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Napoli. Francesco Sirano è il nuovo direttore del museo Archeologico nazionale: “Sono determinato a contribuire a rendere il Mann ancora più dinamico, capace di parlare a tutte le generazioni e di guardare al futuro, forte anche della mia esperienza a Ercolano”

Francesco Sirano neo-direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto paerco)

Da Ercolano al Mann. Francesco Sirano è il nuovo direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli su nomina del ministro della Cultura Alessandro Giuli (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2025/07/17/il-ministro-giuli-ha-nominato-i-direttori-dei-musei-di-prima-fascia-contessa-alla-galleria-dellaccademia-di-firenze-sirano-al-museo-archeologico-nazionale-di-napoli-rinaldi-al-museo-nazion/). Subentra a Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, che ha coperto in delega l’incarico dalla fine del mandato di Paolo Giulierini nel novembre 2023. “I migliori auguri da parte di tutta la famiglia del parco archeologico di Ercolano”, il commento del parco archeologico di Ercolano, “e grazie per questi splendidi anni di lavoro all’insegna della cultura e della bellezza”. E al Mann: “Congratulazioni al direttore Francesco Sirano. Ci attende un viaggio condiviso, che sarà vissuto all’insegna dell’amore per il nostro Museo”. Le congratulazioni anche da Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Villa Vesuviane: “Una decisione di grande visione e competenza. Complimenti vivissimi al ministro Giuli per questa scelta di grande qualità. Auguri di buon lavoro al direttore Sirano a cui rinnovo i miei ringraziamenti per la splendida sinergia istituzionale attivata con la Fondazione Ente Villa Vesuviane”.

Francesco Sirano, quando era direttore del parco archeologico di Ercolano, con il ministro della Cultura Alessandro Giuli (foto paerco)

“Assumere la direzione del museo Archeologico nazionale di Napoli è per me un onore profondo e una grande responsabilità”, dichiara Francesco Sirano. “Ringrazio il ministro Alessandro Giuli per la fiducia accordatami e mi impegnerò al massimo a servizio di uno dei più importanti Musei archeologici del mondo. Da qualche anno questo museo non è solo una delle istituzioni culturali più importanti d’Italia, ma un autentico punto di riferimento per la storia, l’arte e l’identità di Napoli e del Mediterraneo. Napoli è una città straordinaria, dove il passato e il presente si intrecciano con una straordinaria evidenza: il Mann è parte integrante di questo tessuto e, con la nuova configurazione che comprende anche la sede di Palazzo Fuga, si candida a fungere da catalizzatore delle energie e delle tante e positive iniziative culturali che caratterizzano Napoli negli ultimi anni.  Ercolano, che ho diretto per otto intensissimi anni, è il luogo da cui ha avuto origine anche la vicenda museografica del futuro museo Archeologico nazionale di Napoli con l’Herculanense Museum nella Reggia di Portici. Il parco archeologico di Ercolano è stata un’esperienza che mi ha insegnato quanto sia essenziale coniugare tutela, ricerca, lavoro di gruppo e partecipazione attiva delle comunità. Porto con me anche l’esperienza dell’eccezionale partenariato pubblico privato con il Packard Humanities Institute con il cui presidente David Packard non abbiamo condiviso solo tanti progetti, ma il coraggio di avere una visione proiettata al futuro.  Il Mann, con tutto il grande bagaglio di professionalità che vi opera ad ogni livello, è una casa della conoscenza e un luogo aperto al mondo: sono determinato a contribuire a renderlo ancora più dinamico, capace di parlare a tutte le generazioni e di guardare al futuro”.

Ercolano. La mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici ha chiuso con un doppio successo: la risposta dei visitatori e la delocalizzazione dei reperti che conferma l’importanza della rete per lo sviluppo territoriale. Presto nuovi progetti in sinergia. Intanto i preziosi reperti lignei saranno esposti a rotazione nell’Antiquarium del Parco archeologico

portici_reggia_mostra-materia_locandinaVinta la sfida della delocalizzazione dell’esposizione dei reperti, conferma dell’importanza della rete per lo sviluppo territoriale. All’indomani della chiusura della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”, prodotta dal parco archeologico di Ercolano con il consueto affiancamento del Packard Humanities Institute, nella settecentesca Reggia di Portici, residenza estiva della famiglia reale borbonica e sede del Herculanense Museum, tra i primi musei archeologici al mondo e meta dei viaggiatori del Grand Tour, si esulta per il successo del progetto culturale che non è solo la risposta del pubblico, più di 50mila visitatori, ma anche l’efficacia della partnership che ha soddisfatto tutti. La mostra è nata infatti da una straordinaria collaborazione interistituzionale con la Città metropolitana di Napoli, il dipartimento di Agraria e del Musa (Centro museale Reggia di Portici) dell’università di Napoli “Federico II” e con un finanziamento della Regione Campania. 

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Visitatori sullo scalone della Reggia di Portici che porta alla mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” (foto musa)


Materia - Il legno che non bruciò Ercolano

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)

Il legno e la sua materia, primi attori indiscussi per 12 mesi nelle lussuose sale della Reggia, reperti intrisi di umanità, hanno raccontato ai visitatori storie di ritrovamenti, utilizzi, impieghi nella quotidianità degli antichi e non solo. Tutti questi elementi sono stati protagonisti anche dei social con le “Schegge del Parco”, il nuovo format lanciato di recente dove Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, narra la storia del reperto, e con una trasposizione all’interno del Parco, ne mostra poi il luogo del ritrovamento. Ma non finisce qui. Ai visitatori del Parco verrà offerta l’opportunità di poter fruire ancora dei reperti in legno, grazie a una programmazione cadenzata che permetterà di rivedere i pezzi nella cornice dell’Antiquarium del Parco.

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Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, accompagna i giovani visitatori del territorio alla mostra “Materia” nella Reggia di Portici (foto paerco)

“Gli straordinari reperti in legno, particolarità unica al mondo del nostro patrimonio”, dichiara Sirano, “sono diventati, nello spirito UNESCO, occasione per proseguire la tessitura di rete territoriale valorizzando anche altri meravigliosi luoghi ricadenti nella buffer zone, quali la splendida Reggia di Portici. Non ci è parso sostenibile continuare a tenere i reperti in legno all’interno dei depositi e abbiamo scelto di condividerli sul territorio e con la comunità, non nell’Antiquarium del Parco, ma nel sito che fu la sede del primo museo borbonico dedicato ai siti vesuviani. Oggi i reperti tornano al Parco e, dato il successo della Mostra, questo non sarà un addio ma un arrivederci perché il Parco lavorerà ad esporre i reperti in Antiquarium, così come continueranno la collaborazione con i partner istituzionali e le ricerche con il dipartimento di Agraria”.

“Si è conclusa il 31 dicembre 2023 la straordinaria mostra Materia: il legno che non bruciò ad Ercolano”, interviene il direttore del Centro MUSA – Musei delle Scienze Agrarie, Stefano Mazzoleni. “Inaugurata a dicembre 2022, nella maestosa Reggia di Portici, la mostra ha rappresentato un’esperienza culturale senza precedenti, conducendo i visitatori in un viaggio attraverso la storia e l’archeologia, sottolineando il forte legame tra l’antica Ercolano e la settecentesca Reggia borbonica. La Reggia fu realizzata nel Settecento come residenza estiva per la famiglia reale borbonica e divenne sede dell’Herculanense Museum, uno dei primi musei archeologici al mondo, meta del Grand Tour da tutta Europa. Successivamente, dal 1872, diventò invece sede della Real Scuola di Agricoltura di Portici, oggi dipartimento di Agraria dell’università di Napoli “Federico II”. La mostra ha inoltre contribuito a rafforzare il legame di collaborazione tra l’ateneo federiciano e il parco archeologico di Ercolano, custode dei millenari reperti archeologici. Nonostante la fine di questa mostra unica, il legato culturale e storico continuerà a vivere, promuovendo la consapevolezza e l’apprezzamento della ricca eredità dell’area. Guardiamo avanti a nuove iniziative che continueranno a celebrare e preservare la storia di questo luogo straordinario. Un grazie a tutti i visitatori che hanno condiviso con noi l’entusiasmo e la meraviglia di fronte a delle opere assolutamente uniche ed affascinanti. La grande partecipazione e l’entusiastico interesse dei visitatori ha anche rinsaldato il legame tra il territorio e le istituzioni culturali”.

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Visitatori alla mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” nella Reggia di Portici (foto musa)

Soddisfazione anche da parte di Matteo Lorito, rettore dell’università di Napoli “Federico II”: “Si chiude una mostra di rara bellezza, frutto di una collaborazione virtuosa tra istituzioni, che ha consentito di riportare nella reggia voluta da Carlo di Borbone reperti archeologici unici al mondo esposti in un contesto straordinario e con modalità che hanno consentito a migliaia di persone di immergersi nella quotidianità dell’epoca romana. Si ringrazia il parco archeologico di Ercolano e la Città metropolitana per aver voluto prestare al dipartimento di Agraria legni fossilizzati. Un dipartimento nel quale da molti anni, tra le tante discipline scientifiche, si studiano legni fossili anche del Neolitico”. E Danilo Ercolini, direttore del dipartimento di Agraria: “Ospitare la mostra Materia a Portici è stato, oltre che un piacere, un chiaro esempio di proficua collaborazione tra istituzioni. Abbiamo a cuore la valorizzazione della reggia di Portici, e ogni collaborazione con altri enti territoriali che aiuta questa valorizzazione sarà benvenuta. I numerosi visitatori della mostra, unica e favolosa nel suo genere, hanno avuto anche occasione, non soltanto di visitare la reggia di portici e apprezzarne il valore, ma pure di entrare in contatto con la nostra realtà universitaria, maturando consapevolezza delle numerose attività di didattica, ricerca e terza missione svolte dal dipartimento di Agraria, dipartimento di eccellenza per il quinquennio 2023-’27”.

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Veduta dall’alto della Reggia di Portici che ospita la mostra “Materia” promossa dal parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Entusiasta della collaborazione anche Gaetano Manfredi, sindaco della Città Metropolitana, nel cui patrimonio immobiliare rientra la Reggia: “Si è trattato di un’esperienza molto positiva. Innanzitutto per la grande e proficua sinergia, che ha consentito di mettere insieme realtà istituzionali diverse che hanno lavorato tutte per un unico obiettivo. Ma soprattutto perché, grazie a questa mostra – che ha consentito a migliaia di visitatori non solo di ammirare reperti unici al mondo, ma anche di scoprire lo straordinario palazzo reale borbonico, di passeggiare nelle sue splendide stanze, nei suoi giardini, nel ricchissimo orto botanico – possiamo affermare che è iniziata una nuova era per la Reggia di Portici: quella in cui si è finalmente aperta al mondo, ritrovando la sua funzione originaria di polo museale e di attrattore culturale e turistico per tutto il territorio. Il grande impegno messo in campo dalla Città Metropolitana, con la realizzazione di importanti lavori di restauro per la valorizzazione del patrimonio architettonico e storico-artistico del complesso monumentale, che è oggi tra i più splendidi esempi in Europa di residenza estiva della famiglia reale borbonica, sta portando ora i suoi frutti. Il successo di questa mostra ci dimostra che dobbiamo andare avanti su questa strada”.

Napoli. Nel giardino delle Fontane del Mann è tornata al suo splendore la “grande tazza” farnese in porfido rosso, al termine del restauro sostenuto da Rigoni di Asiago e Fondaco Italia, settima tappa del progetto itinerante “La natura nel cuore di…”

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Lo scoprimento della “grande tazza” farnese in porfido rosso nel Giardino delle Fontane del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Con un deciso strappo al grande velo rosso pompeiano la grande vasca in porfido rosso nel cortile delle Fontane del Mann è stata “rivelata”, come succede in occasione dello scoprimento di qualche targa commemorativa. A “tirare” il velo sono i protagonisti dell’operazione restauro della fontana, patrimonio della collezione Farnese: Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli; Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago; Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia; Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli. Il lavoro di restauro, iniziato a fine giugno 2023 e durato quindi tre mesi, condotto sotto la supervisione del Laboratorio del Mann (responsabile: Mariateresa Operetto) e realizzato da Pantone Restauri di Roma, ha avuto come obiettivo ed esito la conservazione e la valorizzazione dell’opera, solo per citare qualche esempio, attraverso trattamenti biocida, revisione degli interventi pregressi realizzati negli anni Sessanta e nel 2003, pulitura, realizzazione di nuove stuccature in luogo di quelle deteriorate, complessivo riequilibrio cromatico tra vecchi e nuovi interventi.

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Una fase dei restauri della vasca in porfido rosso nel giardino delle Fontane del Mann (foto mann)

napoli_mann_fontana-in-porfido-rosso_cantiere-restauro_telo-sponsor_foto-mannL’iniziativa è stata realizzata grazie alla sponsorizzazione dell’azienda Rigoni di Asiago che, in collaborazione con Fondaco Italia e in occasione dell’Expo di Milano del 2015, ha lanciato il progetto itinerante “La natura nel cuore di…”. Da allora questa buona pratica ha mantenuto intatte le proprie caratteristiche: l’azienda veneta, infatti, ha promosso una votazione online, cui hanno partecipato circa 30mila utenti. Sono stati questi cittadini virtuali a scegliere Napoli come settima tappa di un articolato percorso di tutela e valorizzazione dei beni culturali nazionali. Da Nord a Sud della penisola (da Milano, a Venezia, da Roma a Matera, da Firenze e Bergamo), l’impegno di Rigoni di Asiago si è concentrato su quei tesori che hanno non soltanto un valore artistico, ma anche un significato in chiave di promozione della sostenibilità. In tal senso, la vasca in porfido rosso del Mann ha assunto un ruolo particolare.

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Giardino delle Fontane del museo Archeologico nazionale di Napoli: la “grande tazza” farnese in porfido rosso a restauri conclusi (foto mann)

La “grande tazza” in porfido rosso, come spesso è chiamata negli inventari antichi, è una vasca di fontana, in latino labrum, rinvenuta presso le Terme di Caracalla a Roma durante gli scavi condotti dalla potente famiglia Farnese nel corso del XVI secolo. Si tratta di un manufatto molto raffinato, probabilmente commissionato da un imperatore romano per un edifico pubblico. L’oggetto si data alla prima metà del II secolo d.C., tra l’età di Traiano e quella di Adriano. In quell’epoca, infatti, è particolarmente diffuso l’uso del porfido. La vasca è registrata nell’inventario di Palazzo Farnese a Roma dal 1644 (in Campo dei Fiori, attualmente sede dell’Ambasciata di Francia in Italia). Come il resto della Collezione Farnese, l’opera fu ereditata da Carlo di Borbone per via materna e nel 1789 era registrata nell’inventario del Museum Herculanense di Portici. Compare, allo stato di frammenti, nell’inventario del 1796 del Nuovo Museo e Fabbrica della porcellana di Napoli, per essere infine restaurata nel 1808, per la prima volta, con integrazioni in gesso e trasferita definitivamente al Real Museo Borbonico, di cui il Mann è l’erede.

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Da sinistra, il direttore del Mann Paolo Giulierini, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, e Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago (foto mann)

“Il felice incontro con il progetto Rigoni di Asiago per l’Arte ci ha visto subito in immediata sintonia”, dichiara Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli. “La scelta di restaurare la preziosa vasca di fontana in porfido rosso dalle Terme di Caracalla vuole essere un ulteriore segno di attenzione per la rinascita e la cura degli spazi verdi all’interno del Mann. Il prezioso manufatto, posto al centro del giardino delle Fontane, è parte integrante della nostra collezione Farnese, così come la sosta nei tre giardini storici è tappa irrinunciabile della esperienza di visita. Complimenti a Rigoni per aver realizzato, attraverso il suo tour e il coinvolgimento della rete, una iniziativa originale che diffonde l’amore per il patrimonio artistico italiano”.

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Un momento della cerimonia di consegna della vasca in porfido rosso del Mann dopo i restauri (foto mann)

Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago Srl spiega i dettagli dell’iniziativa: “Sono veramente felice di sbarcare a Napoli, nell’anno del centenario della mia azienda. La città partenopea è la settima tappa del nostro progetto “La natura nel cuore di …” che abbiamo iniziato nel 2015 in collaborazione con Fondaco Italia. Il mio personale rapporto con le opere d’arte, che abbiamo sin qui restaurato, è molto profondo e non nascondo di essere orgoglioso perché ad esse, siamo riusciti a dare un futuro migliore. In particolare, questa fontana in porfido rosso mi ha rapito riportandomi all’epoca dei grandi personaggi dell’antica Roma. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno votato questa città, contribuendo così alla rinascita di questa opera. Auspico che essa possa essere motivo di ulteriore interesse e curiosità, affinché sempre più persone vengano a visitare Napoli con il suo Mann, che rappresenta l’eccellenza della bellezza del nostro Paese!”. Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia, conclude: “Sono particolarmente orgoglioso di aver realizzato questo restauro a Napoli all’interno del Mann, tra i più prestigiosi musei archeologici del Mondo, perché all’impegno di Rigoni di Asiago si è aggiunta anche la forza di oltre 30.000 persone che, con il loro voto on line, hanno voluto confermare il valore e la centralità del patrimonio storico-artistico del nostro Paese. In questo particolare momento storico abbiamo bisogno di esempi positivi e concreti, abbiamo bisogno di messaggi valoriali, abbiamo bisogno di persone che, grazie al loro agire quotidiano serio, intraprendente, coerente e professionale contribuiscano ad attirare l’interesse in particolare, dei giovani. La responsabilità sociale d’impresa è una forma di cultura in forza della quale può e deve scaturire anche un rinnovato spirito di appartenenza e la consapevolezza che possiamo progettare un futuro (un nuovo rinascimento) soltanto se conosciamo e valorizziamo il nostro passato. Dal 2015 Andrea Rigoni e la sua azienda, che desidero ringraziare, con grande serietà e partecipazione, stanno rinnovando di anno in anno questo impegno che auspico con forza sia a tutti gli effetti un esempio al quale guardare con interesse e concretezza e che venga raccolto anche da altre imprese illuminate per implementare e rafforzare il non più derogabile rapporto pubblico-privato”.

Ercolano. Alla Reggia di Portici già 30mila visitatori per la mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”. Oggi, per la visita integrata, complice il bel tempo, una passeggiata da re conduce i visitatori dagli scavi alla residenza reale borbonica

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Una sala della mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto graziano tavan)

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Lo scalone reale della Reggia di Portici (foto paerco)

Materia - Il legno che non bruciò Ercolano

Francesco Sirano, direttore del parco archeoligico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)

Trentamila visitatori in sei mesi: è il lusinghiero bilancio della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici, che ora, complice il bel tempo, il sole e la gioia di stare all’aria aperta, la si raggiunge con una passeggiata da re: la strada, infatti, che si percorre per la visita integrata al parco archeologico di Ercolano e alla mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”, è la stessa che in epoca borbonica portò i reperti dagli scavi di Herculaneum al primo luogo dove furono custoditi: appunto la Reggia di Portici. “Tra il Parco archeologico e la settecentesca Reggia di Portici, residenza di caccia della famiglia reale borbonica e sede del Herculanense Museum, tra i primi musei archeologici al mondo, progenitore del museo Archeologico nazionale di Napoli e meta dei viaggiatori del Grand Tour”,  dichiara il direttore del sito archeologico Francesco Sirano, “i visitatori possono godere di una doppia esperienza fantastica di conoscenza: gli incredibili mobili e arredi dell’antica Ercolano e la favolosa Reggia sospesa tra mare e il verde, sede da 150 anni di uno dei più importanti dipartimenti di Agraria d’Italia. Il Parco ha fortemente voluto questa mostra per moltiplicare gli effetti positivi sulla diffusione della conoscenza e dei valori identitari del territorio. Un territorio nel quale il rapporto con la storia si fa emozione e diretta consapevolezza grazie alla visita integrata a questi due siti culturali di straordinaria intensità”.

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Imbarcazione e dritto di prora dall’impianto termale dell’Insula Occidentalis di Ercolano esposti alla mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto graziano tavan)

Aperta al pubblico a dicembre 2022, la mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” che espone alla Reggia di Portici i reperti del parco archeologico di Ercolano, giunge al traguardo dei 6 mesi. Quasi 30mila turisti hanno potuto fare un viaggio tra le bellezze lignee dell’antica Ercolano alla scoperta della Reggia di Portici, che grazie alla sinergia con il Parco registra presenze triplicate a confronto con lo stesso periodo dello scorso anno. Protagonista indiscusso della mostra appunto il legno. Ercolano infatti non solo è l’unica città del mondo romano che conserva il suo antico fronte a mare e l’elevato delle case sino al secondo piano, ma è anche il solo sito romano a conservare in enormi quantità il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Lo si deve al particolare tipo di seppellimento, causato dalle ondate di fango vulcanico dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Assolutamente unico il patrimonio di reperti dell’antico sito: dai serramenti come porte, finestre, tramezzi, fino ai soffitti, agli arredi, armadi, casse, tabernacoli, letti e tavolini in legno, frutto di un lavoro artigianale realizzato con grande perizia. L’accurata opera di restauro ha consentito il recupero di preziosissimi oggetti che, pur presentandosi, nella maggior parte dei casi, come legno carbonizzato, conservano la loro forma originale e la raffinatezza delle decorazioni intagliate.

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Larario da Ercolano esposto alla mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto paerco)

L’esposizione, prodotta dal parco archeologico di Ercolano e che si avvale del contributo della Città Metropolitana di Napoli, oggi proprietaria della Reggia, del Dipartimento di Agraria e del Musa – Centro museale Reggia di Portici dell’università di Napoli “Federico II”, con lo sponsor di HEBANON Fratelli Basile 1830, e il cui allestimento è affidato alla società ACME04, si articola in 6 sezioni, e sarà visitabile fino al 31 dicembre 2023, secondo i seguenti orari per la stagione estiva 9.30-19 (ultimo ingresso, 17.30). È possibile, con un unico biglietto integrato di 15 euro visitare il parco archeologico di Ercolano, la mostra “Materia”, la Reggia di Portici, l’Herculanense Museum, l’Orto botanico; mentre il biglietto per la mostra è di 5 euro. Tutte le informazioni sul sito www.matreiainreggia.itwww.ercolano.beniculturali.it.

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Veduta aerea della Reggia di Portici e, in fondo, lungo la costa, il sito archeologico di Ercolano (foto paerco)

“Il mare, che abbraccia idealmente e realmente i due comuni di Ercolano e Portici”, riprende Sirano, “partecipa da protagonista naturale alle iniziative da parte degli amministratori che tessono alleanze e trame di intese per valorizzare un territorio allargato che non si ferma agli stretti confini del parco archeologico. Vogliamo che il numero di visitatori che raggiungono la Reggia di Portici cresca ulteriormente, vogliamo migliorare la qualità della vista e vogliamo che i primi a goderne siano proprio i cittadini dell’area e sicuramente la bella stagione sarà nostra alleata. Continueremo con le connessioni territoriali che sono di sicuro una carta vincente per lo sviluppo di tutta l’area”. E Il direttore del Centro MUSA, Stefano Mazzoleni, dichiara: “Una mostra emozionante di reperti straordinari che si aggiunge al percorso di visita del sito museale integrato della Reggia di Portici, un luogo sorprendente per bellezza architettonica e artistica, di testimonianza archeologica e di esperienza scientifica, nell’anno in cui si celebrano i 150 anni della Scuola Agraria di Portici e che nei prossimi mesi vedrà anche l’allestimento dei Musei delle Scienze Agrarie nelle nuove sale restaurate dalla Soprintendenza nel piano nobile della Reggia”.

Napoli. Secondo appuntamento social “I Gladiatori ti aspettano al Mann”: mentre il museo Archeologico nazionale si prepara a riaprire mercoledì 28, l’archeologa Laura Forte, coordinatrice della mostra, ci illustra il ceppo di punizione dei gladiatori

La locandina della mostra “Gladiatori” fino al 6 gennaio 2022 al museo Archeologico nazionale di Napoli

Secondo appuntamento con “I Gladiatori ti aspettano al Mann”. E mentre il museo Archeologico nazionale di Napoli si prepara a riaprire mercoledì 28 aprile 2021, Laura Forte, funzionario archeologo e coordinatrice dell’esposizione, ci fa scoprire il ceppo di punizione, manufatto in ferro proveniente dalla Caserma dei Gladiatori di Pompei ed appartenente alle collezioni del Mann.

“Questo manufatto in ferro – spiega Laura Forte – proviene dalla caserma dei gladiatori di Pompei, o meglio dal quadriportico dei teatri che sappiamo svolse le funzioni di caserma dei gladiatori dopo il terremoto del 62 d.C. Su questo manufatto abbiamo molti dati. Dai diari di scavo siamo a conoscenza del fatto che fu scoperto nel dicembre del 1766 e fu trovato in un ambiente della caserma insieme ad altri reperti piuttosto interessanti, cioè quattro scheletri, quattro elmi, dei gambali e dei frammenti di baltei che erano dei cinturoni. È un manufatto veramente particolare: era fatto per legarvi i piedi, era un ceppo di contenimento, era forse usato proprio a titolo punitivo dei gladiatori stessi in circostanze che purtroppo non ci sono note. Abbiamo un disegno, riprodotto in mostra su scala più ampia, di Giovanni Battista Piranesi che cerca di contestualizzare il manufatto nel suo ambiente di rinvenimento: una visione ideale ma tutto sommato anche un po’ realistica, perché probabilmente grazie ai colloqui che Piranesi ebbe con Camillo Paderni (illustratore, scavatore e curatore dell’Herculaneum Museum di Portici, presso la corte dei Borboni), e grazie al fatto che Piranesi probabilmente vide questi manufatti già nel museo di Portici nel 1770, è in grado di ricostruire l’ambiente con gli elmi che sono su una mensola in alto e quelli che furono trovati come scheletri sono appunto quattro personaggi che immagina legati al ceppo nella sua funzione. Questa riproduzione è ispirata a uno dei rari disegni di Piranesi giunti fino a noi, che si conserva a Berlino. Qui in mostra – conclude Forte – abbiamo voluto esporre questa riproduzione proprio per aiutarci a contestualizzare il manufatto”.

“Le Antichità di Ercolano esposte”: la prestigiosa opera settecentesca è rientrata al Parco archeologico di Ercolano dopo il restauro curato dalla Biblioteca nazionale di Napoli. Documenta con disegni e incisioni ritrovamenti da Pompei, Stabia e Ercolano, molti perduti

“Le Antichità di Ercolano esposte” nel laboratorio di restauro della Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)

“Le Antichità di Ercolano esposte”: la prestigiosa opera settecentesca nel ritrovato splendore è rientrata venerdì 16 aprile 2021 al parco archeologico di Ercolano dopo il restauro a cura della Biblioteca nazionale di Napoli. Si potranno nuovamente ammirare in tutti i dettagli gli straordinari disegni e le incisioni, che costituiscono l’ambiziosa opera editoriale voluta da Carlo di Borbone. L’opera di gran pregio non fu mai messa in commercio, ma offerta in omaggio dalla corte napoletana agli esponenti più in vista dell’aristocrazia europea per stupirli con l’imponenza della collezione messa insieme dal Re di Napoli, e diffondere e promuovere l’impresa di scavo borbonica, che aveva portato alla luce le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “Per recuperare la propria collezione dei volumi de Le Antichità di Ercolano esposte e garantire la pubblica fruizione, il parco ha attivato la propria rete istituzionale di riferimento”, dichiara Francesco Sirano, di recente riconfermato alla direzione del Parco. “La collaborazione con la Biblioteca Nazionale si è giovata dell’altissimo livello professionale che da sempre ne caratterizza l’opera. I rapporti, già stretti per la presenza dell’officina dei papiri Ercolanesi proprio nella Biblioteca, si sono ulteriormente rafforzati”. “Il lavoro di restauro su Le Antichità di Ercolano Esposte”, afferma il direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Salvatore Buonomo, “conferma il filo doppio di stretta collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano, dove si trova la superba Villa dei Pisoni che ospitava l’antica collezione di papiri di  Filodemo di Gadara, oggi nella nostra biblioteca. La sinergia in questo caso ha costituito un’occasione per avvalersi al massimo delle risorse e delle potenzialità di cui disponiamo nell’ambito dei beni culturali, consentendoci l’allargamento del concetto stesso di patrimonio culturale componendo l’interesse di bene bibliografico con quello archeologico”.

Il tomo I de “Le Antichità di Ercolano esposte” dopo il restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)
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Il tomo I de “Le Antichità di Ercolano esposte” prima del restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)

Il restauro ha riguardato i primi 8 volumi della preziosa collana, pubblicata tra il 1757 e il 1792 dalla Stamperia Reale Borbonica a cura della Reale Accademia Ercolanese (di cui fecero parte Ferdinando Galiani, e Francesco Valletta), fondata da Carlo di Borbone per illustrare e studiare quanto veniva alla luce dagli scavi e collocato nell’ ‘Herculanense Museum’, allestito presso la Reggia di Portici per celebrare la grandiosa impresa di scavo. “Il lavoro di restauro”, aggiunge Salvatore Buonomo, “ci tengo a sottolinearlo è stato portato a termine grazie alla disponibilità dei nostri ultimi restauratori, che pur se collocati in pensione, hanno continuato il lavoro in forma volontaria per completare questo delicato restauro e le altre esecuzioni in corso. Allo stato il nostro importante e specializzato laboratorio non può continuare l’attività per mancanza di personale”. “Questo progetto”, conclude Francesco Sirano, “giunge a compimento proprio nel momento in cui tra poche settimane il Parco, con il supporto dell’Herculaneum Conservation Project, sta per lanciare una prima versione del portale Open Data: una forma di condivisione delle conoscenze che utilizza il metodo democratico e partecipativo per raggiungere gli stessi effetti che ottennero in Europa i volumi de Le Antichità di Ercolano esposte  rappresentando una inesauribile fonte di  ispirazione per le arti e l’artigianato”.

Il tomo IV de “Le Antichità di Ercolano esposte” dopo il restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)
ercolano_antichità-esposte_BNN Tomo IV prima del restauro_foto-paerco

Il tomo IV de “Le Antichità di Ercolano esposte” prima del restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)

Il lavoro di restauro sui primi 6 volumi svolto nel Laboratorio “Alberto Guarino” della BNN, che ha visto impegnati Valeria Stanziano e Luigi Vallefuoco e per il Parco di Ercolano Elisabetta Canna,  è  stato complesso: è stato necessario intervenire sulle pregevoli carte interne ma anche  restaurare tutti i dorsi in pelle con le iscrizioni in oro e i nervi a vista,  in più  parti sono state restaurate le coperte  con incartonatura  e carte marmorizzate dipinte a mano simili agli originali. La restante parte del restauro è stato affidato alla ditta Argentino Chiara che si è attenuta nell’acquisto dei materiali e nell’esecuzione al progetto redatto dal laboratorio della Biblioteca di Napoli. Le Antichità di Ercolano esposte hanno avuto il merito di offrire agli artisti ed ai decoratori dell’epoca un assortimento di motivi ellenistici fedeli agli originali, influenzando le arti decorative in Europa e favorendo l’affermarsi del gusto neoclassico. L’opera riveste, perciò, un particolare interesse artistico e documenta con disegni e incisioni di raffinata fattura il prezioso patrimonio di pitture e oggetti, molti anche andati perduti, provenienti dagli scavi di Pompei, Stabia e dai due siti di Ercolano: Resina e Portici.