ancora il tronco, su un pluteo decorato con pitture di pesci e animali marini, immersa nella vegetazione reale e dipinta dell’ambiente.

La statua di centauro femmina trovata con altri tre nel portico della Villa A

La statua di centauro femmina trovata con altri tre nel portico della Villa A

Col Puttino fu trovato anche il gruppo dei Centauri presentati nella sala 4: quattro statuette in marmo di Paro (due maschi e due femmine tutti rampanti) alte poco meno di un metro, copie di età imperiale di originali greci di II secolo a.C. prodotti a Pergamo. I due maschi indossano pelli di pantera annodate al petto, tengono una clava con un braccio e con l’altro rispettivamente, un cinghiale ed un cratere a calice; le due femmine indossano una pelle di cerbiatto e recano l’una una clava ed un cerbiatto, l’altra un plettro e una lira. Un lungo foro che attraversa in verticale tutte le statue e fuoriesce dalle bocche degli animali o dei centauri, indica che le statue fungevano da fontane. “Il gruppo segue una composizione nella quale le attività dei centauri”, fa notare Bonini, “sono chiaramente contrapposte ad indicare la natura selvaggia, i due cacciatori, e quella civilizzata i due con attributi legati alla musica e al banchetto. Più difficile è comprendere come essi fossero disposti. Le statue erano probabilmente collocate al centro di un giardino”.

La statua dell'Efebo, che decorava la piscina, copia romana di originale greco

La statua dell’Efebo, che decorava la piscina, copia romana di originale greco

La piscina e il suo arredo sono descritti nella sala 5. Il settore occidentale della Villa A, organizzato attorno alla piscina, aveva una ricca decorazione scultorea cui faceva da sfondo la rigogliosa vegetazione naturale. Il settore sud era occupato dalla statua di Satiro con Ermafrodito e dal grande cratere in marmo pentelico con guerrieri danzanti, utilizzato come fontana. Sul lato est si distribuivano, in successione da sud a nord: una statua di Herakle, l’Efebo, una Nike e poi di nuovo una Nike, una Amazzone ed una seconda statua di Herakle. Le sculture, poste davanti a piante di platano e circondate da limoni e oleandri che fungevano da sfondo scenografico, costituivano un naturale contrasto con il colonnato del portico sul lato ovest della piscina, nonché una galleria d’arte all’aria aperta. Tutte copie di originali greci di V e III secolo a. C., in marmo greco o di Luni, a formarecun complesso armonioso e ricco di significato. “La disposizione delle sculture non è infatti casuale. L’area va intesa come un ginnasio di stile greco, con la piscina e lo spazio per le attività ginniche, sotto la benevola protezione degli dei e degli eroi. Questo è in armonia con la componente greca della cultura romana e con gli indirizzi politici di Augusto che nell’allenamento del corpo e dello spirito fondava la formazione del perfetto cittadino romano”.

Un prezioso anello d'oro proveniente dalla Villa B di Oplontis

Un prezioso anello d’oro proveniente dalla Villa B di Oplontis

Una collana d'oro: in mostra i preziosi gioielli di Oplontis

Una collana d’oro: in mostra i preziosi gioielli di Oplontis

Gli ori di Oplontis sono i protagonisti della sala 6. Durante gli scavi nella Villa B, negli anni tra il 1984 ed il 1991, vennero alla luce due nuclei di oggetti di ornamento. Il primo era contenuto, insieme a monete e oggetti da toilette femminili, in una cassetta lignea crollata dal piano superiore all’interno dell’ambiente 15 del peristilio della villa. Il secondo, più numeroso, venne rinvenuto all’interno dell’ambiente 10, uno dei grandi magazzini posti sul lato sud della Villa B, vicini all’approdo sul mare. I due gruppi raccontano due storie diverse legate alla catastrofe del 79 d.C. “I monili rinvenuti nell’ambiente 15 erano contenuti in una cassetta che evidentemente non era stato possibile svuotare completamente nelle concitate ore dell’eruzione. I monili dell’ambiente 10 ci raccontano invece una storia ben più drammatica. Qui, in attesa dei soccorsi che dovevano giungere dal mare, si radunarono cinquantaquattro persone divise in due gruppi: uno privo di qualsiasi oggetto personale, l’altro composto da individui che portavano con sé monete e preziosi: orecchini, collane, anelli e braccialetti. La maggior parte dei gioielli si trovava accanto ai corpi, evidentemente erano indossati dai fuggiaschi, altri erano contenuti in un piccola borsa di cuoio rinvenuta nell’ambiente. Il maremoto e le nubi ardenti impedirono l’arrivo dei soccorritori e i rifugiati trovarono qui la morte. I gioielli di Oplontis appartengono a tipi ampiamente diffusi nell’area vesuviana e rientrano nella produzione comune dell’oreficeria romana di epoca imperiale.

Balsamari e oggetti preziosi ritrovati nella Villa B di Oplontis

Balsamari e oggetti preziosi ritrovati nella Villa B di Oplontis

Il percorso della mostra si chiude con la sala 7 dedicata a cosmesi e profumi. I balsamari e gli oggetti esposti provengono dalla Villa B. Alcuni erano contenuti nella cassetta rinvenuta nell’ambiente 15, altri nella borsa di cuoio dell’ambiente 10: insieme ai gioielli, alle argenterie e alle monete costituivano evidentemente un bene prezioso per il proprietario che li portò con sé nella speranza di ricominciare una vita al sicuro. Gli altri oggetti esposti facevano parte degli strumenti legati alla toeletta; utilizzati per contenere e mescolare cosmetici, la pisside e l’ago, o per detergere la pelle, lo strigile. Nel mondo antico l’uso del profumo era da un lato destinato allo scopo principale di coprire gli odori, dall’altro era considerato terapeutico. La diffusione del profumo crebbe al punto da diventare smodata tanto che nel corso del II secolo a.C. venne contrastata sia per motivi morali, erano beni superflui perché non durevoli e creavano differenze sociali troppo marcate, ma più prosaicamente per limitare le importazioni di profumi dai paesi orientali in un momento di grave crisi per la repubblica romana. “Plinio il Vecchio”, conclude Bonini, “descrive i preparati antichi, distinguendone l’uso, in oli, unguenti e balsami. Le analisi condotte sugli unguentari provenienti da Oplontis hanno rivelato che questi, a differenza di quelli di Pompei, erano prodotti con materie prime di migliore qualità, come l’olio essenziale di Pogostemon cablin, noto come patchouli, importato dall’India, e del limone, all’epoca ritenuto un frutto esotico”.