Dopo Tunisi, la Persia: a giugno Aquileia ospiterà una mostra con i tesori del museo archeologico di Teheran. Dalla missione del governatore del Friuli Venezia Giulia in Iran un protocollo di collaborazione culturale

Debora Serracchiani, presidente Regione Friuli Venezia Giulia; Mauro Conciatori, ambasciatore d’Italia a Teheran; e Antonio Zanardi Landi, presidente Fondazione Aquileia, al Museo archeologico nazionale dell’Iran a Teheran
Dopo Tunisi, Teheran. Dopo i tesori dell’arte provinciale romana, ad Aquileia arriveranno i capolavori dell’impero persiano. Se il buon giorno si vede dal mattino, la missione diplomatica del governatore della Regione Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani, in Iran sembra destinata ad aprire un canale privilegiato tra Aquileia e Teheran non solo per la realizzazione di mostre ma anche per lo scambio di know how nella conservazione e nel restauro dei Beni Culturali. A fare da “apripista” a questa speciale collaborazione dovrebbe essere il progetto di portare ad Aquileia importanti reperti provenienti dal museo archeologico nazionale (Iran bastan) di Teheran di cui si è discusso nella capitale iraniana nel corso dell’incontro tra la presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani e il vicepresidente dell’Organizzazione iraniana del Patrimonio culturale e del Turismo / ICHHTO (organismo dipendente direttamente dalla Presidenza della Repubblica) Mohammad Hassan Talebian. Già dai prossimi giorni si lavorerà per la stesura del documento, mentre una formale ufficializzazione potrebbe giungere a fine gennaio.

Debora Serracchiani, presidente Regione Friuli Venezia Giulia, e Mohammad Hassan Talebian, vicepresidente Organizzazione iraniana Patrimonio culturale e Turismo / ICHHTO) al Tavolo dell’accordo per portare ad Aquileia reperti archeologici del museo nazionale dell’Iran
“Da giugno e per circa quattro mesi”, hanno sottolineato Serracchiani e Talebian, assieme al presidente della Fondazione Aquileia Antonio Zanardi Landi e al direttore generale dei musei persiani Mohammad Reza Karegar, “una quindicina di reperti probabilmente mai usciti dalle sale del museo nazionale di Teheran, potranno essere esposti al museo archeologico nazionale di Aquileia”. L’iniziativa conferma la volontà da parte della Fondazione Aquileia di proseguire sulla strada intrapresa con la mostra dedicata ai tesori del museo del Bardo di Tunisi, di offrire sempre un discorso culturale di altissima qualità. Il gruppo di reperti scelto dagli archeologi iraniani insieme con i colleghi italiani permetterà di avere una panoramica dell’arte e della cultura dell’Antica Persia. “La mostra”, ha osservato la presidente Serracchiani, “pone Aquileia e la sua storia al centro di nuovi contatti culturali con Paesi come l’Iran che da sempre guardano con interesse all’Italia, coniugando in tal modo i patrimoni UNESCO del mondo e ricreando idealmente un percorso verso Aquileia della Via della Seta che inequivocabilmente è legata al territorio persiano”.
La possibilità di concludere un protocollo d’intesa tra Friuli Venezia Giulia e ICHHTO, grazie anche alla collaborazione dell’ambasciatore d’Italia a Teheran Mauro Conciatori, verrà approfondita con l’obiettivo di inserire ulteriori contenuti. Ci sono infatti altri settori culturali sui quali Talebian e Karegar hanno ribadito il notevole interesse del Governo iraniano: in particolare le autorità e gli specialisti della Repubblica Islamica puntano a perfezionare e approfondire le conoscenze iraniane nei settori della conservazione dei reperti archeologici e museali, della loro catalogazione e restauro. Perciò l’accordo che sarà perfezionato conterrà anche alcune precise indicazioni, hanno concordato Serracchiani e Talebian, per la messa a disposizione dell’ICHHTO delle competenze d’eccellenza maturate dal corso di Laurea nella Conservazione dei Beni culturali, architettonici e bibliografici dell’Università di Udine e dall’Istituto di Catalogazione di Villa Manin. “Questi organismi”, ha concluso la presidente, “vantano una grande esperienza e la mostra ad Aquileia non farebbe altro che dare avvio alle relazioni culturali tra la nostra regione e Teheran”.
Iran: Pasargade, la città di Ciro il Grande, sarà curata dagli archeologi e restauratori italiani: firmato un protocollo Italia-Iran

Pasargade, la città di Ciro, prima capitale achemenide: il restauro sarà curato dagli esperti italiani
Pasargade, la città di Ciro il Grande, prima capitale dell’impero persiano, sarà curata dagli italiani. Sono stati inaugurati nei giorni scorsi i laboratori di restauro, asse portante di un progetto a tutela del patrimonio archeologico iraniano avviato nel 2014 e destinato a proseguire almeno fino al 2017. “Una forma di cooperazione di grande valore simbolico per il patrimonio archeologico mediorientale, che in altre parti della regione corre un grande pericolo”, l’ambasciatore italiano in Iran, Mauro Conciatori, ha definito i nuovi laboratori per il restauro della pietra aperti dall’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr), con l’Iranian Cultural Heritage Organization a Pasagarde, l’area archeologica vicina a Persepoli dove si trova la tomba di Ciro il Grande. Con questo protocollo e quello che a breve si realizzerà anche a Bam, ha proseguito il diplomatico, “abbiamo scritto un’altra pagina del grande libro della cooperazione tra l’Italia e l’Iran”.

La ricostruzione del “giardino persiano” di Pasargade, uno dei più antichi restituiti dagli scavi archeologici
Le rovine di Pasargade si trovano circa 87 chilometri a nordest di Persepoli, nella provincia iraniana di Fars; fondata da Ciro il Grande nel 546 a.C., fu la prima capitale dell’impero achemenide fino a quando il centro di comando del regno venne spostato a Persepoli. Sul sito archeologico si possono ancora ammirare la tomba di Ciro, la fortezza di Toll-e Takht (situata sulla cima della collina che domina la piana), e le rovine di due palazzi reali con i loro giardini, uno dei primi esempi di giardino persiano che la storia registri. Recenti ricerche avrebbero mostrato come le fondamenta degli edifici di Pasargade sarebbero state progettate per resistere a un terremoto che oggi classificheremmo di magnitudo sette nella scala Richter. Con il sostegno del Mibac, gli esperti italiani lavoreranno a Pasargade per l’analisi e il recupero della pietra, di recente esposta a nuove minacce dovute anche ai cambiamenti ambientali e all’uso massiccio delle falde acquifere. Secondo il responsabile italiano del progetto, Claudio Prosperi Porta, “la quasi totale scomparsa delle piogge nell’ultima decade insieme al prelievo di acqua a grandi profondità per la coltura intensiva del riso, ha provocato una nuova aridità del terreno, che si somma ad altri pre-esistenti fattori di rischio per la struttura di quanto rimane dei palazzi antichi e per l’integrità delle singole pietre”. Questo fenomeno è molto evidente nei resti del palazzo di Ciro, dove anche i vuoti lasciati dalle grandi pietre prese in passato per la costruzione di altri edifici concorrono ad un progressivo degrado di quelle ancora in sede, collocate 2500 anni fa con le sapienti tecniche costruttive delle maestranze cosmopolite di Ciro. “Al fondatore dell’impero persiano”, spiegano gli archeologi, “va infatti il merito di aver saputo per primo, nella sua dinastia, mettere a frutto le competenze tecniche e artistiche dei popoli conquistati, prima nella vasta area di Pasardade – dove si trovano – come detto – anche la fortezza di Toll-e Takht, la colonna con la scritta ‘Sono Ciro il re, un Achemenide’ in tre lingue, i resti di due palazzi e del primo esempio noto di giardino persiano”. In tutte queste strutture, già interessate in passato da scavi e restauri, è ora necessario un attento lavoro di analisi per mettere a punto gli interventi di tutela successivi.
Il monumento più famoso di Pasargade è la tomba di Ciro il Grande, costruita su sei alti gradini che conducono alla sepoltura vera e propria, la cui camera (3 metri x 2) ha un’entrata bassa e stretta. Alessandro Magno rese omaggio al mausoleo di Ciro dopo il saccheggio e la distruzione di Persepoli. Flavio Arriano riporta nel II secolo d.C. (quindi molto dopo la morte di Alessandro Magno) che il macedone ordinò ad Aristobulo, uno dei suoi luogotenenti, di entrare nell’edificio; qui egli trovò un letto d’oro, una tavola apparecchiata, una bara dorata, alcuni paramenti ornati di pietre preziose ed un’iscrizione, che oggi non è visibile. L’esercito arabo decise di distruggerla, perché considerata in contrasto con i principi dell’Islam. Ma i guardiani persiani riuscirono a convincere il comandante dell’esercito che la tomba non era stata costruita in onore di Ciro il Grande, bensì della madre del re Salomone: e la Tomba fu salva. E ancora oggi il monumento è noto come “Qabr-e Madar-e Sulaiman”, cioè la tomba della madre di Salomone. Il protocollo firmato dal Mibac prevede che i nostri tecnici lavorino anche all’analisi dei rivestimenti interni delle cella del mausoleo di Ciro. “È uno spazio vuoto”, spiegano gli archeologi, “dove in epoca islamica è stato inserito un ‘mihrab’ per la preghiera e dove probabilmente il corpo dell’imperatore non venne mai posto, visto che la sua fede zoroastriana non prevedeva la conservazione delle salme”. Ma il mausoleo mantenne un grande valore simbolico e rimase sede dell’incoronazione dei re anche dopo che Dario spostò la capitale ufficiale dell’impero nella vicina e tuttora grandiosa Persepoli.
“Quello di Pasagarde”, conclude Mohammad Hassan Talebian, vicepresidente dell’ente per i beni archeologici iraniani, “è il primo laboratorio per l’analisi della pietra all’interno di un sito archeologico in Iran . Per noi la presenza italiana ha una grande valenza e una grande importanza”, che si inserisce nel solco di una tradizione decennale. “L’Iran vuole giungere ad avere un piano generale per tutta l’area di Pasagarde e Persepoli, considerata un unico ‘paesaggio’ archeologico e culturale in cui non vanno considerati solo i suoi monumenti, ma anche gli altri elementi che ne caratterizzarono la civiltà: dalla religione all’agricoltura alle opere per l’irrigazione”. Ma nel futuro dell’area vi è anche l’idea, lanciata dalle autorità locali e raccolta dall’ambasciatore Conciatori, di un gemellaggio tra Pasagarde e un comune italiano.







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