Torgiano (Pg). Al museo del Vino apre la mostra “Vino, dono degli dei”: per la prima volta esposto il corredo dalla Tomba 58 (inviolata) della Necropoli dell’Osteria a Vulci, scoperta nel 2023. Carosi (SABAP): “Su un’anfora un’iscrizione a indicare la proprietà della cantina: un brand di 2600 anni fa”
Un nuovo contributo alla conoscenza del rituale del banchetto funebre etrusco e soprattutto del simposio come uno status symbol di elevazione sociale e di riconoscimento del proprio rango da parte dell’aristocrazia etrusca, con la mostra “Vino, dono degli dei”, che sarà inaugurata venerdì 24 ottobre 2025, alle 18, e resterà aperta sino al 5 luglio del 2026, al museo del Vino – MUVIT di Torgiano (in provincia di Perugia in Umbria), nell’ambito del progetto “TraMusei” della Fondazione Lungarotti, su impulso della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale e Fondazione Vulci, che vede anche la collaborazione della direzione generale Biblioteche.

Museo del Vino di Torgiano (Pg): da sinistra, Lorenzo Lepri, Teresa Severini, Simona Carosi e Carlo Casi (foto muvit)
La mostra sarà inaugurata nella Sala Sant’Antonio, alla presenza di Simona Carosi della soprintendenza ABAP Viterbo ed Etruria Meridionale, Carlo Casi della Fondazione Vulci, Lorenzo Lepri e Teresa Severini della Fondazione Lungarotti. A seguire, visita alla mostra e brindisi finale. La mostra presenta in anteprima assoluta un vasto patrimonio culturale d’eccellenza, inviolato da oltre 2600 anni. Si tratta di circa una sessantina di reperti archeologici esposti, tutti provenienti dalla Tomba 58 della Necropoli dell’Osteria a Vulci, scoperta nel 2023 durante la campagna di scavo della Fondazione Vulci, a cura della Soprintendenza, datata alla fine del VII sec. a.C. Troviamo anfore, olle e pithoi di impasto, vasellame in bucchero e in ceramica etrusco-corinzia, coppe, oggetti in ferro e in bronzo. Un corredo che attesta che si trattava di un sepolcro appartenente a due uomini di alto rango, uno per ciascuna delle due camere che lo costituivano.
Il rinvenimento della tomba ha fatto seguito per rilevanza, ricorda Simona Carosi, archeologa funzionaria responsabile di zona a Vulci, a quello della Tomba delle Mani d’argento. “È un caso più unico che raro”, evidenzia la referente della Soprintendenza. Al suo interno è stato trovato persino un calderone con i resti di un grappolo d’uva. E, tra le anfore etrusche (nella seconda camera le anfore sono di provenienza orientale), una addirittura riportava l’iscrizione “io (sono) di Velχa Felusna” (una sorta di prototipo delle moderne etichette e marchi di fabbrica, quello che oggi definiremmo “brand”), a indicare la proprietà della “cantina”. Questo fatto è quanto mai importante, fa notare Carosi, perché disegna idealmente un legame tra passato e presente, fra antico e moderno. Mostrando “l’eterna modernità” del racconto storico tramandato dalle necropoli etrusche al Parco archeologico e naturalistico di Vulci. L’approfondimento sul contesto, anche grazie al contributo delle discipline scientifiche applicate all’archeologia, oltre che spingere ad una revisione della topografia del sepolcreto, ha fornito nuovi dati interessanti sul rituale funerario etrusco e in particolare sugli usi a Vulci, soprattutto in quella fase cruciale di sviluppo che fu l’Orientalizzante recente.
Ischia di Castro (Vt). Al museo civico Archeologico “Pietro e Turiddo Lotti” la mostra “Il ritorno della biga. Carri etruschi da Castro, Vulci e Tarquinia” per il ritorno a casa della celebre biga in bronzo rinvenuta nel 1967
Al museo civico Archeologico “Pietro e Turiddo Lotti” di Ischia di Castro (Vt) venerdì 4 agosto 2023, alle 18, sarà inaugurata la mostra “Il ritorno della biga. Carri etruschi da Castro, Vulci e Tarquinia”, visitabile dal 5 agosto al 31 dicembre 2023, che vuole celebrare il ritorno, nella località da cui proviene, della celebre Biga in bronzo, datata al 530-520 a.C. e rinvenuta nel 1967 grazie alle ricerche condotte dal Centro belga di Studi etrusco-italici nella necropoli etrusca di Castro. La Tomba della Biga, che ha preso il nome del currus etrusco, è oggi visitabile nel parco archeologico Antica Castro e il video della scoperta si potrà ammirare al museo di Ischia di Castro. Insieme alla Biga di Castro sono esposti altri due esempi importanti di carri etruschi: il calesse femminile rinvenuto a Tarquinia, negli scavi dell’università di Torino, all’interno del Tumulo della Regina, risalente alla prima metà del VII secolo a.C. e quello proveniente dalla Tomba delle Mani d’Argento (640-630 a.C.), scavato dalla Soprintendenza insieme alla Fondazione Vulci, nella necropoli dell’Osteria a Vulci. Da questa ricca tomba provengono anche la testiera di cavallo con i preziosi finimenti bronzei, il collare e alcuni morsi equini in ferro, che completano l’esposizione. La mostra è stata fortemente voluta dal Comune di Ischia di Castro – museo civico Archeologico “Pietro e Turiddo Lotti” e ha visto il coinvolgimento della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, della direzione regionale Musei del Lazio – museo nazionale Etrusco Rocca Albornoz, della soprintendenza speciale di Roma, della Fondazione Vulci e della rivista Archeo, come media partner.
Eccezionale scoperta a Vulci: nella necropoli etrusca dell’Osteria trovata la tomba intatta del “piccolo principe”, un bambino di 2500 anni fa con ricco corredo
La valorizzazione del parco archeologico e naturalistico di Vulci sembra essere nata sotto una buon stella. A Vulci, nella necropoli etrusca dell’Osteria, scoperta la tomba intatta di un bambino di 2500 anni fa già ribattezzata “del piccolo principe” per le probabili connessioni familiari con la vicina e molto famosa tomba principesca “della sfinge”. Grazie ai lavori del Por (Progetto operativo regionale) Comune, Regione Lazio e Soprintendenza per i beni archeologici dell’Etruria Meridionale stanno infatti portando avanti lo studio e la valorizzazione della necropoli dell’Osteria con l’obiettivo preciso di rilanciare il parco archeologico e naturalistico di Vulci. Così se un anno fa gli archeologi esultarono per l’eccezionale scoperta della “tomba delle mani d’argento” (ricordate? Ne abbiamo parlato nel post di archeologiavocidalpassato del 14 maggio 2014. Per intenderci è quella in mostra in questi giorni al museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, e da luglio “tornerà a casa” impreziosendo le sale espositive del museo al Castello della Badia di Vulci), ora si applaude per un’altra tomba etrusca scoperta nella necropoli dell’Osteria, quella di un bambino, che fin da subito ha dato l’idea dell’eccezionalità.
Quindi ancora una volta a Vulci torna protagonista la necropoli etrusca dell’Osteria, a un tiro di schioppo dal Castello della Badia di Vulci dove sono raccolte importanti testimonianze della città etrusca di Vulci: dal IX secolo a.C. all’età romana la necropoli è stata utilizzata per sepolture di famiglie aristocratiche, e dal ‘700 è stata oggetto di interventi di scavo non sempre condotti con quelli che oggi sono considerati criteri scientifici irrinunciabili, ma la stessa necropoli – proprio per la sua ricchezza – ha subito nei secoli anche violazioni e saccheggi. Qui, nella primavera del 2013, è stata scoperta la “tomba delle mani d’argento” che fa parte di un gruppo di sepolture aristocratiche come la “tomba della sfinge”, nota per aver restituito esempi di scultura funeraria e la “tomba dei soffitti intagliati”.
Gli archeologi stavano proprio intervenendo a salvaguardia della famosa tomba principesca “della sfinge”, con la sistemazione di una tettoia di copertura, quando una nuova scoperta li ha colti di sorpresa: una sepoltura a camera, trovata così come è stata sigillata dagli antichi etruschi, e contenente un ricco corredo in buono stato di conservazione datato al 520 a.C., che comprende anche un servizio da mensa e da vino, riferibile al rito del banchetto funerario. Adiacente alla tomba “della sfinge” è stato trovato un piccolo dromos con un vestibolo, su cui si prospettano due camere, una delle quali contenente oggetti che fanno parte di un corredo appartenente a un giovane morto probabilmente all’età di 10 anni. All’interno della camera gli studiosi hanno rinvenuto il corredo del defunto: oggetti di bucchero e di impasto, una piccola ascia, una lancia e un coltello in ferro, più una serie di oggetti in bronzo tra cui due coppe in ceramica di pregiata fattura con decorazioni dipinte. Tra le immagini raffigurate, con molta probabilità, anche una piccola sfinge. Gli studiosi ritengono che quest’ultimo ritrovamento abbia vincoli di parentela con la tomba principesca vista la stretta vicinanza al singolare dromos lungo 27 metri.
A far pensare che si tratti della sepoltura di un bambino è stato il rinvenimento di ossa di piccole dimensioni. “Potrebbe trattarsi di una persona di dieci anni”, dice la soprintendenteAlfonsina Russo Tagliente, “ma aspettiamo l’esito delle analisi antropologiche per confermare il sesso e l’età”. “Poi, sul pavimento, abbiamo rinvenuto dei fori che seguono una forma rettangolare al centro della cella”, continua la soprintendente. “È suggestivo pensare che lì fosse collocato un letto funebre, ma mancano gli altri resti organici”. In ogni caso, per adesso la sepoltura è stata soprannominata “del piccolo principe”, anche perché, data la vicinanza con la tomba della Sfinge, si ipotizza che possa appartenere a un membro della famiglia principesca. Inoltre “sul vestibolo rettangolare nella cui parete di fondo si aprono due celle”, continua Russo Tagliente, “dove erano posti numerosi oggetti tra cui un’ascia, una lancia, un coltello, alcuni oggetti in bronzo e in ceramica, e anche una piccola sfinge”.
“L’antica necropoli dell’Osteria”, insiste Sergio Caci, sindaco di Montalto di Castro, “è un luogo straordinario ed è sicuramente un grande attrattore culturale turistico che insieme al resto del parco di Vulci rende il nostro territorio ancor più prestigioso. Grazie ai lavori finanziati dalla Regione Lazio, con la collaborazione del ministero dei Beni culturali, e grazie alla stretta partecipazione della soprintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria meridionale – conclude-, stiamo completando l’area della necropoli realizzando un percorso turistico accessibile, anche ai disabili”.
















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