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Agrigento. Ultimi giorni per visitare al museo “Griffo” la mostra “Da Girgenti a Monaco, Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei Vasi del Ciantro Panitteri”, a cura dell’archeologa Maria Concetta Parello, con il rientro in città (in prestito temporaneo dal museo di Monaco di Baviera) di 10 dei 47 vasi del VI e V sec. a.C., mirabile esempio di pittura vascolare greca

Grazie alla proroga, c’è tempo fino al prossimo 18 ottobre 2025 per visitare la mostra “Da Girgenti a Monaco. Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei Vasi del Ciantro Panitteri”, a cura dell’archeologa Maria Concetta Parello, al museo Archeologico regionale “Pietro Griffo” di Agrigento, dove è stata aperta il 18 dicembre 2024, con il rientro in città (in prestito temporaneo dal museo di Monaco di Baviera) di 10 dei 47 vasi del VI e V sec. a.C., mirabile esempio di pittura vascolare greca, venduti nel 1824 al Principe Ludwig I di Monaco dall’alto prelato della chiesa di Girgenti che li aveva trovati in terreni di sua proprietà. La mostra, organizzata dal parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi della Regione Siciliana con la collaborazione della soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Agrigento, è sostenuta dall’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana ed è stata inserita tra gli eventi per la promozione e l’organizzazione delle iniziative collegate ad “Agrigento capitale italiana della cultura 2025”. Il progetto espositivo, che vede la curatela scientifica di Maria Concetta Parello, archeologa del Parco, è realizzato con Giuseppe Avenia (dirigente responsabile del museo Griffo) e con l’archeologa del Parco Donatella Mangione. L’allestimento della mostra, che riqualifica gli spazi dell’Auditorium Lizzi abbattendo le barriere architettoniche dello storico edificio annesso alla Chiesa di San Nicola, è realizzato dal general contractor Floridia Allestimenti Museali srl su progetto di Diego Cavallaro, Giacomo Floridia e Giuseppe Floridia.

Mostra “Da Girgenti a Monaco, Da Monaco ad Agrigento”: l’archeologa Maria Concetta Parello del parco archeologico della Valle dei Templi, con l’archeologo Jorg Gebauer, conservatore dello Staatliche Antikensammlungen (foto angelo pitrone)

La storia. Quella dei vasi Panitteri è una storia assai curiosa, che lega la Sicilia del primo Ottocento agli ambienti della casa reale di Monaco di Baviera e aggiunge un episodio poco conosciuto ai racconti della grande epopea del Grand Tour nell’isola. I 47 vasi, infatti, appartenevano a monsignor Giuseppe Panitteri (1776-1828), studioso di archeologia e belle arti e uomo di chiesa: era infatti il “ciantro” della Cattedrale di Girgenti, massimo titolo assegnato al capitolo della Cattedrale. Fu lui, nel 1824, a vendere l’intera sua collezione al principe Ludwig I (1786-1868) erede al trono di Baviera. A fare da tramite e a sollecitare l’operazione fu Leo von Klenze (1784-1864), architetto di corte a Monaco e pittore paesaggista innamorato della Sicilia e delle sue antichità, apprezzate durante i continui viaggi in Italia e raccontate in Germania attraverso numerosi disegni, vedute e studi di dettagli architettonici dei monumenti di Agrigento (esposti in formato digitale alla mostra) che fanno di Klenze, come di tutti gli artisti e gli intellettuali del Grand Tour, dei “travel influencer” ante litteram.

Allestimento della mostra “Da Girgenti a Monaco, Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei Vasi del Ciantro Panitteri” al museo “Griffo” di Agrigento (foto angelo pitrone)

Per convincere il principe Ludwig di Monaco, Klenze magnificò la raccolta scrivendo che “rappresenta tra i vasi quello che tra le sculture rappresentano le statue di Egina”. Riferimento non casuale, visto che il futuro re di Baviera, qualche anno prima, in Grecia, si era aggiudicato l’acquisto dello spettacolare complesso statuario del frontone del tempio di Aphaia ad Egina nonostante le critiche del padre, il re Max di Baviera, totalmente disinteressato alle antichità e assai critico nei confronti del figlio ed erede, considerato uno spendaccione che acquistava “robaccia vecchia”. Da allora, e al termine di lunghe trattative e riflessioni – documentate da numerose lettere fra Klenze e Ludwig che affrontano non solo le questioni logistiche del trasporto dei reperti ma svelano anche gustosi retroscena sulla meticolosa negoziazione del prezzo da parte del monarca, assai parsimonioso in fatto di tasse di dogana e spese di trasporto – i 47 vasi, pagati 1400 once siciliane (7000 fiorini, moneta della casa reale di Monaco), fanno parte della ricchissima collezione di Ludwig I. A mediare tutta l’operazione fu anche Raffaele Politi (1783-1870), artista e intellettuale di origine siracusana al quale si deve probabilmente la passione del ciantro per le antichità e la realizzazione di una serie di pitture e decori nella Wunderkammer di Villa Panitteri, storica dimora settecentesca adiacente alla chiesa di San Nicola, passata al demanio dagli anni Sessanta del secolo scorso e poi inglobata nel museo Griffo.

Divenuto re di Baviera (1825-1848) Ludwig è passato alla storia come mecenate delle arti e appassionato del mondo greco: conquistato dalla bellezza dei pezzi di Panitteri, continuò in seguito ad acquistare vasi antichi soprattutto nell’Italia meridionale – territori amatissimi, soprattutto per il clima mite tipico delle regioni del sud, esaltato nelle numerose lettere custodite a Monaco – realizzando una ricchissima collezione vascolare successivamente confluita nel Museo Statale delle Antichità di Monaco (Staatliche Antikensammlungen). È da qui, dove i vasi del ciantro Panitteri sono arrivati nel 1824, che dopo duecento anni che dieci di questi preziosissimi pezzi ritornano in Sicilia per essere finalmente ammirati dal grande pubblico in visita ad Agrigento, Capitale della Cultura 2025.

A far visita in questi mesi alla mostra “Da Girgenti a Monaco. Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei vasi del ciantro Panitteri”, alla presenza della curatrice, l’archeologa Maria Concetta Parello, è stato Florian Knauss, direttore delle Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera, che ha autorizzato il prolungamento del prestito dei reperti, attualmente di proprietà della fondazione di diritto pubblico Wittelsbacher Ausgleichsfonds. Knauss ha espresso il suo personale apprezzamento per il progetto espositivo e per “il meraviglioso” allestimento sottolineando “l’importanza degli scambi di reperti fra le istituzioni museali”.

Allestimento della mostra “Da Girgenti a Monaco, Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei Vasi del Ciantro Panitteri” al museo “Griffo” di Agrigento (foto angelo pitrone)

 

Mostra “Da Girgenti a Monaco. Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei vasi del ciantro Panitteri”: vaso con Odisseo e il caprone di Polifemo (foto angelo pitrone)

Il percorso espositivo della mostra “Da Girgenti a Monaco. Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei vasi del ciantro Panitteri” è stato diviso in quattro momenti che integrano contributi documentali e video per accompagnare il visitatore alla scoperta dei vasi attraversando tutte le fasi che, nel 1824, portarono alla vendita della meravigliosa collezione di vasi greci trovati ad Agrigento al principe tedesco Ludwig I di Monaco di Baviera. “A fianco del singolo vaso, insieme alla didascalia tradizionale, sui pannelli abbiamo voluto raccontare le storie rappresentate sui vasi”, spiega Maria Concetta Parello. “Storie connesse ai miti della tradizione greca e ad alcuni aspetti della vita quotidiana partendo quasi sempre dalle fonti letterarie.  Sui vasi sono rappresentate storie molto note, come quella di Odisseo che esce dall’antro di Polifemo legato al caprone o quella di Aiace che porta sulle spalle il corpo di Achille, ucciso da Paride durante la guerra di Troia. Su uno dei vasi più iconici della ceramografia attica sono rappresentati Alceo e Saffo, grandissimi poeti della lirica greca, che cantano e recitano versi. Infine sullo psìkter (un vaso utilizzato per raffreddare il vino) viene narrato un mito non molto frequentato nel mondo greco, quello di Ida, Apollo e Marpessa. Secondo questo mito il dio Apollo cerca di conquistare la mano di Marpessa (già sposata a Ida) ma questa volta deve soccombere di fronte all’intelligenza di una donna che preferisce invecchiare accanto al marito piuttosto che assistere inerme alla deplorevole condizione di invecchiare da sola accanto a un Dio, immortale, che non avrebbe mai conosciuto la vecchiaia”.

Mostra “Da Girgenti a Monaco. Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei vasi del ciantro Panitteri”: vaso con i poeti Alceo e Saffo (foto angelo pitrone)

Mostra “Da Girgenti a Monaco. Da Monaco ad Agrigento. Il ritorno dei vasi del ciantro Panitteri”: vaso con amazzone (foto angelo pitrone)

Quattro le fasi della narrazione. La prima sezione: VILLA PANITTERI: il racconto dei luoghi con la Villa Panitteri, storica dimora nel cuore della Valle dei Templi che dagli anni Sessanta è passata al demanio e poi è stata inglobata nel museo Archeologico “Pietro Griffo”. Ricorda De Forbin in “Souvenirs de la Sicilie” (Parigi, 1823): “…D’altra parte, sono stato accolto con gentilezza da monsignor Ciantro Panitteri; questo studioso ecclesiastico ha una collezione di vasi greci. Mi mostrò il busto di una statua in marmo pentelico, della più mirabile fattura: potrebbe essere opera dello stesso scalpello della nostra Venere di Milo; stessa nobiltà, stessa verità. Ne riportai un calco in gesso, che devo all’attenta cortesia del mio signor Panitteri”. La seconda sezione: I PROTAGONISTI: il Principe Ludwig I della casa reale di Monaco di Baviera, Don Giuseppe Panitteri ciantro della Cattedrale di Agrigento, l’archeologo di corte Leo von Klenze e il pittore e intellettuale siracusano Raffaello Politi, mediatore di tutta l’operazione. La terza: CONTRIBUTI DIGITALI. CORTOMETRAGGIO: un docufilm che ripercorre la storia dei vasi, la loro vendita da parte del ciantro Panitteri e il progetto della mostra. TOUCH SCREEN: per approfondire la conoscenza dell’episodio e dei suoi protagonisti, è consultabili una ricca raccolta costituita da documenti relativi ai luoghi (Villa Panitteri, Chiesa San Nicola) riprodotti in disegni e chine d’epoca, disegni architettonici e schizzi realizzati da von Klenze nei suoi numerosi viaggi in Sicilia e in particolare ad Agrigento. La quarta sezione: SALA VASI. Nell’ultima sala – che è poi il coro dell’antica chiesa di San Nicola (XI-XII sec.) – è allestita la mostra dei dieci vasi ex Panitteri. Qui prende forma l’originale concept espositivo immaginato dalla curatrice, l’archeologa Maria Concetta Parello, che ha attinto alle fonti letterarie (citando Iliade, Odissea, Argonautiche, le Baccanti di Euripide, le Metamorfosi di Ovidio, e lo storico Diodoro Siculo) per una narrazione che intreccia il linguaggio della pittura vascolare con quello della letteratura classica occidentale.

San Pietroburgo. Il museo Archeologico nazionale di Napoli ospite d’onore per i festeggiamenti del “compleanno” dell’Ermitage con il Galata Morente e altre tre statue riconducibili al cosiddetto Piccolo Donario Attalide nella mostra “The Fallen”

Il “Galata morente” conservato nel museo Archeologico di Napoli e in mostra al museo statale Ermitage di San Pietroburgo

I firmatari del protocollo di San Pietroburgo: da sinistra, Massimo Osanna (Pompei), Paolo Giulierini (Mann), Michail Piotrovskij (Ermitage)

Il 6 e 7 dicembre a San Pietroburgo sono giorni particolari sono “I giorni dell’Ermitage” durante i quali, tra gli eventi previsti, c’è anche l’esposizione di un capolavoro da un grande museo del mondo. Quest’anno è particolarmente importante per l’Italia perché i riflettori si accendono sul museo Archeologico nazionale di Napoli diretto da Paolo Giulierini, con cui Michail Piotrovsky direttore generale dell’Ermitage ha siglato nei mesi scorsi un importante protocollo di collaborazione, insieme a Pompei, che ha già portato a pianificare studi e ricerche congiunte ma anche due grandi mostre nel 2019 che saranno annunciate formalmente in questa occasione. Così il Mann di Napoli, l’ospite d’onore all’Ermitage a San Pietroburgo per gli annuali festeggiamenti del “compleanno” del museo voluto da Caterina La Grande, sarà presente con uno dei gruppi scultorei d’epoca romana delle sue straordinarie collezioni – il Galata Morente e altre 3 statue riconducibili al cosiddetto Piccolo Donario Attalide: si potranno ammirare dal 7 dicembre 2017 al 10 marzo 2018 nella mostra “The fallen. Il Galata Morente e il Piccolo Donario Attalide”, allestita nella magnifica sala dell’Atrio Romano disegnata da Leo von Klenze. “L’internazionalità delle relazioni e dell’immagine del Mann è stato uno degli obiettivi che mi sono posto fin da quando ho assunto la direzione del Museo napoletano che vanta collezioni uniche e straordinarie”, interviene il direttore del Mann, Paolo Giulierini.  “Collaborare con Istituzioni tanto prestigiose come l’Ermitage o il Getty non è solo un onore, ma il riconoscimento di una nuova politica culturale di sviluppo del museo e nel contempo un enorme stimolo per la ricerca e la salvaguardia, le scelte gestionali e di valorizzazione. D’altra parte per il Mann, considerato da studiosi ed esperti tra i più importanti musei archeologici al mondo, ma fino ieri non adeguatamente radicato nell’immaginario del pubblico internazionale, la vetrina e il prestigio dell’Ermitage rappresentano un momento davvero importante”.

Il museo statale dell’Ermitage di San Pietroburgo

La mostra “The Fallen”, I Caduti, è stata curata da Anna Trofimova, capo del dipartimento di Antichità Classica del museo russo, con le immagini di Vinti più note dell’arte antica, riproposte nella pittura del Rinascimento, nella scultura barocca, fino al XX secolo: personaggi della storia e del mito giunti a noi attraverso alcune copie romane di un articolato monumento celebrativo il Piccolo Donario – ora perduto – che Pausania descriveva sull’Acropoli di Atene. Il Piccolo Donario (chiamato così in contrapposizione al Grande Donario realizzato a Pergamo, che pare coesistesse con un complesso votivo analogo a quello ateniese ) era stato eretto verso il 200 a. C. presso il muro meridionale dell’Acropoli ateniese, per ricordare la vittoria dei sovrani Attalidi sui barbari Galati e doveva contare più di 50 sculture bronzee di dimensioni inferiori al reale. Vi erano rappresentati sia i vinti, i Galati, sia i greci vincitori, a loro volta raffigurati in scene mitologiche, poiché – secondo Pausania – il donario si componeva di quattro sezioni dedicate alle celebrazioni delle battaglie combattute contro le Amazzoni e i Giganti ad Atene,  i Persiani a Maratona e i Galli in Mysia.

Le quattro sculture, prima Ludovisi e poi Farnese, conservate al Mann ed esposte al museo Ermitage

Le quattro sculture, prima Ludovisi e poi Farnese, conservate al Mann ed esposte al museo Ermitage fino al 10 marzo 2018, costituiscono senza dubbio il nucleo più importante e impressionante delle sole dieci repliche in marmo riconducibili al Piccolo Donario (una sorta di compendio dei soggetti raffigurati nel monumento ateniese) i cui restanti esemplari sono in diversi musei europei. Il gruppo del museo di Napoli, ritrovato nel 1514 in un luogo non precisato di Roma, è composto da un’Amazzone, un Gigante, un Persiano e un Galata morente: figure dalla forte intonazione psicologica, concentrata soprattutto nei tratti del volto. L’Amazzone è distesa su un suolo sassoso sul quale giacciono due lance; il Gigante, anch’esso disteso, è nudo e completamente umanizzato e solo  la peluria sul dorso, la chioma scapigliata e il volto coperto da barba e baffi paiono ricordare la sua ferinità; il Persiano con la tunica, i calzari e il berretto di tipo frigio, è posto sul fianco, morto mentre ancora imbraccia lo scudo circolare; infine il Galata morente, completamente nudo, è ferito sul fianco sinistro e sulla spalla destra, ma viene colto dallo scultore mentre tenta di sorreggersi con la mano sinistra poggiata a terra. Pathos e dignità dei Vinti: è l’inizio della scultura barocca.

“L’amazzone” conservata al museo Archeologico di Napoli

Le statue del gruppo napoletano, le sole repliche del donario in marmo asiatico, mostrano un soggetto dell’arte ellenistica sviluppato dai romani, mai prima espresso nell’arte classica. È l’idea di una grandezza non già dei vincitori ma dei Caduti, la grandezza della sconfitta. Lo stile altamente espressivo della scultura pergamena incarna nuovi ideali umanistici, la tristezza profonda della morte e la sofferenza dei feriti. “L’arte antica ci dà continui spunti per l’oggi”, spiega Paolo Giulierini, “il patrimonio di opere conservate al Mann è un giacimento di valori universali e di conoscenza quanto mai attuali. In questo senso, salvaguardare e far conoscere questi capolavori è una missione prioritaria per il nostro museo”. ll’Ermitage le opere del Mann saranno esposte su una base circolare nella magnifica sala del Patio Romano tra grandi colonne, consentendo una visuale completa del magnifico gruppo.