“Archeologia ferita”: dalla moschea di Giona distrutta dall’Isis a Mosul al mosaico di Giona. La Fondazione Aquileia presenta il libro “La storia di Giona. Nei mosaici della Basilica di Aquileia”
La campata orientale del mosaico teodoriano dell’aula sud della basilica di Aquileia è interamente occupata dagli episodi della storia biblica di Giona. All’interno di un contesto marino, popolato da pesci (polpi, delfini, seppie, ecc.) e da altri animali (anatre) e ravvivato da scene di pesca, si stagliano i tre momenti principali della saga dell’Antico Testamento. Verso Nord, il profeta è gettato in mare da una barca, sulla quale compare una strana figura di ornate, e inghiottito da un mostro marino; verso Sud, dopo il tondo con l’iscrizione celebrativa di Teodoro, Giona è rigettato dopo tre giorni dal mostro e, nella scena successiva, è colto in riposo sotto una pianta di cucurbitacee. L’intero racconto è un’allegoria della resurrezione di Cristo, e più in generale, del destino ultraterreno che attende coloro che sono stati battezzati. Proprio al mosaico di Giona è dedicato l’incontro di venerdì 1° marzo 2019 alle 18 in sala Ajace a Udine, dove verrà presentato il libro “La storia di Giona. Nei mosaici della Basilica di Aquileia” in un evento voluto da Fondazione Aquileia, università di Udine e Comune di Udine. Il volume, edito da Allemandi, ideato dalla Fondazione Aquileia, è arricchito delle magnifiche fotografie di Elio Ciol che, appesosi alle capriate altissime della Basilica, fotografò dall’alto i mosaici da poco puliti e restaurati. Ne uscì una serie di 12/14 immagini di singolarissima nitidezza e che rendono ogni sfumatura ed ogni dettaglio della Storia di Giona. L’opera, dedicata allo splendido ciclo musivo della storia di Giona nella Basilica di Aquileia, si ricollega al programma “Archeologia Ferita” con cui dal 2015 la Fondazione Aquileia si propone di portare al museo Archeologico nazionale di Aquileia reperti e opere provenienti da musei e siti devastati dal terrorismo fondamentalista. La prima distruzione da parte di Isis di un edificio di culto a Mosul si è verificata proprio a danno della moschea di Giona (Yunus) e della Tomba del Profeta. Ne parleranno, moderati da Omar Monestier, direttore del Messaggero Veneto, Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia, Pietro Fontanini, sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, rettore dell’università di Udine, Daniele Morandi Bonacossi, docente di Archeologia del Vicino Oriente all’università di Udine e Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione Aquileia. Ingresso libero fino a esaurimento posti.
Daniele Morandi Bonacossi, docente di Archeologia del Vicino Oriente all’università di Udine, parlerà di distruzione del patrimonio culturale: il primo grande edificio di culto distrutto dall’Isis a Mossul fu la Moschea di Giona (Yunus in arabo) insieme alla Tomba di Giona nel luglio del 2014 (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/03/01/larte-violata-della-mesopotamia-grido-di-dolore-lanciato-dal-prof-brusasco-dalla-platea-di-tourisma-2017-le-immagini-e-le-cronache-delle-distruzioni/).
Cristiano Tiussi, archeologo e direttore della Fondazione Aquileia, nel suo saggio racconta come avvenne la scoperta del mosaico: “I problemi di umidità di risalita lungo i muri perimetrali della basilica avevano reso necessario, infatti, un progetto integrale di risanamento, che fu affidato dalla Imperial-Regia Commissione Centrale per lo Studio e la Conservazione dei Monumenti (K. K. Zentral-Kommission für Erforschung und Erhaltung der Kunst- und Historischen Denkmale) all’ingegnere superiore Rudolf Machnitsch (alias Rodolfo Machini, 1863-1938). I lavori furono seguiti dalla neonata (1906) Società per la Conservazione della Basilica. Inaspettatamente, lo scavo effettuato a ridosso dei muri per verificare quali fossero le condizioni delle fondazioni mise in luce un pavimento musivo, e questo orientò l’indagine in una direzione completamente diversa. Asportato il pavimento della basilica, per tagli trasversali fu effettuato lo sterro delle navate centrale e meridionale, mirando a seguire il mosaico e ad accertarne la reale estensione, senza fare troppa attenzione alle pur interessanti testimonianze di fasi successive. Ad agosto 1909, lo scavo raggiunse e inglobò nei due mesi successivi la zona del saggio eseguito da Niemann e Swoboda. E fu allora che emerse in tutto il loro splendore il ciclo di Giona, l’unica partizione musiva campita su tutta la larghezza dell’edificio, e venne definitivamente confermato il carattere cristiano dei mosaici”.
Estate al Mamv 2018: al museo Archeologico di Montereale Valcellina (Pn) un’estate ricca di storia, cultura e divertimento nel segno di “Palmira, la sposa del deserto”. Mostra fotografica di Elio Ciol, serata Palmira con film di Castellani su Khaled al Asaad. E poi archeo teatro con i Papu ed escursione al castello

La via Colonnata a Palmira in uno scatto del fotografo Elio Ciol del 1996, protagonista a Montereale Valcellina
Esposizioni, percorsi, cinema e teatro: è l’Estate al Mamv 2018, il museo Archeologico di Montereale Valcellina (Pn), un’estate ricca di storia, cultura e divertimento nel segno di “Palmira, la sposa del deserto”. Le iniziative si svolgono sia nel museo, sia nella corte interna del tardoseicentesco Palazzo Toffoli, sede anche della biblioteca civica e della biblioteca archeologica, nonché perno delle attività culturali del territorio. Il cinema e il teatro archeologico (quest’ultimo proposto da I Papu, duo comico di enorme ironia e bravura, che ogni anno produce uno spettacolo inedito dedicato ud una grande scoperta archeologica della storia) si svolgono all’aperto, incorniciati dalle prealpi pordenonesi. “Sfruttando le caratteristiche architettoniche della corte”, spiega Luca Marigliano, direttore del museo Archeologico di Montereale Valcellina, “quest’anno abbiamo allestito anche una spettacolare foto-installazione con 5 gigantografie del maestro fotografo Elio Ciol, dedicate a Palmira, foto scattate dal grande fotografo nel 1996. corredate da altre 50 foto dell’autore dedicate allo stesso sito siriano nonché ad altri contesti archeologici libici, mostrate ad altissima definizione in video. L’obiettivo è proporre una riflessione sulla tutela del patrimonio archeologico, tema portante di gran parte degli incontri 2018”. E allora vediamo meglio il programma.

La via colonnata di Palmira chiusa dal monumentale arco trionfale (distrutto dall’Isis) in una foto di Elio Ciol del 1996
Palmira, il focus 2018. Fino al 30 settembre 2018 (sabato e domenica, dalle 16.30 alle 19.30. Aperture straordinarie: 14 e 15 agosto, dalle 16.30 alle 19.30. Ingresso libero), nella corte di Palazzo Toffoli, la grande mostra “Palmira, sposa del deserto”, in ricordo di Khaled al-Asaad, l’archeologo, direttore-custode del sito Unesco, trucidato dall’Isis il 18 agosto 2015: la mostra, a cura di Eupolis studio associato, è una foto-installazione dedicata allo splendido sito archeologico di Palmira in Siria. Cinque spettacolari immagini in grandissimo formato del maestro Elio Ciol, esposte con altre foto proiettate a video. A un anno dalla mostra fotografica “Sguardi su Palmira” nella Domus e Palazzo Episcopale di Aquileia (Ud) (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/07/01/archeologia-ferita-ad-aquileia-gli-eventi-collaterali-alla-mostra-volti-di-palmira-ad-aquileia-apre-morandi-bonacossi-sulla-distruzione-della-memoria-in-iraq-e-si/), Elio Ciol torna sul tema dell’archeologia ferita, proponendo alcuni scatti eseguiti in bianco e nero 29 marzo 1996, quindi quasi vent’anni prima della violenza subita da Palmira . “Elio Ciol, che della fotografia europea è riconosciuto protagonista”, scrive Fulvio Dell’Agnese, “da oltre mezzo secolo si misura con gli antitetici poli della sua arte: istantaneità e permanenza. Le scene di vita popolare fissate negli scatti degli anni Cinquanta parlavano dell’emozione umana in presa diretta, mentre lo sguardo di Ciol si è spinto oltre il quotidiano in memorabili serie di immagini dedicate al paesaggio e all’idea del sacro. L’immediatezza del reale e la sua trasfigurazione poetica si fondono anche nelle fotografie che l’autore scattò a Palmira nel 1996. I soggetti sono architetture e sculture, segnacoli di permanenza secolare contemplati da uno sguardo che li rispetta quali opere d’arte, ma contemporaneamente ne ricompone e fa proprie le geometrie nella metafisica libertà del chiaroscuro, proiettandole contro incombenti cieli cinerei. L’addensarsi di un presagio? Fatto sta che i monumenti vengono ripresi pochi anni – istanti, in termini storici – prima del loro ritorno a una fragilità del tutto quotidiana, vittime dell’opaca violenza di una bestialità distruttiva”.

La distruzione del tempio di Baal Shimin a Palmira, patrimonio dell’Unesco, da parte dei miliziani dell’Isis
Serata Palmira. Venerdì 28 settembre 2018, nell’ultimo week end della mostra “Palmira. Sposa del deserto”, serata omaggio al grande archeologo Khaled Asaad. Alle 18.30, nella sala conferenze “Roveredo” a Palazzo Toffoli, il giornalista Graziano Tavan, curatore dell’archeoblog archeologiavocidalpassato, interverrà su “Siria in fiamme. Il caso Palmira. Da Zenobia all’Isis”: sarò un “viaggio” nella storia e nel tempo dai fasti di Palmira nell’antichità, divenuta famosa per una sua regina speciale, Zenobia, all’attuale situazione seguita alla distruzione di gran parte dei suoi monumenti simbolo da parte delle milizie dell’Isis. L’incontro introduce alla visione del film di Alberto Castellani, “Khaled al-Asaad, Quel giorno a Palmira (Italia, 2015; 24’). Il documentario raccoglie le immagini e le impressioni di un viaggio alla volta di Palmira effettuato dal regista nei primi anni del 2000 e riporta tra l’altro l’intervista rilasciatagli allora da Khaled al-Asaad, responsabile del sito e del locale museo, impegnato nella difesa di un patrimonio archeologico che è fra i più importanti e preziosi al mondo, assassinato dai miliziani dell’Isis nel 2015.
Archeomovies. Grazie alla collaborazione con la Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto (Tn), e alla disponibilità della Fondazione Museo Civico Rovereto, è stato possibile inserire nel programma dell’Estate al Mamv, due serate all’insegna dell’archeologia, spaziando tra avventura, paesaggi straordinari e attualità. La prima l’11 luglio 2018, con il film “Tesori in cambio di armi / Des tresors contre des armes” di Tristan Chytroschek (Francia, 2014; 51’; doppiato in italiano). Il commercio di antichi tesori d’arte finanzia la guerra e la violenza, secondo quanto riferito da Interpol e FBI. La documentazione dimostra come i profitti derivanti dal mercato dell’antiquariato sostengano la fornitura di armi a gruppi terroristici. Ma da dove vengono questi tesori? Mentre in Afghanistan vengono depredate alcune tombe in un tempio buddista, la città siriana di Palmira viene sistematicamente saccheggiata. La seconda serata mercoledì 25 luglio 2018, alle 21.30, con il film “Petra, perduta città di pietra” di Gary Glassman (2015, 52’; doppiato in italiano). Perduta al confine di tre grandi deserti e ricca di monumenti tra i più spettacolari e più misteriosi del Mondo Antico, Petra rappresenta un formidabile enigma: da chi, come e perché è stata costruita in quel luogo remoto? Oggi gli studi internazionali avviati da più di 20 anni cominciano a dare frutti sorprendenti: dalle sabbie e dalle leggende che l’avvolgono, emerge un’autentica capitale del deserto. Per chi lo desidera, in occasione di Archeomovies, dalle 20.30 alle 21.30, ingresso ridotto al museo per tutti, con percorso assistito incluso.
Teatro archeologico et alia. Venerdì 14 settembre 2018, alle 21, in Corte di Palazzo Toffoli (in caso di maltempo sarà indicata una sede alternativa). Archeo Papu in “Vita di Otzi (o qualcosa di Similaun)”. Nuovo esilarante appuntamento con le grandi scoperte archeologiche raccontate dai Papu, questa volta l’avventura sarà tra i ghiacci delle Alpi. Ingresso libero allo spettacolo, posti limitati fino a esaurimento. È necessario prenotare il posto registrandosi in http://www.eupolis.info, nella sezione “Attività in corso”. Invece venerdì 10 e venerdì 24 agosto 2018, alle 21, al Mamv, sarà la volta de “Il museo al buio”, un percorso avvolti dall’oscurità, tra antiche spade e resti di vasi: visitare al buio un museo archeologico è un’esperienza affascinante da non perdere. Ovviamente è consigliato dotarsi di una torcia elettrica.
Tutti al castello. Domenica 23 settembre 2018, alle 9, per salutare l’estate un’affascinante escursione in castello per scoprire il sito archeologico del castello d Montereale, da cui si gode un panorama unico. Al ritorno percorso al museo archeologico. L’escursione è a pagamento: 8 euro a partecipante incluso il costo del biglietto di ingresso al museo. In caso di maltempo l’escursione verrà annullata. Per info e prenotazioni: info@eupolis.info. “I resti del Castrum Montis Regalis sorgono sulla cima di un colle situato alla destra del Cellina”, si legge sul sito dell’università di Trieste (http://siticar.units.it/). “La posizione strategica permetteva il controllo della valle sottostante, percorsa dalla strada di collegamento dei diversi siti fortificati che sorgevano lungo la pedemontana pordenonese (tra i quali si possono ricordare in particolare quelli di Maniago, Meduno, Toppo e Pinzano). Nel castello si sono svolte cinque campagne di scavo sistematico tra gli anni 1983-1986 e il 1990. Tali indagini hanno permesso di verificare, dopo una prima frequentazione del sito in epoca protostorica documentata solo da reperti sporadici, una continuità di utilizzo del monte a scopo difensivo a partire dall’epoca tardo antica. In particolare è stato possibile ricostruire una prima occupazione, da datare al IV secolo d.C., e successivamente una fase, detta “delle fucine” perché caratterizzata da numerose tracce di lavorazione del ferro, che, con ogni probabilità, risale al periodo altomedievale. Le strutture del castello vero e proprio furono costruite intorno al 1200. Il complesso allora si articolava in una grande torre con cortina muraria, in alcuni edifici, forse abitativi, appoggiati alle mura e in una torre portaia che ne costituiva, probabilmente, l’accesso principale. Gli archeologi hanno, poi, riconosciuto testimonianze riconducibili all’abbandono degli occupanti ufficiali del castello, e a posteriori fasi relative a insediamenti provvisori, alla frequentazione da parte di pastori, a crolli e a spoliazioni delle strutture. Gli studiosi ritengono che l’abbandono definitivo del sito sia avvenuto in seguito ai devastanti effetti dei terremoti del 1511 e del 1575”.
L’Estate al Mamv è anche un’occasione per visitare il museo Archeologico di Montereale Valcellina, allestito di recente nel prestigioso complesso edilizio seicentesco di Palazzo Toffoli, dove sono esposti reperti archeologici frutto di un’intensa attività di scavo e studio condotta sul territorio comunale durante l’ultimo ventennio del 1900. Le ricerche, condotte dalla soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, hanno portato alla luce una serie di reperti che testimoniano l’utilizzo dell’area in modo continuativo dal Bronzo Recente (XIV sec. a.C.) fino ad oggi, con periodi di maggiore o minore intensità. Tra le varie fasi di occupazione del sito spicca soprattutto l’abitato del V sec.a.C. con i ritrovamenti della cosiddetta Casa dei dolii. Spade e armi offerte alle acque, grandi vasi decorati, tracce di abitazioni e di attività artigianali, monili metallici sono solo alcuni dei reperti che fanno da tappa in un affascinante viaggio nel passato. Durante l’estate (da maggio a settembre) il museo è aperto la domenica dalle 16.30 alle 19.30. Invece da ottobre ad aprile ogni primo sabato del mese dalle 15 alle 18.
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