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Fotografia in lutto. Si è spento a 91 anni Mimmo Jodice, un gigante della fotografia, voce poetica di Napoli. Cordoglio di tutta la città. Il ricordo commosso di enti culturali, istituzioni, ex allievi. Il ministro Giuli: “ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria”

Fotografie di Mimmo Jodice con i Corridori dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Quegli sguardi fissi, quegli occhi, quei movimenti che vengono dal passato e ti accompagnano verso l’uscita della stazione Museo della metropolitana di Napoli e ti preparano alle emozioni che ti aspettano, in superficie, al museo Archeologico nazionale di Napoli. Quelle immagini che fanno “parlare” l’Antico sono scatti memorabili del fotografo Mimmo Jodice: un patrimonio universale le sue foto, oggi ancora più prezioso. Domenico Mimmo Jodice si è spento a 91 anni il 28 ottobre 2025 a Napoli, nella sua Napoli dove erano nato, nel rione Sanità, il 29 marzo 1934. Lascia la moglie Angela, e i figli Barbara e Francesco. Napoli piange il suo figlio che ha fatto conoscere la città fuori dagli stereotipi. Grande il cordoglio di enti culturali, istituzioni, ex allievi, comuni cittadini. Per tutti il sindaco Gaetano Manfredi e tutta l’amministrazione comunale di Napoli esprimono “profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia e voce poetica della città. Con la sua arte, Jodice ha saputo raccontare Napoli al di là dei cliché, restituendone l’anima più autentica”.  Giovedì 30 ottobre 2025, dalle 12 alle 16.30, per volontà del sindaco e della famiglia, la camera ardente sarà allestita al Maschio Angioino, luogo simbolico e caro all’artista, che ha ospitato la sua ultima grande mostra “Napoli Metafisica”.

L’annuncio della morte di Mimmo Jodice da parte di RaiNews

Mimmo Jodice è stato uno dei più grandi fotografi di sempre. Autodidatta, si avvicina alla fotografia negli anni ’50. Negli anni ’60 Jodice ha collaborato con artisti come Andy Warhol, Joseph Beuys, Sol LeWitt, Michelangelo Pistoletto e Alberto Burri. Dal 1970 al 1994 ha insegnato fotografia all’Accademia di Belle arti di Napoli. Nel 1970 la sua prima mostra nazionale Nudi dentro cartelle ermetiche alla galleria il Diaframma di Milano, con presentazione di Cesare Zavattini. Negli anni successivi si susseguono le mostre personali nei musei di tutto il mondo: Philadelphia Museum of Art 1995; Maison Européenne de la Photographie 1998; museo di Capodimonte 1998; Galleria nazionale d’Arte moderna e contemporanea 2000; Massachusetts College of Art and Design 2001; Moscow House of Photography 2004; Museu de Arte de Sao Paulo 2004; MART 2004; Bassano Fotografia 2013. Nel 2001 la Galleria d’Arte moderna di Torino gli ha dedicato un’esauriente Retrospettiva 1965/2000. Nel 2002 vince il Premio Flauto d’Argento. Nel 2003 è il primo fotografo a ricevere il Premio “Antonio Feltrinelli” dell’Accademia nazionale dei Lincei. Nel 2006 l’università Federico II gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura. Nel 2007 espone alla Fondazione Forma di Milano l’importante retrospettiva “Perdersi a guardare – Trenta anni di fotografia in Italia” che verrà poi esposta l’anno successivo ad Arles e di cui l’Editore Contrasto pubblica il libro omonimo in italiano, inglese e francese. Il museo d’Arte contemporanea di Napoli (MADRE) nel 2016 decide di dedicare una grande retrospettiva sul lavoro del fotografo. Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli e la serie Anamnesi, le foto ai capolavori del museo Archeologico nazionale di Napoli. “Con Mimmo Jodice scompare un maestro indiscusso della fotografia italiana e internazionale”, dichiara il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “un uomo di rara sensibilità che ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria. Il suo sguardo era insieme antico e radicalmente moderno, capace di rendere visibile l’invisibile. La nostra amicizia, maturata durante la mia presidenza al Maxxi, era nutrita dalla comune convinzione che le arti riescano a trovare un senso compiuto quando vengono poste al servizio della società. È esattamente l’ideale che il maestro Jodice perseguì lungo l’intero arco della sua inarrivabile carriera. A sua moglie Angela e alla sua famiglia va il mio caloroso abbraccio”.

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, con il fotografo Mimmo Jodice (foto da profilo FB de luca)

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania: “Addio a Mimmo Jodice, uno dei grandi maestri della fotografia italiana del secondo Novecento e dell’età contemporanea. Legato intimamente a Napoli, in particolare al Rione Sanità, dov’era nato e cresciuto, ne ha rappresentato le problematiche e le contraddizioni sociali. È stato un grande innovatore delle tecniche e delle forme espressive. La macchina fotografica per Mimmo Jodice era un mezzo per raccontare la natura umana andando oltre il tempo e lo spazio. È stato un artista a tutto tondo, un grande intellettuale che ha dato lustro a Napoli e alla Campania a livello mondiale. Nel 2016, la Regione Campania, prodotta dal Museo Madre, gli aveva dedicato la prima monografia retrospettiva, come tributo ad una lunghissima carriera artistica. È una grave perdita per la nostra comunità. Facciamo le nostre condoglianze ai suoi familiari. Lo ricorderemo sempre con grande gratitudine ed affetto”.

Atleti dalla Villa dei Papiri, 1986: foto di Mimmo Jodice dei capolavori conservati al Mann

Museo Archeologico nazionale di Napoli. “Da ragazzo vivevo nella Sanità e lavoravo in una libreria a Port’Alba (…). Quando la libreria chiudeva per la pausa, mangiando il mio panino, mi fiondavo al Museo Archeologico. Lì trascorrevo la mia ora di pausa, conversando con la -mia- scultura. Ogni giorno sceglievo con chi parlare, un dialogo muto, intenso con uno degli Atleti, oppure con la Venere in Bikini o ancora con le Danzatrici. A seconda delle mie infelicità, paure o difficoltà, sceglievo colui o colei per confidare la mia vita difficile” (Mimmo Jodice per il libro “MANN che Storia”, “La Repubblica Napoli”, marzo 2022). Grazie a Mimmo Jodice, fotografo di fama internazionale che ha sempre conservato semplicità e coerenza, pur avendo segnato pagine indimenticabili della storia dell’arte. Il direttore generale del Mann, Francesco Sirano, lo ricorda così: “Mimmo Jodice ha dedicato al nostro Museo delle fotografie indimenticabili: tra queste, i celebri scatti dei capolavori della Villa dei Papiri sono la rappresentazione tangibile del valore universale dell’arte. Il perdersi a guardare di Mimmo Jodice rappresenta l’esito di un percorso rigoroso di studio attraverso uno sguardo onesto e acutissimo, appassionato di Napoli”.

Foto di Mimmo Jodice sulla copertina del libro “MANN che Storia” (“La Repubblica Napoli”, marzo 2022)

Paolo Giulierini, già direttore del Mann: “Addio Maestro, addio Mimmo. Scegliemmo uno dei tuoi capolavori per raccontare otto anni di riscatto. Non poteva essere altrimenti. E su quella scala del Museo, quel giorno che mi avevano estromesso, tu c’eri a metterci la faccia”.

Fotografie di Mimmo Jodice con le Danzatrici dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Anm Napoli. Con le immagini tratte dalla collezione delle Stazioni dell’Arte di Metro Linea 1, Museo e Municipio, rendiamo omaggio a Mimmo Jodice, grande maestro della fotografia italiana, scomparso il 28 ottobre 2025. Le accompagniamo con le sue stesse parole, tratte da una toccante intervista del 2015 in cui raccontava il suo profondo dialogo con la statuaria antica: “Ho dialogato con loro, ho cercato innanzitutto di rendere queste espressioni, queste facce, non come pezzi di marmo o di bronzo […] Prima di scattare una foto aspetto un tempo lungo, per cercare di capire che cosa stanno guardando questi occhi. La cosa che mi interessa di più è riuscire a cogliere i sentimenti. Tutto cambierà, ma queste immagini sono l’eternità, un modo di essere, come siamo stati e come saremo”.

Il fotografo napoletano Domenico Mimmo Jodice (foto paerco)

Il parco archeologico di Ercolano esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia contemporanea e testimone sensibile della bellezza e della memoria del nostro patrimonio. Con il suo sguardo unico, Jodice ha saputo restituire attraverso l’obiettivo l’anima senza tempo dei siti e reperti archeologici, tra cui spiccano quelli ercolanesi, intrecciando presente e passato in immagini che sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo. La sua arte, capace di cogliere silenzi, dettagli e prospettive, ha dato nuova voce ai luoghi della cultura, contribuendo a rafforzare il legame tra la comunità e le sue radici. Il Parco di Ercolano si unisce al dolore della famiglia, del mondo della fotografia e di quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzare la sua opera. Le sue immagini restano testimonianza viva e continueranno a ispirare le generazioni future.

La Piscina Mirabilis di Pozzuoli vista da Mimmo Jodice (pafleg)

Parco archeologico dei Campi Flegrei. Se n’è andato Mimmo Jodice, maestro della fotografia. Il suo sguardo innovativo, che si è posato anche sui monumenti dei Campi Flegrei, ha contribuito a rivoluzionare il mondo della fotografia. Il parco archeologico dei Campi Flegrei si stringe al cordoglio.

Mimmo Jodice col direttore Eike Schmidt al museo di Capodimonte (foto museo capodimonte)

Museo e real bosco di Capodimonte. Il direttore Eike Schmidt, i dipendenti e tutti i collaboratori del museo e real bosco di Capodimonte salutano il maestro Mimmo Jodice, immensa figura di artista e grande napoletano. “Nel porgere il nostro più profondo cordoglio alla famiglia e alla comunità artistica”, dichiara il direttore Schmidt, “non possiamo che rinnovare la nostra riconoscenza per il legame speciale che l’indimenticabile Maestro ha avuto con Capodimonte, testimoniato da importanti donazioni tra le quali la sua amata camera oscura. Caro Maestro, il Centro che porterà il suo nome sarà come voleva dedicato alla formazione dei giovani. Un impegno sacro preso con Lei e con la Sua famiglia che onoreremo con orgoglio”.

“Attesa” di Mimmo Jodice nella mostra opsitata al museo MADRE di Napoli

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e il museo Madre ricordano Mimmo Jodice. “In anni in cui il la fotografia era prevalentemente strumento per indagini documentaristiche”, scrive la storica dell’arte Olga Scotto di Vettimo, “Mimmo Jodice (Napoli, 1934) sperimenta le potenzialità stesse del mezzo fotografico, conducendo la sua ricerca all’interno di un ambito di ascendenza concettuale. Il nudo, il ritratto e l’oggetto banale diventano il pretesto per interrogare la tecnica e il linguaggio fotografico, mettendo in secondo piano ogni dato emozionale e interpretativo. In tal modo, Jodice sperimenta e decostruisce, combina elementi astratto-cubisti con quelli figurativi, interviene sulla carta attraverso il collage e lo strappo e, ancor prima, nella camera oscura, imponendo movimento e potenzialità a soggetti statici”. Il museo MADRE di Napoli ha conferito a Mimmo Jodice il suo primo “Matronato alla carriera” nel 2014, in riconoscimento della sua eccellente carriera artistica. Inoltre, nel 2016, il museo ha ospitato la più grande retrospettiva a lui dedicata, intitolata “Attesa, 1960-2016”, che presentava più di cento opere.

Festa Teatrale per il giorno onomastico del Teatro di San Carlo: scenoigrafia di Carosi su foto di Jodice (foto teatro san carlo)

Il Teatro di San Carlo di Napoli si unisce al cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice. Con la sua opera ha saputo raccontare Napoli, la sua luce e la sua memoria, restituendo alla fotografia una profonda dimensione poetica e civile. La sua ricerca artistica, segnata da sensibilità e visione, ha contribuito in modo indelebile alla cultura del nostro tempo. Il Teatro di San Carlo ricorda con riconoscenza un Maestro che ha onorato la nostra città con la sua arte e il suo sguardo unico sul mondo. Il 4 novembre 1987, la scenografia di Mauro Carosi fu basata su un celebre scatto di Mimmo Jodice in occasione dello spettacolo firmato da Roberto De Simone per il 250° anniversario del Teatro.

SCABEC. Ci lascia Mimmo Jodice, maestro che con il suo sguardo ha saputo trasformare l’antico in visione contemporanea. Grazie Maestro.

Villa Jovis a Capri: Opera 43, 1984, di Mimmo Jodice (musei di capri)

Musei di Capri. Con profonda tristezza apprendiamo la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia italiana contemporanea. Nel 2010 la Certosa di San Giacomo ha accolto la sua mostra “Figure del mare”. La visione del mare come luogo del vuoto, il silenzio, la sospensione del tempo, la persistenza del passato nel presente, frammenti di corpi e di volti di sculture della classicità restituiti dal mare.

Mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana” al museo delle Civiltà (foto muciv)

Il MUCIV-Museo delle Civiltà si stringe alla famiglia di Mimmo Jodice nel ricordo di un grande artista della fotografia. Attorno a colui che ha ispirato coloro che hanno deciso di fotografare il mondo grazie ai suoi generosi insegnamenti, alla sua visione tanto estetica quanto etica. Dalla Napoli antropologica e popolare a quella surreale e metafisica, dalle immagini in cui ridà vita a architetture, sculture e paesaggi dell’archeologia alle immagini dei vuoti delle megalopoli contemporanee. Jodice celebra un umanesimo paziente e sapiente, riuscendo a dare rappresentazione al tempo oltre che allo spazio, in un’”attesa” che non ha fine. Nel suo mare Mediterraneo continueremo a ricordarlo tra gli echi e le memorie della mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana”. Grazie, Mimmo.

Mimmo Jodice al Mart di Rovereto in occasione della presentazione della mostra: Mimmo Jodice. Dalla collezione “i Cotroneo” (foto Mart, Jacopo Salvi, 2016)

MART di Rovereto. Ci uniamo al cordoglio del mondo dell’arte per la scomparsa di Mimmo Jodice, artista a cui siamo molto legati e di cui conserviamo splendide opere. Fanno parte del patrimonio del Mart le fotografie del celebre ciclo “Mediterraneo”, alcune delle quali inserite nella mostra “Sport. Le sfide del corpo”, e sei opere appartenenti alla serie “Isolario Mediterraneo” che Jodice stesso decise di donarci. La nostra vicinanza va oggi ai familiari di Mimmo Jodice e in particolare al figlio Francesco a cui mandiamo un caloroso abbraccio.

Omaggio di Udine Musei al maestro Mimmo Jodice (foto da FB)

Udine Musei. Siamo vicini alla famiglia di Mimmo Jodice. Ci stringiamo attorno ad Angela, Barbara e Francesco. Oggi accendiamo con riconoscenza le luci sulla sua opera, le sue visioni e i suoi valori.

Occhi dalla collezione Mediterraneo di Mimmo Jodice (dal profil FB di laura noviello)

L’archeologa Laura Noviello: “Il “genio” di saper “scrivere con la luce”, il fotografare di Mimmo Jodice: di restituire al passato una contemporaneità viva di carne ferita e sangue. E al nostro quotidiano vivere un passato che è puro, eterno presente. Mimmo, un meraviglioso napoletano. Ci pensavo attraversando la metro, che i corridori ercolanensi mi guardavano accanto alle Danaidi nei tunnel cingolati di ferro, in mezzo alla folla. “Eccolo il genio”, e mentre tornavo in superficie davanti all’apparizione dell’Antro cumano con i suoi tagli straordinari di luce. Ai miei occhi ho sempre avuto peplophorai e amazzoni da lui ritratte, tanto che sabato davanti a quella ercolanense, ancora una volta, ho rivisto il suo occhio e il volto ferito. Non ho talento negli elogi pubblici, ma rivedo anche la mia prima, piccola agenda, costellata di sue foto vesuviane e in me è tutta la gratitudine immensa davanti alla costruzione di un universo complesso e stratificato di senso e significati. Se viviamo in questo tempo che è tutti i tempi insieme, danzando con le Danaidi e tra i corridori al Museo come in metro e ovunque a Napoli, è anche grazie a chi, come Mimmo, ha saputo cogliere e rendere tangibile questo straordinario miracolo che ci è dato. Ha lasciato un segno, uno sguardo, un modo di raccontare la terra campana: flegrea e vesuviana come nessun altro. D’altronde parlando di Napoli diceva e non a torto: “Se fossi nato a Milano o a Zurigo non avrei fatto il fotografo”. Inutile anche argomentarne il perché. A lui tutta la nostra viva e meravigliata gratitudine. Grazie Maestro”.

Il fotografo Mimmo Jodice con l’archeologo Giuliano Volpe (foto da FB)

L’archeologo Giuliano Volpe: “Un grande dispiacere per la perdita di Mimmo Jodice, grande fotografo con una sensibilità particolare per l’archeologia, il patrimonio culturale ma soprattutto per le persone. La sua celebre fotografia con la testa di Demetra tenuta con la sua stessa mano mentre la fotografava, è la copertina di un mio libro: Mimmo me la donò gratuitamente e generosamente, l’ho mostrata migliaia di volte in tante occasioni perché per me ha sempre rappresentato l’essenza del nostro patrimonio, bello, ricco, danneggiato e soprattutto bisognoso di una iniziativa dal basso, come quella mano. Una foto diventata anche simbolo del Rione Sanità, dove era nato e al quale è restato sempre legato, come presidente onorario della Fondazione San Gennaro e grande sostenitore del progetto di Antonio Loffredo. Grazie caro Mimmo, persona generosa, disponibile, colta, sensibile, le tue splendide foto resteranno immortali”.

Demetra, Opera III, Ercolano: foto di Mimmo Jodice (da profilo FB di caterina greco)

L’archeologa Caterina Greco: “Nessuno come lui ha saputo rendere contemporanea l’arte antica”.

Mimmo Jodice in Calabria (foto da profilo FB di Mirella Stampa Barracco)

Fondazione Napoli Novantanove. “Ci piace ricordare il nostro caro amico Mimmo Jodice”, scrive Mirella Stampa Barracco, “a cui ci legava affetto, stima e una profonda riconoscenza per quanto aveva fatto per la nostra Fondazione: dalla foto dell’Arco di Trionfo violato nel 1989 al magnifico album di 40 foto in Calabria rappresentazione in chiave moderna di un percorso del Grand Tour. Ci mancherà molto non solo a noi ma a tutti quelli come lui che hanno visto, sognato un mondo migliore. Grazie Mimmo”.

Gibellina in uno scatto di Mimmo Jodice (da profilo FB orestiadi)

La 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗢𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶𝗮𝗱𝗶 di Gibellina (Tp) ricorda con profonda gratitudine Mimmo Jodice, fotografo e testimone poetico del Novecento, la cui ricerca ha saputo trasformare lo sguardo in pensiero, la realtà in memoria. Con il suo lavoro ha raccontato l’Italia, Napoli, il Mediterraneo, il tempo e le sue assenze, rendendo la fotografia un linguaggio di conoscenza e coscienza civile. Alla fine degli anni Settanta Jodice arrivò a Gibellina, nella valle del Belìce, “𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑎𝑑𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑎𝑡𝑎” segnata dal sisma del 1968. Di quell’esperienza scrisse: “Ho cercato in quella terra addolorata gli spazi deserti, le architetture ancora in costruzione, la fantasmaticità dei luoghi, la ferita del paesaggio ancora aperta”. Da quell’incontro nacquero immagini potenti, tra memoria e rinascita, e un legame profondo con la visione di Ludovico Corrao, fondatore di Gibellina nuova e della Fondazione Orestiadi. Nel 1981 accompagnò Joseph Beuys a Gibellina, documentando quella visita in una serie di scatti raccolti nel volume “Joseph Beuys. Natale a Gibellina” immagini che ancora oggi raccontano la potenza del dialogo tra arte e ferita, distruzione e speranza. Oggi la Fondazione Orestiadi rende omaggio a un artista che ha saputo leggere l’anima dei luoghi e restituirla in luce.

Volti dall’antico di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di Koch)

Roberto Koch, presidente della Fondazione Forma per la Fotografia: “Se ne è andato Mimmo Jodice il grande e insostituibile Mimmo e lascia la sua adorata Angela e i figli Barbara e Francesco con tutti i nipoti. Lascia a tutti noi e al mondo le sue meravigliose foto come questa di Anamnesi che ho amato montare a Torino e a Udine. Lo piange tutta Napoli e tutto il mondo della fotografia. Lo abbiamo amato e continueremo ad amarlo con le sue foto ma con una grande tristezza”.

Lucia Valenzi con Mimmo Jodice (da FB)

Lucia Valenzi dell’omonima fondazione di Napoli: “Ci uniamo al cordoglio per la morte del grande maestro Mimmo Jodice. La sua preziosa opera ha percorso e sperimentato le espressioni più alte della fotografia dalla indagine sociale degli anni 60 e 70 alle città “metafisiche” di tutto il mondo, senza mai staccarsi dalla realtà di Napoli. Un pensiero particolarmente dolente va alla amatissima Angela, mentre ricordiamo la sua generosità arrivata anche a me e alla Fondazione Valenzi con le foto della mostra “La Napoli di Maurizio” e la testimonianza nel film “La Giunta”.

“Carta d’Identità” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB mazzolini)

Monica Mazzolini dell’accademia d’arte Vittorio Marusso in omaggio e ricordo di Mimmo Jodice propone un testo del 2022 in cui analizzava tre fotografie scelte tra quello che è il suo vasto ed importante archivio. Fotografia 1. Appassionatosi alla fotografia nei primi anni ‘60 dimostra fin da subito attenzione alla sperimentazione ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico. Napoli è una città in cui gli artisti s’incontrano e Mimmo Jodice è attento osservatore oltre che attivo partecipante agli eventi (tra gli altri frequenta Andy Warhol, Vito Acconci, Joseph Beuys). È in questo clima dinamico che si pone il quesito sul senso della fotografia, sul significato della relazione che intercorre tra realtà e rappresentazione. Una delle fotografie che gli permettono di provare a rispondere a queste domande è: “Carta d’identità” (1978). Mimmo Jodice dopo aver fotografato e stampato il suo documento d’identità applica una sua fotografia sulla fotografia. Se la vedessimo dal vero osserveremmo un’immagine identica, che copre quella sottostante, proprio in corrispondenza dello spazio per la fototessera. Un passaggio che dona tridimensionalità all’oggetto – elemento mancante nella riproduzione non cartacea – aggiungendo un ulteriore livello concettuale. Immaginando di osservare dal vero “Carta d’identità” sorgono spontanee alcune domande. Partendo dall’assunto che nulla più di ogni altra è in grado di rappresentare l’identità di una persona se non il documento che dal punto di vista legale ne è la prova, quanto è reale questa fotografia, quanto è reale quest’autoritratto, quanto la fotografia è ingannevole?

Dal reportage “Gli Esclusi” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di mazzolini)

Fotografia 2. Mimmo Jodice negli anni ‘70 si occupa di un progetto, per quegli anni molto attuale, riguardante la documentazione fotografica all’interno degli ospedali psichiatrici. In effetti molti sono stati i reportage (tra questi “Morire di Classe” e “Gli esclusi”) che hanno messo in luce le problematiche e hanno dato un contributo fondamentale alla nascita del movimento d’opinione pubblica con la conseguente approvazione della legge 180/1978 fortemente voluta da Franco Basaglia. Mimmo Jodice fotograferà l’ospedale psichiatrico di Napoli che come tutte queste strutture è un non-lieux, un nonluogo citando Marc Augé. La sua è stata un’indagine antropologica e poetica allo stesso tempo. Osservando la fotografia qui di seguito si ritrovano molti degli elementi sopra descritti: lo sguardo fisso in avanti e l’attenzione all’inquadratura, alla geometria, alla composizione, ai vuoti e pieni. La grata – elemento parte dell’architettura di contenimento che separa il mondo dei sani da quello dei malati, il mondo libero da quello dei reclusi, il fuori dal dentro, l’essere umano e la disumanizzazione – divide l’immagine, volutamente asimmetrica per creare dinamismo, in sei spazi all’interno dei quali sono collocate parti del corpo, frammenti, che in questo modo vengono messi in evidenza. Ed il gomito, fuoriuscendo, crea un effetto trompe-l’œil che permette una maggiore tridimensionalità all’immagine ed accentua il desiderio di evasione. Vengono sottolineati in questo modo la postura, gli occhi e la condizione psicologica di quest’uomo che silenziosamente attende e chiede. Cosa aspetta? Cosa chiede? Cosa o chi guarda? Vuoto, silenzio, attesa, frammento, enigma, saranno concetti ripresi in seguito da Mimmo Jodice che, dopo una fase dedicata alla sperimentazione concettuale ed al reportage, enfatizza la cifra stilistica in cui: “le mie immagini sono i miei pensieri”.

“Alba Fucens” di Mimmo Jodice (dal profilo FB di mazzolini)

Fotografia 3. La scultura è stata una tra i primi soggetti della fotografia quale rappresentazione neutra ed oggettiva delle forme plastiche. Tuttavia è anche espressione autonoma, con un ruolo interpretativo, come accade per le fotografie di Mimmo Jodice dedicate alla statuaria. Simulacri delle radici culturali del Mediterraneo diventano immagini che trasfigurano il reale ed inducono a guardare con occhi diversi evidenziando la capacità di sopravvivenza rispetto al tempo dei classici che risultano sempre attuali. Jodice nella fase di stampa enfatizza gli elementi che durante lo scatto sono stati catturati, sottolinea i dettagli, accentua il contrasto dei toni. I suoi progetti sono caratterizzati da almeno tre passaggi: prima pensati poi iniziati in fase di ripresa e portati a termine in camera oscura. Attraverso fotografie come Alba fucens (2008) egli descrive la cultura Mediterranea ed il mondo antico. Ma la sua è un’interpretazione che si serve della relazione tra luce e ombra e del concetto di frammento. La parte per il tutto. Un’immagine parziale in grado di restituire la “pienezza di un tutto”. Parziale perché una parte della testa è mancante, rovinata dal tempo. Un’estetica del frammento che non patisce l’assenza di altri elementi corporei, il loro equilibrio, l’armonia, la proporzione. Parte di corpo che sottolinea la dicotomia tra perfezione e imperfezione mostrando segni che assomigliano a cicatrici, fratture. Sono corpi mutilati che mostrano la fragilità e la caducità di eroi e divinità ma anche la precarietà dell’uomo che li ha creati. Fotografie che cuciono il passato e la memoria con il presente facendoli coesistere ed allontanandoci dal concetto di tempo. La fotografia in bianco e nero, fortemente espressiva, diventa uno strumento che trasforma, carica di emozione ogni singola immagine e supera il reale. Lo sfondo scuro e la luce, sapientemente dosata, il mosso – una vibrazione ottenuta in camera oscura con il movimento della testa dell’ingranditore – evidenziano la forma ed esaltano quell’inquietudine tipica. È questo un messaggio che si può trasporre anche al nostro tempo così incerto? Io ho la mia opinione, lascio a voi la domanda aperta. Un viaggio nel tempo che partendo da lontano conduce lo spettatore in un mondo in cui convivono elementi profondamente umani: vita e morte, ieri e oggi, luce e buio, equilibrio tra bellezza e fragilità. Grazie Maestro!

Mario Beltrambini con Mimmo Jodice al SI FEST 2007 (foto Mario Beltrambini)

Mario Beltrambini, vice presidente Associazione Savignano Immagini APS: “Ci ha lasciato un altro grande, Mimmo Jodice. È difficile accettare che, uno dopo l’altro, stiano andando via coloro che hanno costruito le fondamenta della nostra idea di fotografia, della nostra sensibilità, del nostro sguardo sul mondo. Quanta verità nelle sue parole, che oggi risuonano ancora più forti: “Tutto il mio lavoro poggia su un inoppugnabile principio: la fotografia è una forma d’arte”. Grazie per la bellezza e per la luce che ci hai insegnato a vedere. Riposa in pace, Maestro”.

L’artista Costabile Giariglia Senseria: “Un pensiero per Mimmo Jodice, la cui fotografia ha segnato la mia vita a Napoli durante gli anni di studio all’Accademia di Belle Arti. Ci lascia Mimmo Jodice, artista che per interi decenni ha segnato la fotografia italiana e influenzato lo sguardo internazionale sul nostro Paese. Con le sue immagini ha costruito un lessico visivo capace di raccontare Napoli non come semplice sfondo, ma come organismo vivo: una città bella e ferita, luminosa e popolare, attraversata da tensioni sociali e da una stratificazione culturale unica. Le opere di Jodice non si limitano a descrivere: istituiscono un contesto. Le sue fotografie non mostrano Napoli com’è, ma ciò che Napoli fa vedere quando la si guarda con un pensiero. Architetture sospese, archeologia del presente, corpi e volti, mare e pietra: tutto, nelle sue immagini in bianco e nero, appare come luogo di un dialogo tra classico e contemporaneo, tra storia e mito, che tende sempre verso un’infinita bellezza stilistica e compositiva”.

Bimbo con la cascettella di Mimmo Jodice (dal profilo FB di parlato)

Accorata la testimonianza della giornalista Lucilla Parlato: “Nel 1969 iniziò infatti la lunga e proficua collaborazione con il gallerista napoletano e con altri galleristi napoletani, come Lia Rumma. Jodice si ritrovò a confrontarsi con le avanguardie di allora che attraversavano Partenope con disinvoltura: da Andy Warhol a Robert Rauschenberg, da Joseph Beuys, a Gino De Dominicis. E ancora Giulio Paolini, Josef Kosuth, Vito Acconci, Mario Merz, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Hermann Nitsch… a stretto contatto con questo mondo stimolante, Jodice si scoprì particolarmente sensibile alle emergenze scaturite in quegli anni. Altrettanto naturale fu dunque la ricerca sulle radici e la collaborazione con Roberto De Simone. Forse è quello il momento in cui il giovane Mimmo diventa Mimmo Jodice. Il momento in cui Napoli diventa definitivamente centrale ma mai scontata, mai banale. Anche quando fotografa altro e altrove. Anche quando fotografa ora e qui: una città mai oleografica, sospesa, sorpresa, inattesa. La sua Napoli metafisica. Lucente come una statua greca. Spesso vuota e silente. È questo, sopra tutti gli altri, il motivo per cui lo amavo. Per quella sua capacità di trasformare il brutto in bello, l’indicibile in visibile, le lamiere e i tubi innocenti che picchettavano i ruderi post terremoto in bellezza. Quasi una magia. Nella città di oggi, degli Jago, degli Jorit, ho sempre scritto che era l’unica J che contava. L’unica che rimarrà solida nel tempo. Fu bello qualche anno fa ritrovarcelo fuori al Mann, dove si lottava per difendere il ruolo benefico per il museo e per la città dell’allora direttore Paolo Giulierini. Perché poi Jodice, a differenza di tanti fotografi tronfi e dimenticabili, è sempre stato anche un militante: col sorriso, la presenza discreta e il dito sul click. Mai invasivo, sempre incisivo, esempio di classe innata e senso della bellezza, anche nel brutto. Esempio di come si sta al mondo. È doveroso per me ricordare che Andrea Maresca ed io gli dobbiamo l’ispirazione finale per le cascettelle: è anche grazie alla sua foto che nacque il disegno che ha impreziosito il libro che recupera e racconta questa vecchia e dimenticata tradizione dei bambini di Napoli prima che Halloween si mangiasse la nostra identità. Quel bimbo con la cascettella di cartone che poi siamo stati un po’ tutti noi, bambini di Napoli, in giro per le strade. Grazie di tutto grande Mimmo. Non potremo mai dimenticarti. Anche perché le tue foto, il tuo sguardo, sono ormai ancorati per sempre alle nostre anime, assetate di bellezza e di occhi migliori dei nostri, capaci di offrire visioni altre e alte di questa città che amiamo e che ce fa suffrì. Sei luce che ci ha lasciato luce. Grazie davvero”.

Mirella Armiero con Mimmo Jodice (da FB)

La giornalista Mirella Armiero: “Aveva un modo tutto suo di dire agli amici: ti voglio bene. Mimmo Jodice era un uomo speciale, partecipe e generoso. Napoli gli deve molto, anche perché l’ha liberata dalla rappresentazione folklorica e l’ha resa metafisica”.

La giornalista Stella Cervasio: “Se fossi stata ancora in servizio, pur in un’epoca di giornalismo scadente e che pare senza prospettive, avrei ricordato Mimmo Jodice, che mi ha sempre accolto – lui e la sua bella famiglia – nella sua casa e nel suo studio con la cordialità e l’affetto di chi sa che un giornalista è un osservatore e un critico ma anche un vecchio amico. Mimmo Jodice era una persona che sapeva stare nel cuore delle persone, con le sue maniere di grande gentiluomo e con le sue immagini indimenticabili. Ad Angela, Barbara, Francesco un grande abbraccio da chi ha avuto la fortuna di incontrarli nella sua vita lavorativa e affettiva”.

Pasquale Raicardo con MImmo Jodice (foto FB)

Il giornalista Pasquale Raicaldo: “Che grande privilegio è stato conoscere Mimmo Jodice, vivere per qualche tempo dilatato i suoi spazi, leggere il mondo attraverso i suoi occhi. A Procida 2022 – Capitale italiana della Cultura una sua mostra straordinaria – “Abitare metafisico” – e poi le tante interviste con il privilegio di un racconto sempre intenso, mai banale, accompagnati da Angela, la compagna di una vita: nei loro sguardi il senso di un amore che è stato e sarà piena sintonia. L’ultima intervista qualche giorno fa, ancora non uscita. La terra gli sia lieve”.

Patrizio Paoletti, ex allievo: “Ho appreso con profonda commozione della scomparsa di Mimmo Jodice. Sono stato suo studente tra il 1978 e il 1983: insieme abbiamo fotografato i vicoli di Napoli, le luci e le ombre che li abitano. Da lui ho imparato a vedere l’invisibile — a passare dalla scena del teatro alla scena della vita, e a riconoscere come questa si formi prima di tutto nella nostra mente. È così che possiamo trasformare la realtà intorno a noi. Ricordo con nitidezza le ore passate in camera oscura: il silenzio, l’attesa, e poi la magia dell’immagine che prendeva vita sulla carta. In quell’attimo sospeso, come lui amava dire, il tempo si fermava. Era il tempo della verità, della visione, della nascita di un mondo possibile. Grazie Mimmo, maestro di sguardo e di luce. Hai insegnato a generazioni di uomini e donne che la fotografia non è un atto tecnico, ma un atto di coscienza. Il tuo “tempo sospeso” continuerà a parlarci, come una finestra aperta sull’eterno”.

Paestum (Sa). Al parco archeologico PAOLO JANNACCI & Band “in concerto con Enzo”, un omaggio intimo e autentico alla musica del padre Enzo, tra jazz e poesia

Sabato 23 agosto 2025, alle 21, al parco archeologico di Paestum (Sa), PAOLO JANNACCI & Band “in concerto con Enzo”, un omaggio intimo e autentico alla musica del padre Enzo, tra jazz e poesia. Tanti amici, fan e appassionati di musica gli hanno chiesto più volte di riportare sul palco le canzoni del padre Enzo, nella forma più sincera e autentica possibile. Paolo Jannacci ha deciso di farlo, accompagnando il pubblico in un viaggio musicale che mescola con delicatezza e forza il proprio repertorio jazz con i brani più amati di suo padre. Biglietti: https://www.vivaticket.com/it/ticket/paolo-jannacci-band-concerto-con-enzo/273472. I concerti sono inclusi nel biglietto serale d’ingresso ai Parchi (15 euro) e nell’abbonamento “Paestum & Velia”. Servizio navetta gratuito. Partenza alle 19 dal parcheggio dell’area archeologica di Velia. Rientro da Paestum alle 23.30. L’iniziativa è promossa dalla Regione Campania attraverso Scabec – Società Campana Beni Culturali e finanziata su Fondi di Coesione Italia 21–27 in collaborazione con i Parchi archeologici di Paestum e Velia, nell’ambito delle azioni di valorizzazione del patrimonio Unesco e Itinerari Culturali della Campania 2025.

Velia (Sa). Sull’acropoli del parco archeologico in scena “Iliade” e “Medea e Clitennestra”: due spettacoli della rassegna VeliaTeatro organizzata da Cilento Arte

La XXVIII edizione della rassegna sull’espressione tragica e comica del Teatro Antico organizzata da Cilento Arte ETS torna sull’antica Acropoli di Elea-Velia con due eventi particolarmente rappresentativi dello spirito che anima il festival fin dalle sue origini, attento alla filologia ma aperto alle rivisitazioni proposte dai contemporanei. Sabato 2 agosto 2025, alle 21, sarà in scena “Iliade” di Omero nella appassionante interpretazione di Gianluigi Tosto: una performance capace di rievocare la musicalità e la forza degli antichi aedi, dando corpo, ritmo e voce ai versi omerici, nella storica traduzione di Vincenzo Monti. Mercoledì 20 agosto 2025, sarà la volta di “Medea e Clitennestra”, tratto da testi di Dario Fo, Franca Rame e Marguerite Yourcenar, e proposto da Angela Malfitano: due figure che la mitologia greca ha fissato nel tempo, alimentando la storia e le varie epoche di sempre nuove interpretazioni, analogie e confronti, rilette da grandi autori del ’900. L’iniziativa è promossa dalla Regione Campania attraverso Scabec – Società Campana Beni Culturali e finanziata su Fondi di Coesione Italia 21–27, nell’ambito delle azioni di valorizzazione del patrimonio Unesco e Itinerari Culturali della Campania 2025. BIGLIETTERIA: acropoli di Elea-Velia. Biglietto posto unico 15 euro, acquistabile alla biglietteria del parco archeologico di elea-velia (capienza massima posti nr. 120)  o su Vivaticket.com. I biglietti saranno venduti fino ad esaurimento posti. Trasporto gratuito del pubblico a/r in navetta ed in partenza dal piazzale antistante il parcheggio del parco archeologico Elea-Velia dalle 19.30, ultima corsa partenza ore 20,45.

Gianluigi Tosto protaginista di “Omero. Iliade” al parco archeologico di Velia (foto veliateatro)

Sabato 2 agosto 2025, ore 21: OMERO. ILIADE con GIANLUIGI TOSTO. Nell’Iliade i sentimenti non conoscono mezze misure e da tale integrità scaturisce la struttura netta, decisa, a tinte forti, della narrazione. L’ira di Achille, la superbia e l’arroganza di Agamennone, la celebrazione della potenza dell’esercito greco nel celebre catalogo delle navi, la cruenza delle battaglie, lo slancio giovanile di Patroclo, l’eroismo di Ettore, il dolore di Priamo: tutto assume dimensioni epiche e un sapore ancestrale, quasi primitivo, ogni situazione esprime un sentimento nella sua totalità. La voce dell’attore incarna di volta in volta il punto di vista più oggettivo del narratore o i punti di vista più emotivamente sentiti di alcuni dei personaggi coinvolti nella vicenda. Sullo sfondo delle battaglie raccontate da Omero, necessariamente ridotte nella loro ampia articolazione, si è voluto porre in primo piano soprattutto questi grandi sentimenti dei personaggi umani, le loro virtù e le loro debolezze, le loro passioni e le loro sofferenze che, ancora oggi, dopo migliaia d’anni toccano con le loro corde gli animi di tutti noi. Quanto agli strumenti, il suono di guerra del djembé accompagna la lite fra Achille e Agamennone o l’esibizione di forza dei Greci nel catalogo delle navi; delle mazze di ferro ritmano le cruente battaglie fra i due eserciti; il gong annuncia l’intervento sempre decisivo degli dèi; i campanellini indiani fanno emergere dal mare Teti, la madre di Achille, e la innalzano in cielo al cospetto di Giove; la ciotola tibetana evoca il sogno di Agamennone o celebra le esequie funebri di Ettore. La traduzione utilizzata è, di base, quella di Vincenzo Monti che, rispolverata dalla patina scolastica, si è rivelata la più evocativa e la più adatta a lasciare emergere l’andamento lirico e musicale dell’opera, senza nulla togliere alla concretezza e allo spessore emotivo dei sentimenti espressi. Ma Tosto ha voluto alternare, per variare il linguaggio e i ritmi, anche altre traduzioni, quale quella del Romagnoli, o altre più moderne come quelle di Calzecchi Onesti e di Giammarco.

Angela Malfitano protagonista di “Medea e Clitennestra” al parco archeologico di Velia (foto veliateatro)

Mercoledì 20 agosto 2025, ore 21: MEDEA E CLITENNESTRA da Dario Fo, Franca Rame e Marguerite Yourcenar. Uno spettacolo di Angela Malfitano. Medea è un monologo che la stessa Franca Rame ha allestito per Angela Malfitano. La composizione si rifà alla commedia dell’arte e alla tradizione dei “maggi” umbro-toscani. La lingua è quella che Dario Fo ha lasciato alla storia del teatro: un gramelot umbro-laziale e rinascimentale con il quale Medea vive la sua presa di coscienza. Si confronta con le donne di Corinto e rivendica giustizia per sé, straniera e ripudiata dal marito Giasone come madre e moglie. Clitennestra, la mitica regina di Micene, moglie di Agamennone si presenta davanti a un’immaginaria corte di giudizio dopo aver ucciso il marito e l’amante di lui Cassandra. La rilettura di Marguerite Yourcenar della vicenda ci restituisce una donna forte e innamorata con tutte le sue ragioni e i suoi dolori. Una scrittura lucida per un’anima che scava in se stessa e in chi la sta a guardare, audace e schietta, senza sconti. “Ho cercato di restituire una figura di stupore doloroso e di innocenza. Di ironia e candore macchiate da tinte grottesche”, spiega la stessa Malfitano. “La regina Clitennestra si trasforma da barbona di strada ad eroina tragica. La guitta che recita stancamente la sua parte trasforma le sue iniziali leggerezze in parole pesanti. Racconta del tempo dell’abbandono prima, dell’amore per Egisto poi, e infine del ritorno dalla guerra di Troia di un eroe stanco, di un dio caduto: Agamennone”.

Ercolano (Na). Al parco archeologico al via l’ottava edizione de “I Venerdì di Ercolano” sul tema “Corpo e mito”: otto postazioni spettacolo disseminate lungo il percorso di visita accolgono i visitatori. Il direttore delegato Sirano: “Una città antica, raccontata con i linguaggi del presente, rivive in un viaggio emozionale tra corpo e mito dove protagonista è il visitatore”

Panorama del sito di Ercolano illuminato per le visite serali (foto paerco)

Si rinnova anche per l’estate 2025 uno degli appuntamenti culturali più attesi del panorama campano: “I Venerdì di Ercolano”, la rassegna serale promossa dal parco archeologico di Ercolano, che giunge alla sua ottava edizione e conferma la vocazione del sito a farsi luogo di incontro tra memoria storica e linguaggi artistici contemporanei alla ricerca di nuovi modi per comunicare e condividere lo straordinario patrimonio del sito UNESCO. Dal 4 luglio all’8 agosto 2025, ogni venerdì dalle 20 alle 24, il Parco si trasforma in un palcoscenico diffuso tra le domus, le strade e le botteghe dell’antica città, con performance artistiche, danza, teatro e musica dal vivo. Un’esperienza immersiva di conoscenza e bellezza, sotto il cielo stellato di Ercolano. L’evento si svolge nell’ambito del Piano di valorizzazione del ministero della Cultura e in collaborazione con la Regione Campania- SCABEC. Biglietti: intero 10 euro; ridotto 5 euro per la fascia di età 18-25 non compiuti, compresi cittadini UE e per i possessori di Campania Artecard; gratuito per i minorenni, per i disabili e loro accompagnatori Intero 10 euro; ridotto 5 euro per la fascia di età 18-25 non compiuti, compresi cittadini UE e per i possessori di Campania Artecard. Gratuito per i minorenni, per i disabili e loro accompagnatori. L’accesso al Parco sarà organizzato su due turni: primo turno, ingresso dalle 20, con visita fino alle 21.30. Uscita obbligatoria dall’area archeologica entro le 21.30 e deflusso completo con uscita dal Parco entro le 22. Secondo turno: ingresso dalle 22, con visita fino alle 23.30. Uscita obbligatoria dall’area archeologica entro le 23.30 e deflusso completo con uscita dal Parco entro le 24. Durata della visita: circa 1 ora e 30 minuti. Per ogni serata è previsto un numero massimo di 500 visitatori per ciascuna fascia oraria, per un totale di 1000 visitatori a serata. Durante ciascun turno, i visitatori potranno accedere in qualsiasi momento della propria fascia oraria (per il primo turno, dalle 20 alle 21.30 e per il secondo turno dalle 22 alle 23.30, resta comunque obbligatoria l’uscita dall’area archeologica alle 21.30 per il primo turno e 23.30 per il secondo turno).

“I Venerdì di Ercolano”: performance teatrale (foto paerco)

Una nuova formula per vivere la città antica. La grande novità dell’edizione 2025 è l’apertura serale libera e autonoma dell’area archeologica che permette, all’interno di una fascia oraria di un’ora e mezzo, ai visitatori di muoversi in piena libertà lungo un itinerario appositamente illuminato, arricchito da contenuti digitali e da momenti performativi in postazioni dedicate. Grazie all’applicazione Ercolano Digitale (scaricabile gratuitamente sul posto), il pubblico può seguire un percorso interattivo pensato per la rassegna, con materiali di approfondimento e supporti multimediali, perfettamente integrati alla visita fisica. Un modo nuovo e coinvolgente per scoprire l’antica Herculaneum. “Una notte al parco archeologico di Ercolano è più di una percorso serale: è un’esperienza di bellezza, storia e immaginazione”, dichiara Francesco Sirano, funzionario delegato alla direzione del Parco. “Una città antica, raccontata con i linguaggi del presente, rivive in un viaggio emozionale tra corpo e mito dove protagonista è il visitatore”.

“I Venerdì di Ercolano”: performance musicale (foto paerco)

Corpo e mito: il tema dell’edizione 2025. Il filo conduttore degli eventi è il rapporto tra corpo e mito, affrontato attraverso linguaggi artistici differenti. Il mito, inteso come insieme di racconti e immagini simboliche che attraversano i secoli, e che diventa lente per osservare il corpo umano: le sue metamorfosi, i suoi desideri, i suoi riti. L’arte torna quindi a farsi voce del passato, ma anche specchio del presente, offrendo al pubblico proposte di lettura sotto varie angolazioni mettendo in primo piano l’aspetto emozionale e sensoriale del patrimonio archeologico. Biglietti in vendita solo online per fasce orarie: 20 e 22: https://www.coopculture.it/it/prodotti/i-venerdi-di-ercolano/.

“I Venerdì di Ercolano”: visitatori sull’Antica spiaggia di Ercolano (foto paerco)

“I Venerdì di Ercolano”: performance di danza (foto paerco)

IL PROGRAMMA ARTISTICO. Otto postazioni spettacolo disseminate lungo il percorso di visita accolgono i visitatori con performance cicliche della durata di 3-4 minuti, che si ripetono per l’intera fascia oraria. Tra le proposte artistiche: Compagnia teatrale Cercamond “Carne e cenere”, due quadri teatrali che mettono in scena un corpo vivo, pulsante, tra suggestioni mitologiche e umorismo: “Il mito di Tantalo”, nel Giardino della Casa dell’Albergo: un racconto epico di sfida agli dèi, tratto dalle “Metamorfosi” di Ovidio; “La preparazione grottesca di un banchetto” alle Botteghe sul Decumano Massimo: un dialogo teatrale ispirato alla commedia latina, tra risa e riflessioni. Cornelia Dance Company “Corpus Evocans”, performance coreografiche site-specific, che rievocano miti e riti attraverso il linguaggio del corpo: “Intimità” nel Giardino delle Terme Centrali: un assolo tra delicatezza e forza, accompagnato da videoproiezioni; “Allenamento” nella Palestra: un trio acrobatico che evoca la preparazione fisica nel mondo romano; “Offerta” al Thermopolium: un rito danzato dedicato al vino e al culto di Dioniso; “Rimembranze” alla Bottega della Casa di Nettuno e Anfitrite: un’azione sensoriale tra suoni e ricordi del quotidiano antico. Associazione Pagus “Radici sonore – Il respiro della terra”, un’esperienza sonora immersiva ideata da Vincenzo Romano, per ascoltare le vibrazioni del paesaggio: alla Casa del Gran Portale, “il battito della terra vulcanica”; all’Antica Spiaggia, “il respiro del mare, memoria viva di Ercolano”.

Pompei. Gennaio-febbraio con afflusso record: +127% sul 2022, +6% sul 2019. Il direttore Zuchtriegel: “Premiato il lavoro di tutta la squadra. Ora puntare alla Grande Pompei, che mette in rete tutte le aree archeologiche (Boscoreale, Oplontis, Stabia). Ma bisogna migliorare i collegamenti con Napoli”

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Visitatori nel foro di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Un inizio da record, quello del 2023, che ha visto aumentare i numeri dei visitatori del parco archeologico di Pompei anche oltre i livelli pre-pandemia. Più 127% rispetto al 2022 (incassi +162%), un aumento del 6% sul 2019 (incassi rispetto al 2019, +19%), complici anche le aperture speciali volute dal ministro Gennaro Sangiuliano come quella del 1° gennaio 2023 e le domeniche gratuite.

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Il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino della villa di Poppea (villa A) di Oplontis (foto parco archeologico pompei)

In salita anche gli afflussi negli altri siti afferenti al Parco, in particolare a Torre Annunziata, dove la villa di Poppea, valorizzata con un nuovo allestimento di statue e reperti provenienti dal complesso noto anche come “villa A”, ha registrato un aumento del 103,26 % (157% nel solo mese di febbraio) rispetto al 2022; ma anche nei siti di Stabiae si è rilevato un aumento del +50% nei primi mesi dell’anno rispetto al precedente. “Non si tratta di un semplice ritorno al pre-Covid”, spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel. “Piuttosto vediamo dinamiche del tutto nuove, con ampi gruppi di pubblico che stentano a tornare, in particolare dall’Estremo Oriente, e altri che sono in crescita, tra cui italiani, europei e nordamericani. È una premiazione del lavoro continuo di conservazione, manutenzione, accessibilità e valorizzazione, svolto da una squadra eccezionale di professionisti e collaboratori. La percentuale di case e quartieri fruibili al pubblico oggi a Pompei è la più alta da decenni e con il Consiglio di Amministrazione abbiamo deciso di investire ulteriormente nei servizi di accoglienza, didattica e fruizione per ampliare ancora l’offerta culturale”.

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Visitatori nel sito archeologico di Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Gli sforzi riguardano anche una maggiore coesione tra i vari siti del Parco, nell’ottica di una “Grande Pompei”, un insieme di aree archeologiche e sedi espositive che vanno collegate sempre di più, sia fisicamente sia culturalmente. Da alcuni mesi, è attivo un servizio di navetta, gestita insieme a EAV e Regione Campania tramite Scabec, che connette Pompei e i siti di Boscoreale, Oplontis e Stabia.

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Il servizio navetta “Pompeii ArteBus” da Pompei ai siti archeologici del parco (foto parco archeologico pompei)

“Abbiamo deciso di rendere questo servizio gratuito per tutti i nostri visitatori,” annuncia il direttore. “Ma bisogna ragionare in ottica più ampia. A tal proposito ho scritto una lettera al Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, per chiedere un confronto su come possiamo collaborare per migliorare i collegamenti, per esempio con la Circumvesuviana tra Pompei, Napoli e Sorrento, per essere all’altezza del grande interesse che i nostri Beni culturali suscitano in tutto il mondo”.​ Anche il generale Giovanni Di Blasio, direttore generale del Grande Progetto Pompei, nell’esprimere soddisfazione per la positiva ricaduta sull’intero territorio di tali risultati, sottolinea il lavoro svolto dall’Unità Grande Pompei per l’ulteriore sviluppo e la realizzazione degli interventi del Piano Strategico per la riqualificazione dell’area di interesse del sito seriale UNESCO Pompei, Oplontis, Ercolano: “Le ingenti risorse messe recentemente a disposizione dal CIS Vesuvio-Pompei-Napoli, vanno anche nella direzione di migliorare la qualità dei servizi, ad esempio con il finanziamento di un primo lotto della riconversione della ferrovia Torre Annunziata, Castellammare, Gragnano, passo importante per dotarsi di un collegamento leggero e sostenibile e favorire la rigenerazione del water front. L’obiettivo del Piano Strategico, che si ispira alla logica del Grande Progetto Pompei, è far sì che l’intero distretto possa trarre beneficio dai principali attrattori culturali, primo fra tutti il parco archeologico di Pompei, i cui risultati vanno proprio in questa direzione poiché correlati con una maggior permanenza dei visitatori”.

POMPEII ARTEBUS. Riattivato il servizio navetta che collega i siti del parco archeologico di Pompei: da Pompei alle ville romane di Boscoreale, Oplontis, Stabia e al museo Archeologico di Stabia Libero D’orsi – Reggia di Quisisana

pompei_POMPEII ARTEBUS_locandinaÈ ripartita POMPEII ARTEBUS: dal 16 dicembre 2022, la navetta ideata per i visitatori del parco archeologico di Pompei che renderà più agevole il collegamento tra i vari siti gestiti del Parco. Da Pompei alla villa rustica di Boscoreale, Villa Regina, alle ville nobiliari di Oplontis, Villa di Poppea e di Stabia, Villa Arianna e Villa San Marco, fino al Museo archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella Reggia di Quisisana. L’iniziativa è realizzata dal parco archeologico di Pompei in collaborazione con l’EAV e con la SCABEC, società in house della Regione Campania, e il suo progetto campania>artecard che offre a turisti ed appassionati la possibilità di fruire del patrimonio culturale campano e di viaggiare comodamente a bordo del trasporto pubblico locale. Dopo il positivo riscontro raccolto durante l’intero anno, con circa 2000 visitatori che hanno usufruito della navetta per raggiungere da Pompei gli altri siti del Parco, il servizio è attivo dal 16 dicembre 2022 al 31 gennaio 2023.

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Il servizio navetta “Pompeii ArteBus” da Pompei ai siti archeologici del parco (foto parco archeologico pompei)

Due minibus per 25 persone partiranno da piazza Esedra a Pompei con due diversi percorsi. Il biglietto avrà un costo di 2 euro e sarà acquistabile tramite App Unico Campania. Il primo accompagna i visitatori a Villa Regina a Boscoreale e alla Villa di Poppea nel sito di Oplontis a Torre Annunziata, con 7 corse giornaliere a partire dalle 9.30; per questo itinerario il servizio sarà attivo per tutti i giorni di apertura del parco archeologico di Pompei, fatta eccezione per i martedì e il 25 dicembre. Il secondo bus, invece, sempre con partenza alle 9.30, prevede 5 corse giornaliere con destinazione Villa San Marco e Villa Arianna e la Reggia di Quisisana e sarà attivo dal venerdì alla domenica eccetto il 25 dicembre 2022. I bus sono facilmente riconoscibili per la loro veste grafica che richiama le iniziative Artecard.

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Il servizio “Pompeii ArteBus” è valido anche con l’abbonamento MyPompeii Card o il pass Campania>Artecard (foto parco archeologico pompei)

L’accesso ai siti oltre che agevole è anche più conveniente con la tessera di abbonamento annuale MyPompeii card che al costo di 35 € (8€ per gli under 25), consente un acceso illimitato per tutto l’anno a tutti i siti (Pompei, Villa di Poppea/Oplontis, e Villa Regina/Boscoreale, Ville di Stabia e Museo archeologico di Stabia Libero D’Orsi/Reggia di Quisisana). A bordo i passeggeri del Pompeii Artebus troveranno un codice sconto riservato per l’acquisto di campania>artecard; tra i pass che gli utenti potranno acquistare a un prezzo dedicato, oltre alla Campania 3 Giorni e alla Campania 7 Giorni, figura anche l’abbonamento Gold 365, la card che consente di visitare oltre 50 siti culturali campani in un anno.

Campi Flegrei. Attivato il bus Dedalo, navetta sperimentale gratuita, per raggiungere i principali siti archeologici dei Campi Flegrei, da Cuma a Pozzuoli, da Baia al Rione Terra, con possibilità di passeggiate naturalistiche ai laghi

campi-flegrei_parco_servizio-navetta-bus-dedalo_locandinaIn bus navetta gratuito alla scoperta di alcuni tra i luoghi della cultura più suggestivi dell’area flegrea tra cui la Piscina Mirabilis, la Casina Vanvitelliana e l’Anfiteatro Flavio per tutto il periodo delle feste. Dal 25 novembre 2022 al 15 gennaio 2023 è attivo il servizio sperimentale con due navette circolari nell’ambito del progetto Dedalo, il servizio di bus turistici che consentirà di raggiungere i principali siti archeologici dei Campi Flegrei. L’iniziativa – programmata e finanziata dalla Regione Campania tramite Scabec – Società Campana Beni Culturali in collaborazione con Eav – Ente Autonomo Volturno e con Federalberghi Campi Flegrei e Campi Flegrei Active – si inserisce all’interno delle attività promosse e realizzate nell’ambito di Procida Capitale della Cultura 2022. Il nome del bus proviene dalla leggenda che narra come Dedalo, una volta fuggito in volo da Creta, si sia posato sulla sommità della città di Cuma per fondare il tempio di Apollo. Inoltre, la fitta rete viaria dei Campi Flegrei richiama un’analogia con il labirinto di Minosse progettato dallo stesso Dedalo che, essendo il costruttore, ne è anche profondo conoscitore.

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Il bus-navetta Dedalo, servizio sperimentale gratuito, per scoprire i siti più suggestivi del parco dei Campi Flegrei (foto pa-fleg)

Per implementare e ottimizzare il collegamento tra i luoghi della cultura del parco archeologico dei Campi Flegrei e dei Comuni di Bacoli, Monte di Procida e Pozzuoli, dalle 9 alle 18 due navette da circa 30 posti ciascuna effettueranno 10 corse giornaliere circolari che condurranno i passeggeri nei seguenti siti d’interesse culturale: Macellum di Pozzuoli, Rione Terra, Anfiteatro Flavio, parco archeologico di Cuma, museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia, parco sommerso di Baia, parco archeologico delle Terme di Baia, Piscina Mirabilis e Casina Vanvitelliana. Sono inoltre previsti una serie di percorsi naturalistici quali le passeggiate al lago d’Averno, al lago di Lucrino, al lago Fusaro e al Faro di Miseno.

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Bus Dedalo alla scoperta dei siti del parco archeologico dei Campi Flegrei: due le navette disponibili su due percorsi interconnessi (foto pa-fleg)

I due vettori, che seguiranno percorsi differenti, si incontreranno al porto di Baia per favorire lo scambio passeggeri. La prima navetta seguirà un itinerario, segnalato con un’apposita cartellonistica installata presso le pensiline Eav, che parte da Pozzuoli, raggiungerà Cuma, il lago d’Averno e Baia (Bacoli) per far ritorno a Pozzuoli e poi ripartire; la seconda, invece, partirà dalla stazione di Torregaveta, raggiungerà Monte di Procida, Miseno, Baia (Bacoli) per fare ritorno a Torregaveta e ripartire. Il servizio sperimentale è totalmente gratuito: per salire a bordo basterà selezionare il ticket “Dedalo Pass” sulla piattaforma SVR di campania>artecard, il pass promosso dalla Regione Campania tramite Scabec che da oltre 15 anni offre la possibilità di fruire del patrimonio culturale locale e di viaggiare a bordo del trasporto pubblico regionale. La procedura di acquisto gratuito si concluderà con la ricezione della “Procida Insieme”, la card che consente ai possessori di Artecard di beneficiare di posti riservati per assistere ai suggestivi spettacoli che vanno a comporre il ricco programma di Procida 2022.

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L’home page del servizio di navetta sperimentale gratuito Bus Dedalo (foto pa-fleg)

Inoltre, grazie alla collaborazione avviata con l’app Moovit, app n.1 al mondo per la mobilità urbana, i visitatori possono conoscere con facilità tramite l’app gli orari del bus Dedalo e integrarlo – a Napoli e in provincia – con tutti i mezzi di mobilità presenti nell’area: dagli autobus alla metropolitana, dal bike sharing ai taxi. In questo modo si evitano lunghe attese alla fermata e, al contempo, si migliora l’esperienza e la soddisfazione complessiva dei visitatori che scelgono di raggiungere i Campi Flegrei in modo sostenibile. Per info e prenotazioni: www.scabec.it.

Pompei. Ultimo appuntamento con la rassegna “Palestra culturale”: “Pompei per l’Ucraina. Una lettera dal fronte”, rassegna di opere filmiche e immagini in movimento di artisti contemporanei dall’Ucraina

pompei_campania-by-night_palestra-grande_palestra-culturale_pompei-per-l-ucraina_locandinaVenerdì 7 ottobre 2022 il Portico Nord della Palestra Grande degli Scavi di Pompei ospita – a partire dalle 19 – l’ultimo appuntamento della “Palestra Culturale”, rassegna di eventi programmata e finanziata dalla Regione Campania nell’ambito di Campania by Night, prodotta e promossa dalla Scabec, società regionale di valorizzazione dei beni culturali. La chiusura del ciclo di eventi è affidata a “Pompei per l’Ucraina. Una lettera dal fronte”, rassegna di opere filmiche e immagini in movimento di artisti contemporanei dall’Ucraina, originariamente commissionata e prodotta dal Castello di Rivoli dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. L’evento si svolge in collaborazione con il parco archeologico di Pompei, nell’ambito del progetto Pompeii Commitment. Il programma è curato da Nikita Kadan, classe 1982 che vive e lavora a Kiev, con Giulia Colletti, curatrice dei progetti digitali e per il pubblico del Castello di Rivoli. L’evento avrà anche una programmazione digitale temporanea – sul sito pompeiicommitment.org e pompeiisites.org.

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L’artista ucraino Nikita Kadan

Nikita Kadan lavora con la pittura, la grafica e l’installazione, spesso in collaborazione interdisciplinare con architetti, sociologi e attivisti per i diritti umani. È membro del gruppo artistico REP (Revolutionary Experimental Space) e membro fondatore di Hudrada (Comitato artistico), collettivo curatoriale e attivista. Nikita Kadan ha rappresentato l’Ucraina alla Biennale di Venezia nel 2015.

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Giulia Colletti, storica dell’arte (foto andrea guermani)

Giulia Colletti: 28 anni, laureata in Storia dell’Arte a Venezia, ha lavorato per istituzioni come La Biennale di Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia e CCA: Centre for Contemporary Arts Glasgow. Nel 2015, come assistente curatoriale di Barnabás Bencsik, direttore del Ludwig Múzeum Budapest, ha preso parte alla realizzazione della prima edizione di OFF-Biennale. Colletti è inoltre responsabile dei programmi pubblici e della sfera digitale del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, dove attualmente coordina il luogo virtuale Digital Cosmos. Recentemente è stata nominata membro del Consiglio curatoriale della XIX Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo.

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Il gruppo scultoreo dell’ermafrodito dalla Villa A di Oplontis al centro della mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” (foto parco archeologico di pompei)

Al termine dell’incontro sarà possibile effettuare una visita guidata alla mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei”, curata dal direttore Gabriel Zuchtriegel e dall’archeologa Maria Luisa Catoni, , professoressa all’IMT Alti Studi Lucca, ed allestita all’interno del percorso della Palestra Grande. L’ingresso all’evento e la visita alla mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” sono gratuiti, fino ad esaurimento posti. Prenotazione consigliata su www.ticketone.it (costo prenotazione 1,50 euro, effettuando l’acquisto di un biglietto gratuito).

Pompei. Per il quinto appuntamento della rassegna “Palestra Culturale” lezione concerto su “La lira di Orfeo, i miti classici nella musica occidentale” con Giovanni Bietti

pompei_campania-by-night_palestra-grande_palestra-culturale_orfeo-bietti_locandinaUna lezione concerto dedicata a “La lira di Orfeo. I miti classici nella musica occidentale” per il quinto appuntamento della rassegna “Palestra culturale” agli scavi di Pompei il 29 settembre 2022, alle 19, nella suggestiva location della Palestra Grande. L’evento si svolgerà al coperto sotto il portico nord della palestra. L’iniziativa fa parte del programma Campania by Night, rassegna di eventi culturali e di spettacolo promossa dalla Regione Campania attraverso la Scabec, società regionale di valorizzazione dei beni culturali. Una vera e propria palestra culturale dove allenare la mente e lo spirito attraverso la bellezza e la storia di Pompei, ma anche attraverso incontri speciali con scrittori e artisti. Questo nuovo incontro rientra nella sezione “Il Fantasma dell’antico. Dialoghi sulla tradizione classica” a cura di Gennaro Carillo e vede protagonista Giovanni Bietti, compositore, pianista, musicologo, considerato tra i maggiori divulgatori musicali italiani.

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Il gruppo scultoreo dell’ermafrodito dalla Villa A di Oplontis al centro della mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” (foto parco archeologico di pompei)

Al termine dell’incontro sarà possibile effettuare una visita guidata alla mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei”, allestita all’interno di uno dei portici della Palestra Grande, curata dal direttore Gabriel Zuchtriegel e dall’archeologa Maria Luisa Catoni, professoressa all’IMT Alti Studi Lucca, che spiega l’onnipresenza di immagini sensuali nella vita quotidiana della città antica. L’ingresso all’evento e la visita alla mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” sono gratuiti, fino ad esaurimento posti. Prenotazione consigliata su www.ticketone.it (costo prenotazione 1,50 €, effettuando l’acquisto di un biglietto gratuito).

Carillo-Gennaro

Gennaro Carillo, curatore della rassegna “Gli ozi di Ercole”

“Il mito classico è un repertorio pressoché inesauribile cui attinge a piene mani il nostro immaginario. Letterario ma non solo. Si pensi alle arti figurative, al cinema, al teatro. Se dunque Eschilo campava di rendita con le briciole del banchetto di Omero, noi – più o meno consapevolmente – facciamo altrettanto. Con Omero e con tutti coloro che sono venuti dopo di lui. La musica non fa eccezione. Qualche nome a caso? Monteverdi, Händel, Cherubini, Strauss, Stravinskij. Alla lezione/concerto di Giovanni Bietti il compito di accompagnarci in un viaggio musicale nella tradizione classica”. Così il curatore della rassegna Gennaro Carillo, professore ordinario di Storia del pensiero politico nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, dove insegna anche Storia della filosofia e Filosofia teoretica. Al Dipartimento di Architettura della Federico II insegna Filosofie della polis. Ha scritto su Vico, i tragici e i comici greci, la storiografia antica, Antifonte, Platone, Balzac, Simone Weil, oltre a occuparsi da tempo delle riscritture moderne e contemporanee del mito di Diana e Atteone. Condirettore artistico di Salerno Letteratura, è il curatore de Gli Ozi di Ercole al parco archeologico di Ercolano e di Fuoriclassico. La contemporaneità ambigua dell’antico al Mann di Napoli.

Pompei. Per il quarto appuntamento della rassegna “Palestra Culturale” Silvia Romani presenta il suo libro “Saffo, la ragazza di Lesbo” 

pompei_campania-by-night_palestra-grande_palestra-culturale_saffo_silvia-romani_locandinaQuarto appuntamento della rassegna “Palestra culturale” agli scavi di Pompei il 23 settembre 2022, alle 19, nella suggestiva location della Palestra Grande. L’iniziativa fa parte del programma Campania by Night, rassegna di eventi culturali e di spettacolo promossa dalla Regione Campania attraverso la Scabec, società regionale di valorizzazione dei beni culturali. Una vera e propria palestra culturale dove allenare la mente e lo spirito attraverso la bellezza e la storia di Pompei, ma anche attraverso incontri speciali con scrittori e artisti. Questo nuovo incontro dedicato a “Il Fantasma dell’antico. Dialoghi sulla tradizione classica” a cura di Gennaro Carillo vede protagonista Silvia Romani, docente di mitologia, religioni del mondo classico e Antropologia del mondo classico, con un suo intervento su “Saffo, la ragazza di Lesbo”. Silvia Romani insegna Mitologia, Religioni del mondo classico e Antropologia del mondo classico all’università Statale di Milano. “Saffo, la ragazza di Lesbo” (Einaudi) è il suo ultimo libro.

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Copertina del libro “Saffo. La ragazza di Lesbo” di Silvia Romani (Einaudi)

Al termine dell’incontro sarà possibile effettuare una visita guidata alla mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei”, allestita all’interno di uno dei portici della Palestra Grande, curata dal direttore Gabriel Zuchtriegel e dall’archeologa Maria Luisa Catoni, professoressa all’IMT Alti Studi Lucca, che spiega l’onnipresenza di immagini sensuali nella vita quotidiana della città antica. “Se in ogni eroe o eroina c’è un Achille, nella poesia d’amore di ogni tempo c’è Saffo, riscritta all’infinito. Silvia Romani ci conduce nel mistero della ragazza di Lesbo vissuta in un’epoca – e su un’isola – nella quale la memoria degli eroi omerici era ancora fresca, al punto da farne figure non tanto del mito quanto della storia”, sottolinea Gennaro Carillo. “Ma parlare di Saffo significa anche misurarsi con il debito contratto con lei dal nostro immaginario, in un andirivieni vertiginoso da Catullo a Leopardi, da Shakespeare ad Anna Maria Ortese, da Rilke a María Zambrano, passando – fra le altre stazioni del viaggio – per Rodin, Salinger e Picnic a Hanging Rock”.