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“Rapiti alla morte”: una piramide nell’anfiteatro per i calchi di Pompei parte della grande mostra “Pompei e l’Europa” all’Archeologico di Napoli che racconta la suggestione evocata dal sito di Pompei sugli artisti e nell’immaginario europeo

La piramide realizzata nell'anfiteatro di Pompei per la mostra "Rapiti alla morte" sezione di "Pompei e l'Europa"

La piramide realizzata nell’anfiteatro di Pompei per la mostra “Rapiti alla morte” sezione di “Pompei e l’Europa”

Il manifesto della mostra "Pompei e l'Europa"

Il manifesto della mostra “Pompei e l’Europa”

“Scusate, ma siamo proprio a Pompei?”. La reazione potrebbe non essere peregrina per chi arriva nel grande anfiteatro della città romana alle falde del Vesuvio. Da qualche giorno al centro dell’arena sorge una grande piramide. Sì, avete capito bene: una grande piramide, innalzata per ospitare al suo interno 20 calchi di pompeiani colti nel momento della morte per la famosa eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., calchi che sono parte integrante della mostra “Pompei e l’Europa 1748-1943”, un grande progetto espositivo per raccontare la suggestione evocata dal sito archeologico di Pompei sugli artisti e nell’immaginario europeo, dall’inizio degli scavi nel 1748 al drammatico bombardamento del 1943. La mostra, curata da Massimo Osanna, Maria Teresa Caracciolo e Luigi Gallo, e inaugurata dal ministro Dario Franceschini, rimarrà aperta fino al 2 novembre nelle due sedi espositive in cui è articolata: al museo Archeologico nazionale di Napoli e nell’anfiteatro di Pompei.

La Sala della Merdiana del Museo Archeologico di Napoli, dove è allestita la mostra "Pompei e L'Europa 1748-1943" (foto Anna Monaco)

La Sala della Merdiana del Museo Archeologico di Napoli, dove è allestita la mostra “Pompei e L’Europa 1748-1943” (foto Anna Monaco)

Il soprintendente Massimo Osanna

Il soprintendente Massimo Osanna

Nel salone della Meridiana del museo Archeologico di Napoli sono esposte 200 opere d’arte, provenienti da musei italiani e stranieri: reperti antichi e capolavori moderni. Nell’anfiteatro di Pompei, sotto una piramide appositamente realizzata, è stata allestita la sezione “Rapiti alla morte” con l’esposizione di 20 calchi, a partire da quelli realizzati da Giuseppe Fiorelli, che si trovano nel sito degli scavi, sottoposti per l’occasione a restauro. E c’è anche una selezione di foto che parlano del sito archeologico dell’area vesuviana. È la mostra “La fotografia” curata da Massimo Osanna, Ernesto de Carolis e Grete Stefani: una serie di scatti, molti inediti, che testimoniano il progresso degli scavi tra l’Ottocento ed il Novecento. La rassegna è stata promossa dalla soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia e dalla direzione generale del Grande Progetto Pompei, con il museo archeologico di Napoli ed è stata organizzata da Electa con il patrocinio di Expo Milano 2015. L’allestimento è stato affidato all’architetto Francesco Venezia. “È stato fatto un altro passo per la rinascita di Pompei”, ha detto nel corso della cerimonia inaugurale il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, che ha evidenziato il lavoro svolto dalla soprintendenza guidata da Massimo Osanna e dal direttore generale del Grande Progetto Pompei, il generale Giovanni Nistri. “In mezzo a tanto scetticismo, diffidenza e direi ostilità è stato fatto un lavoro operoso, con spirito di squadra e collaborazione”. E il generale Nistri ha approfittato dell’evento per fare il punto sul Grande Progetto Pompei: “Ad oggi sono state bandite gare per 118 milioni. È stata intanto completata la fase progettuale: si è giunti al 90 per cento della fase di gara e resta la fase di esecuzione per la quale siamo arrivati al 50 per cento circa”.

La domus della Fontana Piccola riaperta a Pompei dopo i restauri

La domus della Fontana Piccola riaperta a Pompei dopo i restauri

Gli affreschi recuperati nel restauro della domus della Fontana Piccola a Pompei

Gli affreschi recuperati nel restauro della domus della Fontana Piccola a Pompei

Proprio in occasione dell’inaugurazione della mostra “Pompei e l’Europa” è stata aperta al pubblico la domus restaurata della Fontana Piccola. La Casa della Fontana Piccola è stata interessata da un intervento globale che ha riguardato lavori di consolidamento strutturale e architettonico e da un mirato intervento di restauro degli splendidi apparati decorativi finanziato dalla Fondazione Città Italia. I lavori di restauro architettonico previsti nell’ambito del Grande Progetto Pompei si sono conclusi con 45 giorni di anticipo rispetto a quelli stabiliti dal capitolato, e lo stesso collaudo, previsto per legge al termine dei lavori, si è esplicato in tempi estremamente ridotti. L’orario di visita alla Casa della Fontana Piccola e delle altre domus (Terme Suburbane, Casa del Poeta Tragico, Casa del Principe di Napoli, Termopolio di Vetuzio Placido, Casa di Marco Lucrezio Stabia, Casa di Marco Lucrezio Frontone, Casa dell’Ara Massima e Casa della Caccia Antica) è dalle 9.30 alle 17.20. Restano invariati gli orari di visita agli altri edifici dell’area archeologica. Dal 15 giugno, però, a seguito dell’avvio di numerosi cantieri del Grande Progetto Pompei e delle conseguenti necessità organizzative e di ottimizzazione dei lavori, l’orario di apertura al sito sarà posticipato alle 9.30.

"Le due donne che corrono sulla spiaggia" di Pablo Picasso

“Le due donne che corrono sulla spiaggia” di Pablo Picasso ispirato dagli scavi di Pompei

"Fanciulla pensierosa sugli scavi di Pompei" di Palizzi

“Fanciulla pensierosa sugli scavi di Pompei” di Filippo Palizzi

Per gli organizzatori la mostra “Pompei e l’Europa” è “un vero e proprio viaggio, grandioso e complesso, in cui l’antico dialoga con il moderno, la natura, l’archeologia” con l’obiettivo di testimoniare come “Pompei con le rovine sepolte e la sua classicità abbia affascinato per duecento anni gli artisti di tutta Europa”. A scandire la prima delle due tappe del percorso espositivo, suddiviso in quattro sezioni cronologiche, più di 250 opere tra reperti antichi e capolavori moderni (dipinti, disegni, raccolte di stampe, progetti architettonici, fotograi e, sculture, oggetti, libri, ecc.), provenienti dai più grandi musei italiani e stranieri e riunite per l’occasione nel salone della Meridiana del museo Archeologico di Napoli. Il continuo confronto che ne scaturisce documenta come Pompei, con le sue rovine sepolte e la sua classicità, abbia affascinato per quasi duecento anni gli artisti di tutta Europa – da Ingres a Picasso, da Normand a Le Corbusier, da Moreau a Klee -, influenzato il gusto di intere corti e residenze, nella letteratura come nel teatro, nella musica come nell’estetica, svolgendo un ruolo fondamentale anche per gli sviluppi dell’archeologia moderna: 17 i prestiti dei musei francesi (compresi il Louvre, il Musée D’Orsay e il Musée Picasso, nonostante la recente riapertura a ottobre 2014 dopo cinque anni di chiusura), cinque dai britannici (compresi il British Museum e il Victoria and Albert) e altri da Germania, Svizzera, Austria, Danimarca e Svezia.  “Questa è la prima grande e organica mostra su Pompei da dieci anni a questa parte”, sottolinea con orgoglio Massimo Osanna. “E non si tratterà del prevedibile appuntamento sulla vita quotidiana, ma di una riflessione approfondita su come e quanto il mondo emerso dagli scavi abbia influenzato tutta la cultura europea, anche nella nostra contemporaneità. Due esempi tra i tanti: Le Corbusier che visita Pompei e poi prende spunto dalle case di quella città per il “suo” modello di abitazioni. O Picasso che scopre Pompei e ne resta rapito, come dimostra Due donne che corrono sulla spiaggia del 1922, prestato dal Musée Picasso”.

I calchi restaurati per la mostra "Rapiti alla morte" nell'allestimento dell'architetto Francesco Venezia

I calchi restaurati per la mostra “Rapiti alla morte” nell’allestimento dell’architetto Francesco Venezia

I calchi realizzati a partire da quelli di Giuseppe Fiorelli, vengono presentati per la prima volta al pubblico dopo il recente restauro della soprintendenza

I calchi realizzati a partire da quelli di Giuseppe Fiorelli, vengono presentati per la prima volta al pubblico dopo il recente restauro della soprintendenza

Una riscoperta davvero eccezionale e rivoluzionaria dunque quella di Pompei la cui quotidianità, sconvolta dalla terribile eruzione del 79 d.C, viene rievocata e riportata alla luce direttamente nello spazio dell’anfiteatro, dove si snoda il secondo itinerario della mostra. Qui, per la sezione “Rapiti alla morte” a cura di Massimo osanna e Adele lagi, i calchi realizzati a partire da quelli di Giuseppe Fiorelli, rilevando le impronte lasciate dai corpi degli sfortunati abitanti della città nel materiale vulcanico, vengono presentati per la prima volta al pubblico dopo il recente restauro della soprintendenza, a cura di Massimo Osanna e Adele lagi. Ad accoglierli un progetto di Francesco Venezia di grande impatto e forza evocativa pensato per ospitare, a completamento del percorso espositivo, anche la mostra “La fotografia” curata da Massimo Osanna, Ernesto De carolis e Grete Stefani. Una selezione di scatti e immagini, tra cui molte inedite, testimonia -come detto – il progresso degli scavi tra Ottocento e Novecento offrendo ai visitatori un contributo visivo e documentario di straordinario valore che concorre a ricostruire, con il resto dell’esposizione, la fortuna e l’irraggiamento culturale del celebre sito archeologico.

Al museo Archeologico di Napoli la mostra “Augusto e la Campania” chiude il bimillenario augusteo: in Campania nasce e si definisce il potere del princeps, a Nola il divo muore

Al museo archeologico nazionale di Napoli la mostra "Augusto e la Campania" chiude il bimillenario

Al museo archeologico nazionale di Napoli la mostra “Augusto e la Campania” chiude il bimillenario

Il manifesto della mostra aperta al museo archeologico di Napoli fino al 4 maggio 2015

Il manifesto della mostra aperta al museo archeologico di Napoli fino al 4 maggio 2015

Le celebrazioni del bimillenario della morte di Augusto (14 d.C.  – 2014) non potevano avere una chiusura più appropriata: l’ultima mostra è a Napoli, cioè in quella terra di Campania dove, nella villa di Nola, il primo imperatore di Roma si spense. Con Augusto cambia il destino della Campania, dell’Italia e del Mediterraneo. Di qui l’idea della soprintendenza per i Beni archeologici di Napoli di raccontare nella mostra “Augusto e la Campania. Da Ottaviano a Divo Augusto. 14-2014 d.C.”, aperta fino al 4 maggio 2015 al museo Archeologico di Napoli, i luoghi della regione che lo videro protagonista nell’ascesa al potere. “Punto di riferimento costante nella cultura occidentale”, spiegano in soprintendenza, “la figura di Augusto offre inesauribili spunti di riflessione sulle dinamiche attraverso le quali il potere si afferma, si definisce e si trasforma. Proprio il particolare legame che unì Ottaviano/Augusto alla Campania, nella fase della conquista del potere e una volta al comando dell’impero, è il tema della mostra a lui dedicata, che chiude le celebrazioni del bimillenario della sua morte”. Centocinque reperti in undici sale, alcuni mai esposti al pubblico: la mostra, finanziata dalla Regione Campania attraverso fondi Por-Fesr 2007/13, e realizzata con la soprintendenza speciale di Pompei Ercolano e Stabia, è curata da Carmela Capaldi docente di Archeologia greca e romana all’ateneo “Federico II” di Napoli e Carlo Gasparri. I pezzi provengono dell’Archeologico di Napoli, da Pozzuoli, Capri, e della Curia partenopea.

Il "divo" Augusto accoglie i visitatori della mostra "Augusto e la Campania" all'Archeologico di Napoli

Il “divo” Augusto accoglie i visitatori della mostra “Augusto e la Campania” all’Archeologico di Napoli

Il contatto del visitatore con il “Divo Augusto” è immediato. All’ingresso della mostra di Napoli la statua di Augusto “accoglie” il pubblico al varco multimediale, dove – su un grande schermo – viene proiettata la storia dell’imperatore in Campania. Una serie di sale poi accompagnano i visitatori alla scoperta del forte legame che unì Ottaviano alle terre dei Campi Flregrei, di Napoli e di tutti i centri che raggiunse prima di esalare l’ultimo respiro vicino Nola (apud Nolam). Dalla celebrazione della coppia imperiale (Augusto e Livia), alla descrizione della dinastia Giulio-Claudia e sino ai grandi cambiamenti politici e sociali successivi alla pax augustea, i visitatori hanno modo di vedere da vicino tutte le testimonianze materiali dell’epoca di maggiore splendore di Roma: statue, lastre in marmo, intonaci pompeiani, vasi ed altri oggetti della vita quotidiana, arricchiscono la mostra che ripercorre la vita di Augusto che – in oltre quarant’anni – cambiò per sempre la storia dell’impero.

Una moneta con l'effige di Ottaviano Augusto morto nel 14 d.C. a Nola in Campania

Una moneta con l’effige di Ottaviano Augusto morto nel 14 d.C. a Nola in Campania

La lastra marmorea con l’iscrizione dei Giochi Isolimpici recuperata l'anno scorso nel cantiere del metrò di piazza Nicola Amore, che ha incisi in greco i vincitori di giochi celebrati a Napoli in onore di Augusto

La lastra marmorea con l’iscrizione dei Giochi Isolimpici recuperata l’anno scorso nel cantiere del metrò di piazza Nicola Amore, che ha incisi in greco i vincitori di giochi celebrati a Napoli in onore di Augusto

Il percorso della mostra ricostruisce quasi cinematograficamente la parabola di Augusto, la storia dell’uomo, dell’uomo di potere e del dio. Seguiamo lo sviluppo delle 11 sale in cui si articola la mostra, frutto di una positiva sinergia tra soprintendenza e università Federico II di Napoli. L’imponente statua in marmo che – come detto – apre il percorso lo raffigura come Divus, uomo tra gli dei, dopo la consacrazione sancita dal Senato (sala I). Il tema degli onori divini resi alla coppia imperiale, Augusto e Livia (II), precede la presentazione della famiglia giulio-claudia (III) e la sezione dedicata al pantheon augusteo (IV). Il racconto delle fonti storiche sul viaggio compiuto dal princeps in Campania poco prima della morte è il tema delle sale successive, nelle quali sono esposte opere provenienti da Pozzuoli (VI), Capri (VI), Napoli (VII), i centri che egli toccò prima di dirigersi a Nola, dove morì nella villa paterna nell’agosto del 14 d.C. Da qui partì il corteo funebre, sostando di giorno nelle città disposte lungo la via Appia (VIII), per giungere a Roma, dove furono celebrati i funerali di stato. Augusto lasciava così per sempre la Campania nella quale, giovane erede designato da Cesare, aveva cercato consensi e aveva posto nei Campi Flegrei la base delle operazioni militari contro Sesto Pompeo (IX). Grandi trasformazioni investirono la regione negli ultimi anni delle repubblica e nella prima età imperiale, quando la pax augustea, enfatizzata dalla chiusura a Roma del Tempio di Giano (3 a.C.), accrebbe le manifestazioni del consenso alla politica del principe da parte dei ceti dirigenti locali, influenzandone la vita pubblica (X) e quella privata (XI). Per l’occasione sono state esposte opere importanti ma sconosciute come il cratere di Gaeta, e sono stati restaurati pezzi di recente acquisizione, come la statua di Marte, esposta la prima volta, affiorata nel 2006 durante gli scavi nel Foro di Cuma, o la lastra marmorea con l’iscrizione dei Giochi Isolimpici recuperata l’anno scorso nel cantiere del metrò di piazza Nicola Amore, che ha incisi in greco i vincitori di giochi celebrati a Napoli in onore di Augusto. La mostra non si esaurirà alla data di chiusura, nel maggio dell’anno prossimo: molte delle opere resteranno nell’esposizione permanente del museo Archeologico a completamento del grande sistema del museo di Napoli. La mostra può essere seguita anche con un’app.

Una delle cosiddette "Coppe di Augusto" in argento dal tesoro di Boscoreale

Una delle cosiddette “Coppe di Augusto” in argento dal tesoro di Boscoreale

Gli itinerari campani. “Abbiamo scelto di finanziare questa grande iniziativa che consideriamo un elemento di promozione e valorizzazione del territorio che deve obbligatoriamente andare al di là dei confini campani e rilanciare il museo archeologico su scala internazionale”, spiega l’assessore al Turismo e beni Culturali della regione Campania, Pasquale Sommese, che ha presentato la mostra insieme alla soprintendente Maria Elena Cinquantaquattro e alla direttrice del museo Valeria Sanpaolo. “I legami tra Augusto e la Campania sono testimoniati in modo oggettivo e da qui bisogna partire per rivendicare l’orgoglio delle nostre radici ed esaltare la storia e la bellezza dei nostri luoghi. I dati parlano di un aumento del 58% dei visitatori in Campania e quindi il turismo diventa ancora di più l’unica risorsa che abbiamo per il rilancio”. Non è un caso che legati e a completamento della mostra siano previsti degli itinerari campani augustei a Baia, Boscoreale, Cuma, Ercolano, Napoli, Nola, Pausilypon, Pompei, Pozzuoli. “Al termine delle guerre civili (battaglia di Azio 31 a.C.)”, ricordano i curatori, “la Campania partecipa ad un vasto programma di colonizzazione e distribuzione agraria ai veterani. La concentrazione di colonie campane è di per sé una spia dell’interesse di Augusto per la regione e indizio della creazione di una base di consenso. È in Campania che si circostanzia quel motivo della pietas, che costituisce l’idea-guida dello stato augusteo. Il motivo delle origini troiane della gens Iulia, costituisce un formidabile strumento di legittimazione dinastica che trova nei Campi Flegrei, l’opportuna ambientazione per la storicizzazione del mito. Parallelamente alla definizione del nuovo sistema politico prende forma anche in Campania un nuovo linguaggio figurativo che di quel sistema si fa portavoce. La ricorrenza del bimillenario della morte di Augusto fornisce, così, l’occasione per una indagine a tutto campo sulle dinamiche di quel processo che vide la Repubblica romana scomparire e fare spazio al nuovo sistema politico che Augusto qualificava in un editto come optimus status”.