Archivio tag | Tomba di Ignoti da Gebelein

Varallo Sesia (Vc). Incontro con l’egittologo Beppe Moiso del museo Egizio di Torino su “Virginio Rosa: Varallo Sesia e l’Egitto” alla vigilia della chiusura della mostra “Liberi di Imparare”

Alla vigilia della chiusura della mostra “Liberi di Imparare”, che fino al 13 febbraio 2022 espone a Varallo Sesia copie di reperti del Museo Egizio, realizzate dai detenuti delle sezioni scolastiche della Casa Circondariale dell’Istituto tecnico “Plana” e del Primo Liceo Artistico di Torino, in seguito a un corso di formazione con gli egittologi del Museo, Beppe Moiso, curatore dell’Egizio, tiene un incontro sulla figura di Virginio Rosa. Appuntamento sabato 12 febbraio 2022, alle 15, nel salone dell’Incoraggiamento di Palazzo dei Musei a Varallo Sesia, per l’incontro su “Virginio Rosa: Varallo Sesia e l’Egitto” con l’egittologo Beppe Moiso, curatore del museo Egizio di Torino, i cui studi si rivolgono in particolare alla formazione della collezione torinese, comprendendo l’intera attività archeologica condotta da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina. Curatore della riproduzione informatica degli archivi cartacei e fotografici per la creazione di una banca dati centralizzata, si occupa degli scavi condotti a Gebelein e Assiut, riconducibili all’attività svolta da Virginio Rosa nella campagna del 1911.

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Storica insegna stradale della Pinacoteca di Varallo (foto eventivalsesia.info.it)

L’incontro è organizzato in collaborazione con Unpli (Unione Pro Loco Piemontese), con cui il museo Egizio ha collaborato per il tour regionale della mostra “Liberi di imparare”. Ingresso gratuito su prenotazione: 0163.51424 oppure info@pinacoteavarallo.it. La mostra itinerante “Liberi di imparare” – L’Antico Egitto nel Carcere di Torino era stata inaugurata il 18 dicembre 2021 nella Pinacoteca di Varallo, grazie a UNPLI che ha fatto da collante sul territorio tra Palazzo dei Musei e il Museo Egizio di Torino. Si tratta di un rilevante e ambizioso progetto che ha promosso l’avvio di una collaborazione tra il museo Egizio, che vanta la più antica collezione al mondo dedicata alla cultura egizia e la Pinacoteca di Varallo, che si annovera tra le più importanti a livello regionale.

La pianta della Tomba di Ignoti disegnata da Virginio Rosa (foto Graziano Tavan)

Virginio Rosa, botanico e chimico, cultore di studi archeologici e di antico Egitto, affonda le sue radici a Varallo Sesia, paese natale della madre. A cavallo tra il 1910 e il 1911, l’allora direttore del museo Egizio, Ernesto Schiaparelli, affidò al giovane Rosa la direzione degli scavi a Gebelein e Assiut, in Egitto, nell’ambito della Missione Archeologica Italiana. La sua attività sul campo fu preziosa non solo come direttore degli scavi, ma anche per aver documentato con disegni e sul suo inseparabile “Giornale di Scavo” tutte le fasi dei lavori e i reperti egiziani. Proprio sulla base dei suoi documenti di inizio Novecento, all’Egizio si è potuto procedere ad alcuni riallestimenti delle sale. Tra i reperti scoperti nel corso degli scavi diretti da Rosa si possono ammirare al museo Egizio: la tomba degli Ignoti, quella di Ini e quella di Iti e Neferu. Rosa morì prematuramente a 26 anni, proprio di ritorno dall’Egitto.

“Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: nella settima clip del museo Egizio protagonista Vercelli e Virginio Rosa, giovane archeologo cui si devono molte scoperte importanti per il museo Egizio

Settima tappa, Vercelli. Il viaggio proposto dal museo Egizio di Torino tocca Vercelli con la settima delle otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e il patrocinio della Regione Piemonte. “Vi porteremo in giro per il Piemonte per raccontarvi storie di uomini audaci e appassionati di antico Egitto”, spiegano al museo. “Toccheremo tutte le province piemontesi, incontreremo le storie di personaggi vissuti tanto tempo fa: numismatici, viaggiatori, archeologi, architetti e collezionisti che, “parlando” in piemontese (sottotitolata in italiano), racconteranno perché c’è un museo Egizio proprio a Torino!”. La settima puntata è dedicata a Vercelli e Virginio Rosa (1886-1912), giovane archeologo cui si devono molte scoperte importanti per il Museo Egizio, raccontata in piemontese da Giovanni Tesio dell’università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”. Nel 1910 partì da Genova per la sua prima ed unica spedizione archeologica in Egitto. Le ricerche si svilupperanno nei siti di Gebelein e Assiut, consentendo il ritrovamento di molto materiale archeologico, tra cui le tombe di Iti e Neferu, di Ini e degli Ignoti. Virginio Rosa morirà a soli 26 anni poco tempo dopo il suo rientro in Italia, il 20 febbraio del 1912.

Il giovane archeologo Virginio Rosa da Varallo Sesia (Vercelli) (foto museo Egizio)

1894, Varallo Sesia, provincia di Vercelli. Un bambino dall’aria disorientata si aggira nelle sale del museo di Scienze Naturali, fondato quasi trent’anni prima da Pietro Calderini, un sacerdote naturalista. Il (fiolin) è Virginio Rosa (1886-1912) che ha perso da poco il papà e con la mamma e suo fratello ha dovuto lasciare la bella casa di Pinerolo, vicino a Torino, per ritornare nella modesta dimora della madre, originaria della Val Sesia. L’unico svago lo trova qui, circondato da migliaia di coleotteri ben ordinati, con un formidabile erbario di oltre mille esemplari di piante e centinaia di reperti archeologici che gli consentono di fantasticare sulla vita in età preistorica, greca e romana. Ed è in una saletta appartata che si accende la passione per l’antico Egitto: il piccolo Virginio è attratto da una mummia di gatto con lo sguardo dolce e da numerosi oggetti che portano la sua immaginazione verso Oriente. È un ragazzo curioso e di talento, torna a Torino per studiare. Si laurea in chimica, scrive di scienza e di storia e si dedica alla botanica, ma la civiltà egizia continua a essere la sua grande passione che coltiva al museo Egizio, diretto da Ernesto Schiaparelli. E sarà proprio l’egittologo a dare una svolta alla sua vita. Virginio Rosa diventa suo collaboratore e nel 1910 parte per l’Egitto, perché è proprio il direttore del museo ad affidargli gli scavi di Gebelein e Assiut: nonostante la sua scarsa esperienza, l’anziano egittologo ha in stima la sua solida formazione scientifica e la sua abilità di fotografo, che sarà preziosa sul campo. È grazie al patrigno Secondo Pia, primo professionista ad aver fotografato la Sindone, che Virginio Rosa è in grado di documentare ogni giornata di scavo e ciascuna scoperta, come la tomba monumentale di Iti e Neferu, decorata con magnifiche pitture. Ai suoi occhi sono come fotografie a colori che raccontano nei particolari la vita e alcuni riti degli antichi egizi. Scoprendo quella tomba pensa al padre e all’aldilà, da cui di certo il genitore veglia su di lui. Lo sente vicino. Virginio è un giovane uomo, con occhi intensi e pieni di meraviglia. Il ritmo dei lavori è estenuante, ma l’entusiasmo e la responsabilità che vive non gli consentono di rallentare, di riposarsi, di prendersi cura di sé. “Vento freddissimo, cielo coperto, di notte piove e di giorno pioviggina”, scrive in una lettera a Schiaparelli confermandogli che comunque gli scavi vanno avanti. Ed è proprio quell’incapacità di sentire la stanchezza che gli toglie la vita. Rientra in Italia già malato e, a soli 26 anni, Virginio Rosa muore, lasciando un’eredità di pochi oggetti ma testimonianze straordinarie, che raccontano ancora oggi le sue imprese e la grandezza di una civiltà immortale.

#iorestoacasa. “Le Passeggiate del Direttore”: con l’ottavo appuntamento il direttore del museo Egizio, Christian Greco, illustra la “Tomba di Ignoti”, scoperta intatta da Virginio Rosa nel 1911 a Gebelein

Le “Passeggiate del direttore” sono arrivate all’ottavo appuntamento, portandoci a vivere nelle nostre case, nel rispetto di #iorestoacasa, un viaggio nell’Antico Egitto. Questa volta Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino, ci porta a conoscere “La Tomba di Ignoti”, databile alla V dinastia, scoperta intatta da Virginio Rosa nel 1911 a Gebelein, costituita da un corridoio con tre camere, contenenti sarcofagi, mummie e i rispettivi corredi. Poiché non sono state trovate indicazioni sui nomi delle persone sepolte, è nota come Tomba degli Ignoti, oggi al museo Egizio, e mostra il rapporto tra l’arte egizia e l’architettura naturale.

L’allestimento al museo Egizio della Tomba di Ignoti, scoperta a Gebelein da Virginio Rosa nel 1911 (foto Graziano Tavan)

La pianta della Tomba di Ignoti disegnata da Virginio Rosa (foto Graziano Tavan)

“Siamo nel 1911”, racconta Greco. “Il direttore Ernesto Schiaparelli si trova a Torino e un suo giovane collaboratore, Virginio Rosa, è in quel momento in Egitto”. Rosa il 29 gennaio 1911 scrive da Gebelein al direttore Schiaparelli: “In quanto agli scavi ho l’onore e il piacere di annunziarle che si è trovata una tomba intatta. A mezza montagna si è entrati in un antro tagliato nella roccia con tre camere”. È la Tomba degli Ignoti di cui Rosa fa anche un disegno, seguendo le indicazioni pressanti di Schiaparelli che chiede di documentare tutto con precisione. “I disegni del Rosa – continua Greco – sono stati per noi fondamentali per l’allestimento della tomba, in cui i vari sarcofagi sono stati messi in relazione uno con l’altro e ci fanno capire il contesto archeologico del ritrovamento. Oltre ai sarcofagi a parallelepipedo con coperchio bombato, è interessante la presenza di un sarcofago in pietra che sembra quasi l’evidenza di una pagina dello storico greco Erodoto che, nel V sec. d.C., nel secondo libro delle Storie, quello dedicato all’Egitto, scrive che gli Egizi seppero tradurre in pietra l’architettura organizza che essi osservavano. Questo sarcofago ingloba nella forma della pietra quella di due tronchi d’albero: è l’esemplificazione della pagina di Erodoto”.

La mummia della Tomba di Ignoti al museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)

Particolarmente interessante è la mummia esposta. “In questa tomba – spiega il direttore – possiamo notare l’evoluzione del processo di mummificazione. Qui c’è una mummificazione artificiale. Con una particolarità: le parti del corpo sono state avvolte in bende separatamente. Ma qui manca un lenzuolo finale che avvolga tutta la mummia. Sulle bende con l’inchiostro sono stati indicati i capezzoli, la barba, la bocca, gli occhi, le sopracciglia, i capelli. E la forma del naso e le cavità oculari sono rese quasi fossero tridimensionali, quasi avessero una valenza plastica. Ecco di nuovo la voglia che il corpo venga preservato, che esso sia intatto, e che esso abbia una valenza plastica, quasi come una maschera che ci faccia vedere come il corpo adesso sia davvero pronto per affrontare la sua nuova nascita e la vita nell’aldilà”.