Dieci anni di scavi nel centro di Reggio Emilia raccolti nel volume “La città che si rinnova. Gli scavi di Palazzo Busetti e Piazza della Vittoria a Reggio Emilia”: un’occasione per conoscere meglio la città antica

Coppa in terra sigillata di età sigillata con bollo del produttore e scene di battaglia, scoperta in piazza della Vittoria, conservata ai musei civici di Reggio Emilia

Copertina del libro “La città che si rinnova. Gli scavi di Palazzo Busetti e Piazza della Vittoria a Reggio Emilia”
Nel II sec. a.C. a Reggio Emilia si beveva vino greco proveniente dall’isola di Rodi; almeno uno degli acquedotti rinvenuti nell’area dell’ospedale portava acqua a un edificio termale posto sulla via Emilia (rinvenuto sotto Palazzo Busetti); una strada obliqua frequentata almeno fino al V secolo d.C. partiva direttamente dalla via Emilia modificando l’assetto del comparto urbano nord-occidentale della città; nell’area di piazza della Vittoria sorgeva un altro importante quartiere residenziale e che nel medioevo la città era popolata di torri e punto di convergenza di maestranze di scuola antelamica: sono alcuni dei risultati eccezionali, che hanno arricchito le conoscenze sulle origini della città romana di Reggio Emilia frutto degli scavi archeologici dell’ultimo decennio. Ora tutto in un volume: “La città che si rinnova. Gli scavi di Palazzo Busetti e Piazza della Vittoria a Reggio Emilia”. La pubblicazione sarà presentata venerdì 18 gennaio 2019, alle 18, ai Musei Civici di Reggio Emilia. Intervengono Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia; Annalisa Capurso, archeologa della soprintendenza Archeologia, Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; ed Elisabetta Farioli, direttrice dei Musei Civici di Reggio Emilia. Presenta il volume il prof. Sandro De Maria, già ordinario di Archeologia Classica nell’università di Bologna. Modera Roberto Macellari, archeologo dei musei civici di Reggio Emilia, alla presenza dei curatori Marco Podini e Anna Losi. Il volume è pubblicato da Grafiche Step editrice (Parma, 2018) grazie al finanziamento di Gigli Costruzioni srl (che ha realizzato gli scavi di Palazzo Busetti) e di Fontanili Srl, Pellicciari Srl e Siria Ceramiche Srl.
Gli scavi effettuati tra il 2010 e il 2015 nel centro storico di Reggio Emilia, e in particolare quelli in piazza della Vittoria, a palazzo Busetti e in via del Carbone, motivati da importanti interventi di riqualificazione urbana, hanno offerto agli archeologi la straordinaria opportunità di indagare in maniera estensiva il tessuto urbano antico. Non accadeva dai primi anni ’80, dal tempo del grande cantiere del Credito Emiliano dove aveva sede il foro di Regium Lepidi. Queste ricerche, unite alle straordinarie scoperte effettuate nella cripta della Cattedrale e alle altre indagini archeologiche condotte in ambito urbano negli ultimi anni, hanno apportato sostanziali elementi di novità per la conoscenza della città antica. Vista la complessità dei cantieri e gli inevitabili disagi da essi determinati, l’amministrazione comunale ha ritenuto doverosa un’immediata restituzione alla comunità dei risultati delle ricerche archeologiche che vengono ora presentate in modo organico e divulgativo nel volume “La città che si rinnova”. La pubblicazione restituisce alla comunità forse il frutto più importante – immateriale e perpetuo – di interventi di questo tipo: la conoscenza più approfondita del nostro passato e delle nostre radici. Grazie all’apporto di diverse competenze e all’osservazione di ampi spaccati cronologici in più settori urbani, i curatori hanno ricostruito la storia -o forse più “storie”- della città, dei suoi abitanti e dei suoi monumenti, dalle origini ai nostri giorni.
Il volume è articolato in quattro sezioni, le prime tre con ordinamento cronologico e la quarta dedicata ai più recenti e aggiornati metodi della ricerca archeologica. Punto di partenza sono le indagini condotte sotto Palazzo Busetti, posto nel punto di intersezione fra la Via Emilia e Via Crispi. Sono emersi nuovi dati sulle origini e sulle prime frequentazioni dell’area in cui è sorta la città, rivelando una presenza preromana di matrice etrusco-italica a Reggio Emilia e una realtà etnica composita, attestata da ceramiche di manifattura gallica rinvenute in associazione con materiali romano-repubblicani. Di grande interesse per la topografia della città romana è stata la scoperta, nell’angolo sud-ovest di Palazzo Busetti, di una via obliqua diretta a nord-ovest e accuratamente pavimentata, che, partendo dalla via Emilia, usciva dal centro cittadino per proseguire verosimilmente in direzione del porto fluviale della Brescello romana. Questo asse viario spezza la rigida ortogonalità della pianificazione urbana impostata, fin dal II sec. a.C., sulla via consolare. La strada obliqua ha fortemente condizionato l’urbanistica del settore nord-occidentale della città, rappresentandone un asse di sviluppo in senso nord-ovest. Ha proiettato il proprio condizionamento ben oltre la fine del mondo antico, svolgendo la funzione di collegamento tra la Cattedrale e la prima sepoltura, extra moenia, del patrono della città, il vescovo Prospero.
L’assetto viario antico del comparto nord-occidentale ha indubbiamente condizionato la topografia urbana di questa parte della città. I recenti scavi di piazza della Vittoria testimoniano, in particolare, l’adeguamento dell’edilizia privata all’asse della via obliqua, tanto in età repubblicana quanto in quella imperiale. Di notevole importanza risulta la scoperta di una domus sorta in corrispondenza di un edificio precedente e parimenti orientato, testimoniando un’occupazione di questa zona già a partire dal I sec. a.C. La planimetria di questa abitazione, che è stato possibile leggere in maniera pressoché completa (caso quasi unico nella documentazione dell’edilizia residenziale romana di Regium Lepidi), ha reso possibile una proposta ricostruttiva articolata ipoteticamente su due livelli. Uno degli aspetti più significativi degli scavi di piazza della Vittoria è rappresentato dalla completezza della documentazione di scavo, dalle fasi più antiche – a partire dall’età protostorica – a quelle più recenti, di epoca medievale e moderna. Le indagini delle stratigrafie tardoantiche e altomedievali hanno documentato una manifesta continuità di vita anche in questo settore urbano, testimoniando la presenza di abitazioni tarde e di varie aree produttive. Sopra la domus, ad esempio, è stata documentata l’esistenza di una capanna con grande sostegno ligneo centrale, costruita prevalentemente in materiale deperibile. Numerose sono inoltre le strutture legate ad attività artigianali riconducibili alla presenza di forni fusori, calcare, fosse di scarico.

Lastra con figura di Profeta che tiene un rotulus, simbolo dell’Antico Testamento (prima metà XIII sec.), riutilizzato come archivolto (inizi XVI sec.), da via del Carbone, oggi ai musei civici di Reggio Emilia
Di particolare rilevanza appare la fase medievale (X-XIII sec.) che in questo settore, mostra la presenza di una città turrita, con case che gareggiavano fra loro in altezza assecondando l’ostentazione di potere e ricchezza dei propri abitanti. Di queste abitazioni sono emerse tracce significative dei muri di fondazione, tutti di notevole spessore e orientati sempre secondo l’antica via obliqua. La costruzione della Cittadella per volontà di Luigi Gonzaga, con l’abbattimento delle torri e l’interruzione e/o deviazione della via obliqua, segnerà la fine dello sviluppo continuo di questo settore urbano. Il sedime del nuovo parcheggio interrato insisteva per circa tre quarti della sua estensione sull’invaso del fossato meridionale del fortilizio. La Cittadella sarà poi abbattuta a partire dal 1848 e con le relative macerie sarà riempito il fossato che la recingeva, ricucendo così i fili interrotti di un’espansione della città e dando nuovo impulso al naturale sviluppo verso nord-ovest.
La stretta connessione fra archeologia e riqualificazione, esplicita nel titolo stesso dell’opera, ha dato vita a un’esemplare modello di collaborazione fra istituzioni pubbliche (il Comune, le Soprintendenze) e soggetti privati che hanno perseguito l’ambizioso progetto di rappresentare l’archeologia in modo nuovo e vicino alla sensibilità contemporanea. Il necessario coronamento di questo percorso è stata la restituzione degli approfondimenti finalizzati alla ricostruzione della storia di un quartiere che fu strategico fra antichità e medioevo per la sua ubicazione lungo una strada diretta a nord ovest. Possiamo ben definirlo l’area nord della Reggio romana, il cui naturale e sino ad allora mai interrotto sviluppo venne bruscamente a congelarsi nel XIV secolo in occasione della costruzione della Cittadella, vero e proprio vulnus nella storia urbanistica di Reggio, per riprendere il suo corso a distanza di cinque secoli in età postunitaria. Questo volume restituisce ai reggiani il risultato di un’operazione di cura oltre che un significativo invito a rispecchiarsi nelle radici più antiche. I segni del passato emersi mentre si ridava nuova vita a luoghi della città vicini alla decadenza legano l’antichità al presente e al futuro.
Reggio Emilia, per i 90 anni di Anas, la mostra fotografica “Mi ricordo la strada” con immagini storiche della Via Emilia, amarcord tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento, arricchisce la mostra archeologica “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017”
Per due giorni Roadshow #Congiunzioni, promosso in occasione dei 90 anni di Anas e realizzato dalla stessa Azienda, ha fatto tappa a Reggio Emilia, il 27 e 28 aprile 2018, proponendo la mostra fotografica “Mi ricordo la strada”, a cura di Emilia Giorgi e Antonio Ottomanelli, con una sezione dedicata alla Via Emilia dell’Italia del Boom economico del secondo dopoguerra. La proposta di Anas si associa perciò alla grande mostra archeologica “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017”, dedicata alla strada consolare e al suo fondatore Marco Emilio Lepido, a cura di Luigi Malnati, Roberto Macellari e Italo Rota, in corso al Palazzo dei Musei Reggio Emilia fino al 1° luglio 2018, di cui l’Anas ha reso possibile anche la Guida alla visita, quale arricchimento attraverso una dimensione definibile – in maniera non più di tanto paradossale – di “archeologia del contemporaneo”. La mostra “On the road, Via Emilia 187 a.C. – 2017”, articolata in 400 reperti, diversi dei quali di assoluta importanza storico-archeologica, offre al pubblico un racconto su due livelli: il “sotto”, ovvero la storia antica di questa colossale opera viaria, e il “sopra”, ovvero l’attualità della Via Emilia. Le immagini “storiche” che Anas propone a corredo della grande esposizione giungono a completare quel progetto culturale e allestitivo, contribuendo in maniera significativa alla sua declinazione nel Contemporaneo.
In realtà le immagini fotografiche che Anas propone appartengono anch’esse al registro del ricordo, ma ad un ricordo che permane ancora nella memoria di molti. Offrono un intenso amarcord sulla Via Emilia nel secondo dopoguerra, tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento. Ci riportano ad una Via Emilia calcata da biciclette e cavalli, rade auto e motociclette per arrivare fino alla Fiat 600 del boom economico che solca un’Emilia fiancheggiata da cartelloni pubblicitari che fotografano consumo e benessere. Nel racconto è tutto il territorio che si specchia in una strada operosa che diviene essa stessa paesaggio e sfondo, luogo di passaggio e costruzione, che ritrae operai al lavoro, uomini in completo affacciati sull’uscio delle porte, chiese che sorgono ai bordi della strada, case cantoniere come benevole vedette di un’Italia in perenne corsa e trasformazione. Quell’Italia che arriva fino a noi, con le varianti alla statale pensate per alleggerire il traffico dai centri abitati e il nuovo ponte sul fiume Po. Immagini in bianco e nero di un “altro ieri” che ha creato l’oggi.

Modello di carro romano da trasporto merci e derrate (carrus) in mostra a Reggio Emilia (foto Graziano Tavan)
La lunga linea da Est a Ovest, che sembra segnare la rotta del Sole sulla Terra, la Via Emilia, percorsa dal 187 avanti Cristo dai legionari del console Marco Emilio Lepido, da mercanti in viaggio dal Mediterraneo o dal resto d’Europa, da coloni stanziali con i loro attrezzi e raccolti, da viandanti in cerca di fortuna e cavalieri coperti di gloria, ancora oggi – inossidabile al tempo – è luogo di identità, di lavoro e di vita per chi la percorre e per chi la abita, è cerniera fisica e simbolica tra i due mondi che l’Italia unisce e a cui l’Italia appartiene: il Mare Nostrum e il Vecchio Continente, con i loro popoli, le loro culture, i loro scambi. È così importante e funziona così bene, la Via Emilia, che è stata affiancata, quasi “clonata”, in una serie di altri landmark delle comunicazioni nazionali: la ferrovia storica, l’autostrada, la ferrovia Alta velocità. E oggi, inanellando le città che sono nate con lei 2200 anni fa e ancor prima, la Via consolare ospita un fiume di mezzi, pubblici, privati, commerciali, a motore, elettrici, a “propulsione umana” come la bicicletta. I rilevamenti dell’Anas, per dare un’idea precisa dell’importanza della Via Emilia per la mobilità, evidenziano numeri impressionanti: 136mila auto e 9200 camion, in media, ogni giorno dell’anno. Un traffico paragonabile a quello del Grande Raccordo Anulare di Roma. Una strada, assai nota anche con la sigla SS9, su cui si muovono la vita e lo sviluppo di un sistema-regione, l’Emilia-Romagna, e di un sistema di portata nazionale e internazionale, quale l’Italia settentrionale. Quell’intuizione di Marco Emilio Lepido, in altre parole, è oggi un asse strategico della mobilità e della logistica italiana.
“Un’occasione preziosa per celebrare”, affermano Ennio Cascetta e Gianni Vittorio Armani, presidente e amministratore delegato di Anas, “il ruolo fondamentale che Anas ha avuto nella modernizzazione del Paese, influenzandone lo sviluppo economico e culturale, dalla data di fondazione dell’Aass nel maggio del 1928 fino all’ingresso nel Gruppo FS Italiane a gennaio del 2018, solo l’ultimo dei passi compiuti nel processo di continua trasformazione di un’azienda che non si è fermata mai”. Ed Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici di Reggio Emilia: “Con questa importante nuova sezione “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017” approfondisce ulteriormente la storia ma anche l’attualità della strada consolare voluta da Marco Emilio Lepido e che da lui assume il nome. Allora rappresentava la strada utilizzata dall’esercito per difendere ed espandere i confini dell’Impero ma anche uno dei primi esperimenti urbanistici dell’antichità. I nuclei urbani che si trovavano sull’itinerario erano edificati a una distanza media l’uno dall’altro di circa 25 chilometri, corrispondenti a una giornata di marcia dell’esercito”.
Archeologie “alibi”: l’università di Bologna approfondisce l’archeologia degli archivi e dei depositi attraverso il caso Reggio Emilia e Modena

L’aula “Giorgio Prodi” ospita l’incontro “Archeologie alibi: Reggio Emilia e Modena” promosso dall’università di Bologna
Il termine tecnico è archeologie “alibi”: si tratta dell’insieme delle pratiche archeologiche che non avvengono sul campo, ma rappresentano comunque una componente fondamentale nel percorso di conoscenza e di valorizzazione per tutti quei siti che abbiano alle spalle una lunga storia di indagini, scavi, interventi di recupero e musealizzazione. “Si tratta in particolare”, spiegano all’università di Bologna, “di un’archeologia degli archivi, custodi della documentazione prodotta, e dei depositi, custodi dei reperti. Questa preziosa mole di dati non in situ viene oggi riscoperta e riletta stratigraficamente per essere utilmente organizzata in nuovi archivi digitali, le cui potenzialità – in particolare quelle derivanti dall’archeologia virtuale che consente di produrre modelli tridimensionali – si configurano come interfacce per la gestione dei dati della ricerca, dai dati primari ai metadati e paradati”. Proprio “Archeologie alibi: i casi di Modena e Reggio Emilia” è il titolo del quinto appuntamento della serie “Discorsi sul Metodo”, dedicato al tema delle archeologie “alibi”, promosso nell’ambito dell’accordo di collaborazione didattico-scientifica di recente sottoscritto tra l’Istituto Centrale per l’Archeologia e il Dipartimento di Storie Culture Civiltà dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, e si pone all’inizio di una serie di iniziative dedicate proprio alle archeologie “alibi” curate dagli organizzatori in varie sedi, in Italia e all’estero.
Appuntamento venerdì 23 Marzo 2018, alle 10.30, nell’aula “Giorgio Prodi” dell’università di Bologna, in piazza San Giovanni in Monte 2, a Bologna. Ingresso libero. Ai saluti istituzionali di Nicolò Marchetti, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici; Antonella Coralini, dipartimento di Storia Culture Civiltà; Elena Calandra, direttore dell’Istituto Centrale per l’Archeologia / Dirigente ad interim del Servizio II – Scavi e tutela del patrimonio archeologico, Direzione Generale Archeologia, belle arti e paesaggio; seguono gli interventi: Luigi Malnati, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, su “Conoscenza, tutela, conservazione: il ruolo dei musei archeologici civici e di quelli di Stato nel dopo riforma Franceschini”; Fiamma Lenzi, Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna, su “L’Istituto per Beni Culturali, le politiche regionali e i musei civici: il distretto emiliano”.

Il manifesto della mostra “On the road. La Via Emilia, 187 a.C. – 2017” al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia
Si entra poi nel caso specifico di Reggio Emilia. Elisabetta Farioli, direttore dei musei civici di Reggio Emilia, interviene su “I Musei Civici di Reggio Emilia e l’eredità dell’antico”; Roberto Macellari, responsabile delle collezioni Archeologiche dei musei civici di Reggio Emilia, su “La lezione di Don Gaetano”; Georgia Cantoni, responsabile comunicazione dei musei civici di Reggio Emilia, su “Tra conoscenza ed emozione: comunicare e condividere la Storia per connettersi al futuro”; Giada Pellegrini, responsabile Educazione del settore Archeologia dei musei civici di Reggio Emilia, su “Educare all’antico / educare al futuro”; Annalisa Capurso, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, su “On the Road: dietro le quinte di una mostra”.

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018
Per il caso Modena, intervengono: Francesca Piccinini, direttore dei musei civici di Modena, su “I progetti di ricerca dei Musei Civici di Modena: risultati e prospettive”; Cristiana Zanasi, funzionario archeologo dei musei civici di Modena, su “Le ricerche di pre-protostoria”; Silvia Pellegrini, funzionario archeologo dei musei civici di Modena, su “L’età romana, dalla Carta Archeologica a Mutina Splendidissima”; Donato Labate, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, su “Modena e territorio: l’impegno della Soprintendenza. Un bilancio”. Chiude la discussione coordinata da Elena Calandra e Antonella Coralini.
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