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TourismA 2017. Alla scoperta del santuario megalitico di Pat in Valcamonica tra massi-menhir, stele istoriate, allineamenti, recinti sacri

Raffaella Poggiani Keller s TourismA 2017 introduce l'incontro sul megalitismo in Europa

Raffaella Poggiani Keller s TourismA 2017 introduce l’incontro sul megalitismo in Europa

Sulle orme dei nostri lontani antenati di 6-7mila anni fa. È stata una passeggiata alla scoperta dei santuari megalitici della Valcamonica quella che Raffaella Poggiani Keller, specialista in Preistoria, già soprintendente ai Beni archeologici della Lombardia, ha presentato a TourismA 2017, il salone internazionale dell’Archeologia, portando per mano il numeroso pubblico presente al palazzo dei congressi di Firenze alla scoperta di “Culti e cerimonie dell’età del Rame in Valcamonica”, e focalizzando l’attenzione sul santuario megalitico di Pat. “Per megaliti”, introduce l’archeologa preistorica, “si intendono le stele e i menhir che troviamo distribuiti pressoché contemporaneamente in molte regioni d’Europa, e con caratteristiche molto simili”. Particolarmente ricche le aree alpine. Famosi i siti megalitici di Sion, Aosta, Val d’Adige, Riva-Alto Garda, Valtellina e Valcamonica: queste ultime collegate tra loro attraverso il passo dell’Aprica. “Negli ultimi trent’anni”, ricorda, “sono stati catalogati una trentina si siti megalitici, 12 in Valtellina, 20 in Valcamonica, tra santuari e siti con singoli monoliti istoriati”. Tra i santuari, abbiamo quelli sugli altopiani (soprattutto in Valtellina) e quelli di fondovalle, spesso collegati ad abitati: questo si riscontra tra la fine del Neolitico (II metà del V millennio a.C.) e la romanizzazione (età del Ferro).

Un mosaico di immagini con il paesaggio in cui è stato fondato il santuario megalitico di Pat e dettagli dei circoli votivi a nord e dei tumuli a sud

Un mosaico di immagini con il paesaggio in cui è stato fondato il santuario megalitico di Pat e dettagli dei circoli votivi a nord e dei tumuli a sud

Particolarmente interessante il santuario megalitico di Ossimo-Pat, una struttura molto articolata che si estende su una superficie di 4mila mq., frequentato dalla metà del IV millennio per tutto il III millennio, con una persistenza nel I millennio a.C. quando nei pressi sorge un abitato dei camuni che dialoga ancora con il santuario. Fu un appassionato del posto, Giancarlo Zerla, che nel 1994 individuò la prima stele istoriata, scivolata a valle tra gli alberi del bosco, dando il via alle ricerche che continuano tuttora. Il santuario di Ossimo-Pat fa parte di un singolare complesso di luoghi di culto dell’età del Rame (Pat, Anvòia, Passagròp e Ceresolo- Bagnolo), posti alla distanza di circa 400 m l’uno dall’altro e in relazione visiva tra di loro, ad una altezza di 800 metri. I pianori su cui si trovano i siti furono “ritagliati” tra i boschi con incendi, all’atto dell’impianto dei santuari calcolitici.

L'archeologa preistorica Raffaella Poggiani Keller a Tourisma 2017

L’archeologa preistorica Raffaella Poggiani Keller a Tourisma 2017

“Il sito”, spiega Poggiani Keller, “inserito in un paesaggio rituale di grande suggestione presenta due distinti contesti: un santuario calcolitico (metà IV-III-inizi II millennio a.C.) nel quale si rinnovano attività di culto sul finire dell’età del Bronzo e per tutto il I millennio a.C.; un abitato dei camuni, formato da sette case a pianta rettangolare, costruito nell’avanzata età del Ferro appena a monte. Il santuario, esteso per oltre 4000 mq all’estremità orientale del terrazzo di Pat affacciato sulla Valle dell’Inferno, comprende un’area con allineamenti di monoliti, posta al centro di due aree con tumuli e recinti. Il primo ciclo di vita (fondazione, frequentazione con varie fasi d’uso e di ristrutturazione, abbandono) inizia tra tardo Neolitico ed età del Rame, verso la metà del IV millennio a.C., e si conclude con il Bronzo Antico. Per ora si è raggiunto il livello di impianto del santuario solo nell’area cerimoniale posta a Sud dell’allineamento megalitico, dove si sono evidenziati tre tumuli circolari (diametro tra 5 e 6.40 m) in pietre originariamente coperte da terra e con perimetro in sassi, in alcuni tratti su più corsi”. Si tratta di tumuli-cenotafio perché, anche se all’interno si riproduce una struttura funeraria, non hanno mai ospitato sepolture ma solo offerte votive: collane, vasi, punte di freccia. In questi tumuli, databili 3700-3500 a.C. (età del Rame), erano poste delle stele incise, capovolte ritualmente, con cosiddette “figure topografiche”, vere e proprie raffigurazioni del territorio. “È proprio in questo periodo”, sottolinea l’ex soprintendente, “che l’uomo preistorico inizia a costruire il paesaggio”. L’area dei tumuli Sud fu abbandonata con il Bronzo Antico: il focolare, acceso tra piattaforma A e B, data la conclusione del primo ciclo di frequentazione al 1890-1520 a.C. L’area torna ad essere frequentata nel corso del I millennio a.C. quando sopra i tumuli calcolitici, ormai coperti dal colluvio, furono accesi piccoli fuochi. “Ne abbiamo scavato una trentina. La scansione cronologica di questa nuova frequentazione del santuario, sul finire della tarda età del Bronzo e per l’intera età del Ferro fino al II-I secolo a.C., è basata, oltre che su frammenti ceramici significativi, seppur rari, su una serie di datazioni radiometriche, effettuate sui carboni dei numerosi focolari accesi accanto e sopra monumenti e strutture. Lo studio paleobotanico chiarisce il contenuto di alcuni fuochi rituali e la stagione di accensione: piccoli fiori o boccioli fiorali di crataegus monogyna, misti a gusci e rami di corylus avellana e di coniferae (focolare acceso in primavera); bacche e semi di Rosa canina con rami di Fagus sylvatica e corylus avellana (fcoolare acceso sul finire dell’estate). Rituali che ricordano i floralia di epoca storica”.

L'allineamento di stele e menhir del santuario megalitico di Pat

L’allineamento di stele e menhir del santuario megalitico di Pat

A Nord dei tumuli-cenotafi c’è un allineamento di stele istoriate e massi-menhir, databili all’inizio del IV millennio, che si protrae per una cinquantina di metri: finora 27 monumenti, integri e frammentari, con andamento N-S in direzione della montagna Cimon della Bagozza, con le facce principali istoriate nella parte apicale con il motivo del sole e rivolte verso oriente. Sono contenuti in fosse con un alloggiamento di pietre o poggiano su piattaforme rettangolari, anch’esse con orientamento costante Nord-Sud. “Lo scavo ha raggiunto i livelli di frequentazione dell’avanzata età del Rame, ma non ancora quelli di impianto dell’allineamento, che risulta più volte ristrutturato; la stratigrafia mostra che il santuario è il risultato di più fasi di costruzione e di distruzione, con abbattimento di alcuni monumenti e innalzamento di nuovi, e che si sviluppa almeno in tre differenti fasi. Nella fase finale di frequentazione, tra tardo Calcolitico e Bronzo Antico, alcuni monumenti risultano ormai caduti a terra e parzialmente coperti, oppure spezzati. Dopo l’abbandono, strati di colluvio seppelliscono via via lentamente i pochi massi e stele ancora ritti nel terreno, senza che si perda nel tempo la cognizione del luogo sacro”.

Una collana di perle trovata in uno dei recinti votivi del santuario megalitico di Ossimo-Pat

Una collana di perle trovata in uno dei recinti votivi del santuario megalitico di Ossimo-Pat

A Nord dell’allineamento si estende un’area priva di monoliti e occupata da una tomba a cista e da recinti circolari. “La tomba a cista”, sottolinea Poggiani Keller, “conteneva le spoglie di un individuo adulto che, dopo 3-4 secoli dalla deposizione, vengono raccolte e ammucchiate per lasciar posto ai resti di un infante, che così è in collegamento con l’antenato. I due recinti finora scavati mostrano all’interno di un doppio cerchio concentrico di pietre (alcune delle quali sono frammenti di stele riutilizzati) una struttura rettangolare con perimetro in sassi, in forma di sepoltura, ma contenente solo offerte (in una, nove cuspidi di freccia in selce, nell’altra un vaso e una collana di perle, secondo un rituale già praticato nell’area Sud)”.

Le stele e i menhir del santuario megalitico di Pat allineati nel museo nazionale della Preistoria della Valcamonica (Mupre)

Le stele e i menhir del santuario megalitico di Pat allineati nel museo nazionale della Preistoria della Valcamonica (Mupre)

Antenati o dei? “Sono riconoscibili varie fasi di incisione nel corso dell’età del Rame, ben scandita, oltre che dalle sovrapposizioni, dalla tipologia delle armi raffigurate (asce, asce-martello; pugnali tipo Remedello, tipo Ciempozuelos; alabarde tipo Villafranca). La sequenza iconografica connessa alla sequenza stratigrafica ci fa intravvedere la possibilità di definire anche una articolazione molto più dettagliata delle fasi di istoriazione dei monumenti nel corso del IV e del III millennio a.C. Le raffigurazioni presenti sulle stele e sui massi-menhir suggeriscono che si possano distinguere due tipi di composizioni monumentali: una mostra attributi più propriamente antropomorfi, maschili e femminili, organizzati in schemi araldici; la seconda, in genere costituita da imponenti massi- menhir, presenta associazioni più complesse dove le incisioni sono fittamente distribuite su tutta la superficie, con frequenti interventi di sovrapposizione a indicare successive fasi di istoriazione. La presenza di tumuli e di circoli con offerte, induce ad attribuire al sito cerimoniale anche una valenza di culto degli antenati ed a considerare, perciò, alcuni dei monumenti incisi come raffigurazioni degli antenati”.

In Val Venosta scoperte due statue stele di 5000 anni fa: rappresentano un uomo e una donna, sono le più antiche mai trovate in Trentino-Alto Adige

A Vezzano in Val Venosta (Alto Adige) sono state rinvenute due grandi statue stele

A Vezzano in Val Venosta (Alto Adige) sono state rinvenute due grandi statue stele

L'assessore Mussner e la direttrice dell'ufficio Beni archeologici Catrin Marzoli

L’assessore Mussner e la direttrice dell’ufficio Beni archeologici Catrin Marzoli alla presentazione

In Val Venosta scoperte due grandi statue-stele del 3000 a.C (Età del Rame) in marmo di Lasa. Il rinvenimento un anno fa da parte dell’Ufficio Beni archeologici nel cantiere aperto alla Giardineria Schöpf di Vezzano, una frazioncina venostana ai piedi del monte di Mezzodì, meglio noto come Sonnenberg, per la costruzione di nuove serre e di un garage. Nelle settimane scorse la presentazione ufficiale dei due reperti da parte di Catrin Marzoli, direttrice dell’Ufficio beni archeologici. “Le due statue stele sono le più antiche attestazioni di scultura monumentale prodotte nell’area alpina nel III millennio a.C”. Nell’area atesina le statue stele ricorrono infatti numerose (Val Venosta-Val d’Adige fino al Lago di Garda). I due nuovi rinvenimenti di Vezzano si aggiungono ora agli altri 20 già noti in regione (13 dall’Alto Adige, e 9 dal Trentino). Particolarmente famosi sono i menhir di Lagundo e il menhir che si trova nel bosco del Renon, a pocas distanza dal Lago di Costalovara. Queste statue-stele antropomorfe hanno un’altezza compresa fra 0,60 e 2,75 metri e sono decorate con composizioni figurative che si estendono anche sul lato posteriore della pietra. Le figure sono state incise con attrezzi in pietra: le stele maschili sono identificabili per la raffigurazione di armi, in particolare pugnali triangolari e asce piatte (come il pugnale e l’ascia che anche Ötzi portava con sé), ovvero le prime armi in metallo. Le stele femminili, invece, sono caratterizzate da seni e gioielli (elementi d’ornamento come diademi), mai dalle armi. Gli archeologi hanno potuto datare le statue-stele proprio grazie alla raffigurazione delle armi. Ed è stato proprio confrontando la forma dei pugnali triangolari e delle asce con oggetti reali ritrovati in scavi archeologici che è stato possibile datare questi reperti all’Età del Rame. In origine le statue stele dovevano essere infitte nel terreno e disposte in gruppo, e costituivano il centro cultuale della comunità.

La stele di Vezzano (nei quattro lati) che raffigura una donna: ha 5000 anni

La stele di Vezzano (nei quattro lati) che raffigura una donna: ha 5000 anni

La stele di Vezzano con raffigurazione di un guerriero con le sue armi: pugnale e ascia

La stele di Vezzano con raffigurazione di un guerriero con le sue armi: pugnale e ascia

Le statue stele di Vezzano raffigurano un uomo e una donna. La statua stele maschile presenta un cinturone ed è dotata di più pugnali, mentre quella femminile è caratterizzata dal seno, e presenta uno scialle ed una lunga veste. Non si sa ancora con certezza chi rappresentino davvero le statue-stele. Si tratta di antenati, adorati come padri fondatori o eroi di una comunità, oppure di divinità? Anche il loro significato è tuttora oggetto di discussione; secondo molti archeologi queste pietre sono da collocare nella sfera del culto, come ad esempio, la statua-stele rinvenuta in una zona di sepoltura a Velturno, in Valle Isarco. Si è ipotizzato, inoltre, che servissero più semplicemente per delimitare confini territoriali. Gli archeologi concordano comunque sul fatto che questi monumenti in pietra hanno comunque un grande significato simbolico. Le statue-stele sono diffuse in molte parti d’Europa: la loro presenza si estende dal Portogallo alla Francia, passando per la Corsica e la Sardegna verso l’Italia settentrionale e in tutto l’arco alpino fino all’Europa centro-orientale.

La stele di Vezzano che rappresenta un guerriero misura 3,40 metri ed è spezzata in due parti

La stele di Vezzano che rappresenta un guerriero misura 3,40 metri ed è spezzata in due parti

La statua stele maschile di Vezzano, oggi spezzata in due parti, si distingue nettamente dalle altre per la sua straordinaria altezza pari a 3,4 m. Con l’età del Rame iniziò una nuova epoca nella storia dell’umanità. Il valore materiale del metallo e la sua lavorazione condussero ad una crescente gerarchizzazione della struttura sociale. I manufatti di rame, investiti di un carattere simbolico, erano segni distintivi di alto rango sociale, di potere e ricchezza. Immediatamente dopo la loro scoperta, questi straordinari reperti sono stati restaurati e sottoposti ad un’attenta documentazione scientifica.