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Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per novembre il focus è su il dio Suri, il nero signore

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaSiamo a novembre, penultimo mese dell’anno. E quindi facciamo conoscenza con la penultima divinità etrusca proposta dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia che ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia; a luglio con Menerva, la dea guerriera protettrice dei giovani; agosto con la dea Vei, protettrice della vita; a settembre il focus con la dea Thesan, protettrice dei naviganti; a ottobre il focus con la dea Cavatha, celeste e sotterranea (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per ottobre il focus è sulla dea Cavatha, celeste e sotterranea | archeologiavocidalpassato). Per novembre il focus è su il dio Suri, il nero signore.

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Aita (trascrizione etrusca del nome Ade), una delle personificazioni del dio etrusco dell’Oltretomba, qui caratterizzato da una realistica pelle di lupo. Pittura parietale da Tarquinia, Necropoli Etrusca di Monterozzi, Tomba dell’Orco II, parete di fondo, IV secolo a.C. (foto wikimedia commons)

NOVEMBRE E IL DIO SURI. Suri (la cui S iniziale si pronunciava come la “sc” di scena) era il compagno divino della dea Cavatha e agli occhi dei Greci e dei Romani – e forse anche degli stessi Etruschi – doveva sembrare molto vicino ad Apollo, anche se si trattava inequivocabilmente di una divinità dell’Oltretomba. Questo dio così particolare nelle iscrizioni di culto viene chiamato anche con altri nomi, quali Rath e Manth e, a partire dal IV secolo a.C., compare anche come “Aplu” ovvero “Apollo” secondo la fonetica etrusca. Suri è uno degli dei principali del santuario costiero di Pyrgi (attuale Santa Severa) e le caratteristiche del culto lo qualificano come un dio infero e oracolare. Nel santuario veniva venerato in coppia con Cavatha-Persefone, e anche questo conferma la sua assimilazione con Ade, il dio greco dell’oltretomba.

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Apollo cosiddetto dello Scasato (IV-III secolo a.C.; prima del 241 a.C.): altorilievo in terracotta modellata a mano e dipinta dalla decorazione del tetto del Tempio dello Scasato a Falerii (Civita Castellana) conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

A Suri i fedeli offrivano piombo, un metallo infero per eccellenza, e punte di freccia o giavellotti, che simboleggiavano la capacità di scagliare fulmini (forse anche dal sottosuolo!). Il dio aveva anche una importante funzione divinatoria, ovvero era possibile interrogarlo per conoscere il futuro. Questa caratteristica doveva essere molto marcata e, insieme alle frecce, probabilmente era quella che più permetteva di accostare Suri ad Apollo, al punto che alcune fonti greche attribuivano il santuario di Pyrgi direttamente a quest’ultimo.

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Lastrina in bronzo con iscrizione “savcnes Suris” = di Suri propizio (?) (IV-III secolo a.C.) da Viterbo, conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru). Si tratta di una “sors” impiegata per interrogare la volontà divina. Di solito si utilizzava una serie di lastrine (o anche tavolette / gettoni) identiche con iscrizioni diverse, favorevoli e sfavorevoli: si inserivano tutte insieme in un recipiente e si procedeva ad estrarne una a caso o si riunivano in un mazzo e venivano lasciate cadere per poi interpretare la loro disposizione

Il dio era venerato in diversi luoghi dell’Etruria e anche nelle vicine regioni; alcune località importanti portavano il suo nome, come Surrina, l’antica Viterbo, Soriano nel Cimino e il monte Soratte, la montagna sacra dei Falisci (consacrata alla loro divinità corrispondente: il Pater Soranus). Secondo una suggestiva ipotesi, il significato del nome sarebbe legato al colore nero: in effetti il (dio) “Nero” o “Oscuro” sembra un modo appropriato per definire il signore degli inferi e forse si trattava di un epiteto che sostituiva il vero nome del dio, che (come spesso accadeva per le divinità infere nel mondo antico) si preferiva non pronunciare apertamente.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per ottobre il focus è sulla dea Cavatha, celeste e sotterranea

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaOttobre è quasi finito. Ma si fa ancora in tempo a conoscere la nuova divinità etrusca proposta dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia che ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia; a luglio con Menerva, la dea guerriera protettrice dei giovani; agosto con la dea Vei, protettrice della vita; a settembre il focus con la dea Thesan, protettrice dei naviganti (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per settembre il focus è su la dea Thesan, protettrice dei naviganti | archeologiavocidalpassato). Per ottobre il focus è su Cavatha, la dea celeste e sotterranea.

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Antefissa a testa femminile in terracotta lavorata a stampo e dipinta (tipo Winter 6.C.4.b) da Cerveteri, area urbana di Caere (530-520 a.C.) conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru): non sono ancora state trovate raffigurazioni della dea, ma doveva apparire come una giovane donna

OTTOBRE E LA DEA CAVATHA. A ottobre il museo Etru presenta una divinità femminile che doveva apparire bella, giovane e forse anche controversa, ma purtroppo non ci sono pervenute immagini di culto né raffigurazioni specifiche. Si tratta di Cavatha, una dea che sembra essere stata allo stesso tempo una entità sotterranea e celeste. Il nome nel tempo si è evoluto in Cavtha/Cautha e infine Catha: quest’ultima forma compare nel celebre Fegato di Piacenza. Per gli Etruschi la dea era in parte identificabile con Kore-Persefone, la giovanissima figlia di Demetra e sposa di Ade, il re degli inferi. Proprio come Kore (che in greco significa “fanciulla”), in diverse iscrizioni votive Cavatha è definita “sech”, ovvero “Figlia”. La maggior parte delle dediche alla dea provengono dal santuario meridionale di Pyrgi (oggi Santa Severa), il principale porto commerciale di Cerveteri. A Pyrgi, Cavatha formava una coppia divina con Suri, un Apollo infero assimilabile per alcuni aspetti all’Ade dei Greci.

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Anforetta attica a figure nere con Trittolemo e Demetra attribuita al Gruppo di Leagros, da Vulci (Montalto di Castro), necropoli dell’Osteria, tomba a camera L (530-510 a.C.) conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

L’ambito della dea doveva estendersi però ben oltre il mondo sotterraneo dei defunti, perché secondo alcune interpretazioni doveva trattarsi anche di una divinità solare. Un primo indizio proviene da un tardo testo di botanica (datato al III-IV secolo d.C., ma basato su fonti più antiche), che ricorda come “kauta” fosse l’antico nome etrusco di un fiore, detto in latino “solis oculus” (occhio del sole), con un chiaro richiamo all’astro del giorno. Molto più significativa è la posizione della dea sul Fegato di Piacenza, sul quale occupa sia una casella interna sia – soprattutto – la sesta casella del margine esterno.

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Skyphos attico a figure rosse da Orvieto, attribuito al Pittore di Pentesilea (450 a.C) conservato al Copenaghen Ny Carlsberg (foto etru): l’iscrizione in genitivo “Cavuthas Sexis” specifica che il vaso è di proprietà “di Cavatha Figlia”

Secondo l’erudito romano Marziano Capella la sesta sede divina nel cielo per gli Etruschi corrispondeva al mezzogiorno ed era dedicata a “Celeritas Solis Filia” (cioè, letteralmente, “la Velocità figlia del Sole”). Questo insolito nome, che non compare altrove, potrebbe essere un tentativo di interpretare come “figlia del Sole” una figura solare femminile etrusca (da identificare quindi con Cavatha), di fatto estranea alla mitologia e alla tradizione tanto romana quanto greca, dove il sole è sempre percepito come una entità maschile.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per settembre il focus è su la dea Thesan, protettrice dei naviganti

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaNuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia; a luglio con Menerva, la dea guerriera protettrice dei giovani; agosto con la dea Vei, protettrice della vita (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per agosto il focus è su la dea Vei, protettrice della vita | archeologiavocidalpassato). Per settembre il focus è sulla dea Thesan, protettrice dei naviganti.

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Cratere falisco a figure rosse cosiddetto dell’Aurora, attribuito al Pittore dell’Aurora (360-340 a.C.), dalla Tomba 4 (CXV) della Necropoli di Colonnette di Falerii Veteres (Civita Castellana, VT), conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

SETTEMBRE E LA DEA THESAN. Thesan, la dea etrusca dell’aurora, è presto identificata con la greca Eos, e rappresentata come una giovane donna alata. Fra i campi d’azione della dea dovevano rientrare la tutela del mondo femminile e l’amore. Non a caso nei miti greci Eos ha un carattere passionale e arriva a rapire i giovani di cui è innamorata; ma la dea sa essere anche una madre affettuosa che tenta disperatamente di salvare il figlio Memnone, destinato a morire per mano di Achille. Gli Etruschi conoscevano bene queste storie, che venivano riprodotte su pregiati vasi da mensa di importazione e di produzione locale. Le rappresentazioni più numerose di Eos/Thesan si trovano però sugli specchi e mostrano la dea alla guida di una quadriga, mentre sale nel cielo subito prima del sorgere del sole.

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Testa femminile in terracotta modellata a mano identificata con Leucotea dal frontone anteriore del Tempio A, Pyrgi (Santa Severa), 340-330 a. C., conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

L’assimilazione di Thesan con Eos non si estendeva alla sfera cultuale (forse perché in Grecia Eos era una figura mitologica a cui non si tributava un culto attivo), quindi in questo ambito la dea etrusca era identificata con la romana Mater Matuta e con la greca Leucotea, divinità protettrice dei naviganti. Secondo il racconto di Ovidio, la giovane Ino, zia e nutrice di Dioniso, si era gettata in mare con il figlio Melicerte per sfuggire al marito Atamante, reso pazzo e violento da Giunone. I due naufraghi, approdati nel Lazio e protetti da Eracle, sarebbero stati trasformati in divinità marine con i nomi di Leucotea e Palemone.

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Statua maschile in terracotta modellata a mano identificata con Eracle dal frontone anteriore del Tempio A, Pyrgi (Santa Severa), 340-330 a.C., conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Finora in Etruria un solo luogo sacro ha restituito testimonianze certe del culto di Thesan: si tratta del santuario di Pyrgi, legato al porto commerciale di Cerveteri e frequentato anche da mercanti greci e cartaginesi. A Thesan/Leucotea doveva essere dedicato il grande Tempio A (470-460 a.C.). Della decorazione del tempio facevano parte sia la bella testa femminile con i capelli mossi dal vento, tradizionalmente identificata con Ino/Leucotea appena uscita dal mare, sia la figura maschile identificata con Eracle, esposte nella Sala 13 B del Museo. La scena illustra una storia di salvezza e accoglienza dopo un grave pericolo corso in mare e doveva risultare particolarmente appropriata per il santuario di un porto internazionale.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per agosto il focus è su la dea Vei, protettrice della vita

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaNuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia; a luglio con Menerva, la dea guerriera protettrice dei giovani (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani | archeologiavocidalpassato). Per agosto il focus è su la dea Vei, protettrice della vita.

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Testa di statua in terracotta modellata a mano, dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci (scavi 1985, fine IV secolo a.C.) conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

AGOSTO E LA DEA VEI. Vei era una divinità sconosciuta fino agli anni ’80 del secolo scorso perché il suo nome non compare sul Fegato di Piacenza né fra le divinità etrusche tramandate dalle fonti antiche. Le iscrizioni e lo studio dei dati archeologici hanno permesso la “riscoperta” di questa figura divina, che ad oggi risulta venerata in molte grandi città etrusche, come Cerveteri, Tarquinia (presso il porto di Gravisca), Vulci, Orvieto e Veio; quest’ultima città addirittura porta lo stesso nome della dea. Si trattava quindi di una divinità importante, probabilmente fra le più antiche del pantheon etrusco. Secondo una suggestiva interpretazione, “Vei” potrebbe aver avuto lo stesso significato del termine latino “vis”, da intendere specificamente come “forza generatrice”. Il nome, qualunque sia stato il significato originario, definisce certamente una dea preposta alla rigenerazione del ciclo vitale, sia umano sia della natura, e non a caso “Ati” (Madre) era uno dei suoi attributi. Per le sue caratteristiche Vei venne assimilata alla Demetra dei Greci e alla Cerere dei Romani.

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Statuetta votiva in terracotta modellata a stampo con due dee in trono, dal santuario di Vei a Campetti (Veio) (fine V secolo a.C.) conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Il culto doveva comprendere l’offerta di primizie e di simboli legati alla fertilità: in diversi santuari sono state rinvenute “ollette” (recipienti da fuoco) destinate probabilmente alla preparazione di zuppe di cereali e uteri femminili. Questi doni richiamano la capacità di Vei di assicurare la fertilità dei campi e la fecondità umana, attraverso la protezione della gravidanza. Non sembra sia esistito un modo “etrusco” di raffigurare la dea: le immagini note derivano da iconografie greche, legate soprattutto a Demetra ma anche ad Afrodite.

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Statua di divinità femminile in marmo pario di produzione greca dal santuario della Cannicella a Orvieto. (fine VI secolo a.C.) conservata al museo Claudio Faina di Orvieto (foto wikimedia commons(. A destra, ricostruzione della Venere della Cannicella in versione “nuda” e “vestita”. Disegno di Nancy de Grummond (foto wikimedia commons)

È il caso della cosiddetta Venere della Cannicella, una scultura di importazione realizzata in marmo greco e rinvenuta a Orvieto, dove era quasi certamente utilizzata per il culto di Vei. La dea è nuda, in origine la statua era completata da gioielli e forse era anche rivestita di stoffe preziose. I seni appaiono “consumati”, tanto che uno venne restaurato in antico: probabilmente in alcune occasioni i fedeli potevano toccare la statua per assicurarsi la protezione della divinità, come accade ancora oggi in alcuni santuari cristiani.

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Utero a placca in terracotta modellata a stampo con iscrizione “Vei” dal deposito votivo di Fontanile di Legnisina a Vulci (scavi 1985. Fine IV secolo a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

L’assimilazione di Vei con Demetra favorì anche la diffusione dei misteri eleusini (riti segreti che si celebravano in origine nel santuario di Demetra a Eleusi) in Etruria: agli iniziati veniva promessa una sorte migliore nell’aldilà o una “rigenerazione”, ovvero una nuova vita dopo la morte. A Fontanile di Legnisina è documentato il culto di Vei; gli uteri, sia del modello “a placca” sia “pieni” (raffigurati gonfi, probabilmente per indicare una gravidanza) sono una delle offerte votive più comuni del santuario.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaNuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per giugno il focus è sulla dea Uni, la sposa di Tinia | archeologiavocidalpassato). Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani.

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Statuetta votiva in bronzo di Minerva armata, produzione umbra (Maestro Fiesole, 425-400 a.C.), parte della Collezione Kircheriana, conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

LUGLIO E LA DEA MENERVA. Menerva era senza dubbio una delle divinità principali degli Etruschi, presto identificata con la Atena dei Greci. Una dea con lo stesso nome (Minerva) era venerata anche dai Romani e da altri popoli di lingua latina. Il significato del nome sembra legato alla divinazione: secondo le fonti latine, infatti, il verbo “promenervare” significava “avvertire in anticipo”. Menerva è rappresentata come Atena: una giovane donna abbigliata con lunghe tuniche e mantelli eleganti e sobri, che impugna una lancia e indossa un elmo e l’ègida (una particolare armatura di pelle di capra, spesso decorata con serpenti, sulla quale spicca la testa della Gorgone Medusa, che pietrificava i nemici con lo sguardo).

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Gruppo votivo di Minerva e Ercole, terracotta plasmata a mano e dipinta (500 a.C.) dal santuario di Portonaccio di Veio, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Gli Etruschi, ispirati dai miti greci, ritenevano Menerva nata direttamente dalla testa di Tinia, il padre degli dei, e la consideravano protettrice dell’arte della guerra e degli eroi particolarmente valorosi, ai quali poteva offrire aiuto nelle loro imprese. Non a caso Menerva/Atena è spesso raffigurata insieme a Ercole: di solito lo assiste nelle sue celebri fatiche o lo guida sull’Olimpo per essere accolto fra gli dei.

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Altorilievo dal frontone posteriore del Tempio A di Pyrgi (Santa Severa) con episodi del mito dei Sette contro Tebe: Zeus (al centro) fulmina Capaneo mentre Atena (a sinistra) si allontana alla vista di Tideo che morde il cranio di Melanippo (in basso), terracotta plasmata a mano e dipinta (470-460 a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

La dea però non approvava la brutalità: l’altorilievo di Pyrgi mostra Atena che abbandona disgustata il guerriero greco Tideo, al quale stava per donare l’immortalità, perché ha ceduto alla ferocia e ha morso il cranio del suo nemico Melanippo.

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Statue votive dal santuario in località Portonaccio a Veio, terracotta plasmata a mano e dipinta, V secolo a.C. circa, conservate al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Le statue di ragazzi e fanciulle venivano offerte dalle famiglie aristocratiche in occasione, rispettivamente, del raggiungimento della maggiore età e del matrimonio dei giovani

Esistevano certamente dei miti di origine etrusca legati a Menerva, ma finora sembrano documentati solo da poche scene, incise su specchi in bronzo e difficili da interpretare in mancanza di fonti letterarie dirette. In particolare, alcune immagini mostrano uno stretto rapporto della dea con diverse figure infantili (definite “Epiur” e “Maris”) e forse potrebbero alludere al legame che esisteva fra questa divinità e l’allevamento dei bambini / la crescita delle nuove generazioni. Le offerte rinvenute in alcuni santuari, infatti, indicano che Menerva era incaricata di proteggere i bambini e i ragazzi e che svolgeva un ruolo importante nei riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Questo aspetto del culto è evidente ad esempio nel santuario di Portonaccio a Veio, uno dei più ricchi e importanti dell’Etruria, che ospitava un altare e un tempietto dedicati a Menerva e dove avevano luogo i riti di passaggio dei giovani venienti. Gli Etruschi si affidavano alla dea anche per conoscere il futuro: la presenza di un oracolo è infatti documentata in diversi santuari, ad esempio a Veio-Portonaccio e a Punta della Vipera (attuale Santa Marinella).

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per maggio il focus è sul dio Tinia, il dio della Luce

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per aprile il focus è sulla dea Turan, la dea dell’amore | archeologiavocidalpassato). Per maggio il focus è sul dio Tinia, il dio della Luce.

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Statuetta votiva in bronzo di Giove che avanza col fulmine nella mano destra (425-400 a.C.), produzione umbra (Maestro di Fiesole), Collezione Kircheriana, museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

MAGGIO E IL DIO TINIA. Il dio principale dell’Etruria secondo la testimonianza di Varrone si chiamava “Vertumnus”. Ma questo nome, Voltumna in etrusco, è in realtà uno degli attributi di Tinia, padre degli dei e protettore di tutta l’Etruria. Infatti il fanum Voltumnae, cioè il santuario di Tinia Voltumna che da pochi anni è stato ritrovato ai piedi della città di Orvieto, era considerato dagli Etruschi il santuario più importante e ogni anno i rappresentanti delle maggiori città vi si riunivano per celebrare sacrifici e feste in onore del dio. Il nome “Tinia” (a volte scritto anche “Tina”) deriva direttamente dalla parola etrusca “tin”, che significa “giorno”, e in origine doveva identificare la divinità del giorno. Nelle raffigurazioni il dio può avere un aspetto giovanile, oppure è un uomo maturo ma vigoroso e con una folta barba, identico allo Zeus dei Greci e al Giove dei Romani. Infatti Tinia venne assimilato a Zeus e ne condivise molti attributi e caratteristiche, fra cui quella di scagliare i fulmini. Questi fenomeni atmosferici erano considerati molto importanti nella religione etrusca, che aveva sviluppato una disciplina speciale per interpretarli.

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Altorilievo in terracotta dal frontone posteriore del Tempio A di Pyrgi (Santa Severa) (470-460 a.C.) con episodi del mito dei Sette contro Tebe: Zeus (al centro) fulmina Capaneo mentre Atena (a sinistra) si allontana alla vista di Tideo che morde il cranio di Melanippo (in basso), conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Per gli Etruschi ogni divinità aveva il potere di scagliare fulmini, ma solo sulla porzione di cielo di propria competenza. Tinia invece non solo li inviava da qualsiasi sede celeste ma era anche in grado di “produrli” in tre diverse tipologie. I sacerdoti fulguriatores infatti avevano anche il compito di distinguere i fulmini che servivano da semplice “avvertimento” per gli uomini, quelli che “potevano sembrare un presagio favorevole ma nuocevano sempre” e quelli destinati a devastare e sconvolgere individui o addirittura interi popoli.

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Particolare di Zeus che fulmina Capaneo dall’altorilievo del Tempio A di Pyrgi, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

A Giove/Tinia spettava anche la tutela dei confini, come riporta il testo della profezia della ninfa Vegoia (IV-III secolo a.C.), a noi tramandata all’interno dei trattati latini di agrimensura (ripartizione e misurazione dei terreni agricoli). Le testimonianze archeologiche dimostrano che il culto di Tinia era molto diffuso e a lui dovevano essere dedicate feste e sacrifici importanti in molte città etrusche, ma purtroppo, come spesso accade, non abbiamo informazioni precise sullo svolgimento dei rituali. Alcuni altari perforati da Orvieto e Bolsena erano utilizzati per offerte liquide destinate a penetrare profondamente nel terreno, mentre una lamina di bronzo proveniente da Pyrgi ci ha forse tramandato una preghiera in versi Tinia e alla sua consorte divina.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per aprile il focus è sulla dea Turan, la dea dell’amore

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; e a marzo con Laran, il dio guerriero (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per marzo il focus è sul dio Laran, il dio guerriero | archeologiavocidalpassato). Per aprile il focus è sulla dea Turan, la dea dell’amore.

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Specchio in bronzo con Turan/Afrodite, Elena (ELINA), Paride (ELAXANTRE), Ermione (ERMANIA), da Praeneste (Palestrina), scavi 1859, V secolo a.C,, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

APRILE E LA DEA TURAN. Il primo aprile a Roma era dedicato a Venere Verticordia (che volge i cuori): in suo onore le donne offrivano rose e fiori alla dea e si purificavano bagnandosi all’ombra di un mirto, come ricorda il poeta Ovidio (Fasti, IV, 133-139). Gli Etruschi identificarono la greca Afrodite e la romana Venere con la loro dea Turan, una figura divina evidentemente connessa con l’amore, la fecondità e la bellezza. Il nome è molto simile al greco tyrannos (signore), tanto che le due parole potrebbero derivare da una stessa antichissima base, ma si può accostare anche al verbo etrusco turuke (dare in proprietà). Turan potrebbe quindi essere tradotto come “la Signora” oppure come “Colei che dà/concede”, ma nessuna ipotesi è stata finora confermata. Non stupisce che la maggior parte delle immagini di questa dea a noi pervenute si trovino sugli specchi, degli accessori strettamente legati alla bellezza e al mondo femminile. Le raffigurazioni riguardano quasi esclusivamente scene tratte dalla mitologia greca e mostrano la facilità con cui Turan poteva incarnare Afrodite, ma sicuramente la dea aveva anche delle caratteristiche proprie, che oggi sono spesso difficili da cogliere. Ad esempio, uno specchio custodito nel museo nazionale Etrusco di Villa Giulia mostra Turan/Afrodite insieme con Paride, Elena e una figlioletta: la scena illustra una interpretazione del mito molto particolare, incentrata non tanto sull’infedeltà di due amanti, ma sulla vita familiare di una coppia. Da questa e da altre immagini di Turan si deduce per la dea etrusca una funzione di protettrice della famiglia.

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Fondo di coppa attica a vernice nera con iscrizione di dedica graffita sotto il piede: turns turce ramtha venatres (Ramtha Venathres ha donato a Turan), dal santuario di Gravisca (Tarquinia), Edificio Gamma, 440-430 a.C. conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Per quanto riguarda il culto non abbiamo indicazioni precise sui rituali, ma le iscrizioni votive testimoniano che la dea era venerata in diversi santuari e che le sue funzioni potevano estendersi alla protezione dell’infanzia e (perfino) alla sfera funebre. Da ricordare è il santuario del porto di Gravisca, collegato con un emporio commerciale, che ospitava il culto della dea, venerata dagli Etruschi come Turan e dai mercanti greci come Afrodite. Nel luogo sacro erano praticati anche riti in onore di Adone, il giovane amato da Afrodite, morto prematuramente e destinato a risorgere ogni anno in occasione della primavera.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per marzo il focus è sul dio Laran, il dio guerriero

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per febbraio il focus è sul dio Fufluns, il Dioniso greco | archeologiavocidalpassato). Per marzo il focus è sul dio Laran, il dio guerriero.

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Specchio in bronzo con divinità a colloquio: da destra a sinistra, Laran (Marte), Turan (Venere), Menerva (MInerva) e Apulu (Apollo) (IV sec. a.C.,), di provenienza ignota, Fa parte della Collezione Kircheriana del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (foto etru)

MARZO E IL DIO LARAN. Il mese di marzo (Martius) nel calendario latino era dedicato al bellicoso Marte (Mars) e in origine era il primo mese dell’anno, che portava la primavera, ma apriva anche la stagione della guerra. Anche gli Etruschi veneravano una divinità guerriera maschile, che aveva un aspetto giovanile e spesso era rappresentata con corazza, elmo e schinieri (protezioni per la parte inferiore delle gambe), armata di lancia e scudo. Secondo le iscrizioni il nome di questo dio era Laran. Grazie ai rinvenimenti archeologici sappiamo che l’equipaggiamento militare di Laran è quello più utilizzato dagli aristocratici etruschi: forse questa figura divina esprimeva ideali eroici in cui riconoscersi e forniva quindi un modello da imitare. Di certo il dio venne assimilato all’Ares dei Greci e al Marte dei Latini, come mostrano le scene presenti in particolare sugli specchi di bronzo a partire dal V secolo a.C. A Villa Giulia è conservato uno specchio che mostra un Laran disarmato a colloquio con Turan (Afrodite): la scena è riferibile al mito greco che narra la relazione d’amore fra le due divinità.

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Marte di Todi: statua votiva in bronzo di produzione etrusca (Orvieto) della fine del V sec. a.C., proveniente da Monte Santo di Todi e conservata ai Musei Vaticani (foto Wikimedia Commons)

Esistevano certamente dei santuari dedicati a Laran, anche se le testimonianze finora pervenute sono poche. L’aspetto di una statua di culto doveva essere molto simile al celebre Marte di Todi. Si tratta di una statua in bronzo di produzione etrusca ma rinvenuta a Todi, commissionata come dono votivo per un santuario umbro, che raffigura un guerriero in armatura mentre fa un’offerta sacra. Infine bisogna ricordare che gli Etruschi conoscevano il dio Maris, che porta un nome direttamente collegato a Marte e che sembra avere un rapporto stretto con la dea Menerva, ma il suo ruolo e le sue competenze non sono ancora chiare: talvolta ‘Maris’ è utilizzato per indicare diverse figure divine, spesso dei fanciulli, in genere definite meglio da un secondo nome.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per febbraio il focus è sul dio Fufluns, il Dioniso greco

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali (Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Gennaio apre con il dio Culsans, il Giano romano | archeologiavocidalpassato). Per febbraio il focus è sul dio Fufluns, il dio del vino che poteva concedere salvezza ai suoi seguaci.

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Statuetta votiva in bronzo del dio Fufluns (480 a.C.), provenienza ignota, produzione etrusca settentrionale, conservata alle Gallerie Estensi di Modena (foto Wikimedia Commons)

FEBBRAIO E IL DIO FUFLUNS. Questa divinità etrusca aveva una origine umbro-sabina e doveva essere legata alla vegetazione: infatti nel nome si riconosce la stessa radice di “flora “e “flos” (fiore). Gli Etruschi assimilarono Fufluns a Dioniso, giunto in Etruria insieme con il vino di produzione greca e le relative pratiche culturali e sociali. Di fatto, il simposio diventò un segno distintivo delle aristocrazie etrusche. Immagini, simboli e miti dionisiaci erano riprodotti sul vasellame greco di importazione e vennero utilizzati per caratterizzare le rappresentazioni di Fufluns. La più antica testimonianza pervenuta è una statuetta in bronzo conservata a Modena nelle Gallerie Estensi: il dio ha un aspetto solenne, è dotato di barba e baffi ed è avvolto in una tunica e in un lungo mantello.

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Tempietto votivo in terracotta con Dioniso e Arianna (IV-III secolo a.C.) dal deposito votivo rinvenuto presso Porta Nord a Vulci, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Dioniso e Fufluns (per assimilazione) erano anche titolari di culti misterici: rituali segreti aperti solo a persone che avevano compiuto un percorso di formazione (gli iniziati), che promettevano salvezza dopo la morte. I misteri dionisiaci, nei quali avevano un ruolo importante le donne, furono molto popolari per secoli in tutto il bacino del Mediterraneo: bene accolti in Etruria, a Roma non venivano incoraggiati e nel 186 a.C. si cercò di reprimerli con delle leggi ad hoc. Gli iniziati potevano portare nella tomba alcuni oggetti speciali, come i recipienti da vino rinvenuti a Vulci con l’iscrizione “fuflunsl pachies velclthi” (di Fufluns bacchico a Vulci). Villa Giulia conserva molti reperti decorati con immagini dedicate a Dioniso e alle sue vicende mitiche. Fra questi il modellino di tempio in terracotta rinvenuto presso la Porta Nord di Vulci, offre una testimonianza importante. Sul frontone è raffigurata la coppia Dioniso/Fufluns (raffigurato come un giovane imberbe) e Arianna, eroina cretese abbandonata da Teseo e poi diventata sposa immortale del dio. Non è chiaro se l’oggetto riproduca una struttura reale, documentando così l’aspetto di un tempio dedicato a Fufluns; in ogni caso, resta una preziosa testimonianza della fortuna del dio in Etruria.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Gennaio apre con il dio Culsans, il Giano romano

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia apre il nuovo anno con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che partono a gennaio con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali, passando per Fufluns, Laran, Turan, Tinia e Uni, Menerva, Vei, Thesan, Cavatha e Suri, fino ad arrivare a Selvans, divinità della natura selvaggia e degli animali, protettore dei confini. È un invito a scoprire le loro caratteristiche e venire a scovarli fra le opere delle collezioni dell’Etru.

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Statuetta in bronzo iscritta di Culsans (III sec. a.C.) dal deposito votivo di porta Ghibellina, Cortona, e conservato al museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona (foto Europeana/MuseiD-Italia/MAEC)

GENNAIO E IL DIO CULSANS: il guardiano delle porte e dei cicli temporali. Gennaio, il “mese di Giano”, è adatto anche per parlare di Culsans, un dio simile a Giano nell’aspetto e – forse – anche nella sfera d’azione. Entrambe le divinità prendono il nome dalla porta, detta culs in etrusco e ianua in latino. La porta può essere un punto di collegamento fra interno ed esterno ma può anche simboleggiare, con la chiusura e apertura, l’inizio e la fine di azioni, fasi o periodi. Culsans è bifronte e guarda contemporaneamente verso l’interno e l’esterno e, per estensione, verso il passato e il futuro; quasi certamente tutelava sia i passaggi/gli ingressi sia i cicli del tempo, come le stagioni dell’anno e i periodi della vita. L’aspetto del dio è noto da pochi reperti, tutti ritrovati presso porte civiche, considerate luoghi vulnerabili da proteggere. La sola immagine a figura intera è una statuetta proveniente dalla Porta Ghibellina di Cortona, che mostra un giovane con due visi imberbi contrapposti, un copricapo piatto, un paio di stivali in pelle e una collana. La posizione delle mani potrebbe indicare il numero 365 (i giorni dell’anno solare) attraverso l’indigitatio, una tecnica per segnare con le mani anche numeri elevati. Teste bifronti giovanili compaiono anche su monete di bronzo da Volterra.

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Testa in terracotta di divinità maschile bifronte (Culsans) (IV-I sec. a.C) dal deposito votivo di porta Nord, Vulci, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Dalla Porta Nord di Vulci provengono invece le due belle teste in terracotta del Museo, modellate a stampo e accuratamente rifinite a mano, che raffigurano una divinità bifronte con una folta barba. L’iconografia giovanile di Culsans dovrebbe essere la più antica ed “etrusca”, mentre quella barbata è ispirata direttamente al Giano romano. Per quanto riguarda il culto, non ci sono elementi per ricostruire rituali o identificare santuari del dio, ma i dati archeologici rivelano l’esistenza di sacrifici simili a quelli destinati alle divinità infere. Il nome di Culsans è stato riconosciuto sul lobo sinistro del Fegato di Piacenza (Cul Alp), su un altare da Bagnoregio (Culsans) e su una lamina in metallo da Cortona (Cvl). Sul Fegato il dio è definito “Alpan”, ovvero “buono/puro”: un aggettivo utilizzato in genere per divinità oscure e poco benevole, che era consigliabile rabbonire; l’altare ha al centro un foro per versare le offerte nel terreno, come era prescritto in caso di divinità infere; la lamina è un frammento di defixio, ovvero una formula magica per consacrare agli dei un avversario.