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Su Rai5 il documentario “Sulle orme del leone di Venezia” racconta la storia del leone che svetta su una colonna di piazza San Marco, con una sorpresa: consulenza delle università di Padova e Ca’ Foscari e dell’Ismeo

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Frame del film “Sulle orme del leone di Venezia” di Gabriele Raimondi

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Dettaglio del leone in bronzo sulla colonna di piazza San Marco a Venezia: frame del film “Sulle orme del leone di Venezia” di Gabriele Raimondi

La storia del leone che svetta su una colonna di piazza San Marco è rimasta a lungo avvolta dal mistero. Questa colossale scultura in bronzo è una delle icone di Venezia e del suo patrono, ma non abbiamo testimonianze scritte sulla sua costruzione o sul suo posizionamento sulla colonna. Se ne parla nel documentario “Sulle orme del leone di Venezia”: appuntamento su Rai 5, mercoledì 5 marzo 2025, dalle 21.15, all’intero di Art Night (vedi https://www.raiplay.it/…/Art-Night-Puntata-7—Sulle…). Una produzione 3D Produzioni, con il sostegno di Intesa Sanpaolo. Scritto da Marialuisa Miraglia e Gabriele Raimondi. Direttore della fotografia: Mateusz Stolecki. Regia Gabriele Raimondi. Con la partecipazione dell’attore padovano Roberto Citran che nel documentario “Sulle orme del leone di Venezia” racconta le tappe che hanno portato a questa sorprendente scoperta e ricostruisce la storia travagliata della scultura. Nei secoli, la statua ha acceso l’interesse di archeologi e di storici dell’arte che l’hanno attribuita a diverse culture. Nuove sofisticate analisi scientifiche condotte da un’équipe dell’università di Padova con l’associazione ISMEO di Roma e l’università Ca’ Foscari di Venezia ci portano ora a guardare il famoso Leone con occhi diversi: la statua avrebbe un’origine cinese.

Ariano nel Polesine (Ro). Con gli scavi archeologici a San Basilio riprende anche il “Progetto San Basilio. Alla riscoperta del passato”: si inizia con “Scavi aperti” al sabato, poi “Conferenze. Il venerdì archeologico” e “Laboratori didattici dagli etruschi ai romani”

ariano-nel-polesine_san-basilio_scavi-aperti_2024_sito-etrusco-unipd_locandinaA San Basilio di Ariano nel Polesine sono tornati gli archeologi per la campagna di ricerche 2024 (vedi Padova. Nella giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità” presentati i risultati e le anticipazione della stagione 2024 del progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine” a Frattesina e Villamarzana, e del progetto “San Basilio”. Ecco le voci dei protagonisti | archeologiavocidalpassato), a cominciare dalla San Basilio preromana con il team dell’università di Padova coordinati da Silvia Paltineri (vedi Esclusivo. A pochi giorni dall’avvio della campagna 2024 al sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) l’archeologa Silvia Paltineri anticipa gli obiettivi delle nuove ricerche e fa il punto sulle scoperte fin qui acquisite nel centro del delta, primo grande approdo dei greci e luogo di incontro con Etruschi padani e Veneti tra VI e V sec. a.C. | archeologiavocidalpassato), e già tornano gli appuntamenti con un ricco programma di incontri con gli archeologi nei mesi di maggio e giugno. “Progetto San Basilio. Alla riscoperta del passato”: grazie al contributo della fondazione Cariparo, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, il museo Archeologico nazionale di Adria e il Comune di Ariano nel Polesine hanno dato vita a un progetto congiunto con le università di Padova e Venezia per la ripresa delle indagini archeologiche volte alla riscoperta del sito dell’antica San Basilio. Un luogo che fu in epoca antica importantissimo crocevia di genti e commerci trovandosi a breve distanza dal fiume Po e dal mare Adriatico.

ariano-nel-polesine_san-basilio_scavi-aperti_2024_locandinaSi comincia con “Scavi aperti”, la giornata dedicata al pubblico sullo scavo dell’antica San Basilio, realizzato in collaborazione tra il dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari di Venezia e il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova. Un programma di cinque incontri, al sabato mattina dalle 10 alle 12, aperti al pubblico pensati per mostrare e raccontare le diverse attività di scavo che interessano il sito archeologico. Il primo appuntamento è in programma sabato 4 maggio 2024: sarà possibile accedere allo scavo etrusco condotto dall’università di Padova. L’appuntamento è alle 9.45 in via San Basilio 12, località San Basilio, Ariano nel Polesine (Ro). E per unire l’utile al dilettevole, oltre alla visita sarà offerta una degustazione di degustazione di prodotti tipici del territorio. Per info e prenotazioni contattare la proloco di Ariano del Polesine: cel. 392.9259875, mail presidente.prolocoariano@gmail.com. Gli altri appuntamenti sono: 10 maggio 2024, scavo etrusco condotto dall’università di Padova; 1° giugno 2024, scavo romano dell’università di Padova, scavo etrusco dell’università Ca’ Foscari di Venezia; 8 giugno 2024, scavo romano dell’università di Padova; 22 giugno 2024, scavo etrusco dell’università Ca’ Foscari di Venezia.

ariano-nel-polesine_san-basilio_conferenze-2024_locandina“Conferenze. Il venerdì archeologico”: si potranno ascoltare in prima persona i racconti dei protagonisti dalle 18.30 alle 20, al termine verrà offerto un’apericena organizzato in loco; è consigliata la prenotazione al 392.9259875. Si inizia il 10 maggio 2024 al centro turistico culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine con l’incontro con il prof. Jacopo Turchetto dell’università di Padova. Per le altre conferenze ci si sposta nel giardino delle scuole di Ariano nel Polesine (in caso di maltempo si va nella vicina sala Cultura in via Matteotti 42 ad Ariano nel Polesine): il 17 maggio 2024, incontro con la prof.ssa Silvia Paltineri dell’università di Padova; il 7 giugno 2024, incontro con la prof.ssa Caterina Previato dell’università di Padova; il 21 giugno 2024, incontro con la prof.ssa Giovanna Gambacurta dell’università Ca’ Foscari di Venezia.

ariano-nel-polesine_san-basilio_laboratori-didattici-2024_locandina“Laboratori didattici dagli etruschi ai romani” per toccare con mano l’antica San Basilio. I laboratori didattici sono rivolti ai circoli didattici del territorio e prevedono sia un approccio diretto di manipolazione guidata con reperti originali si attività con riproduzioni di manufatti e contesti archeologici per sperimentare da vicino la storia del territorio.

Jesolo. Nel cimitero altomedievale del Monastero di San Mauro, sito Antiche Mura, la campagna di scavo 2023 di Ca’ Foscari, diretta da Sauro Gelichi, ha riportato alla luce 136 tombe, che rivelano le condizioni di vita dei primi jesolani e le patologie di cui soffrivano i nostri antenati. Ritrovato uno scheletro che presenta il più grave caso di osteocondromi multipli mai registrato nella documentazione paleopatologica internazionale

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Sito Antiche Mura al monastero San Mauro di Jesolo: scoperto uno scheletro che presenta il più grave caso di osteocondromi multipli mai registrato nella documentazione paleopatologica internazionale (foto unive)

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Veduta aerea dell’area di scavo della missione di Ca’ Foscari diretta da Sauro Gelichi nell’antica Equilo in località Antiche Mura di Jesolo (foto unive)

Indagare le vestigia del passato attraverso l’archeologia ci può portare a scoprire non solo preziosi manufatti, edifici sepolti, oggetti che ci aiutano a ricostruire la vita quotidiana, ma anche ci può aprire una finestra di conoscenza su quali fossero le condizioni di vita e le patologie di cui soffrivano i nostri antenati, per poi magari trarre conclusioni utili anche in epoca moderna. È questo il caso di uno scheletro molto particolare, affetto da una grave e rara patologia chiamata osteocondromi multipli, rinvenuto nel cimitero altomedievale del Monastero di San Mauro a Jesolo. Gli esiti dei nuovi scavi eseguiti nel sito delle “Antiche Mura” sono stati presentati a Jesolo. Gli archeologi e le archeologhe del dipartimento di Studi umanistici di Ca’ Foscari, coordinati dal professor Sauro Gelichi, hanno scavato 136 tombe, portando alla luce contesti archeologici che ora racconteranno gli stili di vita dei primi jesolani. Lo scheletro ritrovato presenta il più grave caso di osteocondromi multipli mai registrato nella documentazione paleopatologica internazionale ed è il primo reperto proveniente da un contesto archeologico italiano. Gli osteocondromi multipli sono una patologia su base genetica della cartilagine di accrescimento. Nessun caso finora registrato presenta un numero così elevato di osteocondromi e condrosarcomi, cioè l’evoluzione maligna della patologia. Inoltre, l’individuo in corso di studio, un maschio di oltre 40 anni, ha sviluppato tutte le possibili caratteristiche della patologia, come lo sviluppo di una serie di deformità ortopediche, che includono bassa statura decisamente sproporzionata rispetto alla statura media maschile di riferimento, disuguaglianza della lunghezza delle ossa, deformità dell’avambraccio.

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Sito Antiche Mura a Jesolo, monastero di San Mauro, campagna 2023: studi clinici sullo scheletro affetto da osteocondromi (foto unive)

Questo caso è utile per comprendere la naturale dinamica clinica in un periodo in cui questo tipo di patologie non era soggetta a pratiche mediche o chirurgiche come oggi. Inoltre è particolarmente interessante la lunga sopravvivenza di una persona con disabilità in un contesto medievale e la possibilità che proprio l’evoluzione nella sua forma maligna possa essere considerata causa di morte. La prosecuzione degli scavi potrebbe permettere di rinvenire altri casi dal momento che l’osteocondroma multiplo è una condizione genetica che viene tramandata al 50% dei figli. È evidente che è sempre più utile registrare le manifestazioni patologiche dell’antichità, quando le malattie progredivano senza alcuna soluzione medica moderna. Negli ultimi anni, i casi paleopatologici provenienti da contesti antichi vengono sempre più spesso presi in considerazione per ricostruire la storia clinica di varie malattie, soprattutto quelle congenite, la cui eredità è talvolta ancora presente nei geni delle popolazioni attuali. Presto il caso sarà pubblicato su una rivista internazionale di paleopatologia.

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Il prof. Sauro Gelichi, direttore dello scavo del monastero di San Mauro nel sito Antiche Mura a Jesolo (foto unive)

“Anche con lo scavo di quest’anno”, sottolinea il prof. Sauro Gelichi, direttore dello scavo, “prosegue la nostra ricerca sull’area cimiteriale collegata alla chiesa di San Mauro. Si tratta di un lavoro certosino, che presuppone un notevole impegno di risorse sul campo e in laboratorio. Ma solo attraverso questo tipo di indagini si riesce a far crescere in qualità la ricerca scientifica, anche in campo archeologico. Le scoperte sensazionali non mancano (si veda ad esempio il primo caso di osteocondromi multipli, una rara malattia, finora conosciuto in scavo), ma l’eccezionalità dell’esempio jesolano si qualifica anche per l’interdisciplinarietà dell’approccio e l’interazione con i più avanzati strumenti nella diagnostica archeologica (dallo studio del DNA a quello sugli isotopi). Per parte nostra riteniamo che le nuove narrazioni che l’archeologia sta facendo emergere dal sottosuolo dell’antica Equilo, dovranno trovare opportuna destinazione in un progetto di condivisione pubblica. Il nostro impegno è quello di ricambiare la Comunità di Jesolo e la sua amministrazione, che hanno sempre creduto e supportato questo progetto, attraverso la qualità del nostro lavoro e l’impegno a collaborare alla sua divulgazione”.

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Sito Antiche Mura al monastero San Mauro di Jesolo: scoperte 136 tombe (foto unive)

I numerosi rinvenimenti del sito di San Mauro offrono inoltre diversi filoni di studio utili per delineare le caratteristiche biologiche della comunità umana presente nel sito e le sue dinamiche demografiche. Un punto focale della ricerca è l’alta mortalità nei primi anni di vita. Un test demografico applicato al campione in esame rivela una comunità in condizioni di salute decisamente precarie e basse aspettative di vita. Sebbene la mortalità infantile possa essere considerata in linea con ciò che ci si aspetta dalle comunità antiche, lo studio paleopatologico ha rivelato evidenti tracce di anemia, in altissime percentuali. L’analisi di alcune caratteristiche generali correlate alla presenza di casi di “cranio a spazzola” fa ipotizzare la presenza di anemia mediterranea nella comunità umana di San Mauro. I presupposti da cui dipendono trend di mortalità, patologie e condizioni di vita, oltre alla destinazione d’uso del sito e il ruolo dei singoli individui nella comunità, sono soprattutto le condizioni ambientali. Sebbene sicuramente presente, sia per la diffusione della zanzara anofele del litorale, sia per la presenza di importanti vie consolari di transito, la malaria, nel territorio veneto lagunare, si mantenne a livelli di bassa endemia fino al declino dell’Impero Romano, grazie a tutta una serie di lavori di bonifica idraulica. La zona in cui è ubicato il sito di San Mauro, tra alto e basso medioevo, sarà stata certamente infestata dalla malaria. La talassemia, in tutte le sue forme, è una naturale risposta evolutiva delle comunità umane che convivono con la zanzara del genere Anopheles, la quale diffonde il Plasmodio, causa della malaria.

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Sito Antiche Mura al monastero San Mauro di Jesolo: gli scavi curati dal dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari di Venezia (foto unive)

Per la prima volta lo studio antropologico e paleopatologico di una comunità veneta medievale mette in risalto un fenomeno che, testimoniando la complessa relazione tra uomo e ambiente, rivela una storia di resilienza. Le analisi isotopiche effettuate su un campione scelto in modo da rappresentare tutte le classi d’età e di genere, dimostrano che le condizioni di anemia non dipendono dall’alimentazione; infatti, non ci sono differenze della dieta tra anemici e non anemici, rafforzando l’ipotesi dell’emoglobinopatia congenita (b-talassemia). Dal punto di vista della dieta, inoltre, non ci sono differenze tra adulti e minori, ad eccezione degli individui non ancora divezzati, né tra maschi e femmine. La grande novità è costituita dal cambiamento della dieta tra alto e basso medioevo, si passa infatti da una comunità più antica con una dieta di sostentamento, basata per lo più sui prodotti marini, ad una con una dieta più varia e arricchita con prodotti provenienti dall’entroterra. Questo testimonia forse una maggiore mobilità degli individui, ma soprattutto una più attiva rete di scambi con l’entroterra, dunque un cambiamento socio economico di grande importanza per l’intera area lagunare.