Archivio tag | sito archeologico di Colombare di Negrar di Valpolicella

Montecchio di Negrar (Vr). Il prof. Tecchiati presenta i risultati dello scavo archeologico di Colombare di Villa alle “conferenze del giovedì” dell’associazione Piro Ma Cogno. Qualche anticipazione per “archeologiavocidalpassato.com”

montecchio-di-negrar_incontro-scavo-archeologico-a-colombare-di-villa_prof-tecchiati_locandinaA Montecchio di Negrar di Valpolicella (Vr) tornano le “conferenze del giovedì” dell’associazione Piro Ma Cogno alla sala civica di via don Tacchella. Giovedì 7 novembre 2024, alle 21, il professor Umberto Tecchiati, direttore delle ricerche allo scavo archeologico a Colombare di Villa, nell’incontro “Archeologia. Lo scavo archeologico di Colombare di Villa” parlerà dell’avanzamento delle ricerche durante la campagna 2024, conclusasi a fine settembre. L’ingresso è gratuito, fino a esaurimento posti.

Il prof. Tecchiati anticipa ad archeologiavocidalpassato.com i temi dell’incontro: “Presento all’associazione Piro Ma Cogno di Montecchio di Negrar di Valpolicella i risultati degli scavi alle Colombare di Negrar svolti nel settembre di quest’anno. Abbiamo completato lo scavo della casa del Neolitico Tardo datata intorno al 3900 a.C. con la scoperta di nuove fosse che ospitavano pali portanti di questa casa e abbiamo potuto portare in luce per la prima volta dall’inizio delle nostre ricerche anche stratificazioni dell’età del Rame in un sondaggio attiguo”.

Negrar di Valpolicella (Vr). Per GEP 2024 “Un viaggio nel tempo. Dal Neolitico a oggi”: passeggiata archeologico – naturalistica con visita allo scavo del sito preistorico di Colombare di Villa

negrar_colombare_scavo-e-passeggiata_foto-unimi

Lo scavo al sito preistorico di Colombare di Villa di Negrar di Valpolicella (foto unimi)

“Un viaggio nel tempo. Dal Neolitico a oggi”: quest’anno, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio (GEP) il 28 e 29 settembre 2024, è stata organizzata una passeggiata archeologico – naturalistica con visita allo scavo, che terminerà con un piccolo aperitivo offerto da Fondazione MASI e MASI Agricola SpA. La camminata è prevista per sabato 28 al pomeriggio. Si parte alle 14.30 dal parcheggio tra cimitero e campo sportivo di Mazzano (Negrar di Valpolicella), si fa tappa al sito preistorico di Colombare di Villa e si torna al campo sportivo. L’evento è gratuito; tuttavia, è necessario assicurarsi per la giornata (l’assicurazione costa 4 euro). I posti sono limitati, pertanto la prenotazione è obbligatoria. Per prenotarsi: scavodinegrar@gmail.com. Il tema delle GEP di quest’anno, “Patrimonio in cammino”, è particolarmente calzante per il sito delle Colombare, che probabilmente aveva un ruolo centrale nel territorio della Valpolicella tra Neolitico ed età del Rame, punto di incontro e passaggio. Durante la camminata, vi mostreremo che ancora oggi il sito è vicinissimo a un dei principali sentieri europei. Obiettivo della passeggiata è portare i visitatori indietro nel tempo, facendo loro ripercorre gli ultimi 6300 anni di storia della Valpolicella, da quando cioè l’attività degli esseri umani inizia a plasmare questo territorio e il suo paesaggio in senso “moderno”, con il primo accudimento della pianta della vite – insieme a diverse altre piante da frutto – e la costruzione dei primi terrazzamenti.

Montecchio di Negrar (Vr). Il prof. Tecchiati (università di Milano) presenta al pubblico l’avanzamento delle ricerche nel sito preistorico delle Colombare (4300-900 a.C.). Esclusivo: il direttore dello scavo ci illustra in anteprima le scoperte e i risultati della campagna 2023

negrar_montecchio_sito-preistorico-colombare_presentazione-scavi_locandinaNuovo incontro dedicato al pubblico della Valpolicella, per raccontare il nostro lavoro alle Colombare di Negrar e per far conoscere l’importanza e il valore di questo sito preistorico a più persone possibile, organizzato dal laboratorio di Preistoria Protostoria ed Ecologia preistorica del dipartimento di Beni culturali e ambientali dell’università di Milano in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona e il Comune di Negrar. Appuntamento giovedì 7 dicembre 2023, alle 21, nella sala civica di Montecchio di Negrar in via Don Tacchella 4, con il professor Umberto Tecchiati, direttore dello scavo e docente di Preistoria ed Ecologia preistorica all’università di Milano, che racconterà l’avanzamento delle ricerche nella conferenza “Gli scavi dell’università di Milano nel sito preistorico delle Colombare di Villa (Negrar di Valpolicella)”. L’incontro è gratuito.

negrar_colombare_sito-preistorico_tecchiati-col-team-di-scavo-2023_foto-unimi

Il prof. Umberto Tecchiati (dietro, al centro) con un gruppo di partecipanti alla campagna 2023 nel sito preistorico di Colombare di Negrar (foto unimi)

rovereto_rassegna-RAM-2023_aperitivi_tecchiati_locandina

L’archeologo Umberto Tecchiati sarà uno dei protagonisti dell’Aperitivo al Ram film festival 2023

archeologiavocidalpassato.com ha incontrato il prof. Tecchiati a Rovereto, dove è stato ospite degli “Aperitivi al Giardino” nell’ambito del RAM film festival. Il professore illustra il sito preistorico di Colombare di Negrar (Vr) frequentato dal Neolitico recente fino alla fine dell’età del Bronzo (ultimi secoli del V millennio a.C. – 1000 o al 900 a.C.), poi quindi descrive le scoperte più significative della campagna di scavo 2023, conclusa alla fine di settembre, e infine conferma che già 6mila anni fa c’era lo sfruttamento della vite selvatica, anche se non si può ancora parlare di vitivinicoltura, che è la conferma che tutta la Valpolicella, terra vocata alla produzione di vini nobili, si attende in un prossimo futuro da queste ricerche.

Professore, ci parla del sito preistorico di Colombare? “Il sito preistorico delle Colombare di Villa si trova nel comune di Negrar di Valpolicella lungo un versante montuoso ai piedi del monte delle Faldere a circa 600 metri di quota sul livello del mare”, spiega Tecchiati. “È stato scoperto e in parte scavato da Francesco Zorzi all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento. Dal 2018 esiste un progetto dell’università di Milano, dipartimento di Beni culturali e ambientali, in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo, e siamo ormai alla quinta campagna di scavo. È un sito particolarmente importante per la preistoria recente e per la protostoria dell’Italia settentrionale perché conserva stratificazioni archeologiche e strutture di importanza non soltanto locale, non soltanto regionale. Particolarmente significativa è l’occupazione di questo sito che è avvenuta a partire dal Neolitico recente, quindi diciamo dagli ultimi secoli del V millennio a.C., in termini di datazioni radiocarboniche a partire circa dal 4300 a.C., fino alla fine dell’età del Bronzo, diciamo fino circa al 1000 o al 900 a.C., quando nel sito non si trovano più reperti che documentano occupazioni posteriori. Molto ricca è la documentazione materiale, soprattutto di industria litica, cioè produzioni di strumenti in selce. L’ottima selce dei Lessini veniva sfruttata nel sito. E noi abbiamo la prova dell’esistenza di un atelier, cioè di un’area di fabbricazione di strumenti e di lavorazione dei noduli di selce che venivano raccolti nei dintorni. È molto importante anche la documentazione – per esempio – ceramica che documenta importanti contatti sia con l’area alpina lombarda, e in particolare la Valcamonica e altre aree alpine della Lombardia centro-orientale, e contatti sono documentati anche con la pianura Padana, in particolare con numerosi siti emiliani”.

Come è andata la campagna 2023? “Quest’anno abbiamo continuato a scavare in un settore già indagato negli anni scorsi che è quello della cosiddetta “capanna Zorzi”, cioè un’area in cui Francesco Zorzi all’inizio degli anni ’50 aveva individuato resti di una abitazione addossata contro un masso e abbiamo deciso di continuare a scavare in quest’area perché sentivamo il bisogno di sottoporre a verifica ciò che Zorzi aveva trovato sulla base però di un metodo e anche di un approccio scientifico diverso e più moderno. E quello che abbiamo trovato in quest’area e che abbiamo appena finito di scavare – anticipa il prof. Tecchiati – sono stratificazioni soprattutto del Neolitico tardo, quindi diciamo di età compresa tra il 4000 e il 3500 circa a.C. Abbiamo strati che contengono cultura materiale di questa età – ceramica, selce – e poi resti faunistici, resti vegetali carbonizzati, pollini. E molto importante è l’individuazione di una casa che si addossava al pendio: probabilmente aveva un pavimento in legno pensile appoggiato su pali e di cui noi abbiamo trovato le fosse di fondazione. In un altro settore, invece, abbiamo potuto portare in luce i resti di quella che possiamo definire la più antica “marogna” della Valpolicella, cioè un muro di terrazzamento costruito in pietrame che aveva una faccia contro il pendio e una faccia a valle. Si tratta di un muro probabilmente costruito a sacco – quindi con un riempimento interno di pietrame – che possiamo datare approssimativamente all’antica età del Bronzo. E devo dire che radiazioni radiocarboniche fatte su materiale trovato si piani d’uso di questo muro di terrazzamento sono attualmente in corso e credo che confermeranno la datazione che abbiamo tentato preliminarmente sulla base della ceramica”.

Si parla di sfruttamento della vite. E il vino? “Tra le scoperte più interessanti delle nostre ricerche c’è quella relativa allo sfruttamento della vite”, conferma il direttore dello scavo. “Sia tra i campioni pollinici sia anche tra i resti vegetali carbonizzati la vite è ampiamente documentata con percentuali rispetto alle altre specie vegetali che ci fanno credere che alla vite fosse riservata una particolare attenzione. Ovviamente non possiamo parlare ancora di vino. Stiamo cercando eventuali prove della vinificazione che non possiamo escludere naturalmente, dove c’è la vite, dove c’è l’uva c’è anche il vino presto o tardi, quello che possiamo dire attualmente è che la vite era non coltivata, non si tratta probabilmente di una vite domestica ma di una vite selvatica alla quale erano riservate particolari attenzioni, particolari cure. Quindi – conclude – anche una qualche forma di coltivazione”.

Negrar. Nel sito archeologico di Colombare l’università di Milano ha scoperto la prima uva della Valpolicella: 6300 anni fa questo frutto veniva già consumato. “Ma attenzione: per ora nella terra dell’Amarone non si può parlare di vino del Neolitico. Non ci sono ancora le prove. Dobbiamo continuare le ricerche. Che però costano e richiedono tempo”

L’annuncio in locandina era dei più accattivanti per la Valpolicella, terra in provincia di Verona da sempre vocata alla vitivinicoltura: “6300 anni fa la prima uva della Valpolicella. Presentazione degli scavi dell’università di Milano alle Colombare di Negrar di Valpolicella”. E le aspettative sono state rispettate dagli intervenuti all’incontro in Azienda Agricola Villa Spinosa a Negrar di Valpolicella (Vr): Roberto Grison, sindaco di Negrar di Valpolicella; Vincenzo Tinè, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza; Brunella Bruno, responsabile tutela archeologica Verona città e parte comuni della provincia; Paola Salzani, co-direttrice scientifica di progetto; Umberto Tecchiati, direttore scientifico dello scavo e docente di Preistoria ed Ecologia preistorica dell’università di Milano; Cristiano Putzolu del Laboratorio di Preistoria Protostoria ed Ecologia Preistorica del Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’università di Milano (PrEcLab).

Ricerche nel sito archeologico di Colombare di Negrar di Valpolicella (foto PrEcLab)

“A quasi 70 anni dalle prime indagini a cura del museo di Storia Naturale di Verona”, spiegano al PrEcLab di Milano, “è stato compiuto un notevole salto in avanti nella conoscenza del sito di Colombare di Negrar e del suo paleoambiente. Grazie alle collaborazioni con le università di Mannhein e di Bologna per le datazioni al radiocarbonio e soprattutto con l’ateneo di Modena e Reggio Emilia per le analisi archeobotaniche, è stato possibile non solo estendere l’arco di vita del villaggio a quasi 3000 anni di frequentazione, ma anche scoprire la più antica attestazione della vite in Valpolicella, i cui frutti erano conosciuti già 6300 anni fa. Le analisi del paleoambiente, perno delle ricerche dell’équipe milanese, collocano insomma il sito archeologico di Colombare di Negrar nel cuore di un comprensorio ricco di potenzialità naturali, confermando la vocazione produttiva di quest’area del Veneto. Un elemento di continuità straordinario tra passato e presente, che potrà essere confermato solo dalle analisi dei nuovi campioni raccolti durante la campagna di scavo 2021, giunta al termine”.

Ricerche nel sito archeologico di Colombare di Negrar di Valpolicella (foto PrEcLab)

Ma attenzione a non fare confusione o non azzardare conclusioni al momento premature. “Parliamo di uva, non di vino”, ribadiscono gli esperti del PrEcLab di Milano. “Siamo consapevoli del fascino suscitato dalla notizia. Eppure, per correttezza nei confronti del territorio, non ci pare giusto fare credere ciò che non è ancora stato dimostrato. 6300 anni fa si produceva il vino in Valpolicella? Al momento, dobbiamo dire che non lo sappiamo. Però sappiamo che si mangiava l’uva. La più antica uva della Valpolicella. È una notizia meravigliosa! Prima o poi, ci piacerebbe dirvi che qui si faceva anche il primo vino del territorio. Ma non è il momento. Questi dati non li abbiamo. Non ancora. Servono più ricerche, più analisi. Più fondi. Forse, più voglia del territorio stesso di riscoprirsi. Noi crediamo fortissimamente in questa ricerca. Crediamo possa fare bene a tutti: istituzioni, imprese locali, abitanti. Ma solo se vi raccontiamo davvero le cose come stanno e ci diamo la possibilità di riscoprire il passato insieme, un passo alla volta. Per questo, per noi, mettere i puntini sulle i è così importante”.

Ricerche nel sito archeologico di Colombare di Negrar di Valpolicella (foto PrEcLab)

Storia e sviluppo delle ricerche a Colombare di Negrar. “Partiamo da una premessa”, spiegano gli esperti del PrEcLab: “Le nostre ricerche stanno dando ottimi frutti. Le analisi di laboratorio hanno rivelato la presenza di pollini di vite negli strati archeologici. Questo ci ha fatto ipotizzare che la pianta della vite, probabilmente ancora selvatica, fosse comunque accudita già nel Neolitico e sfruttata per i suoi frutti. Da quel che sappiamo finora possiamo ipotizzare che alle Colombare, nel Neolitico, si mangiasse l’uva. Non sappiamo altro”.

Ricerche nel sito archeologico di Colombare di Negrar di Valpolicella (foto PrEcLab)

“È impossibile che a Negrar 6300 anni fa ci fosse il vino? No”, assicurano al PrEcLab, giusto per non spegnere i legittimi entusiasmi dimostrati dal territorio. “Ma per poterlo affermare servono altri elementi. Per esempio, avere tracce di vino nei contenitori di ceramica. Ciò non significa che siamo alla ricerca spasmodica di tracce di vino nei contenitori. Dipenderà molto dalla qualità dei reperti trovati e dalla possibilità di raccogliere campioni. Insomma – concludono -, per ora niente vino. Siamo certi solo del consumo dell’uva 6300 anni fa. In quello che oggi è uno dei principali distretti del vino in Italia. Cosa significa? In pratica, che siamo di fronte a una bellissima notizia, ma che per parlare esplicitamente di vino Neolitico a Negrar… dobbiamo continuare le ricerche. Che però costano e richiedono tempo”.