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Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia il convegno “Prodotti Sostenibili per un Restauro di Qualità. Il Ninfeo di Villa Giulia come cantiere d’eccellenza”

Venerdì 14 novembre 2025, dalle 14.30 alle 18.30, in Sala della Fortuna al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, il convegno “Prodotti Sostenibili per un Restauro di Qualità. Il Ninfeo di Villa Giulia come cantiere d’eccellenza”, che si propone di esplorare i prodotti sostenibili per il restauro, con un focus sul quadro normativo europeo e internazionale; e di presentare i benefici dei prodotti detergenti a base enzimatica per la rimozione selettiva di patine biologiche, attraverso il racconto del Ninfeo di Villa Giulia come cantiere di successo per qualità e impatto ambientale. Partecipazione gratuita in presenza previa iscrizione al link. Il programma. L’arch. Anna Turrina di Brenta S.r.l. introduce alla “Green Conservation” con l’intervento “Sicurezza e Qualità dei prodotti enzimatici per la pulitura delle superfici”; Miriam Lamonaca, funzionario restauratore di ETRU, parla di “ETRU Greener” con l’intervento “Il restauro e la gestione del piano di manutenzione del Ninfeo di Villa Giulia”; chiude la visita guidata al Ninfeo e racconto del cantiere di Villa Giulia a cura di Francesca Gioia e Maria Rosaria Esposito Piccolo, decoratrici e tecnici di restauro di De.Co.Re. Srl.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ultima occasione per visitare il cantiere di restauro del sarcofago degli Sposi prima della pausa estiva con la restauratrice Miriam Lamonaca

Fase di restauro di un elemento del sarcofago degli Sposi nel laboratorio del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Miriam Lamonaca, restauratrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ultima occasione per visitare il cantiere di restauro del sarcofago degli Sposi prima della pausa estiva. Giovedì 26 giugno 2025, dalle 10 alle 13, le restauratrici aspettano i visitatori per raccontarvi le battute finali di questo straordinario intervento. Dopo la fase di pulitura, la restauratrice di Etru Miriam Lamonaca illustra come si arriva alla stuccatura perfetta. Provini di colore per avvicinarsi alla cromia originale e per migliorare la leggibilità di questo manufatto unico, sempre nel rispetto delle parti originali. Il restauro è appena cominciato e ci sta riservando già molte sorprese (vedi https://www.facebook.com/reel/770154835518739/?rdid=F1C6JiOKwKHFEz7E#).

Roma. Per GEA 2024 al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia focus sulla statua di Latona da Veio, opera identitaria del Museo, a conclusione dei recenti restauri: conferenze, visite guidate, letture e laboratori didattici

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Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia dedica l’edizione 2024 delle le Giornate Europee dell’Archeologia alla presentazione dei risultati del delicato intervento di restauro compiuto sulla statua di Latona da Veio. Opera identitaria del Museo, eccezionale scultura in terracotta policroma risalente al 510-500 a.C., appartenente al gruppo del santuario di Portonaccio e collocata sul colmo del tetto del Tempio assieme alla statua dell’Apollo, a quella di Eracle e di Hermes.  Grazie alla partnership culturale con Studio Legale Carbonetti e Associati che ha sostenuto l’intervento conservativo, oggi la Latona può mostrarsi al pubblico in una veste rinnovata, recuperando la policromia originale, dettagli anatomici e sfumature delle vesti che erano andati perduti o coperti dal precedente restauro risalente a circa 60 anni fa. L’intervento ha portato a risultati importanti e sollevato riflessioni e spunti di ricerca. Un fine settimana all’insegna della scoperta di Latona fra conferenze, visite guidate, letture e laboratori didattici per bambini, per esplorare il mito e la storia, ripercorrere le fasi della scoperta sensazionale avvenuta nel 1939 e ammirare da molto vicino i risultati di questo straordinario lavoro che ha richiesto impegno e ha restituito emozione e soddisfazione.

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La statua della Latona di Veio durante i restauri al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto graziano tavan)

Dopo l’intenso programma di venerdì 14 giugno 2024, con la conferenza “La Latona di Veio. La conclusione del restauro: risultati e nuove riflessioni” con Luana Toniolo, direttrice museo ETRU; Francesco Carbonetti, Studio Legale Carbonetti e Associati; Vittoria Lecce, responsabile Servizi Educativi e Depositi del museo ETRU; Miriam Lamonaca, responsabile Servizio Conservazione del museo ETRU; Sante Guido, restauratore; e la visita guidata “A tu per tu con Latona” a cura di Romina Laurito e Sante Guido; anche il programma di sabato 15 giugno 2024 si presenta interessante. Alle 11, visita tematica con letture “Racconti dal Santuario di Portonaccio tra culto e restauro” a cura di Alessandra Leonardi e Martina Monni (Servizi Educativi); 11.30, laboratorio didattico “RestauriAmo”: i bambini vestono i panni del restauratore e provano a ricomporre i frammenti di un vaso e riportarlo alla sua forma originaria. A cura di Martina Monni (Servizi Educativi). Età consigliata dai 5 agli 11 anni. Alle 17, visita tematica “Il santuario del Portonaccio a Veio: dai culti antichi al più recente restauro della Latona” a cura di Valeria de Scarpis. Tutti gli eventi sono gratuiti, compresi nel biglietto di ingresso al Museo. Prenotazione obbligatoria all’indirizzo mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it, specificando l’iniziativa che si intende prenotare.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia presentazione del libro “La Neviera di Villa Giulia a Roma. Storia di un ninfeo rinascimentale” di Giorgia Pietropaolo e Alessandra Testini (edizioni Tored)

roma_villa-giulia_libro-la-neviera-di-villa-giulia_presentazione_locandinaBartolomeo Ammannati, celebre architetto e autore, insieme al Vasari, del ninfeo principale di Villa Giulia, scrive in una lettera del maggio 1555: “Nelle teste vi son tre portoni di pietra rustica e d’opera quali entrano in certe grotte sotto d’un monte, dove vi sono accomodati luoghi freschi e dilettevoli con fontane”. Si tratta della prima testimonianza scritta circa la cosiddetta Neviera, piccolo ambiente che rappresenta uno dei luoghi meno noti ma più suggestivi del complesso commissionato da Giulio III. Mercoledí 22 novembre 2023, alle 17, per gli Incontri culturali, nella sala della Fortuna del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia presentazione del libro “La Neviera di Villa Giulia a Roma. Storia di un ninfeo rinascimentale” di Giorgia Pietropaolo e Alessandra Testini (edizioni Tored). Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Introduce Miriam Lamonaca, funzionaria restauratrice del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Intervengono Lia Barelli, Sapienza Università di Roma, ed Eugenio Lanzillotta, Edizioni Tored. Relatori Susanna Pasquali, Sapienza Università di Roma, e Francesco Scoppola. Saranno presenti le autrici. Nata come ninfeo a grotta, presumibilmente contrapposto al più celebre teatro delle acque che è ancora oggi il cuore della Villa, la Neviera ha subito nei secoli varie trasformazioni in seguito ai ripetuti cambi di destinazione d’uso cui è stata di volta in volta destinata. Tramite un’approfondita indagine archivistica e l’osservazione diretta del monumento, nel presente volume si ripercorrono le fasi di utilizzo e di trasformazione del sito, legate a doppio filo anche con le vicende di Villa Giulia, proponendo nuove interpretazioni di fonti note e contributi inediti, assieme all’analisi dello stato conservativo attuale della pregiata decorazione superstite.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia “Il restauratore racconta. La Latona di Veio: dalla scoperta al restauro”: terzo incontro del ciclo “CHI (RI)CERCA TROVA. I professionisti si raccontano al Museo”. L’incontro nell’anniversario della scoperta dell’Apollo di Veio, ricordato con il racconto del dio Ermes

roma_villa-giulia_chi-ricerca-trova_terzo-incontro_lamonaca-guido_locandina“Il restauratore racconta. La Latona di Veio: dalla scoperta al restauro”: al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia terzo incontro del ciclo “CHI (RI)CERCA TROVA. I professionisti si raccontano al Museo”. Otto conferenze tenute da esperti e studiosi che aprono il mondo della ricerca alla conoscenza e alla fruizione del grande pubblico e sono rivolte a curiosi, studenti e specialisti di ogni età, a cura dei Servizi educativi del Museo. Venerdì 19 maggio 2023, alle 16, i restauratori Miriam Lamonaca e Sante Guido presentano il restauro della Latona di Veio rivelandoci le novità emerse dal loro lavoro. Ingresso gratuito in Sala Fortuna fino ad esaurimento posti. Per info e prenotazioni: mn-etru.didattica@cultura.gov.it-. La data non è affatto casuale. Il 19 maggio del 1916 veniva alla luce in frammenti la scultura in terracotta dell’Apollo di Veio destinata a decorare, anch’essa, la sommità del tetto del tempio di Portonaccio a Veio, dedicato alla dea etrusca Menerva (Atena) e datato alla fine del VI secolo a. C.

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Sante Guido in una fase del restauro della statua di Latona dal tempio di Portonaccio di Veio conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto pasquale de bellis)

Fra le opere di eccezionale fattura conservate a Villa Giulia, la statua di Latona, la madre di Apollo, è stata oggetto di un importante lavoro di restauro concluso proprio in questi giorni. Sotto le sapienti mani dei restauratori Miriam Lamonaca e Sante Guido, questa eccezionale scultura in terracotta policroma risalente al 510-500 a.C., è tornata a brillare, rivelando dettagli tecnici e particolari che solo un delicato e attento intervento restauro è in grado di restituire.

Miriam Lamonaca è funzionario restauratore al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Dopo la laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, facoltà ad alta formazione e specializzazione, alla Reggia di Venaria, ha frequentato all’università La Sapienza di Roma un Master di II livello “Restauri e Consolidamenti ad alta complessità”. Dal 2018 si prende cura di Villa Giulia e dei suoi preziosi reperti archeologici del mondo etrusco.

Sante Guido è restauratore e docente a contratto all’università di Trento. Si è laureato in restauro di opere d’arte all’Istituto Centrale per il Restauro di Roma e diplomato in Conservazione dei Beni Culturali della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Svolge attività di restauro di opere d’arte dal 1982 presso numerose soprintendenze italiane, in missioni archeologiche all’estero e presso la Città del Vaticano. Tra il 2007 e il 2011 si è già occupato delle opere di Veio all’Etru, in particolare delle straordinarie statue di Eracle, Apollo e Mercurio.

107 anni fa, il 19 maggio del 1916, la statua dell’Apollo, insieme ai frammenti di altre statue provenienti dal tempio di Portonaccio a Veio, fu rinvenuta in uno scarico, spezzata in più parti ben allineate lungo un terrapieno. Fu una scoperta eccezionale. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lo ricorda da un insolito punto di vista: quello del dio Hermes, Turms in etrusco, che – a suo modo – vuole celebrare l’anniversario e ricordare che c’era anche lui fra le statue rinvenute. Accanto ad Apollo ed Eracle, infatti, dovevano trovar posto, come parte integrante della stessa scena mitologica, anche Artemide, la dea a cui era stata sottratta la cerva, e Hermes, in veste di pacificatore, la cui testa oggi è esposta nella stessa sala. La voce e il racconto sono di Maria Paola Guidobaldi, conservatrice delle collezioni del museo.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia al via il ciclo di formazione “CHI (RI)CERCA TROVA. I professionisti si raccontano al Museo”: 8 conferenze, da marzo a dicembre, con esperti e studiosi che aprono a ricerca conoscenza e fruizione. Apre Maras sulle divinità del santuario del Portonaccio a Veio

roma_villa-giulia_chi-ricerca-trova_locandinaA “rompere il ghiaccio” sarà l’archeologo Daniele Federico Maras che sabato 18 marzo 2023 aprirà al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia il ciclo di formazione “CHI (RI)CERCA TROVA. I professionisti si raccontano al Museo”: otto conferenze, da marzo a dicembre 2023, tenute da esperti e studiosi che aprono il mondo della ricerca alla conoscenza e alla fruizione del grande pubblico e sono rivolte a curiosi, studenti e specialisti di ogni età, a cura dei Servizi educativi del Museo che “lanciano” alcune domande provocatorie: siete sicuri di conoscere tutto sulle lamine di Pyrgi? cosa si nasconde nei sotterranei di Villa Giulia? volete scoprire i segreti del restauro? Ovviamente per avere risposta a queste e altre domande l’invito è a partecipare alle conferenze che si tengono nella sala Fortuna con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. Prenotazione obbligatoria all’indirizzo mn-etru.didattica@cultura.gov.it. Esperienze, indagini, approfondimenti che rendono la ricerca condivisa, partecipata, quindi utile, a beneficio del pubblico di curiosi, studenti, esperti e specialisti. Ecco che la parola passa ai professionisti per diffondere la conoscenza dei loro studi, raccontare esiti e condividere ipotesi, offrendo nuovi spunti di lettura sulla Storia. Il Museo si racconta così come in un grande laboratorio condiviso in cui far dialogare mondo della ricerca e cittadinanza attiva, portando alla ribalta grandi e piccoli temi, spesso noti solo agli specialisti.

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La sala 40 del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia che ospita le grandi statue del santuario del Portonaccio a Veio (foto etru)

Si inizia dunque sabato 18 marzo 2023, alle 10, con la conferenza “Menerva e gli altri. Dèi e devoti nel santuario di Portonaccio a Veio”. L’archeologo Daniele Federico Maras ci introduce agli studi sul santuario di Portonaccio, un importante luogo di culto che sorgeva subito al di fuori della potente città etrusca di Veio: la più vicina a Roma e la più antica avversaria dei Romani. Il santuario, sede di un oracolo, era frequentato da Etruschi e Latini e persino da condottieri di passaggio, ma anche dai giovani della città, sin dal VII secolo a.C. e fino all’entrata nell’orbita romana. Un nutrito gruppo di divinità li accoglieva all’ombra del tempio, a partire da Rath e Menerva, rispettivamente corrispondenti ad Apollo e Atena per gli Etruschi, ma anche Hercle/Eracle, Turan/Afrodite, Aritimi/Artemide e altri ancora.

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L’archeologo Daniele Federico Maras

Daniele Federico Maras è funzionario archeologo alla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, professore universitario alla Sapienza Università di Roma, socio ordinario e segretario della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. I suoi interessi di ricerca spaziano nell’intero campo della storia e della cultura dell’Italia preromana, con particolare riguardo ai temi dell’identità, degli scambi culturali e dell’acculturazione greca e romana.

roma_villa-giulia_chi-ricerca-trova_calendario_locandinaIL CALENDARIO DEGLI INCONTRI. Sabato 18 marzo 2023, alle 10, Daniele Federico Maras su “Menerva e gli altri. Dèi e devoti nel santuario di Portonaccio a Veio”; venerdì 21 aprile 2023, alle 16, Valentina Belfiore su “Le lamine di Pyrgi: nuovi spunti di lettura”; venerdì 19 maggio 2023, alle 16, Miriam Lamonaca, Sante Guido su “Il restauratore racconta. La Latona di Veio: dalla scoperta al restauro”; venerdì 16 giugno 2023, alle 16, Maria Cristina Biella su “Quando l’estate fu primavera. Falerii: la nascita della sua archeologia e il futuro delle ricerche”; venerdì 22 settembre 2023, alle 16, Maria Elisa Amadasi su “Aqua Virgo tra campagna e città: un viaggio di oltre duemila anni”; venerdì 20 ottobre 2023, alle 16, Patrizia Petitti, Ebe Giovannini, Emiliano Li Castro, Maurizio Pellegrini su “Gli archi di Ledro… un arco per ferire, un arco per guarire”; venerdì 17 novembre 2023, alle 16, Laura Maria Michetti su “Pyrgi e Spina: “porti gemelli” sui due mari”; venerdì 15 dicembre 2023, alle 16, Paola Conti, Simone Battisti, Luigia Gambino su “Alla ricerca del tempio perduto. Conservazione e restauro di un esperimento didattico di fine ‘800”.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto di restauro della statua della Latona di Veio, a 106 anni dalla scoperta dell’eccezionale gruppo del santuario del Portonaccio a Veio: il cantiere direttamente nella sala 40 del museo, in partnership culturale con Carbonetti e Associati Studio Legale 

roma_villa-giulia_restauro-latona-di-veio_locandinaIl 19 maggio 1916, 106 anni fa, l’eccezionale ritrovamento del gruppo scultoreo che coronava la sommità del tempio di Portonaccio, fra cui l’Apollo, l’Eracle e l’Hermes.  Oggi, 18 maggio 2022, Giornata Internazionale dei Musei, a ridosso quindi di quella data significativa, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ha presentato il cantiere di restauro della statua della Latona di Veio, opera identitaria del Museo, eccezionale scultura in terracotta policroma risalente al 510-500 a.C. (scoperta però nel 1939-40), appartenente al gruppo del santuario di Portonaccio. “La scelta di collocare il lancio del cantiere nella Giornata Internazionale dei Musei rafforza il messaggio promosso quest’anno dall’ICOM a livello mondiale: il potere dei musei nella società e il valore delle relazioni con il territorio per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale”, afferma il direttore Valentino Nizzo. L’intervento di restauro, quanto mai necessario, è stato reso possibile grazie alla partnership culturale con Carbonetti e Associati Studio Legale che ha deciso di sostenere economicamente l’intervento conservativo di questa opera così delicata che fu restaurata oltre 60 anni fa, alla metà degli anni ’50 del XX secolo. All’epoca, l’opera fu riassemblata in decine di differenti frammenti. Oggi ci appare, quindi estremamente lacunosa e bisognosa di numerose reintegrazioni a completare i panneggi, ma, soprattutto, la zona delle spalle e del collo, al fine di riposizionare correttamente il volto e la nuca. L’intervento sarà effettuato dal restauratore Sante Guido che ha restaurato in passato anche le statue di Apollo e di Eracle, appartenenti al medesimo gruppo scultoreo, e coordinato dal Servizio per la Conservazione del Museo, responsabile Miriam Lamonaca.

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La sala 40 del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia che ospita le grandi statue del santuario del Portonaccio a Veio (foto etru)

Il cantiere di restauro sarà realizzato direttamente nella sala 40 del Museo che ospita il gruppo scultoreo di Portonaccio. Una straordinaria opportunità per il pubblico, quella di assistere in diretta a tutte le operazioni di restauro: dalla campagna fotografica digitale “ante operam” a quella diagnostica per identificare la natura degli ossidi metallici e/o dei pigmenti utilizzati e la composizione dell’argilla, dalle indagini radiografiche alle scansioni 3D che saranno effettuate anche sulle altre sculture veienti: Apollo, Ercole e Hermes. E poi partiranno gli interventi diretti sull’opera che prevedono oltre alla pulitura superficiale e alla rimozione del vecchio protettivo, un delicatissimo intervento di risistemazione della zona del collo e del mento per mezzo di rimodellazione localizzata.

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Nella foto di Giulio Quirino Giglioli il momento della scoperta del gruppo scultoreo di Portonaccio, nel 1916 (foto Archivio fotografico di Villa Giulia)

L’avvio del restauro si colloca – come detto – a ridosso di una data molto significativa per il Museo e per la storia dell’archeologia. Il 19 maggio 1916 è la data dell’eccezionale ritrovamento del gruppo scultoreo in terracotta che coronava la sommità del tempio di Portonaccio nella famosa città etrusca di Veio (oggi in buona parte coincidente con il territorio del Comune di Roma in prossimità di Isola Farnese). La scoperta destò grande attenzione di pubblico. L’Italia era in guerra e il recupero dei reperti – ad opera di Giulio Quirino Giglioli – aveva avuto un effetto beneaugurante anche sulle sorti belliche della Nazione. La scoperta rivoluzionò le conoscenze fino ad allora acquisite sull’arte degli Etruschi ed ebbe una straordinaria influenza sulla cultura e l’immaginario contemporanei. Molti artisti, di fatto, trassero ispirazione dalle sculture veienti anche grazie al loro perfetto stato di conservazione e all’eccezionale policromia che dopo duemilacinquecento anni ancora le caratterizzava, quasi fossero state appena realizzate. L’Apollo, in particolare, incantò tutti ed entrò sin da subito nella rosa dei capolavori universali, opera di un maestro anonimo che nello stesso periodo dovette essere chiamato a Roma da Tarquinio il Superbo per la decorazione del tempio della triade capitolina sul Campidoglio, come attestano diverse fonti letterarie.

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Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

“106 anni fa venivano alla luce le sculture del santuario di Portonaccio a Veio, capolavori senza eguali che hanno rivoluzionato le conoscenze e gli studi sull’arte del mondo etrusco”, dichiara il direttore Valentino Nizzo. “Celebrare l’anniversario di quella scoperta con l’avvio del cantiere di restauro ci sembra quantomai doveroso e siamo felici che Carbonetti e Associati Studio Legale abbia accolto fin da subito il progetto, dimostrando che il sostegno al patrimonio culturale non possa prescindere dalla sensibilità e dall’impegno della comunità in cui il Museo vive e opera”. E il prof. Francesco Carbonetti, fondatore dello Studio legale: “Sentivamo il dovere di dare un contributo al recupero del nostro patrimonio culturale, come già ci è capitato più volte a supporto di ricerche e iniziative in ambito sanitario e scientifico. Lo facciamo perché ci crediamo: essere parte integrante e promotrice di questo momento così cruciale è una diretta conseguenza dello spirito che ha da sempre contraddistinto Carbonetti e Associati e inorgoglisce tutti i nostri colleghi sapere di aver dato fattivo aiuto alla conservazione e valorizzazione di un gioiello del grande tesoro pubblico italiano”.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia al via Etrugreen: intervento ecosostenibile di pulitura sul grande mosaico pavimentale a tessere bianche e nere collocato al Ninfeo. Visite in esclusiva al cantiere per gli abbonati del museo

Dal 2 e al 15 novembre 2021 al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma programmato un intervento ecosostenibile di pulitura sul grande mosaico pavimentale a tessere bianche e nere collocato al Ninfeo e raffigurante un Tritone fra personaggi marini mitologici: delicata operazione di pulitura, condotta dalla restauratrice Miriam Lamonaca con l’utilizzo di un prodotto innovativo per la rimozione delle patine biologiche.

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La restauratrice Miriam Lamonaca (foto etru)

Venerdì 5 e venerdì 12 novembre 2021, alle 11.30, in esclusiva per i possessori dell’abbonamento al museo, visita riservata al cantiere di intervento a cura della funzionaria restauratrice Miriam Lamonaca. Prenotazioni all’indirizzo mn-etru.comunicazione@beniculturali.it. È possibile abbonarsi prima dell’inizio della visita. Un detergente ecologico a base di enzimi stabilizzati, Nasier, messo a disposizione dalla società Brenta srl che non contamina l’ambiente e rende sicuro il lavoro del restauratore grazie alle sue proprietà ecologiche. L’intervento ha come scopo la conservazione a lungo termine dei materiali e la restituzione della leggibilità della forma e della superficie per la comprensione del significato dell’oggetto. A supporto dell’intervento complessivo, sarà condotta una sperimentazione, grazie all’ausilio delle indagini diagnostiche di controllo condotte dalla ditta Tecno.EL, per confrontare l’efficienza della tecnologia del detergente Nasier rispetto alla tradizionale pulitura enzimatica. L’intervento sarà seguito da un’ulteriore fase sperimentale che vedrà l’uso di un nuovo disinfettante sicuro per l’operatore e a basso impatto ambientale, sviluppato da Brenta srl come step successivo alla detergenza di Nasier.

Il grande mosaico pavimentale col Tritone nel Ninfeo del museo nazionale di Villa Giulia (foto etru)

Il mosaico pavimentale nel Ninfeo è una porzione del grande mosaico di epoca romana ritrovato in località Casal di Statua, lungo la via Aurelia, grande via che i Romani tracciarono per congiungere Roma con Pisa e Genova, lungo il litorale tirreno, e datato al I-II secolo d.C. Il mosaico fu distaccato e smembrato nell’agosto del 1941 per volontà di Salvatore Aurigemma, allora soprintendente alle Antichità dell’Etruria meridionale, e trasportato al museo di Villa Giulia per assicurarne la salvezza ed evitare il pericolo di rovina. Oggi è possibile ammirarlo diviso e collocato in tre parti della villa: sotto la loggia dell’Ammannati, nel livello inferiore del Ninfeo e nel secondo cortile. I vari elementi componevano dunque un’unica scena mitologica che non è dato sapere se fosse integrata anche da altri elementi e/o da una rappresentazione centrale intorno alla quale si andavano a disporre le figure attinenti al mondo marino recuperate. Era già menzionato nel 1923 negli Atti di Archivio della Soprintendenza agli Scavi di Roma come “mosaico in ottime condizioni, intaccato solo in piccolissima parte dagli operai adibiti al lavoro [per la sistemazione di un tratto della Aurelia]”.

Roma. “Donne dall’antichità”: al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia torna a splendere, dopo un delicato e complesso restauro, l’urna cineraria dalla necropoli ceretana di Monte Abatone con i resti di una donna etrusca dell’alta società, vissuta e morta nell’antica Caere, l’attuale Cerveteri, nel VI secolo a.C.

L’urna cineraria dalla necropoli ceretana di Monte Abatone esposta dopo i restauri al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Torna a splendere, dopo un delicato e complesso intervento di restauro realizzato dalla ditta DE.CO.RE.​ con il coordinamento del Servizio Restauro del Museo, uno dei reperti più emblematici delle collezioni del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, raffigurante una donna etrusca vissuta oltre 2500 anni fa: torna a splendere l’urna dalla necropoli ceretana di Monte Abatone grazie alla collaborazione fra Q8 e Museo ETRU. Da mercoledì 20 ottobre 2021 è possibile tornare ad ammirare l’opera restaurata. E nei giorni di giovedì 21 e martedì 26 ottobre 2021, dalle 12 alle 16, l’opera è visibile fuori dalla sua vetrina nella Sala della Fortuna con possibilità di scoprire dettagli del restauro a cura della funzionaria restauratrice Miriam Lamonaca e delle restauratrici della ditta DE.CO.RE che hanno curato l’intervento. È un’urna cineraria in terracotta risalente alla seconda metà del VI secolo a.C., particolarissima nel suo genere, poiché raffigura una figura femminile distesa su un kline, l’antico letto conviviale su cui si distendevano gli invitati ai banchetti. Doveva con molta probabilità contenere i resti di una donna etrusca dell’alta società, vissuta e morta nell’antica Caere, l’attuale Cerveteri. Nella sua fattezza sontuosa e ricercata restituisce un’immagine molto precisa di come amavano essere rappresentate le donne del tempo: accessori curati e gioielli vistosi denotano lusso e desiderio di esibire il proprio status sociale. Un’opera particolarmente fragile e lacunosa, ricomposta da diversi frammenti e per questo bisognosa di uno specifico e rinnovato intervento di restauro per garantire la sua conservazione e una migliore fruizione da parte del pubblico, anche alla luce delle movimentazioni necessarie nell’ambito di possibili esposizioni temporanee. Il restauro è stato possibile grazie al contributo di Q8, una partnership coerente con la missione del museo che ha tra i propri obiettivi non solo la tutela, la valorizzazione e l’accessibilità del patrimonio culturale di propria competenza, ma anche il coinvolgimento attivo della comunità, dei cittadini e lo sviluppo di stretti legami con il territorio, incoraggiando così la formazione di comunità patrimoniali nello spirito indicato dalla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005).

Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, al centro del gruppo di restauratrici dell’urna da monte Abatone (foto etru)

“Questa partnership si fonda sulla consapevolezza dell’importanza di valorizzare le specificità, di dialogare con il territorio anche attraverso il sostegno di progetti che permettono una migliore leggibilità e comprensione del nostro passato”, afferma Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. E ancora: “Siamo grati a Q8 per aver sposato la nostra filosofia e di averci consentito di restituire al pubblico in forma ancora più “seducente” un’opera straordinaria, davvero unica nel suo genere poiché, come il celebre Sarcofago degli Sposi, ci aiuta a comprendere in ogni suo dettaglio l’immagine e il ruolo nella società di una donna etrusca”. Da questa proficua collaborazione, nata con il sostegno di LoveItaly, è stato possibile realizzare un’operazione di restauro molto complessa, condotta con l’obiettivo di garantire la conservazione a lungo termine del reperto e la restituzione della leggibilità della forma e della superficie ai fini della comprensione del significato dell’oggetto. L’intervento ha comportato, oltre alla pulitura, il consolidamento delle linee di frattura, lo smontaggio di alcune parti, la ricomposizione del manufatto con relativa integrazione, stuccature e protezione finale. È stato inoltre progettato e realizzato un nuovo supporto, le cui caratteristiche tecniche sono state concordate in relazione alla particolare complessità dell’opera. “Siamo molto orgogliosi di aver sostenuto questo progetto di restauro”, spiega Livio Livi, consigliere di amministrazione e direttore Risorse Umane e Relazioni Esterne di Q8 e prosegue, “Q8 conferma così il suo impegno nella sostenibilità intesa in tutte le sue dimensioni: siamo convinti che le imprese svolgano un ruolo non solo economico, ma anche sociale a sostegno della comunità e del territorio. Il museo e in particolare l’opera in questione, poi, ci aveva particolarmente colpito per il ruolo paritario e quindi all’avanguardia che le donne ricoprivano nella società etrusca: una testimonianza ante litteram all’idea di inclusion che condividiamo anche nella nostra Azienda”.

Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma: nei venerdì di ottobre apertura straordinaria di Villa Poniatowski con il nuovo allestimento delle tombe Barberini e Bernardini di Palestrina, due tra i più importanti corredi principeschi del periodo Orientalizzante

Il nuovo allestimento delle tombe principesche di Palestrina a villa Poniatowski (foto etru)

La “prova generale” durante le Giornate europee del Patrimonio il 24 e 25 settembre 2021 al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma: l’apertura al pubblico di Villa Poniatowski con il nuovo allestimento delle tombe Barberini e Bernardini di Palestrina, due tra i più importanti corredi principeschi del periodo Orientalizzante, risalenti all’inizio del VII secolo a.C., di nuovo esposti dopo otto anni chiusi alle visite. Villa Poniatowski riapre straordinariamente al pubblico tutti i venerdì di ottobre 2021, dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 18. Ingresso contingentato per motivi di sicurezza a cura del personale in servizio. Il biglietto si acquista nella sede di Villa Giulia e dà accesso a tutte le collezioni e alle mostre temporanee in corso.

Gli straordinari corredi delle tombe principesche di Palestrina esposti a villa Poniatowski (foto etru)

Ciascun corredo è composto da decine di oggetti di inestimabile valore e da alcuni capolavori assoluti dell’oreficeria, della bronzistica e della scultura in avorio di questo periodo. Materiali provenienti dal vicino Oriente e dall’Egitto figuravano insieme a gioielli e vasellame di produzione etrusca, rendendo i “principi” che li indossavano e li utilizzavano simili ai monarchi più influenti del Mediterraneo orientale. Questa è una peculiarità del periodo Orientalizzante ed è manifestata ad altissimo livello dalle due sepolture prenestine che, pur provenendo da un’area culturale di influenza latina, beneficiavano del controllo delle vie di transito e delle risorse ad esse connesse per rappresentarsi al massimo livello di sfarzo possibile come e anche in modo più esuberante dei loro vicini Etruschi sull’opposta sponda del fiume Tevere. Il progetto dell’attuale allestimento è dell’architetto Andrea Mandara con la collaborazione di Claudia Pescatori (Studio di Architettura, Roma), il progetto grafico è di Francesca Pavese, l’organizzazione generale di Electa; il progetto scientifico è stato curato da Antonietta Simonelli, funzionario archeologo del museo di Villa Giulia e curatore della sezione museale di Villa Poniatowski, con la supervisione del direttore Valentino Nizzo. L’allestimento è stato realizzato dal personale del Museo coordinato dalla funzionaria restauratrice Miriam Lamonaca supportata dalla collega Irene Cristofari.

La vetrina a villa Poniatowski con il corredo della tomba Barberini di Palestrina (foto etru)

La Tomba Barberini. Nel 1855 nel fondo della Colombella, che insisteva sull’area di necropoli dell’antica Praeneste (attuale Palestrina), viene riportata alla luce la Tomba Barberini, fondamentale testimonianza del periodo Orientalizzante nel Latium vetus e, più in generale, uno dei contesti più rappresentativi di una fase storica e artistica profondamente influenzata dai contatti tra Oriente e Occidente, mediati, tra gli altri, dai Greci e dai Fenici. Insieme con altre centinaia di oggetti di scavo, il contesto della Tomba Barberini, attraverso l’omonima collezione della celebre nobile famiglia romana, viene acquisito dallo Stato italiano nel 1908 per 350mila lire e, grazie all’interessamento dell’allora direttore Angelo Maria Colini, viene destinato al museo di Villa Giulia, nato nel 1889 e subito divenuto un punto di riferimento nel panorama museografico romano.

Fermaglio in oro, a sbalzo e granulazione, dal corredo della Tomba Barberini di Palestrina esposta a villa Poniatowski (foto etru)

Presentando la Collezione nel Bollettino d’Arte del 1909 Alessandro Della Seta nota come nello scavo della Tomba Barberini non si fosse prestata alcuna attenzione al contesto e che una ricostruzione del corredo era stata possibile solo a posteriori mettendo insieme le prime notizie sul rinvenimento, individuando affinità stilistiche tra gruppi di oggetti e ricorrendo al confronto con le associazioni già riscontrate nella Tomba Bernardini (675-650 a.C.). E infatti nel nuovo allestimento, appena inaugurato a settembre 2021, il posizionamento del corredo della Tomba Barberini segue per analogia quello dell’altra tomba prenestina. Intorno alla sagoma del defunto trovano posto gli ornamenti personali in oro, come la meravigliosa piastra decorata con piccole figure di animali reali e fantastici eseguiti a sbalzo e a granulazione, lo spillone dalla testa d’argento a forma di bocciolo di fiore e la fibula a “drago”.

Trono in lamina di bronzo decorata a sbalzo dal corredo della Tomba Barberini di Palestrina conservato a villa Poniatowski (foto etru)
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Coppa (kotyle) di bronzo a doppia parete dal corredo della Tomba Barberini di Palestrina esposta a villa Poniatowski (foto etru)

Tra gli oggetti d’avorio già Della Seta dava grande rilievo, accanto ai calici su alto piede, al corno musicale (?) decorato con incisioni e incrostazioni di ambra e ai tre sorprendenti avambracci lavorati a intaglio con fregi di animali e terminanti a forma di mano, interpretati come manici di specchi o di ventagli. L’altissimo rango sociale del personaggio, a cui doveva essere appartenuto il corredo, è evidenziato dalla ricca dotazione di oggetti per il banchetto sia in bronzo, come il cratere con teste di grifo su alto sostegno, le brocche e le coppe, sia in argento dorato, come le coppe a due manici (kotylai) e la coppa “fenicia”; ma ancor di più ne sottolineano la funzione regale e sacerdotale nell’ambito della comunità di riferimento il trono di lamina di bronzo e gli oggetti legati alla cottura delle carni e alla celebrazione di sacrifici, come l’ascia, il coltello, i bacini, le patere baccellate, il carrello per offerte.

La fibula prenestina, in oro, con la più antica testimonianza della lingua latina

La Tomba Bernardini, scoperta nel febbraio del 1876, prende il nome dai fratelli che ne finanziarono lo scavo nel territorio dell’antica Praeneste (attuale Palestrina). Il suo corredo, originariamente esposto nel museo Kircheriano e poi in quello preistorico-etnografico “Luigi Pigorini”, venne infine dal 1960 trasferito nel museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, dove oggi è conservato nell’adiacente Villa Poniatowski. L’unico oggetto rimasto nella sezione preistorica dell’odierno museo delle Civiltà, erede del “Pigorini”, è la celebre fibula prenestina, con la più antica iscrizione latina fino ad oggi nota. Considerata fino a pochi anni fa un falso e oggi finalmente riabilitata dalla critica grazie ad approfondite indagini archeometriche, la fibula era riemersa diversi anni dopo la scavo della Tomba Bernardini, in circostanze sospette che avevano fatto dubitare della sua autenticità e della sua appartenenza al celebre corredo prenestino, cui invece diverse testimonianze la attribuivano.

Piastra d’oro decorata con file di leoni, cavalli, chimere e sfingi dal corredo della Tomba Bernardini esposta a Villa Poniatowski (foto etru)

La tomba era a pseudocamera consistente in una fossa rettangolare irregolare (m 5,45×3,82/3,92) orientata E-O e profonda ca 1,70 m; le pareti erano rivestite da filari di blocchi di tufo con copertura a lastroni di calcare e travertino; sul fondo vi era un incavo lungo circa 2 metri presso il lato Sud. La disposizione del corredo è nota grazie al sopralluogo effettuato dopo la scoperta dal celebre archeologo tedesco Wolfgang Helbig e alla pubblicazione che ne seguì. Gli ornamenti personali in oro e in argento, come la piastra, la fibula, i fermagli, le frange, da immaginarsi sul petto e sulle spalle quale parte integrante dell’abbigliamento, si concentravano nella zona Est dell’incavo, confermando sia il luogo della deposizione del corpo, già suggerito dal ritrovamento di ossa umane, poi gettate via, che il suo orientamento.

Finale angolare di carro di bronzo con figurine applicate dal corredo della Tomba Bernardini di Palestrina (foto etru)

Sull’orlo della fossa verso Sud trovavano posto le armi (lance di ferro, spada d’argento e spada di ferro), mentre nella parte opposta vi erano i finali di bronzo, pertinenti con ogni probabilità a un carro. Sulla parete Sud erano appesi i tre scudi, mentre lungo quella Est vennero ritrovati il grande calderone di bronzo a protomi di grifo, con all’interno una coppa di bronzo e il suo sostegno. Tutti questi oggetti raccolti nella zona Est della tomba, a cui si possono unire le due falere d’argento rivestite di lamina d’oro, pertinenti la bardatura di un cavallo, sono segni distintivi del ruolo sociale del defunto quale principe guerriero.

Piccolo calderone d’argento dorato decorato con sei teste di serpente dal corredo della Tomba Bernardini esposto a Villa Poniatowski (foto etru)
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Lebete d’argento con coperchio a colino, attingitoio e coppa dal corredo della Tomba Bernardini esposti a Villa Poniatowski (foto etru)

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Coppa di vetro blu dal corredo della Tomba Bernardini esposta a Villa Poniatowski (foto etru)

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Coppa “fenicia” d’argento dorato con fregi di tori e cavalli dal corredo della Tomba Bernardini esposta a Villa Poniatowski (foto etru)

Nella zona Ovest della tomba trovano posto, invece, gli oggetti da ricondursi al banchetto e all’offerta, rappresentativi della condizione socio-economica del defunto, come la coppa (kotyle) d’oro, il calderone a teste di serpenti, le coppe “fenicie” in argento dorato, il lebete con coperchio a colino e attingitoio d’argento, la coppa di vetro blu, gli avori per il rivestimento di scatole o mobili, tra cui risalta il frammento con scena nilotica, il tripode con statuette maschili e cani affacciati sull’orlo; rientrano in questa tipologia di oggetti anche le coppe d’argento appartenenti a un servizio potorio destinato al consumo del vino insieme con la grattugia, mentre il calderone di bronzo con gli spiedi e gli alari sono da collegarsi alla cottura e alla distribuzione delle carni, appannaggio esclusivo degli esponenti dell’aristocrazia. Per tecniche esecutive, tipologica e decorazioni gli oggetti del corredo trovano stringenti confronti con materiali provenienti da Fenicia, Siria, ma anche Grecia insulare e orientale, rappresentando nel loro complesso uno degli esempi più significativi dell’Orientalizzante Antico nell’Italia centrale, dove a oggetti di importazione se ne affiancano altri fabbricati in Italia da artigiani immigrati, che propongono ai nuovi signori un repertorio figurativo diffuso nelle corti del Vicino Oriente segno di prestigio e regalità. La cronologia dei materiali oscilla tra la fine dell’VIII e il secondo quarto del VII secolo a. C. e, grazie a oggetti datanti come la kotyle d’oro, la tomba può essere riferita al 675- 660 a.C.