Archivio tag | De architettura di Vitruvio

Roma. Eccezionale scoperta nella Domus Aurea: trovato un lingotto di blu egizio insieme a pigmenti di ocra gialla e di terra rossa. La reggia di Nerone svela la natura dei suoi colori. Importante contributo alla conoscenza dell’uso del blu egizio nel Rinascimento come nel Trionfo di Galatea di Raffaello

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Il lingotto di blu egizio (15 cm per 2,4 kg di peso) scoperto nell’ambiente 9 della Domus Aurea (foto simona murrone / PArCo)

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Particolare dell’anfora con ocra gialla in fase di scavo scoperta nella Domus Aurea (foto PArCo)

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Veduta d’insieme delle vasche di lavorazione (viste da Sud) presenti nell’ambiente 9 della Domus Aurea (foto PArCo)

Ocra gialla, terra rossa e soprattutto un lingotto di blu egizio: la reggia di Nerone svela la natura dei suoi colori. La Domus Aurea continua a sorprendere e restituisce una eccezionale scoperta legata alle botteghe che lavorarono agli affreschi della monumentale residenza voluta dall’imperatore Nerone. Durante le recenti indagini archeologiche sono state infatti individuate due vasche in uso durante le fasi di cantiere del palazzo sia per spegnere la calce sia per conservare e lavorare i pigmenti colorati da usare nelle decorazioni parietali. Tra i pigmenti ritrovati e sottoposti ad analisi microscopiche e spettroscopiche per individuarne la composizione chimica e mineralogica, spicca la presenza di ocra gialla all’interno di un’anfora, di vasetti contenenti pigmenti con toni del rosso, come il realgar e la terra rossa, e soprattutto di un eccezionale lingotto del preziosissimo blu egizio pronto per essere macinato. La rarità del ritrovamento è dovuta alle notevoli dimensioni del lingotto (un’altezza di 15 cm e un peso di 2,4 Kg), dato che il pigmento solitamente viene trovato solo in polvere o sotto forma di piccole sfere, come testimoniato dalle scoperte effettuate soprattutto a Pompei.  Il blu egizio è un pigmento che non esiste in natura, ma viene prodotto artificialmente cuocendo, ad una temperatura molto elevata, una miscela di silice, rocce calcaree, minerali contenenti rame e carbonato di sodio. Il procedimento per la sua preparazione viene descritto da Vitruvio nella sua opera De Architectura (VII, 11). Il ritrovamento a Roma, in ambito imperiale, di un nucleo così cospicuo di blu egizio conferma ancora una volta la raffinatezza e l’altissima specializzazione delle maestranze che operano nelle decorazioni del palazzo, con l’uso di pigmenti ricercati e costosi.

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Macro del lingotto di blu egizio scoperto nell’ambiente 9 della Domus Aurea (foto simona murrone / PArCo)

Conosciuto e usato almeno dalla metà del III millennio in Egitto e in Mesopotamia, si diffonde poi nel Mediterraneo antico. Nel mondo romano è impiegato nelle decorazioni pittoriche da solo o associato ad altri pigmenti per realizzare specifiche varietà cromatiche e ricercati effetti di luminosità. Viene ad esempio usato per rendere una tonalità più fredda per l’incarnato delle figure, per realizzare il chiaroscuro nei panneggi delle vesti o, ancora, per dare lucentezza agli occhi. Uno dei maggiori centri di produzione ed esportazione è Alessandria d’Egitto; recenti scoperte ne hanno tuttavia individuati altri in territorio italico, come a Cuma, Literno e Pozzuoli, quest’ultima già ricordata da Vitruvio come luogo famoso per una produzione di eccellenza. A Pompei le testimonianze sono essenzialmente legate alla lavorazione e all’uso del pigmento in contesti di lusso.

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Planimetria generale del padiglione della Domus Aurea, in evidenza ambiente 9 in cui sono state individuate le due vasche (foto PArCo)

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Ortofoto dell’ambiente 9, nel settore occidentale della Domus Aurea: sono visibili le due vasche al termine dello scavo archeologico (foto PArCo)

Lo studio dei contesti e dei materiali di questo settore della Domus Aurea, ancora in corso, potrebbe aggiungere un importante contributo alla conoscenza dell’uso del pigmento anche nel Rinascimento, come nel Trionfo di Galatea di Raffaello. Il brillante blu egizio unisce quindi, a distanza di secoli, i pittori che decorarono il palazzo e i pittori che, con stupore ed emozione, lo riscoprirono nel Rinascimento. “Il fascino trasmesso dalla profondità del blu di questo pigmento è incredibile”, commenta Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. “La Domus Aurea ancora una volta emoziona e restituisce la brillantezza dei colori utilizzati dai pittori che abilmente decorarono la stanze di questo prezioso e raffinato palazzo imperiale”.

Fano. Il ministero della Cultura stanzia 45mila euro per ampliare lo scavo in centro e capire se si stratta proprio della Basilica di Vitruvio. Intanto ritrovati reperti anche di età medievale

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Edificio pubblico di età romana scoperto a Fano (PU): resti di pavimentazione con marmi preziosi (foto sabap-An-PU)

A marzo 2023 l’annuncio che in centro a Fano (PU) in un cantiere edile erano emerse tracce evidenti di un imponente edificio pubblico di epoca romana, decorato da marmi preziosi, collocato in affaccio al foro cittadino. E subito la notizia era rimbalzata da un notiziario all’altro con un’ipotesi suggestiva: si tratta della famosa Basilica di Vitruvio, uno degli edifici più famosi dell’antichità, descritto dallo stesso Vitruvio, attivo nella seconda metà del I sec a.C., nel suo trattato De Architectura? Entusiasmi smorzati subito dalla soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ancona e Pesaro-Urbino, in primis dall’archeologa Ilaria Venanzoni che segue lo scavo: “È presto per dirlo. Servono ulteriori approfondimenti” (vedi Fano (PU). In un cantiere edile in centro scoperto un imponente edificio pubblico, di epoca romana, decorato da marmi preziosi. È la famosa Basilica di Vitruvio, cercata da almeno 500 anni? La Sabap: “È presto per dirlo. Servono ulteriori approfondimenti” | archeologiavocidalpassato). E ora questi approfondimenti saranno possibili. La direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio – come comunicato dal ministero della Cultura – ha stanziato 45mila euro per l’ampliamento degli scavi archeologici in corso a Fano, in via Vitruvio. Le nuove indagini consentiranno di approfondire la natura degli ultimi reperti, emersi durante recenti lavori di edilizia privata, e fondare su basi scientifiche le diverse ipotesi, anche molto suggestive, relative alla destinazione d’uso del sito. Le attività sono coordinate dalla soprintendenza per le province di Ancona e Pesaro-Urbino. Nell’ottica della collaborazione tra Soprintendenza e Comune, e grazie al coinvolgimento dei cittadini, è prevista una condivisa strategia di comunicazione finalizzata ad aggiornare la comunità sullo stato di avanzamento dei lavori.

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Edificio pubblico di età romana scoperto a Fano (PU): resti di pavimentazione con marmi preziosi (foto sabap-an-pu)

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Scavi di via Vitruvio a Fano: frammento di ceramica non steccata, databile all’epoca longobarda, con decorazione a stampigliature (secoli VI-VIII) (foto sabap-pu)

“L’attenzione del ministro Gennaro Sangiuliano e della Direzione generale”, spiega il direttore generale Luigi La Rocca, “è sempre rivolta a favorire sia la ricerca, fonte inesauribile di conoscenza della storia dei territori, sia la consapevolezza delle comunità che vivono in quei luoghi educandole al rispetto del patrimonio culturale di cui sono proprietari. Progresso scientifico e costruzione di un futuro sostenibile vanno infatti di pari passo. Così è stato e sarà per Fano”. E la soprintendente Cecilia Carlorosi: “L’attenzione dell’Ufficio è massima e si inquadra nell’ambito dei programmi già intrapresi per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico del territorio della città di Fano, i cui numerosi siti e contesti coprono un arco cronologico dall’età pre-protostorica al Medioevo”.

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Scavi di via Vitruvio a Fano: frammenti di colatoio in ceramica a vetrina pesante (secoli VIII- X) (foto sabap-pu)

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Scavi di via Vitruvio a Fano: fuseruole (foto sabap-pu)

In queste settimane, intanto, le ricerche non si sono fermate. “Non solo marmi”, annuncia la SABAP di PU. “Fra gli aspetti più interessanti dello scavo in via Vitruvio a Fano, ci sono le fasi di vita della città in epoca medievale. Dall’US 10 (Unità stratigrafica) provengono, infatti, un frammento di ceramica non steccata, databile all’epoca longobarda, con decorazione a stampigliature (secoli VI-VIII); un beccuccio di forma chiusa, in ceramica a vetrina pesante (secoli VII-X); due fuseruole in ceramica a vetrina pesante o sparsa (secoli VIII- XIII). Le fuseruole erano elementi applicati al fuso, per controllarne il movimento durante la filatura; due frammenti di colatoio, utilizzato per la produzione del formaggio, in ceramica a vetrina pesante (secoli VIII- X)”.

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Scavi di via Vitruvio a Fano: colonnina in marmo (foto sabap-pu)

E poi “Non solo pavimenti: fra gli aspetti più interessanti dello scavo in via Vitruvio a Fano, ci sono gli strati di abbandono dell’edificio. Fra i reperti recuperati, oltre ai frammenti ceramici di epoca medievale, ci sono anche materiali di età romana sopravvissuti in tutto o in parte all’attività di spogliazione della struttura, come un frammento di colonnina”.

Fano (PU). In un cantiere edile in centro scoperto un imponente edificio pubblico, di epoca romana, decorato da marmi preziosi. È la famosa Basilica di Vitruvio, cercata da almeno 500 anni? La Sabap: “È presto per dirlo. Servono ulteriori approfondimenti”

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Edificio pubblico di età romana scoperto a Fano (PU): resti di pavimentazione con marmi preziosi (foto sabap-An-PU)

A Fano la cercano da almeno 500 anni. È la famosa Basilica di Vitruvio, uno degli edifici più famosi dell’antichità, descritto dallo stesso Vitruvio, attivo nella seconda metà del I sec a.C., nel suo trattato De Architectura. Perciò si capisce perché la scoperta in centro a Fano, in occasione di alcuni lavori edili in via Vitruvio (una coincidenza?) dei resti relativi a un edificio pubblico, di epoca romana, collocato in affaccio al foro cittadino, abbia subito fatto correre il pensiero – e la speranza finalmente del ritrovamento – alla Basilica di Vitruvio. Che si tratti di un imponente edificio pubblico, decorato da marmi preziosi, “importati dalla Grecia e dall’Asia Minore e quindi molto costosi”, è abbastanza evidente. Ma sull’ipotesi più suggestiva la soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ancona e Pesaro Urbino, in primis l’archeologa Ilaria Venanzoni che segue lo scavo, è molto prudente. Per avere la certezza che si tratti della famosa Basilica sono necessari ulteriori approfondimenti. A cominciare dalla cronologia e dalla funzione del complesso che al momento sono in corso di studio e di definizione proprio da parte della Sabap di Ancona e Pesaro Urbino.

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Scoperta edificio pubblico di età romana a Fano (PU): frammento di iscrizione su marmo che riporta su due righe le lettere V e I (foto sabap An-PU)

Si tratta di un complesso costituito da almeno 5 ambienti, i cui muri, conservati in alzato per circa 2 metri, hanno lo spessore di 5 piedi romani (1,50 metri) e sono rivestiti in malta di calce e lastre di marmo. Sono state parzialmente messe in luce anche le relative pavimentazioni, che sono in marmi d’importazione, di colore verde e rosato, probabilmente cipollino verde e pavonazzetto. Tutto il complesso, databile a circa 2000 anni fa, è stato interessato almeno da due ulteriori fasi di vita in epoca medievale, di cui sono state ritrovate alcune tracce: strutture murarie, focolari, frammenti di ceramica invetriata. Fra i materiali recuperati, vi è anche un frammento di iscrizione su marmo che riporta su due righe le lettere V e I e conserva ancora tracce della “rubricatura”, ovvero la colorazione in rosso dei solchi delle lettere incise.

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Edificio pubblico di età romana scoperto a Fano (PU): resti di pavimentazione con marmi preziosi (foto sabap-An-PU)

“La collocazione, la tipologia della struttura, la ricchezza della pavimentazione e la presenza, anche sulle pareti, di coperture marmoree”, come ha dichiarato Venzanzoni all’Ansa, “fa ritenere che possa trattarsi di un importante edificio pubblico romano di epoca augustea (I sec. a.C. – I sec. d.C.), più collocabile verso la fine del I sec. a.C., a causa della presenza di marmo verde cipollino e marmo pavonazzetto, la cui estrazione è cominciata in Turchia in quell’epoca. Nel sito sono stati trovati anche resti di focolari e frammenti di ceramica risalenti al XIV secolo, segno che l’edificio è stato poi successivamente utilizzato per altre funzioni, magari suddiviso in abitazioni, sarà anche questa una fase interessante da studiare”.

Da Vitruvio a Le Corbusier: al Palladio Museum di Vicenza un convegno internazionale di tre giorni con 32 esperti da tutto il mondo spiega “Come studiano gli architetti”

Illustrazione del “De architettura” di Vitruvio tra gli architetti studiati al convegno di Vicenza

Vengono dalla Lettonia al Sud Africa, dagli Stati Uniti a Israele, passando per Italia, Francia, Regno Unito, Grecia, Svizzera, Svezia, Belgio: specialisti da tutto il mondo che raccontano la cultura degli architetti da Vitruvio a Le Corbusier si ritrovano per tre giorni, dal 15 al 17 giugno 2017, al Palladio Museum di Vicenza nel grande convegno internazionale “Come studiano gli architetti?”.  Già nel De Architectura di Vitruvio, scritto una trentina d’anni prima di Cristo, si legge che l’architetto deve avere una cultura enciclopedica, basata su saperi tecnici, ma anche su letteratura, storia, filosofia, medicina, musica e molto altro ancora. Ma come studiano gli architetti ? Come assorbono le nozioni ? Quali sono le continuità e le differenze attraverso i secoli ? Lo spiegheranno 32 specialisti da tre continenti nel convegno a cura di Nicholas Adams (Vassar College, USA), Guido Beltramini, Howard Burns e Fernando Marias (Universidad Autónoma de Madrid, Spagna).

Guido Beltramini e Howard Burns, direttore e presidente del Consiglio scientifico del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di cui il Palladio Museum a Vicenza è emanazione

“Libri e manoscritti sono da sempre il principale veicolo di trasmissione delle idee architettoniche”, affermano Guido Beltramini e Howard Burns, direttore e presidente del Consiglio scientifico del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di cui il Palladio Museum è emanazione. “I progettisti, in quanto proprietari di questi libri, hanno lasciato tracce dei loro pensieri in forma di annotazioni, commenti o disegni. Sviluppando il concetto di architetto come ‘lettore attivo’ che assorbe nuove informazioni per future applicazioni pratiche, il seminario intende cogliere gli architetti in dialogo con i propri libri, con uno sguardo di lunga durata dalla Roma di Vitruvio alla Las Vegas di Robert Venturi”. Per questo seminario al Palladio Museum si sono dati convegno storici del libro, specialisti di biblioteche, storici dell’architettura che si susseguiranno in sei sessioni successive nell’arco di tre giornate. Presenti i grandi specialisti internazionali della storia dell’architettura, come l’americano Joe Connors, docente ad Harvard e presidente della Renaissance Society of America, l’inglese Gordon Higgott, il massimo esperto di Inigo Jones, il bibliomane svizzero Werner Oechslin o Lola Kantor-Kazovsky direttrice dell’istituto di storia dell’arte dell’Università di Gerusalemme. Accanto ai mostri sacri, moltissimi i giovani e gli studiosi in ascesa come l’italiana Eleonora Pistis, docente alla Columbia University, Estelle Alma Maré che dal Sud Africa giunge a Vicenza per parlare di Leon Battista Alberti o la lettone Anna Ancane che ha ritrovato la biblioteca di un architetto di Riga del diciassettesimo secolo.

L’americano Bill Sherman, vicedirettore del Victoria&Albert Museum di Londra, uno degli ospiti di eccezione

Tre gli ospiti di eccezione. Il seminario viene aperto dal celebre specialista della storia dei libri, l’americano Bill Sherman, vicedirettore del Victoria&Albert Museum di Londra e autore di Used Books un testo capitale per chiunque voglia sapere come venivano letti, usati e annotati i libri nel Rinascimento. Ma venerdì pomeriggio saranno presenti anche due casi-studio in carne ed ossa: l’architetto svedese Johan Celsing, classe 1955, uno dei più noti progettisti nordeuropei e il quarantenne Kersten Geers, belga con base a Bruxelles e docente a Losanna e Harvard. Celsing, grande appassionato di letteratura, parlerà del proprio lavoro ragionando su architettura e metrica, intrecciando i mattoni con la poesia inglese, greca e italiana. Vent’anni più giovane Geers mostrerà il lavoro del proprio studio dove i temi della storia si intrecciano alle suggestioni delle arti contemporanee.