Il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) di epoca romana scoperto nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)
Dagli scavi condotti nel parco archeologico di Ostia antica nei mesi di giugno e agosto 2024 è emerso uno straordinario bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh). La campagna di scavo, realizzata nell’ambito del progetto OPS – Ostia Post Scriptum, è stata finanziata dal ministero della Cultura, tramite la direzione generale Musei, con uno stanziamento di fondi dedicato all’esecuzione di ricerche archeologiche nell’anno 2024, dal capitolo 7515 cdr19, per un importo pari a euro 124.190,41.
Il progetto OPS – Ostia post scriptum: plan 2023
Il progetto OPS – Ostia Post Scriptum nasce nel 2022 da un rapporto di collaborazione fra il parco archeologico di Ostia antica (responsabili il direttore, Alessandro D’Alessio, e Claudia Tempesta), l’università di Catania (prof. Luigi Caliò) e il Politecnico di Bari (prof. Antonello Fino) ed è volto a eseguire indagini in due aree strategiche della città di Ostia, prima colonia romana e importantissimo centro urbano dell’antichità, per comprenderne meglio lo sviluppo nel corso del tempo. Era peraltro da diversi decenni che il Parco, già Soprintendenza Archeologica di Ostia, non eseguiva scavi archeologici propri (da cui appunto la denominazione OPS del progetto), con gli obiettivi primari di promuovere le attività di ricerca, con particolare riferimento a quelle direttamente curate dal Parco, al fine di incrementare le conoscenze su Ostia; implementare la fruizione del sito restituendo continuità al percorso di visita; promuovere la condivisione delle conoscenze attraverso azioni di public archaeology; rinsaldare la collaborazione scientifica con altri enti di ricerca.
Parco archeologico di Ostia antica: il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) in corso di scavo (foto parco ostia antica)
Destinati alle immersioni delle persone (ma anche degli oggetti) a fini di purificazione, i mikva’otsi presentano generalmente come vasche rettangolari, nella maggior parte dei casi coperte, scavate nel terreno e rivestite di intonaco idraulico, con una fila di gradini che ne occupano l’intera larghezza, connesse direttamente o indirettamente a una sorgente, a un pozzo o a una cisterna di raccolta dell’acqua piovana. Come prescritto dalle fonti rabbiniche (in particolare la Mishnah e la Tosefta, entrambe redatte nel corso del III secolo d.C.), requisiti essenziali di un mikveh sono l’alimentazione mediante acqua piovana o sorgiva, in quantità non inferiore a 40 se’ah (circa 500 l), e la profondità, tale da permettere la completa immersione del corpo di un uomo di media statura.
La scoperta è stata presentata ufficialmente il 10 marzo 2025 al parco archeologico di Ostia antica alla presenza del ministro della Cultura, Alessandro Giuli. «La scoperta di un antico bagno rituale ebraico, o mikveh, venuto alla luce nel parco archeologico di Ostia Antica”, dichiara il ministro Giuli, “rafforza la consapevolezza storica di questo luogo quale vero crocevia di convivenza e di scambio di culture, culla di tolleranza tra popoli diversi che nella civiltà romana trovavano la loro unione. Esso rappresenta un unico nell’area mediterranea di età romana al di fuori della Terra di Israele e attesta quanto fosse radicata la presenza ebraica nel cuore della romanità. È proprio a Ostia che Roma accoglie e ospita i culti originari delle altre civiltà mediterranee, nel momento in cui, consolidato il suo potere in Italia, comincia a proiettarsi nel Mare Nostrum. Una miscellanea di etnie e influenze, insieme alle due religioni monoteiste del tempo, che testimonia quanto Roma fosse ecumenica e universale. Siamo orgogliosi che questa scoperta sia il frutto della ripresa delle attività di scavo promosse direttamente dal Parco archeologico di Ostia Antica – grazie a un finanziamento del MiC che continuerà a investire risorse su questa scoperta – che da un lato ha permesso di tornare a promuovere le attività di ricerca e dall’altro di ampliare e rendere più accessibili le aree visitabili dal pubblico”.
La presentazione della scoperta del bagno rituale ebraico, o mikveh, nel parco archeologico di Ostia Antica: da sinistra, Riccardo Di Segni, Alessandro Giuli, Alessandro D’Alessio, Alfonsina Russo, Massimo Osanna (foto parco ostia antica)
“Questa eccezionale scoperta”, dichiara Alfonsina Russo, Capo Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale, “conferma da un lato l’importanza e la specificità dell’antica città di Ostia, porto e porta di Roma sul Mediterraneo e per tale ragione melting pot etnico, linguistico, religioso e culturale in senso lato e, d’altro canto, le inusitate potenzialità del patrimonio storico-archeologico italiano. In ossequio alla “filiera” ricerca/conoscenza-tutela/conservazione-valorizzazione di questo straordinario patrimonio, il rinvenimento del mikveh ostiense, il primo così antico venuto alla luce fuori dai confini di Israele, non può che renderci orgogliosi e al tempo stesso determinati a che il monumento sia quanto prima fruibile dal pubblico di visitatori che sempre più numeroso frequenta e apprezza i nostri luoghi della cultura”.
Parco archeologico di Ostia antica: il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) in corso di scavo (foto parco ostia antica)
“Grazie ai finanziamenti stanziati dal ministero della Cultura negli ultimi anni”, dichiara il direttore generale Musei Massimo Osanna, “è stato possibile attuare un piano di interventi su scala nazionale, promosso in particolare dalla Direzione generale Musei, volto alla manutenzione programmata, alla promozione della ricerca archeologica e alla valorizzazione degli istituti e luoghi della cultura. In questo contesto, il Parco archeologico di Ostia antica ha svolto un ruolo di primo piano, distinguendosi per l’innovatività degli interventi progettati e l’eccellenza dei suoi progetti di ricerca, come quello che ha portato alla scoperta del mikveh. Un ritrovamento che testimonia il carattere multiculturale dell’antica città portuale e apre nuovi e affascinanti scenari per l’ampliamento delle nostre conoscenze e lo sviluppo di nuove narrazioni”.
Parco archeologico di Ostia antica: l’area di scavo del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)
“Si tratta di una scoperta assolutamente straordinaria”, dichiara Alessandro D’Alessio, direttore del parco archeologico di Ostia antica, “in quanto non erano precedentemente noti mikva’ot di epoca romana fuori dalla Giudea, Galilea e Idumea antiche, e che non può che confermare l’entità della presenza continuativa, il ruolo e l’importanza della comunità ebraica a Ostia nel corso di tutta l’età imperiale (se non prima): dagli inizi del I secolo (epoca cui risale la più antica iscrizione nota in Italia che menzioni Iudaei, rinvenuta nella vicina necropoli di Pianabella) al V-VI secolo, quando la sinagoga ostiense – la più vetusta del Mediterraneo occidentale (fu costruita infatti a fine II-inizi III secolo) e la sola conservata a Roma – cessò di vivere a seguito del definitivo abbandono della città”.
Il rabbino Di Segni e il ministro Giuli in visita al bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)
“La scoperta di questo sito, che ha le caratteristiche di un miqwè”, afferma Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, “è di estremo interesse sotto tanti aspetti, archeologici, storici, rituali. La storia degli ebrei di Roma si arricchisce oggi di un ulteriore, prezioso monumento che testimonia il loro millenario insediamento e la cura nell’osservanza delle tradizioni: l’ambiente scoperto è tra l’altro funzionale ed elegante. Una struttura come quella scoperta non poteva essere isolata dal complesso edilizio in cui si trova ed è probabile che in buona parte, se non tutto, questo fosse un centro di aggregazione ebraica. Mi auguro che gli scavi possano proseguire in attesa di altre sorprese e che presto sia possibile l’accesso ai visitatori che non mancheranno per l’importanza del reperto”. “È fonte di grande emozione la scoperta del probabile miqwè a Ostia, di fatto il più antico rinvenimento del genere nel mondo della Diaspora, successivo soltanto a quelli di Giudea, Galilea e Idumea”, commenta Victor Fadlun, presidente della Comunità Ebraica di Roma. “Emozione e orgoglio, per la conferma del radicamento millenario degli ebrei a Roma, e del cordone ombelicale che ci lega alla Terra d’Israele. Il miqwè è il segno di una presenza viva, che si è perpetuata nei secoli e porta a noi, oggi. La dimostrazione di una identità che molte generazioni di ebrei sono riuscite a preservare, difendere e valorizzare. Ringrazio quanti hanno dato contributi scientifici e finanziari determinanti per questo importante risultato. E auspico che ne torni lustro e beneficio all’intero territorio”.
Veduta aerea del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) al parco archeologico di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Le ricerche hanno potuto concentrarsi in particolar modo nel settore, denominato “Area A”, posto in una zona assolutamente centrale della città, sotto il profilo sia topografico/urbanistico che architettonico, in quanto situato in prossimità dell’antico corso del Tevere e compreso tra l’edificio dei Grandi Horrea a Ovest, il santuario repubblicano dei Quattro Tempietti, il Mitreo delle Sette Sfere e la Domus di Apuleio a Sud, e il Piazzale delle Corporazioni a Est. Sorprendentemente, a dispetto di tale sua centralità, quest’area non era stata mai indagata in precedenza e si presentava pertanto come ideale per le nuove attività di scavo, qualificandosi quale bacino stratigrafico intatto. È così che all’interno di un grande e sontuoso edificio qui scoperto e già ampiamente riportato alla luce è emerso, fra i notevoli resti degli ambienti che lo compongono e di alcuni meravigliosi mosaici pavimentali a tessere bianche e nere, un piccolo vano semi-ipogeo con sottostante pozzo per la risalita o comunque il prelievo dell’acqua di falda, nel quale può con ogni probabilità riconoscersi un mikveh (מִקְוֶה / מקווה?, Mikve, “Miqwā”), ovvero un bagno rituale purificatorio ebraico.
Il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) di epoca romana scoperto nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)
L’ambiente semi-ipogeo è un piccolo vano di forma rettangolare, chiuso sul lato Est da un’abside semicircolare, che presenta diverse fasi edilizie. Nell’ultima, esso risulta accessibile dal lato occidentale attraverso una larga soglia in marmo con bordo esterno rialzato ed è occupato quasi per l’intera larghezza da una scala, costituita da tre gradini con notevoli tracce di usura e fiancheggiata da due spallette in muratura rivestite all’interno di intonaco idraulico; il piano pavimentale al termine della scala, realizzato in mattoni bipedali (laterizi quadrati di 60 cm di lato), era posto a una quota inferiore di circa 1 metro rispetto a quella della soglia di ingresso e presentava un incasso della larghezza di circa 3 cm che proseguiva anche sulle pareti laterali, con tutta probabilità funzionale all’alloggiamento di una transenna, forse lignea. Nell’angolo nord-orientale, immediatamente al di sopra della spalletta settentrionale, è presente nella muratura un foro passante, destinato verosimilmente ad alloggiare una conduttura per l’adduzione di acqua.
Il pozzo all’estremità orientale del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) di epoca romana scoperto nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)
All’estremità orientale del pavimento si apre un pozzo circolare del diametro di 1,08 m, realizzato in cementizio e coronato da una ghiera in mattoni probabilmente aggiunta in un secondo momento, certamente destinato alla captazione dell’acqua di falda; in corrispondenza del raccordo con il pavimento, il perimetro del pozzo si allarga a formare una sorta di invito. A una profondità di 1,10 m dall’imboccatura, il pozzo si restringe a un diametro di 1,00 m, formando una risega con tutta probabilità funzionale al posizionamento di una grata o di una pavimentazione lignea rimovibile.
Lucerna decorata sul disco dall’immagine di una menorah scoperta in fondo al pozzo del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) nel parco archeologico di Ostia antica (foto parco ostia antica)
L’ambiente era chiuso su tutti i lati da pareti costruite in opera listata (con blocchetti di tufo alternati a ricorsi di laterizi) prive di aperture; sull’abside di fondo, in posizione elevata, è stata rinvenuta una nicchia, alta 0,60 m e larga 0,45 m, rivestita di intonaco azzurro e conchiglie, inquadrata da una coppia di colonnine rivestite in stucco poggiate su un piano sostenuto da mensole in laterizio. Lo scavo degli strati di abbandono e obliterazione dell’ambiente ha restituito materiali di grande interesse: oltre a numerosi lacerti di intonaco, sono stati rinvenuti lucerne, frammenti marmorei appartenenti a un’epigrafe e a statue di piccole dimensioni. Dallo scavo del pozzo, condotto con il supporto di Davide I. Pellandra e di Mario Mazzoli e Marco Vitelli dell’Associazione Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione (A.S.S.O.) fino alla profondità di 1,5 m, proviene una lucerna decorata sul disco dall’immagine di una menorah (candelabro a sette bracci) e da un lulav (ramo di palma) sul fondo, oltre a un bicchiere in vetro pressoché integro, entrambi databili tra V e VI secolo d.C.
Reperti recuperati nello scavo del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) nel parci archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)
Le peculiari caratteristiche dell’ambiente – quali i gradini estesi per la sua intera ampiezza, le pareti rivestite di intonaco idraulico, la presenza di un pozzo di captazione dell’acqua di falda, il condotto di comunicazione con l’ambiente adiacente (possibilmente destinato ad alloggiare una tubatura per l’aggiunta di acqua a quella di falda), e ancora il rinvenimento della lucerna con simboli ebraici sul fondo del pozzo – inducono a ipotizzarne una interpretazione come bagno rituale ebraico (mikveh). I mikva’ot erano destinati alle immersioni delle persone (ma anche degli oggetti) a fini di purificazione.
Veduta dall’alto della sinagoga a Ostia (foto parco archeologico ostia antica)
I più antichi esempi di mikva’ot archeologicamente documentati in Israele risalgono all’età asmonea (fine I secolo a.C. – inizio I secolo d.C.). Capillarmente diffusi in Giudea, Galilea e Idumea in età erodiana, in particolare all’interno di edifici a carattere residenziale, diminuiscono progressivamente nel I secolo fino a scomparire quasi del tutto all’inizio del II, in connessione con la piena romanizzazione della regione a seguito della distruzione del Tempio nell’anno 70 d.C. e della successiva repressione di Bar Kokhba nel 135 d.C. Estremamente scarse sono le attestazioni successive, tra cui emergono i numerosi mikva’ot rinvenuti nella città galilea di Sepphoris. Non sono finora noti mikva’ot di epoca romana o tardo-antica nei luoghi della Diaspora, con l’unica eccezione del mikveh di Palazzo Bianca a Siracusa, probabilmente realizzato nei pressi della locale sinagoga tra VI e VII secolo d.C. A una cronologia di poco anteriore riportano i materiali rinvenuti negli strati di abbandono e di obliterazione del vano individuato a Ostia: tra questi spiccano due lucerne della forma Atlante VIII, decorate sul disco da una menorah eptalicne (cioè appunto a sette bracci) su supporto trifido, una delle quali con lulav sul fondo, databili tra IV e VI secolo d.C.
Veduta d’insieme degli oggetti scoperti nel pozzo davanti alla scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
La scalinata del tempio di Ercole nel l’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Ecco ceramiche di varia tipologia, anche miniaturistiche; e poi lucerne, frammenti di contenitori in vetro, lacerti di marmo, ossa animali combuste e noccioli di pesca, sicuramente utilizzati in specifici rituali sacri all’interno dell’area archeologica. Nuovi frammenti archeologici di oggetti utilizzati nella vita imperiale e legati ai rituali del culto emergono dagli scavi nell’Area Sacra del Parco archeologico di Ostia antica. La scoperta, dopo il recupero di due frammenti dei Fasti Ostienses venuti alla luce l’anno scorso, è avvenuta nel corso di un recente intervento, attuato con fondi CIPE, e finalizzato alla risistemazione generale dell’area per la sua prossima riapertura al pubblico con il restauro dei templi e il ripristino delle canalizzazioni che garantivano lo smaltimento delle acque meteoriche.
L’esplorazione del pozzo davanti alla scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
L’esplorazione del pozzo davanti alla scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Durante lo svuotamento di un pozzo, posto davanti alla scalinata del tempio di Ercole, profondo circa 3 metri e ancora pieno d’acqua, è emersa una cospicua quantità di reperti databili in gran parte tra la fine del I e il II d.C., molto ben conservati in quanto immersi in un fango povero d’ossigeno. L’attività di ricerca nel sito è stata coordinata dal responsabile scientifico dell’intervento, Dario Daffara, mentre l’esplorazione del pozzo e lo scavo dei sedimenti sono stati condotti dall’archeologo Davide I. Pellandra e da Mario Mazzoli e Marco Vitelli dell’Associazione A.S.S.O. (Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione), ente del terzo settore specializzato in scavi e rilevamenti in zone e luoghi sotterranei a valenza storica e archeologica. Affidati alle cure dell’Ufficio Restauro del Parco, i legni sono ora in corso di studio e consentiranno di fare nuova luce sulla suppellettile in uso nei santuari romani d’età imperiale.
“Ostia antica è una meraviglia”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Rappresenta uno dei più importanti siti archeologici della nostra Nazione, all’interno del quale ci sono grandi valori e soprattutto c’è una grande storia, la storia dell’antica Roma. In questo momento in Italia sono attivi tantissimi scavi. In Legge di Bilancio, abbiamo voluto rifinanziare le attività di scavo perché, coerentemente con l’articolo 9 della Costituzione, c’è da tutelare ma anche da valorizzare. Faccio i complimenti a chi sta lavorando a questi scavi e a chi consente di riportare alla luce testimonianze molto importanti, che sono la geografia identitaria della nostra Nazione”.
La statua di Cartilio Poplicola nel riallestimento del museo Ostiense (foto parco ostia antica)
“L’intervento di restauro si è rivelato un’occasione unica di studio e di approfondimento della conoscenza sulle funzioni e sulle attività che si svolgevano nel santuario”, afferma il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna: “un momento importante per fare ricerca in un’area che al momento della sua scoperta, negli anni 1938-40, restituì opere di scultura identitarie per Ostia antica e che saranno ospitate nel Museo Ostiense di prossima riapertura: la statua di Cartilio Poplicola, il busto di Asclepio e il rilievo dell’aruspice Fulvius Salvis con scena di pesca miracolosa di una statua di Ercole da parte di pescatori ostiensi. Ancora una volta la ricerca, nelle sue varie forme, si conferma elemento chiave per coniugare le diverse istanze legate, oltre che alla tutela, alla valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale”.
Il tempioi dell’Ara rotonda nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
“Il progetto di restauro dell’Area Sacra, redatto dallo Studio Strati e diretto dall’architetto del Parco Valeria Casella”, sottolinea il direttore del parco archeologico di Ostia antica, Alessandro D’Alessio, “consentirà a breve di riaprire al pubblico uno dei complessi più antichi e suggestivi di Ostia, permettendo ai visitatori di accedere alla cella del Tempio di Ercole, finora interdetta. Verranno inoltre ricollocati i pavimenti del vicino Tempio dell’Ara Rotonda, del quale si sta anche ricostruendo la copertura”.
Le cassettine con i materiali rinvenuti nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
I nuovi reperti sono stati rinvenuti nell’Area Sacra, importante santuario ostiense sorto a partire dal III secolo a.C. nei pressi della sorgente chiamata Aqua Salvia, lungo l’antico tracciato della cosiddetta Via della Foce. All’interno del complesso, dominato dalla mole del tempio di Ercole e occupato da due altri edifici di culto minori come il tempio Tetrastilo (o di Esculapio) e quello dell’Ara Rotonda, i sacerdoti predicevano l’esito delle spedizioni militari ai generali in procinto di partire per le campagne militari. Si trattava dunque di un culto oracolare.
Ossa combuste rinvenute nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Il ritrovamento di ossa combuste conferma in primo luogo lo svolgimento nel santuario di sacrifici animali (maiali e bovini, certamente), mentre le ceramiche comuni, anch’esse recanti tracce di fuoco, indicano che la carne veniva cotta e consumata durante i banchetti in onore della divinità. I resti di uno o più pasti rituali furono gettati nel pozzo, gli ultimi verosimilmente quando se ne era ormai dismessa la funzione.
Imbuto/calice in legno rinvenuto nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Imbuto/calice in legno rinvenuto nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Fra i reperti più significativi rinvenuti c’è un oggetto in legno lavorato, a forma di imbuto o di calice, non comune e incredibilmente moderno, la cui funzione è ancora da chiarire. Oltre al calice-imbuto, decorato con una serie di leggere incisioni e cerchi concentrici all’interno (in prossimità del foro che lo attraversa), sono stati recuperati altri reperti dotati di modanature “a incastro” e costolature esterne, che fanno pensare a innesti reciproci e che sono complessivamente riferibili a un elemento cilindrico vagamente simile a un tubolo.
Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)
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