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A due giorni dal viaggio di papa Francesco, a Padova i maggiori esperti fanno il punto sui ritrovamenti archeologici in Terra Santa

La locandina dell'incontro di Padova “Terra Santa, archeologia e racconti evangelici” con Da Bahat e padre Eugenio Alliata

A Padova l’incontro “Terra Santa, archeologia e racconti evangelici” con Da Bahat e padre Eugenio Alliata

Papa Francesco si sta preparando per il viaggio in Terrasanta sulle orme di Paolo VI

Papa Francesco si sta preparando per il viaggio in Terrasanta sulle orme di Paolo VI

“Credo che la ricerca archeologica non sia mai fine a se stessa, specie quando è fatta in territori che coinvolgono la nostra fede. Senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare la verità che la scienza può restituirci. Non si tratta di chiedere conferme all’archeologia, ma di lasciare l’archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia”. È il pensiero di Dan Bahat, archeologo e docente all’Università di Toronto, protagonista con padre Eugenio Alliata, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum, nella sala dello Studio teologico del Santo a Padova, il 22 maggio alle 21.15, dell’incontro promosso con il contributo dell’università di Padova sui fondi per le iniziative culturali studentesche della Legge 3.8.1985 n. 429.

La rocca di Masada, famosa fortezza a strapiombo sul mar Morto, dove ha scavato Dan Bahat

La rocca di Masada, famosa fortezza a strapiombo sul mar Morto, dove ha scavato Dan Bahat

Dan Bahat, archeologo e docente all’Università di Toronto

Dan Bahat, archeologo e docente all’Università di Toronto

Padre Eugenio Alliata, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum

Padre Eugenio Alliata, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum

A due giorni dallo storico viaggio di papa Francesco in Terra Santa, sulle orme del suo predecessore Paolo VI, l’associazione culturale Antonio Rosmini, con il patrocinio della Custodia di Terra Santa e in collaborazione con ATS pro Terra Sancta presenta “Terra Santa, archeologia e racconti evangelici”, incontro con Dan Bahat e padre Eugenio Alliata, introduce don Filippo Belli esegeta e docente nella Facoltà teologica dell’Italia Centrale. Dan Bahat, uno dei maggiori archeologi ebrei, per anni ha diretto gli scavi nell’area del Muro del Pianto di Gerusalemme (portando alla luce il tunnel che scorre alla sua base) e a Masada (dove ha scoperto una serie di cocci con nomi di ebrei databili alla caduta della fortezza nel 73 a.C.). Insegna storia di Gerusalemme all’Università Bar-Ilan a Ramat Gan, Israele. Eugenio Alliata appartiene alla provincia francescana di S. Bonaventura, Piemonte. È laureato in teologia e in Archeologia Cristiana presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 1985, dove ha conseguito anche il dottorato. Dal 1986 è professore di archeologia paleocristiana allo Studio e dal 2002 è segretario per le pubblicazioni di quest’ultimo.

"A Gerusalemme la fede s’interseca con la storia e senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare le verità che la scienza può restituirci" (Dan Bahat)

“A Gerusalemme la fede s’interseca con la storia e senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare le verità che la scienza può restituirci” (Dan Bahat)

L’incontro nasce da alcune sollecitazioni contenute in un’intervista a Dan Bahat pubblicata nei mesi scorsi sul quotidiano Avvenire. “Credo che la ricerca archeologica non sia mai fine a se stessa, specie quando è fatta in territori che coinvolgono la nostra fede», dichiarava lo studioso. «Io sono ebreo», proseguiva Bahat «e quale ebreo non posso che riconoscere la grande importanza dell’indagine sulle radici della mia fede. Lo stesso vale per i cristiani. A Gerusalemme la fede s’interseca con la storia e senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare le verità che la scienza può restituirci. Non si tratta di chiedere conferme all’archeologia, ma di lasciare che l’archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia”. L’archeologo israeliano parla dell’archeologia come strumento di comprensione più che di verifica. Non si tratta infatti di mettere in dubbio la veridicità di ciò che la tradizione ci ha consegnato, ma conoscere e approfondire attraverso i dettagli e le notizie di vita quotidiana, fatta di spazi, muri e oggetti quasi banali, la vita che ci è raccontata nei Vangeli. Per questo motivo la “Rosmini” ha chiesto a padre Alliata di raccontare nel suo intervento proprio la vita quotidiana a Cafarnao ai tempi di Gesù.

La basilica ottagonale e la casa di Pietro a Cafarnao prima della costruzione della basilica sopra il sito archeologico

La basilica ottagonale e la casa di Pietro a Cafarnao prima della costruzione della basilica sopra il sito archeologico

Oggi in Terra Santa sono conservati luoghi precisi, spesso consacrati dalla costruzione di una basilica edificata a loro protezione. Sono siti visitati da migliaia di pellegrini, e fra qualche giorno anche da papa Francesco, perché tramandati come i veri luoghi in cui si sono svolti i fatti più importanti della vita di Gesù, dal concepimento miracoloso di Nazareth, la sua nascita a Betlemme, alla sua vita quotidiana a Cafarnao durante i suoi anni di vita pubblica fino alla frequentazione del tempio di Gerusalemme e la sua passione, morte e resurrezione. Luoghi molto cari ai cristiani. Come ci insegna infatti Sant’Agostino, “Non si può amare senza conoscere, e non si può conoscere senza amare”.

 

Israele. Scoperta a Tel Kabri in Galilea una cantina di 4mila anni fa: è la più antica del mondo

Lo scavo a Tel Kabri in Galilea nel nord di Israele

Lo scavo a Tel Kabri in Galilea nel nord di Israele

Le nozze di Cana sono sicuramente la descrizione di un banchetto tra i più famosi riportati dai Vangeli: è in quella parabola, in cui Gesù compie il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, che veniamo a conoscenza dell’abitudine molto diffusa all’epoca di dare grandi feste a palazzo e di innaffiare le portate del banchetto con abbondanti libagioni di vino che i servi del padrone di casa andavano a prendere nelle cantine, vicine alla sala del ricevimento, dove il signore conservava il vino migliore. Ma quello di Cana non è l’unico esempio e neppure il più antico. Nella Bibbia il banchetto ha un simbolismo pregnante, dal banchetto dell’alleanza alla Pasqua del Signore, è il momento della comunione con Dio. E sempre il banchetto prevede il pasto (sacro) innaffiato di vino. Ora per quei racconti, per quelle parabole dallo scopo didattico-morale-religioso, ma che riprendevano comunque momenti di vita quotidiana in cui chi ascoltava poteva immedesimarsi, c’è un riscontro oggettivo: nello scavo archeologico  del Palazzo reale di Tel Kabri, in Galilea, storica regione della Palestina, oggi divisa amministrativamente tra Israele e Cisgiordania, sono stati trovati una sala per banchetti in grado di tenere mezzo migliaio di ospiti e un annesso magazzino con 40 giare risalente a 4mila anni fa, deposito che si è rivelato la più antica cantina di vino del mondo finora scoperta.

Una veduta aerea dello scavo del palazzo cananeo a Tel Kabri in israele

Una veduta aerea dello scavo del palazzo cananeo a Tel Kabri in israele

La campagna di scavi del 2013 (23 giugno-1.agosto), i cui risultati sono stati presentati nelle scorse settimane, è stata diretta da Assaf Yasur- Landau dell’Università di Haifa e Eric H. Cline della George Washington University, con Andrew Koh della Brandeis University come direttore associato. Lo scavo è stato sostenuto con sovvenzioni dalla National Geographic, dalla Israel Science Foundation (ISF), Bronfman Philanthropies, e dall’Istituto per la Preistoria dell’Egeo (INSTAP). Ma non sono mancati anche donatori privati. Il team internazionale di circa 60 persone compresi i volontari, provenienti dal Regno Unito, Israele, Inghilterra, Canada, Paesi Bassi e Australia, si è concentrato sul palazzo dei governanti della città, costruito intorno a 3850 anni fa nel periodo del Bronzo Medio. Il palazzo rimase in piedi per almeno 300 anni e a un certo punto copriva una superficie di 6mila metri quadrati su almeno due piani. Yasur-Landau ha reso noto che è stata scoperta un’enorme sala banchetti con residui di festini a base di carne per oltre 500 persone; ogni ospite aveva ricevuto tagli di carne da 500 grammi. Gli archeologi hanno scoperto un magazzino di circa 15 metri quadrati, accanto alla sala del banchetto. In un primo momento avevano trovato una sola giara, alta circa un metro. Scavando ulteriormente sono venute alla luce molte altre giare fino a scoprire che il vano ne conteneva non meno di 40, l’equivalente di 3mila bottiglie di rossi e bianchi dei nostri giorni per un volume totale di circa duemila litri.

Durante la campagna 2013 sono state trovate 40 giare da vino

Durante la campagna 2013 sono state trovate 40 giare da vino

Lo staff interdisciplinare si è subito messo al lavoro: la conservazione e il restauro della ceramica sono stati affidati a JJ. Gottlieb e Roee Shafir (Università di Haifa); le analisi scientifiche incluse quelle dei residui ad Andrew Koh (Brandeis University); la datazione al radiocarbonio a Felix Höflmayer (German Archaeological Institute a Berlino); la geoarcheologia a Ruth Shahack-Gross (The Weizmann Institute); la petrografia a David Ben-Shlomo (Università Ebraica di Gerusalemme); l’analisi degli isotopi stabili a Gideon Hartman University of Connecticut); lo studio dei resti animali a Guy Bar-Oz e Nimrod Marom (Università di Haifa), e la microfauna a Lior Weissbrod (Università di Haifa). “È una scoperta molto importante, per quanto ne sappiamo è la più grande e più vecchia cantina nel Vicino Oriente Antico”, ha commentato Eric Cline, archeologo della George Washington University, uno dei direttori degli scavi, come riferisce la stampa di Tel Aviv citata dal sito Israele.net. “È la prima volta che troviamo un deposito così ricco ancora con le giare presenti all’interno di un palazzo cananeo del Medio Bronzo, e che restituisce residui da analizzare e permette di ricostruire la provenienza della ceramica. Sono sicuro che da questo scavo potremo ottenere molte informazioni sull’economia di un palazzo cananeo del II millennio a.C.” La cantina era situata nei pressi di una sala per banchetti, “un luogo dove l’elite di Kabri e, eventualmente, gli ospiti stranieri hanno consumato carne di capra e vino”, ha spiegato il co-direttore Yasur-Landau dell’Università di Haifa. “La cantina e la sala del banchetto sono state distrutte durante lo stesso evento violento, forse un terremoto, che li ha coperte con uno strato di detriti di mattoni di fango e intonaco”.

Un team interdisciplinare sta sottoponendo Tel Kabri a molteplici analisi

Un team interdisciplinare sta sottoponendo Tel Kabri a molteplici analisi

Non è stato subito chiaro che le giare contenevano vino. Poi Andrew Koh della Brandeis University, un esperto in chimica archeologica e studi classici, analizzando i materiali organici che coprivano le giare, ha trovato tracce di componenti di base del vino come l’acido tartarico e siringico. Koh ha trovato anche tracce di composti che all’epoca erano popolari ingredienti del vino: la resina di terebinto, miele, menta, cannella e bacche di ginepro. Sono ingredienti molto simili a quelli utilizzati per duemila anni in un vino medicinale egiziano. Hanno anche analizzato le proporzioni di ciascun composto scoprendo una notevole coerenza nel contenuto dei diversi vasi. “La ricetta di questo vino è stata rigorosamente rispettata in ogni vaso “, ha spiegato il direttore associato Koh, nel riferire la scoperta al Meeting annuale 2013 delle Scuole americane di Ricerche in Oriente. “Non era vino fatto in casa da dilettanti. Ogni singola giara conteneva vino fatto secondo la stessa ricetta, nelle stesse esatte proporzioni”. Gli archeologi ora vogliono continuare ad analizzare la composizione di ciascuna soluzione, magari scoprendo informazioni sufficienti per ricrearne il sapore cercando di ricostruire la ricetta e riprodurre il vino cananeo di quasi 4mila anni fa.

Scoperto a Gerusalemme edificio del periodo degli Asmonei (II-I sec. a.C.): è il primo

I resti dell'edificio del periodo della dinastia degli Asmonei scoperto a Gerusalemme

I resti dell’edificio del periodo della dinastia degli Asmonei scoperto a Gerusalemme

Prende forma la Gerusalemme del periodo asmoneo, quella che finora si conosceva solo attraverso le opere dello storico Giuseppe Flavio. Gli archeologi israeliani, della Israel Antiquities Authority, durante i lavori al parcheggio Giv‘ati, nella “Città di David”, non lontano dalla Città Vecchia di Gerusalemme, hanno riportato alla luce i resti di un antico edificio risalente al periodo asmoneo (II e I secolo a.C.). A Gerusalemme è la prima testimonianza di architetture degli Asmonei, la dinastia fondata da Simone Maccabeo che segnò l’inizio del regno di Giudea a partire dal 140 a.C., e mantenne il potere civile e religioso fino alla conquista romana, nel 37 a.C. quando alla guida del governo della regione fu posto Erode il Grande. I Maccabei, che essendo una famiglia di sacerdoti non discendevano idealmente dalla casa di David, non avevano potuto vantare un effettivo diritto al potere regale e per questo il loro regno venne messo in pericolo dall’opposizione dei Farisei, e il Talmud – testo sacro dell’Ebraismo – li ricorda appena. Per avere notizie della loro ascesa bisogna affidarsi alle informazioni riportate dalla Bibbia (libri I e II dei Maccabei) dove i sovrani asmonei, che ressero il Regno di Giudea fino alla metà del I sec. a.C., sono ricordati soprattutto per aver restaurato le istituzioni politiche e religiose dell’antico Israele.

Edificio asmoneo: è il primo che è stato portato alla luce a Gerusalemme

Edificio asmoneo: è il primo che è stato portato alla luce a Gerusalemme

“L’importanza di questa scoperta”, confermano Doron Ben Ami e Yana Tchekhanovets, direttori degli scavi per conto della Israel Antiquities Authority, “è innanzitutto dovuta alla scarsità di costruzioni della Gerusalemme asmonea finora emersa nelle ricerche archeologiche, malgrado tutti gli scavi condotti. A parte alcuni resti di fortificazioni cittadine scoperti in varie parti di Gerusalemme, il vasellame e altri piccoli oggetti, finora non era mai stato trovato nessuno edificio che caratterizzava la Gerusalemme asmonea: questa scoperta colma una sorta di lacuna nella sequenza della storia dell’abitato di Gerusalemme. Così la città asmonea, che ci era già ben nota dalle descrizioni storiche che appaiono nelle opere di Giuseppe Flavio, ha improvvisamente assunto un’espressione tangibile”.

Lo storico di origine ebraica Giuseppe Flavio

Lo storico di origine ebraica Giuseppe Flavio

Non è la prima volta che gli scritti di Giuseppe Flavio, scrittore storico politico e militare romano di origine ebraica, trovano riscontri archeologici. E che proprio Giuseppe Flavio avesse parlato degli edifici asmonei non stupisce, lui nato nel primo anno del regno di Caligola (37-38 d.C.) da una famiglia della nobiltà sacerdotale imparentata proprio con la dinastia degli Asmonei. Il suo nome ebraico era Giuseppe figlio di Mattia mentre il nome romano Flavio fu assunto in seguito, al momento dell’affrancamento e conferimento della cittadinanza da parte dell’imperatore Tito Flavio Vespasiano.

Il modello del palazzo reale degli Asmonei a Gerusalemme

Il modello del palazzo reale degli Asmonei a Gerusalemme

L’edificio asmoneo scoperto dagli archeologi si estende su circa 64 mq, per un’altezza fino a 4-5 metri. Si tratta forse dei resti di un forte, che ha restituito vasellame e monete. Le larghe mura della costruzione (spesse più di un metro) sono costituite da blocchi di calcare grossolanamente sbozzati, sistemati fra loro secondo un metodo caratteristico del periodo asmoneo. Benché all’interno della costruzione siano stati rinvenuti parecchi vasi di terracotta, ciò che più ha sorpreso i ricercatori sono state le antiche monete risalenti all’epoca di Antioco III e IV, alcune con il nome di Alessandro Ianneo scritto in greco antico. Ciò conferma che la struttura venne eretta all’inizio del II secolo ed è poi continuata nel periodo asmoneo, durante il quale vennero apportati vari cambiamenti.