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#buonconsiglioadomicilio. Giorgia Sossass dei Servizi Educativi del museo del Buonconsiglio ci porta in due ambienti particolarmente suggestivi e significativi del Castello: il Refettorio, affrescato dal Fogolino, e la Cantina scavata interamente nella roccia

Nel dettaglio di un affresco di Marcello Fogolino nel Magno Palazzo un banchetto del principe vescovo Bernardo Cles (foto buonconsiglio)

Nuovo appuntamento, è il 33.mo, con i video #buonconsiglioadomicilio per la regia di Alessandro Ferrini: Giorgia Sossass dei Servizi Educativi del museo del Buonconsiglio ci porta in due ambienti particolarmente suggestivi e significativi del Castello: il Refettorio, affrescato magistralmente da Marcello Fogolino intorno al 1532 e la Cantina scavata interamente nella roccia.

“Spigola, lavanda e le viole, le rose varie, i garofani eletti, e ciascun fior che il prezzo aver si suole, fan nel vago giardin mille boschetti. Parano intorno intorno al muro il sole, sopra le strade dardeggianti tetti di nobili viti che nei caldi mesi tengan di Bacco i vari frutti appesi. Avendo visto il superbo giardino passavo via per una porta bella finché arrivammo dove ogni buon vino ha ‘l sito suo, la bellissima cella”: così scrive nel 1539 Pietro Andrea Mattioli, medico personale del principe vescovo Bernardo Cles. “È proprio in questo suggestivo ambiente che la storia del Magno Palazzo ebbe inizio”, spiega Giorgio Sossass. “Sulla prima colonna a sinistra dell’entrata è infatti tuttora visibile un’incisione, ricavata direttamente nella pietra del primo pilone, che ricorda la fondazione dell’edificio. È quindi probabile che l’intera fabbrica del Magno Palazzo prese le mosse dalla posa della prima pietra in questo suggestivo ambiente. L’epigrafe recita: Bernardus episcopus tridentinus a fondamenta erexit die 25 febbraio 1528. I lavori di costruzione cominciarono effettivamente nella primavera del 1528 in concomitanza con una festa di inaugurazione della fabbrica del Magno Palazzo. Un tempo, sopra l’epigrafe, era direttamente murata una medaglia in bronzo commemorativa della figura di Bernardo Cles, il committente d questa nuova grandiosa impresa architettonica. Colpiscono tuttora le dimensioni dell’ambiente. E il fatto che la cantina sia stata realizzata scavando direttamente nella roccia del dosso che fa da base all’intero edificio. Le botti attualmente visibili all’interno di questo spazio provengono dalla cantina storica dell’istituto agrario di San Michele e contribuiscono in qualche modo a ricreare l’atmosfera anche olfattiva di questo ambiente adibito alla conservazione e alla fermentazione del vino”.

La volta del Refettorio del Magno Palazzo del Buonconsiglio, affrescata da Marcello Fogolino (foto buonconsiglio)

“La degustazione dei pregiati vini prodotti nella cantina – continua Sossass – avveniva direttamente nello spazio adiacente, il cosiddetto revolto fuori della caneva. L’ambiente fu interamente decorato ad affresco dal pittore Marcello Fogolino tra il 1531 e il 1532. La decorazione è strettamente legata alla funzione di questo luogo destinato ai divertimenti e agli svaghi della corte. Qui sappiamo che si tenevano dei sontuosi banchetti offerti dal principe vescovo ai suoi ospiti organizzati utilizzando le pregevoli stoviglie di proprietà del committente che vediamo esemplarmente raffigurate nella decorazione ad affresco. In particolare nella splendida natura morta che immortala una piattaia ricolma di piatti, bicchieri e stoviglie, realizzati in metalli preziosi come l’oro, l’argento e il peltro. La figura del maestro di casa che sorveglia con attenzione le stoviglie insieme a quell’architetto che impugna il compasso e probabilmente a quella del buffone di corte, ritratti sulla parete rivolta verso il giardino testimoniano uno straordinario spaccato di vita all’epoca di Bernardo Cles e allo stesso tempo sembrano documentare la volontà del committente di ritrarre le maestranze attive nell’edificazione dell’edificio ma anche nell’organizzazione degli svaghi della corte. Tutte le altre decorazioni di questo ambiente sono infatti dedicate al diletto e agli svaghi che il principe vescovo offriva ai suoi ospiti. Sono raffigurati dei musici intenti nell’esecuzione di concerti con strumenti da camera e, nella lunetta sopra il lavabo sono ritratte delle scene di danze e balli campestri. In questo ambiente più appartato anche il pittore di corte Marcello Fogolino si sente probabilmente più libero di dar sfogo alla sua vena più inventiva e bizzarra, e riempie infatti la volta di decorazioni vegetali, animali reali e mostruosi, mascheroni, tendaggi, ispirati alle cosiddette decorazioni a grottesche che proprio pochi anni prima erano state riscoperte a Roma nella Domus Aurea di Nerone”.

La fontana del Refettorio del Magno Palazzo del castello (foto buonconsiglio)

“Per tornare alla descrizione del Mattioli – sottolinea la curatrice – in questo ambiente è tuttora presente la fontana originale che veniva alimentata attraverso un complesso sistema di conduttore d’acqua che scendevano direttamente dalla roccia realizzato ancora all’epoca di Giovanni Hinderbach. La vasca è sorretta da una base decorata da quattro delfini, mentre lo zampillo dell’acqua usciva direttamente dalla conchiglia incassata nel muro. La fontana poteva essere utilizzata per lavarsi le mani alla fine e all’inizio del banchetto, oppure per lavare le stoviglie prima di riporle nei lacunari ricavati direttamente nella parete di fronte”. Così ancora il Mattioli: “Dinanzi alla cantina è posto a fronte un refettorio eccellente e decoro, ove discende d’un propinquo monte con sottil arte e pregiato lavoro un chiaro fresco ameno e nobil fonte da guazzare cristalli e vasi d’oro in cui il dolce liquor si tira e mesce quando spumante dalle gran botti esce”.

#buonconsiglioadomicilio. Con Chiara Facchin alla scoperta del Torrione da Basso, camera da letto estiva del principe vescovo Bernardo Cles, dove l’esaltazione dell’impero romano diventa legittimazione del potere imperiale dei contemporanei

La volta affrescata della camera da letto estiva del principe vescovo nel Torrione da Basso del Castello del Buonconsiglio (foto buonconsiglio)

Nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio per la regia di Alessandro Ferrini: Chiara Facchin, dei Servizi educativi del museo del Buonconsiglio, ci accompagna alla scoperta del Torrione da Basso: sala circolare decorata fra il 1532 e il 1533 da Marcello Fogolino che qui realizzò il suo capolavoro. Il programma iconografico dell’ambiente, che si ispira a personaggi ed avvenimenti di storia romana, ha come tema l’esaltazione dell’impero antico, dal quale i regnanti moderni dovevano trarre stimolo ed esempio per la creazione del loro “imperio”.

Il Torrione da Basso è una struttura fortificata costruita sulla fondazione della torre angolare del giardino di Giovanni Hinderbach. “Bernardo Cles – ricorda Chiara Facchin – ha inglobato questa struttura all’interno del Magno Palazzo rendendolo un ambiente privato su un piano sul quale si trovano invece ambienti di rappresentanza. L’architettura fortificata di questa struttura rende l’ambiente adatto a essere una camera da letto, la camera da letto estiva del principe vescovo. Infatti, come era consuetudine nelle corti europee, anche Bernardo Cles ha scelto un ambiente che potesse essere adibito a camera privata durante il periodo estivo. L’ambiente è rivolto con due grandi finestre sul lato Ovest e sul lato Sud verso il giardino del Magno Palazzo da cui salivano dolci profumi e piacevoli suoni che svegliavano la mattina il principe vescovo. La stanza era arricchita da una serie di cuoi decorati che rivestivano tutte le pareti mentre il soffitto della volta è stato affrescato da Marcello Fogolino che ha rappresentato una serie di scene racchiuse ed esaltate da bellissime cornici in stucco bianco. Il centro della volta è decorato con lo stemma familiare di Bernardo Cles sovrastato dal galero, il copricapo cardinalizio: in mezzo si vedono le sette verghe e il ramo d’alloro intrecciato al ramo di palma, ovvero le imprese personali del principe vescovo”.

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Una delle quattro scene dipinte da Marcello Fogolino con Giulio Cesare (qui nel triunvirato) nel Torrione da Basso (foto buonconsiglio)

Tutto attorno quattro scene tratte dalla vita di Giulio Cesare: “La prima, quella in cui è raffigurato all’interno del triunvirato”, continua Facchin. “Si vedono i tre personaggi seduti in una piccola edicola e al fianco dei cavalli trattenuti a stento dai loro servitori. Nella seconda si vede un’immagine in cui Giulio Cesare riceve dei doni, delle offerte, probabilmente in seguito alla promulgazione delle leggi suntuarie, quando parte delle proprietà in eccesso rispetto a quanto determinato dalle leggi doveva essere consegnata proprio a Giulio Cesare. Marcello Fogolino nella terza scena descrive il momento in cui Giulio Cesare riceve la testa mozzata di Pompeo dalle mani di Tolomeo e lo punta con l‘indice sottolineando la crudeltà del gesto di Tolomeo stesso. Nella quarta scena viene descritto un corteo notturno. Fogolino per questa immagine si è ispirato alla rappresentazione realizzata da Mantegna alla corte di Mantova. In questo caso Fogolino è stato molto abile perché all’interno della scena ha dovuto inserire una serie di fonti luminose artificiali, delle torce delle fiaccole, che permettessero attraverso le luci e le ombre di delineare i personaggi protagonisti del corteo. Allargando lo sguardo possiamo cogliere la rappresentazione che Fogolino fa della figura umana. Le cornici ovali racchiudono figure maschili e femminili che si alternano con pose molto plastiche diversificate tra loro. Tra una figura umana e l’altra Fogolino ha rappresentato una serie di creature fantastiche e di mostri mitologici rendendoli con estrema bizzarria e una grande analiticità. Ha rappresentato in maniera molto fresca e vivace degli elementi che richiamano l’antichità classica rendendoli estremamente contemporanei”.

L’imperatore Domiziano, uno dei 14 cesari dipinti da Marcello Fogolino nel Torrione da Basso (foto buonconsiglio)

Proprio questo è lo spirito che anima anche le rappresentazioni dei 14 imperatori romani che finiscono la parte laterale della volta. “Ogni imperatore romano – fa notare Facchin – è presentato a cavallo ma ognuno in una posa differente, ritratto da una prospettiva diversa, e qui vediamo davvero l’abilità pittorica di Fogolino. L’altra particolarità di questi ritratti è che ogni imperatore è inserito in un paesaggio molto moderno con strutture architettoniche e figure umane che richiamano l’epoca rinascimentale. Il gioco tra antico e moderno, tematiche antiche in paesaggi contemporanei che si respira all’interno dei ritratti degli imperatori sottolinea ed evidenza anche quella che era la scelta tematica voluta da Bernardo Cles. Il principe vescovo infatti faceva parte della corte imperiale di Carlo V ed era consigliere personale del fratello Ferdinando. Attraverso la decorazione di questa sala troviamo una legittimazione del potere imperiale che affonda le sue radici nella cultura classica, quella dell’antica Roma, con un filo conduttore che passa da antico a moderno, rendendo ancora più forte e riconoscibile il potere imperiale contemporaneo”.

#buonconsiglioadomicilio. Francesca Jurman ci porta a scoprire “le stanze private”: gli appartamenti del principe vescovo in Castelvecchio, chiusi al pubblico per motivi di sicurezza

Per il nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio, Francesca Jurman, responsabile dei Servizi educativi del museo del Buonconsiglio, ci conduce negli appartamenti privati del principe vescovo Johannes Hinderbach: ambienti intimi e riservati realizzati nella seconda metà del Quattrocento e decorati successivamente da Marcello Fogolino intorno al 1530. Gli appartamenti sono chiusi al pubblico per motivi di sicurezza. Gli appartamenti privati del principe vescovo Johannes Hinderbach si trovano all’ultimo piano di Castelvecchio. Realizzati nella seconda metà del Quattrocento, sono collegati direttamente con degli ambienti del piano sottostante, la cosiddetta Stua vecchia e la Stua del reverendissimo, ambienti quindi intimi e riservati dedicati esclusivamente al principe. “L’ambiente centrale, dei tre che costituiscono l’appartamento”, spiega Jurman, “conserva ancora oggi tracce della decorazione originale voluto proprio dal principe Johannes Hinderbach. Sono ornati che si ispirano agli sviluppi architettonici e scultorei di quello stile che ormai trova piena maturazione in epoca tardo-gotica. Gli intrecci sono molto raffinati: archetti trilobati e pinnacoli si rincorrono e definiscono il contorno di elementi che oggi non vediamo più. Questi ambienti infatti sono stati utilizzati anche da altri principi vescovi che si sono succeduti dopo Johannes Hinderbach e tra questi Bernardo Cles che prima che venisse realizzato il sontuoso Magno Palazzo, la sua residenza personale tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta del Cinquecento utilizzava proprio queste stanze come suoi appartamenti privati”.

Particolare del fregio dipinto da Marcello Fogolino nelle stanze private del principe vescovo a Castelvecchio (foto Buonconsiglio)

La stanza viene fatta ornare da Bernardo Cles con un bel camino con una cornice in pietra scolpita nella quale sono incastonati dei motivi decorativi in pietra di paragone. “Al centro la sua impresa, l’impresa dell’unità, il fascio di verde trattenuto da un nastro su cui è iscritto il motto unitas, unità religiosa e politica, e collegato all’altra impresa, sempre utilizzato da Bernardo Cles, la palma e l’alloro, simbolo invece di pace e di gloria. Attraverso queste insegne – continua Jurman – il Cles vuole in qualche modo illustrare quello che è il suo programma politico, il suo impegno. La decorazione dell’ambiente viene completata da un fregio pittorico probabilmente realizzato da Marcello Fogolino quello che diverrà poi il pittore di corte del Cles. Il Fogolino riprende qui un repertorio decorativo di cui lui diviene forse il massimo interprete e diffusore in tutta l’area trentina. Un fregio a grottesca cosiddetto a racemo abitato. In effetti si tratta di un motivo decorativo che consente al pittore di creare immagini particolarmente fantasiose, bizzarre, stravaganti, sempre inedite originali, andando a recuperare un repertorio che è antico, perché si trovava già nella Domus Aurea di Nerone, ma che viene proprio diffuso da Raffaello e dai suoi seguaci verso la fine del Quattrocento. Ecco quindi che nel fregio un tralcio fiorito e concluso con volute di foglie d’acanto viene abitato da tutta una serie di figure estremamente bizzarre, un tripudio di putti che giocano con degli esseri fantastici: ci sono dei cavalli marini, ci sono dei satiri o delle donne alate che concludono il loro corpo in una sorta di coda che ricorda quella delle sirene”. Ci sono anche dettagli particolarmente curiosi, divertenti, come può essere il volatile che becca il sedere del putto in un clima moto festoso e divertito. Al di sotto di questo fregio, così gioioso e fresco, viene realizzata una finta copertura di lastre in marmo sulle quali campeggia il trigramma di San Bernardini da Siena con lettere IHS inserite in un sole raggiato e all’interno di due fronde di palma e alloro che richiamano appunto l’impresa d Bernardo Cles. “Analoga decorazione riservata anche al primo degli ambienti di questo appartamento: anche qui finte lastre di marmo accolgono il trigramma di San Bernardino che viene alternato all’impresa dell’unitas clesiana. Al di sopra un fregio pittorico sempre a grottesca probabilmente opera di Fogolino o di qualche suo aiutante. Questo perché qui il fregio rivela invece una maggior rigidità nelle figure, ma lo spirito è identico. Motivi che riecheggiano le forme le soluzioni ideate da Raffaello, da Perin del Vaga, dai loro seguaci e che qui vengono ovviamente riviste in una chiave assolutamente originale, dando veramente libero sfogo a Fogolino e ai suoi seguaci che troveranno piena espressione nei fregi pittorici che andranno a realizzare negli anni successivi all’interno del Magno Palazzo”.

#buonconsiglioadomicilio. Con Mirco Longhi, conservatore del museo, scopriamo insieme lo stretto rapporto fra arte e potere al Castello del Buonconsiglio

Il Magno Palazzo, magnifico e unico esempio di architettura rinascimentale al castello del Buonconsiglio (foto Gianni Zotta / Provincia di Trento)

Castelvecchio, la parte più antica del Castello del Buonconsiglio, svela allo sguardo attento del visitatore una vera e propria politica per immagini: l’arte, qui più che altrove, è al servizio del potere temporale dei vescovi di Trento, che per secoli governarono il territorio. Grazie all’analisi di Mirco Longhi, conservatore del museo, scopriamo insieme lo stretto rapporto fra arte e potere al Castello del Buonconsiglio nella consueta puntata di #buonconsiglioadomicilio. Immagini e regia di Alessandro Ferrini.

“Scoprire l’arte del castello del Buonconsiglio”, spiega Longhi, “non è solo scoprire l’arte riflesso della cultura della magnificenza dei principi vescovi che si sono avvicendati nel corso dei secoli in questa residenza, ma è scoprirne il ruolo politico, il significato politico. L’illustre ospite, l’ambasciatore feudatario che dopo la metà del Cinquecento ha il privilegio di entrare in questi ambienti, deve aver provato un misto di stupore e di meraviglia nell’osservare il grande rinnovamento portato avanti nei decenni precedenti. Da un lato il principe vescovo Giovanni Hinderbach che aveva realizzato la serie di loggiati di raccordo che giungono al terzo piano fino alla loggia veneziana, ingentilendo non poco l’antica residenza dei principi vescovi di Trento. Dall’altro il fidato consigliere di Carlo V, il cardinale Bernardo Cles, che tra il III e IV decennio del Cinquecento commissionerà un magnifico e unico esempio di architettura rinascimentale, il cosiddetto Magno Palazzo, il corpo di fabbrica che si trova prossimo a Castelvecchio. Però senza dimenticare di lasciare il suo segno anche in quella che era la sede storica del potere temporale dei principi vescovi, il castello di origine medievale che era già stato in parte rinnovato da Giovanni Hinderbach qualche decennio prima, un rinnovamento che non è solo architettonico ma anche per immagini. Entrambi i presuli, infatti, sia Giovanni Hinderbach che Bernardo Cles, sono figli di una riscoperta consapevolezza di quanto la rappresentazione del potere sia strategicamente fondamentale nell’Europa delle corti, retta da sottilissime alleanze e rapporti di fedeltà. Una politica per immagini che ha la sua massima espressione proprio in Castelvecchio, centro del potere politico anche in età moderna. Ecco quindi che in questo percorso di avvicinamento al potere, pian piano che l’ospite saliva ai piani nobili di Castelvecchio, le immagini che si dipanano sotto i suoi occhi hanno un chiaro valore politico. Anche lo stesso San Vigilio, santo vescovo di Trento, assume una valenza politica, perché serve a rimarcare, a chi accedeva nella residenza dei principi vescovi, che questa era appunto la residenza dei successori alla cattedra di San Vigilio, e questa attenzione iconografica nei suoi confronti è attestata da molte altre evidenze storico-artistiche, e presenta non a caso molte analogie con la stessa attenzione riservata dalla Roma papale nei confronti dell’iconografia di San Pietro. Il richiamo all’antenato illustre – se ci pensiamo – è da sempre uno degli espedienti migliori per giustificare e legittimare il potere: lo era per gli imperatori, lo era per i papi, e lo è anche per i principi vescovi di Trento”.

Carlo Magno domina le raffigurazioni a chi si affaccia dalla loggia (foto Buonconsiglio)

“È una volta giunti al terzo piano – continua Longhi – che questa politica per immagini giunge alla sua massima espressione, sprigionando quella capacità comunicativa dell’arte al servizio del potere dei principi vescovi. Da un lato la serie di ritratti dei vescovi di Trento realizzata dagli artisti a servizio di Giovanni Hinderbach alla fine del Quattrocento, ma più volte restaurati nel corso dei secoli, rappresentava quanto di più astuto l’arte al servizio del potere potesse evocare in modo non dissimile dal principe vescovo che, sappiamo, all’epoca accoglieva tra gli eleganti archi della loggia veneziana i suoi ospiti tra ‘400 e ‘500: da una loggia fittizia si affacciano i suoi predecessori rimarcando questa idea che lui non è altro che l’ultimo di una serie di autorità che risalgono all’antichità. Dall’altro, con un altro espediente tipico di chi ricerca la legittimazione del proprio potere, il richiamo all’autorità più grande da cui questo potere discende, e nel caso dei principi vescovi di Trento è il sacro romano impero di Germania, visto che ne sono fedeli vassalli. La scelta di rappresentare Carlo Magno non è affatto casuale. Secondo la storiografia dell’epoca non è solo il fondatore del sacro romano impero di Germania, ma per la tradizione trentina è colui che più di ogni altro aveva donato territori, in particolare nell’area occidentale del Trentino, alla Chiesa trentina: quindi in qualche modo fondativo per il potere temporale dei vescovi. L’attenzione nei confronti di Carlo Magno è del resto attestata da numerose testimonianze nel territorio trentino. Basti ricordare quella di Santo Stefano di Carisolo, con l’affresco bascheniano che ci ricorda proprio del viaggio fatto nel Trentino occidentale passando attraverso la val Rendena, le valli Giudicarie fino a Riva; e poi c’è un’altra committenza dell’Hinderbach in un altro castello vescovile, castel Stenico. Questo legame tra impero e potere vescovile raggiunge la sua perfetta sintesi nella serie di ritratti di presuli trentini completamente rinnovata da Marcello Fogolino all’interno della sala, appunto dei vescovi. Qui ogni singolo volto viene caratterizzato alla perfezione dal pittore rinascimentale, ma è soprattutto un ordine gerarchico che qui prevale, perché a differenza dei presuli dipinti all’esterno qui parliamo di principi vescovi, quindi detentori sia del potere temporale che spirituale a partire dall’anno 1027 per quasi sette secoli fino alla fine del Settecento quando l’arrivo delle truppe napoleoniche metterà per sempre la parola fine al loro dominio”.