Napoli. Francesco Sirano è il nuovo direttore del museo Archeologico nazionale: “Sono determinato a contribuire a rendere il Mann ancora più dinamico, capace di parlare a tutte le generazioni e di guardare al futuro, forte anche della mia esperienza a Ercolano”
Da Ercolano al Mann. Francesco Sirano è il nuovo direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli su nomina del ministro della Cultura Alessandro Giuli (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2025/07/17/il-ministro-giuli-ha-nominato-i-direttori-dei-musei-di-prima-fascia-contessa-alla-galleria-dellaccademia-di-firenze-sirano-al-museo-archeologico-nazionale-di-napoli-rinaldi-al-museo-nazion/). Subentra a Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, che ha coperto in delega l’incarico dalla fine del mandato di Paolo Giulierini nel novembre 2023. “I migliori auguri da parte di tutta la famiglia del parco archeologico di Ercolano”, il commento del parco archeologico di Ercolano, “e grazie per questi splendidi anni di lavoro all’insegna della cultura e della bellezza”. E al Mann: “Congratulazioni al direttore Francesco Sirano. Ci attende un viaggio condiviso, che sarà vissuto all’insegna dell’amore per il nostro Museo”. Le congratulazioni anche da Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Villa Vesuviane: “Una decisione di grande visione e competenza. Complimenti vivissimi al ministro Giuli per questa scelta di grande qualità. Auguri di buon lavoro al direttore Sirano a cui rinnovo i miei ringraziamenti per la splendida sinergia istituzionale attivata con la Fondazione Ente Villa Vesuviane”.

Francesco Sirano, quando era direttore del parco archeologico di Ercolano, con il ministro della Cultura Alessandro Giuli (foto paerco)
“Assumere la direzione del museo Archeologico nazionale di Napoli è per me un onore profondo e una grande responsabilità”, dichiara Francesco Sirano. “Ringrazio il ministro Alessandro Giuli per la fiducia accordatami e mi impegnerò al massimo a servizio di uno dei più importanti Musei archeologici del mondo. Da qualche anno questo museo non è solo una delle istituzioni culturali più importanti d’Italia, ma un autentico punto di riferimento per la storia, l’arte e l’identità di Napoli e del Mediterraneo. Napoli è una città straordinaria, dove il passato e il presente si intrecciano con una straordinaria evidenza: il Mann è parte integrante di questo tessuto e, con la nuova configurazione che comprende anche la sede di Palazzo Fuga, si candida a fungere da catalizzatore delle energie e delle tante e positive iniziative culturali che caratterizzano Napoli negli ultimi anni. Ercolano, che ho diretto per otto intensissimi anni, è il luogo da cui ha avuto origine anche la vicenda museografica del futuro museo Archeologico nazionale di Napoli con l’Herculanense Museum nella Reggia di Portici. Il parco archeologico di Ercolano è stata un’esperienza che mi ha insegnato quanto sia essenziale coniugare tutela, ricerca, lavoro di gruppo e partecipazione attiva delle comunità. Porto con me anche l’esperienza dell’eccezionale partenariato pubblico privato con il Packard Humanities Institute con il cui presidente David Packard non abbiamo condiviso solo tanti progetti, ma il coraggio di avere una visione proiettata al futuro. Il Mann, con tutto il grande bagaglio di professionalità che vi opera ad ogni livello, è una casa della conoscenza e un luogo aperto al mondo: sono determinato a contribuire a renderlo ancora più dinamico, capace di parlare a tutte le generazioni e di guardare al futuro”.
Napoli. Nel giardino delle Fontane del Mann è tornata al suo splendore la “grande tazza” farnese in porfido rosso, al termine del restauro sostenuto da Rigoni di Asiago e Fondaco Italia, settima tappa del progetto itinerante “La natura nel cuore di…”

Lo scoprimento della “grande tazza” farnese in porfido rosso nel Giardino delle Fontane del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Con un deciso strappo al grande velo rosso pompeiano la grande vasca in porfido rosso nel cortile delle Fontane del Mann è stata “rivelata”, come succede in occasione dello scoprimento di qualche targa commemorativa. A “tirare” il velo sono i protagonisti dell’operazione restauro della fontana, patrimonio della collezione Farnese: Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli; Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago; Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia; Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli. Il lavoro di restauro, iniziato a fine giugno 2023 e durato quindi tre mesi, condotto sotto la supervisione del Laboratorio del Mann (responsabile: Mariateresa Operetto) e realizzato da Pantone Restauri di Roma, ha avuto come obiettivo ed esito la conservazione e la valorizzazione dell’opera, solo per citare qualche esempio, attraverso trattamenti biocida, revisione degli interventi pregressi realizzati negli anni Sessanta e nel 2003, pulitura, realizzazione di nuove stuccature in luogo di quelle deteriorate, complessivo riequilibrio cromatico tra vecchi e nuovi interventi.

Una fase dei restauri della vasca in porfido rosso nel giardino delle Fontane del Mann (foto mann)
L’iniziativa è stata realizzata grazie alla sponsorizzazione dell’azienda Rigoni di Asiago che, in collaborazione con Fondaco Italia e in occasione dell’Expo di Milano del 2015, ha lanciato il progetto itinerante “La natura nel cuore di…”. Da allora questa buona pratica ha mantenuto intatte le proprie caratteristiche: l’azienda veneta, infatti, ha promosso una votazione online, cui hanno partecipato circa 30mila utenti. Sono stati questi cittadini virtuali a scegliere Napoli come settima tappa di un articolato percorso di tutela e valorizzazione dei beni culturali nazionali. Da Nord a Sud della penisola (da Milano, a Venezia, da Roma a Matera, da Firenze e Bergamo), l’impegno di Rigoni di Asiago si è concentrato su quei tesori che hanno non soltanto un valore artistico, ma anche un significato in chiave di promozione della sostenibilità. In tal senso, la vasca in porfido rosso del Mann ha assunto un ruolo particolare.

Giardino delle Fontane del museo Archeologico nazionale di Napoli: la “grande tazza” farnese in porfido rosso a restauri conclusi (foto mann)
La “grande tazza” in porfido rosso, come spesso è chiamata negli inventari antichi, è una vasca di fontana, in latino labrum, rinvenuta presso le Terme di Caracalla a Roma durante gli scavi condotti dalla potente famiglia Farnese nel corso del XVI secolo. Si tratta di un manufatto molto raffinato, probabilmente commissionato da un imperatore romano per un edifico pubblico. L’oggetto si data alla prima metà del II secolo d.C., tra l’età di Traiano e quella di Adriano. In quell’epoca, infatti, è particolarmente diffuso l’uso del porfido. La vasca è registrata nell’inventario di Palazzo Farnese a Roma dal 1644 (in Campo dei Fiori, attualmente sede dell’Ambasciata di Francia in Italia). Come il resto della Collezione Farnese, l’opera fu ereditata da Carlo di Borbone per via materna e nel 1789 era registrata nell’inventario del Museum Herculanense di Portici. Compare, allo stato di frammenti, nell’inventario del 1796 del Nuovo Museo e Fabbrica della porcellana di Napoli, per essere infine restaurata nel 1808, per la prima volta, con integrazioni in gesso e trasferita definitivamente al Real Museo Borbonico, di cui il Mann è l’erede.

Da sinistra, il direttore del Mann Paolo Giulierini, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, e Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago (foto mann)
“Il felice incontro con il progetto Rigoni di Asiago per l’Arte ci ha visto subito in immediata sintonia”, dichiara Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli. “La scelta di restaurare la preziosa vasca di fontana in porfido rosso dalle Terme di Caracalla vuole essere un ulteriore segno di attenzione per la rinascita e la cura degli spazi verdi all’interno del Mann. Il prezioso manufatto, posto al centro del giardino delle Fontane, è parte integrante della nostra collezione Farnese, così come la sosta nei tre giardini storici è tappa irrinunciabile della esperienza di visita. Complimenti a Rigoni per aver realizzato, attraverso il suo tour e il coinvolgimento della rete, una iniziativa originale che diffonde l’amore per il patrimonio artistico italiano”.

Un momento della cerimonia di consegna della vasca in porfido rosso del Mann dopo i restauri (foto mann)
Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago Srl spiega i dettagli dell’iniziativa: “Sono veramente felice di sbarcare a Napoli, nell’anno del centenario della mia azienda. La città partenopea è la settima tappa del nostro progetto “La natura nel cuore di …” che abbiamo iniziato nel 2015 in collaborazione con Fondaco Italia. Il mio personale rapporto con le opere d’arte, che abbiamo sin qui restaurato, è molto profondo e non nascondo di essere orgoglioso perché ad esse, siamo riusciti a dare un futuro migliore. In particolare, questa fontana in porfido rosso mi ha rapito riportandomi all’epoca dei grandi personaggi dell’antica Roma. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno votato questa città, contribuendo così alla rinascita di questa opera. Auspico che essa possa essere motivo di ulteriore interesse e curiosità, affinché sempre più persone vengano a visitare Napoli con il suo Mann, che rappresenta l’eccellenza della bellezza del nostro Paese!”. Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia, conclude: “Sono particolarmente orgoglioso di aver realizzato questo restauro a Napoli all’interno del Mann, tra i più prestigiosi musei archeologici del Mondo, perché all’impegno di Rigoni di Asiago si è aggiunta anche la forza di oltre 30.000 persone che, con il loro voto on line, hanno voluto confermare il valore e la centralità del patrimonio storico-artistico del nostro Paese. In questo particolare momento storico abbiamo bisogno di esempi positivi e concreti, abbiamo bisogno di messaggi valoriali, abbiamo bisogno di persone che, grazie al loro agire quotidiano serio, intraprendente, coerente e professionale contribuiscano ad attirare l’interesse in particolare, dei giovani. La responsabilità sociale d’impresa è una forma di cultura in forza della quale può e deve scaturire anche un rinnovato spirito di appartenenza e la consapevolezza che possiamo progettare un futuro (un nuovo rinascimento) soltanto se conosciamo e valorizziamo il nostro passato. Dal 2015 Andrea Rigoni e la sua azienda, che desidero ringraziare, con grande serietà e partecipazione, stanno rinnovando di anno in anno questo impegno che auspico con forza sia a tutti gli effetti un esempio al quale guardare con interesse e concretezza e che venga raccolto anche da altre imprese illuminate per implementare e rafforzare il non più derogabile rapporto pubblico-privato”.
Ercolano. Alla Reggia di Portici già 30mila visitatori per la mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”. Oggi, per la visita integrata, complice il bel tempo, una passeggiata da re conduce i visitatori dagli scavi alla residenza reale borbonica

Una sala della mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto graziano tavan)

Lo scalone reale della Reggia di Portici (foto paerco)

Francesco Sirano, direttore del parco archeoligico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)
Trentamila visitatori in sei mesi: è il lusinghiero bilancio della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici, che ora, complice il bel tempo, il sole e la gioia di stare all’aria aperta, la si raggiunge con una passeggiata da re: la strada, infatti, che si percorre per la visita integrata al parco archeologico di Ercolano e alla mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”, è la stessa che in epoca borbonica portò i reperti dagli scavi di Herculaneum al primo luogo dove furono custoditi: appunto la Reggia di Portici. “Tra il Parco archeologico e la settecentesca Reggia di Portici, residenza di caccia della famiglia reale borbonica e sede del Herculanense Museum, tra i primi musei archeologici al mondo, progenitore del museo Archeologico nazionale di Napoli e meta dei viaggiatori del Grand Tour”, dichiara il direttore del sito archeologico Francesco Sirano, “i visitatori possono godere di una doppia esperienza fantastica di conoscenza: gli incredibili mobili e arredi dell’antica Ercolano e la favolosa Reggia sospesa tra mare e il verde, sede da 150 anni di uno dei più importanti dipartimenti di Agraria d’Italia. Il Parco ha fortemente voluto questa mostra per moltiplicare gli effetti positivi sulla diffusione della conoscenza e dei valori identitari del territorio. Un territorio nel quale il rapporto con la storia si fa emozione e diretta consapevolezza grazie alla visita integrata a questi due siti culturali di straordinaria intensità”.

Imbarcazione e dritto di prora dall’impianto termale dell’Insula Occidentalis di Ercolano esposti alla mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto graziano tavan)
Aperta al pubblico a dicembre 2022, la mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” che espone alla Reggia di Portici i reperti del parco archeologico di Ercolano, giunge al traguardo dei 6 mesi. Quasi 30mila turisti hanno potuto fare un viaggio tra le bellezze lignee dell’antica Ercolano alla scoperta della Reggia di Portici, che grazie alla sinergia con il Parco registra presenze triplicate a confronto con lo stesso periodo dello scorso anno. Protagonista indiscusso della mostra appunto il legno. Ercolano infatti non solo è l’unica città del mondo romano che conserva il suo antico fronte a mare e l’elevato delle case sino al secondo piano, ma è anche il solo sito romano a conservare in enormi quantità il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Lo si deve al particolare tipo di seppellimento, causato dalle ondate di fango vulcanico dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Assolutamente unico il patrimonio di reperti dell’antico sito: dai serramenti come porte, finestre, tramezzi, fino ai soffitti, agli arredi, armadi, casse, tabernacoli, letti e tavolini in legno, frutto di un lavoro artigianale realizzato con grande perizia. L’accurata opera di restauro ha consentito il recupero di preziosissimi oggetti che, pur presentandosi, nella maggior parte dei casi, come legno carbonizzato, conservano la loro forma originale e la raffinatezza delle decorazioni intagliate.

Larario da Ercolano esposto alla mostra “Materia” alla Reggia di Portici (foto paerco)
L’esposizione, prodotta dal parco archeologico di Ercolano e che si avvale del contributo della Città Metropolitana di Napoli, oggi proprietaria della Reggia, del Dipartimento di Agraria e del Musa – Centro museale Reggia di Portici dell’università di Napoli “Federico II”, con lo sponsor di HEBANON Fratelli Basile 1830, e il cui allestimento è affidato alla società ACME04, si articola in 6 sezioni, e sarà visitabile fino al 31 dicembre 2023, secondo i seguenti orari per la stagione estiva 9.30-19 (ultimo ingresso, 17.30). È possibile, con un unico biglietto integrato di 15 euro visitare il parco archeologico di Ercolano, la mostra “Materia”, la Reggia di Portici, l’Herculanense Museum, l’Orto botanico; mentre il biglietto per la mostra è di 5 euro. Tutte le informazioni sul sito www.matreiainreggia.it e www.ercolano.beniculturali.it.

Veduta aerea della Reggia di Portici e, in fondo, lungo la costa, il sito archeologico di Ercolano (foto paerco)
“Il mare, che abbraccia idealmente e realmente i due comuni di Ercolano e Portici”, riprende Sirano, “partecipa da protagonista naturale alle iniziative da parte degli amministratori che tessono alleanze e trame di intese per valorizzare un territorio allargato che non si ferma agli stretti confini del parco archeologico. Vogliamo che il numero di visitatori che raggiungono la Reggia di Portici cresca ulteriormente, vogliamo migliorare la qualità della vista e vogliamo che i primi a goderne siano proprio i cittadini dell’area e sicuramente la bella stagione sarà nostra alleata. Continueremo con le connessioni territoriali che sono di sicuro una carta vincente per lo sviluppo di tutta l’area”. E Il direttore del Centro MUSA, Stefano Mazzoleni, dichiara: “Una mostra emozionante di reperti straordinari che si aggiunge al percorso di visita del sito museale integrato della Reggia di Portici, un luogo sorprendente per bellezza architettonica e artistica, di testimonianza archeologica e di esperienza scientifica, nell’anno in cui si celebrano i 150 anni della Scuola Agraria di Portici e che nei prossimi mesi vedrà anche l’allestimento dei Musei delle Scienze Agrarie nelle nuove sale restaurate dalla Soprintendenza nel piano nobile della Reggia”.
Napoli. Secondo appuntamento social “I Gladiatori ti aspettano al Mann”: mentre il museo Archeologico nazionale si prepara a riaprire mercoledì 28, l’archeologa Laura Forte, coordinatrice della mostra, ci illustra il ceppo di punizione dei gladiatori

Secondo appuntamento con “I Gladiatori ti aspettano al Mann”. E mentre il museo Archeologico nazionale di Napoli si prepara a riaprire mercoledì 28 aprile 2021, Laura Forte, funzionario archeologo e coordinatrice dell’esposizione, ci fa scoprire il ceppo di punizione, manufatto in ferro proveniente dalla Caserma dei Gladiatori di Pompei ed appartenente alle collezioni del Mann.
“Questo manufatto in ferro – spiega Laura Forte – proviene dalla caserma dei gladiatori di Pompei, o meglio dal quadriportico dei teatri che sappiamo svolse le funzioni di caserma dei gladiatori dopo il terremoto del 62 d.C. Su questo manufatto abbiamo molti dati. Dai diari di scavo siamo a conoscenza del fatto che fu scoperto nel dicembre del 1766 e fu trovato in un ambiente della caserma insieme ad altri reperti piuttosto interessanti, cioè quattro scheletri, quattro elmi, dei gambali e dei frammenti di baltei che erano dei cinturoni. È un manufatto veramente particolare: era fatto per legarvi i piedi, era un ceppo di contenimento, era forse usato proprio a titolo punitivo dei gladiatori stessi in circostanze che purtroppo non ci sono note. Abbiamo un disegno, riprodotto in mostra su scala più ampia, di Giovanni Battista Piranesi che cerca di contestualizzare il manufatto nel suo ambiente di rinvenimento: una visione ideale ma tutto sommato anche un po’ realistica, perché probabilmente grazie ai colloqui che Piranesi ebbe con Camillo Paderni (illustratore, scavatore e curatore dell’Herculaneum Museum di Portici, presso la corte dei Borboni), e grazie al fatto che Piranesi probabilmente vide questi manufatti già nel museo di Portici nel 1770, è in grado di ricostruire l’ambiente con gli elmi che sono su una mensola in alto e quelli che furono trovati come scheletri sono appunto quattro personaggi che immagina legati al ceppo nella sua funzione. Questa riproduzione è ispirata a uno dei rari disegni di Piranesi giunti fino a noi, che si conserva a Berlino. Qui in mostra – conclude Forte – abbiamo voluto esporre questa riproduzione proprio per aiutarci a contestualizzare il manufatto”.
“Le Antichità di Ercolano esposte”: la prestigiosa opera settecentesca è rientrata al Parco archeologico di Ercolano dopo il restauro curato dalla Biblioteca nazionale di Napoli. Documenta con disegni e incisioni ritrovamenti da Pompei, Stabia e Ercolano, molti perduti

“Le Antichità di Ercolano esposte”: la prestigiosa opera settecentesca nel ritrovato splendore è rientrata venerdì 16 aprile 2021 al parco archeologico di Ercolano dopo il restauro a cura della Biblioteca nazionale di Napoli. Si potranno nuovamente ammirare in tutti i dettagli gli straordinari disegni e le incisioni, che costituiscono l’ambiziosa opera editoriale voluta da Carlo di Borbone. L’opera di gran pregio non fu mai messa in commercio, ma offerta in omaggio dalla corte napoletana agli esponenti più in vista dell’aristocrazia europea per stupirli con l’imponenza della collezione messa insieme dal Re di Napoli, e diffondere e promuovere l’impresa di scavo borbonica, che aveva portato alla luce le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “Per recuperare la propria collezione dei volumi de Le Antichità di Ercolano esposte e garantire la pubblica fruizione, il parco ha attivato la propria rete istituzionale di riferimento”, dichiara Francesco Sirano, di recente riconfermato alla direzione del Parco. “La collaborazione con la Biblioteca Nazionale si è giovata dell’altissimo livello professionale che da sempre ne caratterizza l’opera. I rapporti, già stretti per la presenza dell’officina dei papiri Ercolanesi proprio nella Biblioteca, si sono ulteriormente rafforzati”. “Il lavoro di restauro su Le Antichità di Ercolano Esposte”, afferma il direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Salvatore Buonomo, “conferma il filo doppio di stretta collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano, dove si trova la superba Villa dei Pisoni che ospitava l’antica collezione di papiri di Filodemo di Gadara, oggi nella nostra biblioteca. La sinergia in questo caso ha costituito un’occasione per avvalersi al massimo delle risorse e delle potenzialità di cui disponiamo nell’ambito dei beni culturali, consentendoci l’allargamento del concetto stesso di patrimonio culturale componendo l’interesse di bene bibliografico con quello archeologico”.


Il tomo I de “Le Antichità di Ercolano esposte” prima del restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)
Il restauro ha riguardato i primi 8 volumi della preziosa collana, pubblicata tra il 1757 e il 1792 dalla Stamperia Reale Borbonica a cura della Reale Accademia Ercolanese (di cui fecero parte Ferdinando Galiani, e Francesco Valletta), fondata da Carlo di Borbone per illustrare e studiare quanto veniva alla luce dagli scavi e collocato nell’ ‘Herculanense Museum’, allestito presso la Reggia di Portici per celebrare la grandiosa impresa di scavo. “Il lavoro di restauro”, aggiunge Salvatore Buonomo, “ci tengo a sottolinearlo è stato portato a termine grazie alla disponibilità dei nostri ultimi restauratori, che pur se collocati in pensione, hanno continuato il lavoro in forma volontaria per completare questo delicato restauro e le altre esecuzioni in corso. Allo stato il nostro importante e specializzato laboratorio non può continuare l’attività per mancanza di personale”. “Questo progetto”, conclude Francesco Sirano, “giunge a compimento proprio nel momento in cui tra poche settimane il Parco, con il supporto dell’Herculaneum Conservation Project, sta per lanciare una prima versione del portale Open Data: una forma di condivisione delle conoscenze che utilizza il metodo democratico e partecipativo per raggiungere gli stessi effetti che ottennero in Europa i volumi de Le Antichità di Ercolano esposte rappresentando una inesauribile fonte di ispirazione per le arti e l’artigianato”.


Il tomo IV de “Le Antichità di Ercolano esposte” prima del restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)
Il lavoro di restauro sui primi 6 volumi svolto nel Laboratorio “Alberto Guarino” della BNN, che ha visto impegnati Valeria Stanziano e Luigi Vallefuoco e per il Parco di Ercolano Elisabetta Canna, è stato complesso: è stato necessario intervenire sulle pregevoli carte interne ma anche restaurare tutti i dorsi in pelle con le iscrizioni in oro e i nervi a vista, in più parti sono state restaurate le coperte con incartonatura e carte marmorizzate dipinte a mano simili agli originali. La restante parte del restauro è stato affidato alla ditta Argentino Chiara che si è attenuta nell’acquisto dei materiali e nell’esecuzione al progetto redatto dal laboratorio della Biblioteca di Napoli. Le Antichità di Ercolano esposte hanno avuto il merito di offrire agli artisti ed ai decoratori dell’epoca un assortimento di motivi ellenistici fedeli agli originali, influenzando le arti decorative in Europa e favorendo l’affermarsi del gusto neoclassico. L’opera riveste, perciò, un particolare interesse artistico e documenta con disegni e incisioni di raffinata fattura il prezioso patrimonio di pitture e oggetti, molti anche andati perduti, provenienti dagli scavi di Pompei, Stabia e dai due siti di Ercolano: Resina e Portici.
Un marchio per il distretto borbonico, sei musei (tra Napoli e Caserta) e una comunità per il lancio dell’itinerario borbonico del Sud Italia. Sottoscritto protocollo d’intesa per la valorizzazione unitaria del patrimonio culturale borbonico del ‘700


Il logo del Palazzo Reale di Napoli

Il logo del Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli

Il logo del Real sito di Carditello

Il logo della Reggia di Caserta

Il logo del museo Archeologico nazionale di Napoli

Il nodo di Ercole, nuovo logo del parco archeologico di Ercolano
La lista è già ricca, anche se ancora solo parziale. Vi fanno parte il Palazzo Reale di Napoli, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, la Reggia di Caserta, la Reggia di Carditello, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Ercolano. Cosa hanno in comune questi siti musealizzati oltre al fatto di essere tutti in Campania? Hanno un legame stretto con i Borboni e il Regno delle Due Sicilie. Sono il primo nucleo all’interno di un Progetto ambizioso per il rilancio del “sistema delle regge borboniche” attraverso la costruzione di un racconto e un sistema di offerta unico sulla scorta del Grand Tour del Settecento. Dopo solo pochi mesi di dialogo e confronto, partito la scorsa estate, in piena pandemia da Covid-19 e crisi del sistema turistico-culturale italiano, i direttori dei 6 musei statali della Campania e la Onlus “Siti Reali”, capofila del partenariato del “Royal Social Forum”, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione che ha dato vita al Comitato Istituzionale che svilupperà il programma strategico di valorizzazione dell’itinerario borbonico del Sud Italia il cui nucleo di partenza è costituito appunto dalle quattro residenze di Casa Borbone Due Sicilie (Palazzo Reale di Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Reggia di Caserta e di Carditello) e due siti archeologici (Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Ercolano) che in stretta relazione con le regge testimoniano dell’interesse della corte borbonica per la riscoperta delle antichità vesuviane. L’accordo di partenariato si inserisce nell’ambito di Cultura Crea, misura del PON “Cultura e Sviluppo” 2014/2020 del Ministero della Cultura gestita da Invitalia, e contribuirà a mettere in connessione permanente la rete degli attrattori culturali borbonici della Campania con le industrie culturali e creative, le tipicità del territorio e il sistema dell’accoglienza, accessibilità, ospitalità e mobilità, grazie alla prima fase progettuale promossa e avviata dall’Associazione Onlus “Siti Reali”.


Sylvain Bellengher, direttore del museo di Capodimonte
“La sinergia tra istituzioni culturali è sempre auspicabile come metodo di lavoro a beneficio dell’utenza finale”, spiega Sylvain Bellenger, direttore Museo e Real Bosco di Capodimonte. “In questo caso, sono particolarmente felice di partecipare a un progetto che si pone l’obiettivo ambizioso di rafforzare la conoscenza e lo studio dell’identità e della funzione storica dei vari siti reali in epoca borbonica presenti sul territorio della Regione Campania ai fini di una loro divulgazione unitaria. Un progetto scientifico serio, basato su ricerche documentali incrociate e messa a disposizione di banche dati comuni per una valorizzazione unitaria e sistemica dell’itinerario borbonico anche grazie all’utilizzo di moderne infrastrutture digitali”.


Mario Epifani, direttore del Palazzo Reale di Napoli
“Nel momento in cui il Palazzo Reale di Napoli assume lo status di museo autonomo sulla scia della riforma Franceschini”, interviene Mario Epifani, direttore Palazzo Reale di Napoli, “la possibilità di inserirsi in un circuito più ampio – di cui fanno parte le altre due residenze borboniche già riconosciute come istituti dotati di autonomia speciale dal neo ministero della Cultura, le regge di Capodimonte e di Caserta – rappresenta un incentivo al recupero e alla valorizzazione dell’identità di quello che fu il centro del potere a Napoli e nelle Due Sicilie, dall’epoca del Viceregno spagnolo fino alla fine del Regno d’Italia. Il rapporto simbiotico tra i diversi luoghi legati alla dinastia borbonica crea un continuo gioco di rimandi ma anche di differenze, utili a far comprendere al visitatore la funzione di ciascuna sede e le trasformazioni subite in conseguenza dei fatti storici di cui fu teatro. Per tali motivi ho accolto con favore l’avvio di un percorso di collaborazione tra le maggiori istituzioni museali della Campania e la Onlus “Siti Reali” fondato sul comune obiettivo di ricreare un unico circuito di conoscenza, fruizione e valorizzazione legato ai luoghi dell’età borbonica”.


Vittorio Fresa, responsabile Service Unit Cultura Crea, Invitalia
“Il PON Cultura & Sviluppo 2014-2020 formalizza la connessione tra grandi attrattori culturali ed iniziative imprenditoriali della filiera creativa, culturale e turistica”, ricorda Vittorio Fresa, responsabile Service Unit Cultura Crea, Invitalia. “Questo nesso, che appare scontato ma che è grandemente mancato anche nel recente passato, è molto ben emblematizzato dall’iniziativa imprenditoriale Siti Reali. La forza di questa idea è nella connessione tra diversi asset del patrimonio culturale del Mezzogiorno, disegnando i puntini che uniscono un patrimonio culturale di grandissimo valore, potenziale attivatore di meccanismi di sviluppo locale e di processi di rigenerazione territoriale”.


Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli foto Graziano Tavan)
“Il progetto Siti Reali rappresenta un’occasione unica per una rete che faccia emergere prepotentemente, agli occhi del mondo, l’impatto determinante della monarchia borbonica sull’arte, l’archeologia, la cultura e il paesaggio campano”, sostiene Paolo Giulierini, direttore Museo Archeologico Nazionale di Napoli. “E lo fa con gli strumenti nuovi forniti dal digitale e dalla comunicazione, fondati però saldamente sul rigore degli Istituiti scientifici”.

Francesco Ermanno Guida (politecnico di Milano)
“Un marchio non è solo un segno distintivo, ma deve rappresentare una intenzione strategica”, sostiene Francesco Ermanno Guida, associazione italiana design della comunicazione visiva/Politecnico di Milano. “Nel caso del patrimonio culturale, un marchio deve essere in grado di distinguersi nel restituirne storia, valori, qualità per definizione uniche”.


Alessandro Manna, presidente associazione onlus “Siti Reali”
“L’importante risultato di collaborazione pluriennale avviata intorno ai siti borbonici della Campania si ispira alla “Comunità di Patrimonio” della Convenzione di Faro”, ribadisce Alessandro Manna, presidente associazione onlus “Siti Reali”, portavoce/coordinatore comunità di patrimonio “l’Utopia Realizzata”, “e recepisce il modello innovativo di gestione del patrimonio culturale basato sul modello del distretto culturale e il partenariato pubblico-privato attraverso l’ampia partecipazione dei diversi portatori d’interesse del territorio, in primis quelli del terzo settore, così come indicato anche dalla Legge “Valore Cultura” del 2013 di istituzione dell’itinerario borbonico. Far convergere gli interessi diffusi verso un’unica strategia di valorizzazione della cultura borbonica dell’Italia meridionale e dei grandi complessi culturali del periodo è l’obiettivo che anima i soggetti promotori dell’intesa da poco sottoscritta, che auspicano da subito la partecipazione di altri enti e organizzazioni locali e nazionali. Il programma strategico d’investimento, condiviso con i sei grandi istituti culturali della Campania, privilegerà “la cultura come cura” e intende contribuire al rilancio post-pandemia delle attività di fruizione turistico-culturale dei territori interessati partendo dalle risorse culturali e ambientali, asset identitari privilegiati su cui concentrare gli investimenti pubblici e privati. Oltre alla progettazione del marchio, seguiranno ulteriori interventi che completeranno la realizzazione dell’itinerario borbonico dell’Italia meridionale. A supporto delle attività di valorizzazione culturale l’Associazione intende promuovere anche un centro di ricerca e documentazione per approfondire con rigore scientifico la storia e l’identità del periodo storico di riferimento. Abbiamo davanti a noi una sfida importante che dobbiamo saper affrontare tutti insieme cogliendo ulteriori opportunità di valorizzazione dell’itinerario borbonico nell’ambito delle politiche europee e nazionali come il programma Next Generation EU e il Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa. L’auspicio è che i grandi complessi borbonici nel loro insieme siano inseriti nel PNRR e diventino un laboratorio di attuazione delle politiche di rilancio post-covid. L’obiettivo comune sarà quello di rafforzare il ruolo del museo e del patrimonio culturale e naturale nel rapporto di relazione con la comunità, attraverso la partecipazione attiva di cittadini, imprese e istituzioni, una migliore infrastrutturazione digitale per la conoscenza e la fruizione pubblica, un nuovo posizionamento internazionale della circuito borbonico e la qualificazione costante dei servizi, il tutto in chiave di sostenibilità ambientale in linea con gli obiettivi di sviluppo promossi dall’Agenda 2030”.


Luigi Nicolais, presidente fondazione Real sito di Carditello
“Il Real Sito di Carditello non è solo un bene di notevole valore artistico e culturale ma è anche uno stile di vita”, interviene Luigi Nicolais, presidente fondazione “Real Sito di Carditello”. “Superando il concetto tradizionale del museo come contenitore d’arte, Carditello esprime un ambiente dinamico, inclusivo, orientato alla ricerca di conoscenza e imperniato sullo sviluppo sociale ed economico del territorio, affermandosi come punto di riferimento della comunità locale e stimolando relazioni sostenibili con gli stakeholder. La missione della Fondazione, dunque, è promuovere un nuovo modello di fruizione per i beni culturali, offrendo una esperienza di visita dedicata al benessere psicofisico dei visitatori e confermando la vocazione di fattoria sperimentale con una nuova linea di prodotti enogastronomici a marchio. Una sfida molto ambiziosa, che intendiamo rilanciare con la rete dei siti borbonici della Campania, condividendo un’unica strategia di valorizzazione. Proprio le reali delizie, un tempo costituivano un vero e proprio sistema territoriale di poli, con funzioni residenziali, venatorie, amministrative, agricole, industriali e di tutela del patrimonio ambientale. Un esperimento già considerato innovativo all’epoca, che trovò a Carditello una delle sue più felici espressioni, segnando la fisionomia di vaste aree del Mezzogiorno, costituendo un laboratorio europeo e una rete di centri di innovazione territoriale di interesse artistico-culturale, socio-urbanistico e produttivo”.


Francesco Sirano direttore del parco archeologico di Ercolano (foto Paerco)
“Ercolano è stato il primo sito dove sotto il rigido controllo del Re di Napoli nel 1738 iniziarono ricerche archeologiche sistematiche”, sottolinea Francesco Sirano, direttore Parco Archeologico di Ercolano. “Nella vicinissima Reggia di Portici fu ospitato l’Herculanense Museum, primo nucleo della futura collezione vesuviana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel 1839 da Portici si mosse verso Napoli il primo treno d’Italia. Il Parco Archeologico di Ercolano è situato baricentricamente tra questi siti e le splendide ville del Miglio d’Oro fiorite tra XVIII e XIX secolo sulla scia della Reggia di Portici. Si tratta di ottimi motivi storici e culturali per aderire con convinzione a questa iniziativa e per augurare che sia avviato un duraturo percorso di collaborazione pubblico/privato per creare nuove connessioni ed interazioni tra luoghi della cultura, dimore private, imprenditoria ed attività connesse alla filiera dell’accoglienza. Auspico che la valorizzazione di questo particolare momento storico contribuisca alla sensibilizzazione dei cittadini e alla formazione di un mosaico di valori culturali condiviso e aperto verso il futuro”.

Tra i primi interventi previsti nell’ambito delle due azioni del programma di valorizzazione turistico-culturale del nascente distretto borbonico la pubblicazione del bando di concorso nazionale, rivolto a professionisti esperti di visual e brand identity, attraverso il quale saranno selezionate in due fasi da una Commissione di esperti proposte di marchio e identità visiva che identifichino e caratterizzino la cultura borbonica dell’Italia meridionale e il circuito delle eredità culturali del periodo. La finalità del concorso è quella di identificare la migliore proposta progettuale capace di ricreare un’unità di immagine coordinata e collettiva e di connettere in maniera permanente attrattori culturali e naturali, utenti, filiere e risorse del territorio al fine di accrescere la reputazione, la qualità e la fruizione turistico-culturale del “distretto borbonico” su un piano locale e internazionale. L’iniziativa e realizzata in collaborazione con Aiap (l’Associazione italiana design della comunicazione visiva).

Vinta la sfida della delocalizzazione dell’esposizione dei reperti, conferma dell’importanza della rete per lo sviluppo territoriale. All’indomani della chiusura della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”, prodotta dal parco archeologico di Ercolano con il consueto affiancamento del Packard Humanities Institute, nella settecentesca Reggia di Portici, residenza estiva della famiglia reale borbonica e sede del Herculanense Museum, tra i primi musei archeologici al mondo e meta dei viaggiatori del Grand Tour, si esulta per il successo del progetto culturale che non è solo la risposta del pubblico, più di 50mila visitatori, ma anche l’efficacia della partnership che ha soddisfatto tutti. La mostra è nata infatti da una straordinaria collaborazione interistituzionale con la Città metropolitana di Napoli, il dipartimento di Agraria e del Musa (Centro museale Reggia di Portici) dell’università di Napoli “Federico II” e con un finanziamento della Regione Campania. 




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