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Roma. Alla Società Dante Alighieri presentazione del libro di Valentino Nizzo “Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo” (Electa) nato dall’esperienza della mostra “Gli Etruschi e il MANN”: “Un’occasione importante per riscoprire e restituire al grande pubblico l’anima etrusca delle collezioni del Mann”

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La locandina della mostra “Gli Etruschi e il Mann” al Mann (12 giugno 2020 – 31 maggio 2021)

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Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia alla mostra “Gli Etruschi e il MANN” (foto Mann)

Mercoledì 7 dicembre 2022, alle 17.30, nella sala del Primaticcio di Palazzo Firenze, in piazza di Firenze 27 a Roma, sede centrale della Società Dante Alighieri, presentazione del libro “Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo” (Electa editore, 2020) di Valentino Nizzo, al quale ha lavorato in parallelo con l’allestimento della mostra “Gli Etruschi e il MANN” al museo Archeologico nazionale di Napoli, fortemente voluta dal direttore Paolo Giulierini e nata da una virtuosa collaborazione con il parco archeologico di Pompei e il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Dopo i saluti introduttivi di Alessandro Masi, segretario generale della Società Dante Alighieri, dialogheranno con Valentino Nizzo, lo scrittore e critico letterario Arnaldo Colasanti e il direttore del parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia Vincenzo Bellelli. Per la partecipazione si raccomanda la prenotazione all’email eventi@dante.global. “Quell’esperienza”, ricorda Nizzo, “è stata una occasione importante per riscoprire e restituire al grande pubblico l’anima etrusca delle collezioni del Mann, costituita sia da reperti acquisiti al di fuori della Campania sia da materiali di provenienza locale che, solo successivamente, hanno rivelato il loro cuore etrusco. La riscoperta degli Etruschi in Campania costituisce infatti un caso emblematico, fatto di conquiste, sconfitte, amnesie, negazioni o rimozioni e popolato, come una favola, di fantasmi e miraggi. Eppure le testimonianze letterarie offrivano in proposito un quadro univoco, anche se frammentario, stratificato e di non facile ricomposizione, vista la miscela di culture che caratterizzò la regione sin dalle sue origini, rendendone non facile la decifrazione”.

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Cista in bronzo da Palestrina conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (fine IV-inizio III sec. a.C.) (foto Mann)

 

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Copertina del libro “Gli Etruschi in Campania” di Valentino Nizzo (Electa)

 

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Una delle “scoperte” nei depositi del Mann: coppia di orecchini in oro, lamina, applicazioni a stampo, filigrana (produzione dell’Etruria meridionale) della seconda meta del VI sec. a.C. (foto Mann)

Libro “Gli Etruschi in Campania” di Valentino Nizzo.  “In questo saggio”, spiega l’autore, “ho cercato di offrire uno sguardo per molti versi inedito attraverso quasi quattro secoli, nel corso dei quali l’archeologia, affermatasi definitivamente come scienza storica, solo alla fine del XIX secolo è stata finalmente in grado di risolvere l’enigma, restituendo agli Etruschi della Campania quella consistenza che una parte della critica aveva loro negato o, sul fronte opposto, ridimensionando alcune distorsioni ideologiche che avevano portato addirittura ad attribuire una paternità etrusca ai vasi che oggi sappiamo essere attici, ai templi greci di Poseidonia/Paestum o al filosofo Pitagora. Sullo sfondo giganteggia la storia del museo Archeologico nazionale di Napoli, protagonista e, spesso, anche vittima di questo articolato processo di riconquista di un frammento importante del nostro passato. Alla fine dell’800, infatti, lo scetticismo con il quale si rinnegava la veridicità del dominio etrusco della Campania aveva portato archeologi esperti a dubitare dell’autenticità della seconda iscrizione etrusca per importanza e lunghezza, la tegola di Capua, ritenuta un falso e lasciata liberamente emigrare a Berlino. Da Giambattista Vico a Vincenzo Cuoco, da Leandro Alberti a Johann Joachim Winckelmann, da Alessio Simmaco Mazzocchi a Marcello Venuti, da Stanisław Kostka Potocki a Pietro Vivenzio, da Andrea De Jorio a Raffaele Garrucci, da William Hamilton a Stefano Borgia, da Francesco Bianchini a Michele Arditi, da Raffaele Gargiulo a Désiré Raoul Rochette, da Alessandro Castellani a François Lenormant, da Giulio Minervini a Giuseppe Fiorelli, da Michał Tyszkiewicz a Theodor Mommsen, da Giustiniano Nicolucci a Wolfgang Helbig, da Giulio de Petra a Innocenzo Dall’Osso, da Julius Beloch a Friedrich von Duhn, da Paolo Orsi a Ettore Pais, da Antonio Sogliano a Giovanni Patroni: molti sono i protagonisti – conclude – di questo racconto corale di circa 400 anni che ho tentato di comporre attraverso il filtro degli Etruschi e delle loro testimonianze materiali e immateriali”.

Dantedì al museo Archeologico nazionale di Crotone: incontro on line su Dante, la sua lingua e la figura della Sirena, personaggio mitologico collegato all’antica Kroton

La locandina dell’incontro al museo Archeologico nazionale di Crotone per il Dantedì 2021

Dante viaggiò e visse in vari luoghi d’Italia: Firenze, che lo vide venire al mondo nel 1265 e poi lo esiliò; Verona che prima lo ospitò e poi lo lasciò andare; Ravenna, che lo accolse fino alla fine dei suoi giorni nel 1321; ma anche altre tappe a Roma, Arezzo, Pisa, Bologna, Forlì… Pur non essendo mai sceso in Calabria, il Padre della lingua italiana cita però uno dei personaggi mitologici più direttamente collegati al patrimonio culturale dell’antica città greca di Kroton: la Sirena. In occasione del Dantedì 2021, giovedì 25 marzo, dalle 18, diretta Facebook sulle pagine del museo Archeologico nazionale di Crotone e della Società Dante Alighieri di Crotone per parlare di Dante, della sua lingua e della figura della Sirena. Partecipano: Gregorio Aversa, direttore museo Archeologico nazionale di Crotone; Antonella Cosentino, presidente Società Dante Alighieri di Crotone. L’iniziativa si svolge in collaborazione col Teatro della Maruca di Crotone.

I musei archeologici del Polo museale della Calabria celebrano il Dantedì presentando i collegamenti che ci sono tra alcuni reperti delle collezioni e la Divina Commedia

Che c’azzecca Dante con i musei e i parchi archeologici? La risposta viene dal Polo museale della Calabria che in occasione del Dantedì, giornata celebrativa dedicata al sommo poeta Dante Alighieri, istituita per il 25 marzo 2020 dal Consiglio dei Ministri, su proposta del ministero per i Beni e le Attività culturali e il Turismo. “Molte sedi della cultura statali, afferenti al Polo museale della Calabria, guidato da Antonella Cucciniello”, spiegano, “hanno richiami, similitudini con il mondo dantesco”. Ecco qualche esempio.

Il soggetto della sirena in alcuni reperti conservati al museo archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia (foto pm-cal)

All’interno del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia, diretto da Adele Bonofiglio, sono custoditi alcuni reperti che rappresentano delle sirene, figure mitologiche dal corpo metà uccello e metà donna. Le Sirene compaiono nel XII libro dell’Odissea, nel quale si racconta di Ulisse che dopo aver lasciato la maga Circe riprende il suo viaggio. Giunto presso un gruppo di scogli a Sud della penisola di Sorrento, al largo delle isole Sirenuse, incontra le Sirene che con il loro canto cercano di trattenere i naviganti. Le sirene sono note per il loro canto ammaliatore, affascinante ma molto pericoloso per i naviganti, che promette di svelare tutto ciò che accade o è accaduto sulla terra. Il loro canto dunque si mostra come una promessa: se Ulisse si fermerà presso di loro, se ne andrà sapendo più cose; ma cedere alla tentazione della conoscenza porta a rompere i legami famigliari e a morire. Ulisse però, grazie ai consigli di Circe, riesce ad oltrepassare il pericolo. Ulisse e Dante. L’Ulisse dantesco è simile a quello classico, dotato di insaziabile curiosità e abilità di linguaggio e compare nel XXVI canto dell’Inferno, sottoforma di fiamma. Egli racconta le peripezie del suo viaggio di ritorno da Troia e come, spinto dalla sete di conoscenza, cerca di convincere i suoi compagni a proseguire il viaggio pronunciando la famosissima frase: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Sete di conoscenza che lo porterà alla rovina.

La sede del museo Archeologico nazionale di Locri

Il museo Archeologico nazionale di Locri, diretto da Rossella Agostino, in sintonia con il museo di Vibo Valentia che per il Dantedì ricorda Ulisse, il canto delle Sirene, e il suo incontro con Dante, con l’intento di creare un fil rouge tra i musei calabresi e il loro ricco e sfaccettato patrimonio, vuole testimoniare la presenza di manufatti raffiguranti le Sirene esposti lungo il suo percorso espositivo. Una produzione degli artigiani locresi che lavoravano ed abitavano nel quartiere di Centocamere, oggi visitabile nell’area del parco archeologico di Locri: balsamari in terracotta di diverse dimensioni, conformati a sirena caratterizzata da una lunga capigliatura a trecce e orecchini discoidali con funzione di ex voto dedicati a Persefone regina degli Inferi, agli specchi in bronzo il cui manico riproduce le fattezze di questa suggestiva figura che con il suo canto irretiva gli uomini. Produzioni che tra VI e V secolo a.C. costituiscono una delle espressioni più caratteristiche dell’artigianato locrese.

Una sala espositiva del museo Archeologico Lametino di Lamezia Terme (foto pm-cal)

Il museo archeologico Lametino di Lamezia Terme, diretto da Gregorio Aversa, sposta in rete tutte le iniziative organizzate per il primo “Dantedì”, giornata celebrativa dedicata dal MiBACT al sommo poeta Dante Alighieri, prevista per il 25 marzo, data che gli studiosi individuano come inizio del viaggio ultraterreno della “Divina Commedia”. Sulla pagina FB (https://www.facebook.com/museoarcheologicolametino/) del museo l’appuntamento si raddoppia. Si inizia martedì 24 marzo 2020 con il pre-evento “Aspettando il #Dantedì”, durante il quale Laura Montuoro, socio della “Società Dante Alighieri – Comitato locale Soverato”, citando alcune terzine del XV Canto del “Paradiso”, invita i follower a partecipare attivamente alle celebrazioni. Per l’appuntamento nazionale fissato dal MiBACT per le 12 di mercoledì 25, il Museo ha, invece, organizzato l’iniziativa “#IoleggoDante, ma in calabrese”. È prevista una lettura in streaming a cura di Domenico Benedetto D’Agostino, curatore del Progetto “PoesiaInCostruzione, di alcune terzine del XXVI Canto dell’“Inferno” tratte da “‘U Mpiernu, ‘U Prigatoriu, ‘U Paravisu” di Salvatore Scervini (Acri 1847-1925). Si tratta della trasposizione in calabrese dell’opera dantesca, seconda traduzione integrale in Italia e prima nel Meridione, considerata una delle versioni più riuscite per completezza, qualità letteraria, lingua e stile. Completeranno il programma numerosi post con approfondimenti e curiosità, tra cui: un’esposizione inedita sulla nostra bacheca virtuale di un’edizione unica al mondo della “Divina Commedia” (ed. Manzani, Firenze 1595), messa a disposizione da Giovanna Adamo, presidente dell’associazione artistico-culturale “Arte & Antichità Passato Prossimo” di Lamezia Terme; un omaggio da parte dell’illustratrice lametina Felicia Villella; la partecipazione al flash mob della “Società Dante Alighieri” previsto per le 18 del 25 marzo con l’intervento di Samuele Anastasio, speaker di Radio Soveria, che aprendo la finestra della sua casa declamerà, come richiesto, le due terzine del canto dantesco in cui Paolo e Francesca dimostrano che l’amore vince tutto. L’iniziativa è a cura di Rosanna Calabrese, funzionario archeologo del Polo museale della Calabria.

All’interno del museo Archeologico nazionale di Mètauros a Gioia Tauro, diretto da Simona Bruni, sono custoditi moltissimi reperti provenienti dai corredi tombali della necropoli ritrovata in contrada Due Pompe – fase magnogreca della città. I corredi tombali esposti a Mètauros rappresentano le suggestioni legate alla cultura dell’oltretomba e agli usi della deposizione che attraverso il corredo dava forma all’immateriale legame tra la vita terrena del deposto e la sua vita nell’aldilà. Collegamento culturale diviene Caronte e la sua figura di traghettatore delle anime nel loro percorso di vita ultraterrena attraverso la presentazione di due litografie di Gustave Dorè, Divina Commedia illustrata dell’Ottocento (Gustave Dorè, Divina Commedia Illustrata 1861) che rappresentano l’incontro di Dante e Virgilio nell’oltretomba con Caronte; correlazione con le collezioni esposte nel Museo – i corredi funebri – legati alla cultura della deposizione e dell’oltretomba. Inoltre grazie alla collaborazione dell’architetto e scenografo Lorenzo Pio Massimo Martino sarà pubblicato il video “L’incontro infernale tra il Sommo e il traghettatore delle anime perdute” (Commedia narrata a cura di Lorenzo Pio Massimo Martino). Seguirà nel pomeriggio per #ioleggoDante un tag sul fumetto di Mètauros realizzato da Federico Manzone (nato nell’ambito dell’iniziativa Fumetti nei Musei 2020) reso visibile on-line per la giornata del 25 marzo su issuu.com/coconinopress. Lo storyboard realizzato dal nostro fumettista riprende le figure mitologiche e legate all’oltretomba in virtù delle collezioni che denotano il museo come “museo delle necropoli”.

La basilica normanna conservata all’interno del parco archeologico di Scolacium

Il museo e parco archeologico nazionale di Scolacium, diretto da Elisa Nisticò, celebra Dante Alighieri nella giornata a lui dedicata con un contributo sui suoi canali social basato sul pensiero trinitario di Gioacchino da Fiore nella Divina Commedia, con radici lontane in Cassiodoro, nativo di Scolacium. La Commedia ha uno schema triadico, secondo le tre età del padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Anche Cassiodoro trova nei Salmi la dottrina della Trinità. Troviamo dunque una linea di pensiero che attraversa i secoli e supera le distanze spaziali.