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Bibione. Visita guidata con scavo in corso alla villa romana di Mutteron dei Frati. Progetto di indagine e obiettivi da raggiungere dagli archeologi delle università di Ratisbona (Regensburg) e Padova

bibione_villa-romana-mutteron-dei-frari_visita-agli-scavi_locandinaUn’occasione da non perdere. A tre settimane dalla ripresa delle ricerche archeologiche da parte dei team delle università di Ratisbona (Regensburg) e Padova alla villa romana di Mutteron dei Frati a Bibione, loc. Valgrande (Ve), ecco OPEN DAY: nel pomeriggio di sabato 25 marzo 2025, gli archeologi dei due atenei condurranno una visita guidata gratuita al sito della villa romana in corso di scavo. Durante la visita ci sarà la possibilità di vedere l’equipe al lavoro e di conoscere la storia del sito, tra racconti di vecchie e nuove scoperte archeologiche. È necessario prenotare chiamando l’ufficio I.A.T. di Bibione al numero 0431 444846. Orari inizio visite: 14.30, 15.30, 16.30 (3 turni). La visita dura 1 ora. Ritrovo al parcheggio ristorante Havana, via Baseleghe 2, Bibione (Ve). Lo scavo stratigrafico del sito di “Villa di Mutteron dei Frati” a Bibione (Ve), iniziato il 6 marzo 2023,  e che proseguirà fino a fine mese, rappresenta un unicum sia per il suo straordinario stato di conservazione, con strutture preservatesi in elevato anche fino a 2 metri di altezza, sia per le possibilità che offre alla ricerca. Lo scavo interessa una superficie di almeno 60 mq, indagata e documentata da un’equipe internazionale costituita da 20 archeologi, tra responsabili e studenti afferenti alle università di Regensburg (Germania) e Padova, con la supervisione di Alessandro Asta della Soprintendenza. Già lo scorso anno l’Istituto di Archeologia dell’università di Regensburg aveva portato a termine una prima campagna di scavi presso la villa di epoca romana ed ora continua con una seconda sessione di indagini, con la quale si punta a ottenere una mappa di anomalie potenzialmente ricollegabili a strutture presenti nel sottosuolo, così da individuare in modo più preciso l’area da scavare (vedi Bibione (Ve). Conclusa la prima campagna di scavi della villa romana marittima: il team italo-tedesco (università di Ratisbona e università di Padova) ha individuato nuovi ambienti dell’impianto di I sec. d.C. e un ampliamento di epoca tardoantica | archeologiavocidalpassato).

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Antica mappa con indicata l’ubicazione della villa romana del Mutteron dei Frati nella “Pigneda” (foto comune san michele al tagliamento)

La Villa di Mutteron dei Frati. L’esistenza del sito è nota fin dalla metà del Settecento. La sua rilevanza è stata segnalata a più riprese, prima dall’avvocato concordiese Dario Bertolini (inizi ‘800) e poi da Aulo Gellio Cassi (anni ’30 del Novecento), un latisanese a cui si deve il primo scavo nell’area del Mutteron dei Frati. Consapevole dell’eccezionalità della scoperta, nel corso degli anni Novanta del secolo scorso la Soprintendenza Archeologica del Veneto ha intrapreso una nuova campagna di scavi che ha messo in luce e reso parzialmente visibili alcuni ambienti decorati della villa. L’interesse per il sito non è mai venuto meno, ma, come spesso accade, la mancanza di risorse non ha consentito la prosecuzione delle attività. Qualche anno fa, però, rispolverando la questione in un momento favorevole per la straordinaria coincidenza di interessi, opportunità e sensibilità, si è avviato un dialogo che ha portato oggi all’avvio di una nuova ed emozionante stagione di ricerche.

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6 marzo 2023: inizio seconda campagna di scavo alla villa romana del Mutteron dei Frati a Bibione (foto comune san michele al tagliamento)

Come procedono gli studi. Nella pineta della Valgrande, ai piedi dell’antica duna litoranea che interessa l’area, viene eseguita prima di tutto una campagna di prospezioni geofisiche su una superficie di circa 200 metri quadrati sita nelle immediate vicinanze dei resti della villa romana ancora in parte visibili che sono rappresentate da strutture murarie con affreschi parietali e pavimenti in mosaico. Con questa indagine si punta a ottenere una mappa di anomalie potenzialmente ricollegabili a strutture presenti nel sottosuolo, così da individuare in modo più preciso l’area da scavare. La superficie interessata dallo scavo stratigrafico viene indagata e documentata da un’equipe internazionale costituita da 20 archeologi, tra responsabili e studenti afferenti alle università di Regensburg e Padova. Tra gli specialisti coinvolti il direttore della ricerca, il prof. Dirk Steuernagel (università di Regensburg), affiancato dai direttori scientifici, Alice Vacilotto (università di Regensburg) e la prof. Maria Stella Busana (università di Padova), con la supervisione di Alessandro Asta (soprintendenza ABAP per l’Area metropolitana di Venezia). Responsabile per la documentazione di scavo sarà Lorenzo Cigaina (università di Regensburg), per le indagini geofisiche la prof. Rita Deiana (università di Padova) e per le ricerche geomorfologiche il prof. Alessandro Fontana (università di Padova). Nell’area ci si aspetta di mettere in luce ambienti finora sconosciuti che consentano di integrare la pianta ad oggi nota della villa, ma anche di recuperare dati che permettano di esprimersi con più precisione sull’epoca in cui è stata costruita e abitata, sulle dimensioni che doveva avere, sulla ricchezza dell’apparato decorativo, sui possibili proprietari, sulle attività economiche e produttive che dovevano svolgersi al suo interno, anche in rapporto alle risorse presenti nell’ambiente circostante e alla rete di contatti, via terra e via acqua, che doveva interessarla. In questa prospettiva di ricerca, che mira a delineare anche i caratteri del paesaggio antico di cui la villa era parte integrante, sempre nell’arco del 2023 si eseguiranno carotaggi, analisi sedimentologiche, palinologiche e ricognizioni archeologiche in estensione sia in Valgrande, sia nei territori alle spalle di quest’ultima, in una fascia indicativamente compresa tra il fiume Tagliamento a Est e il canale Nicesolo a Ovest. La volontà è quella di recuperare e fornire un’immagine del paesaggio del passato, da cui si evincano le forme dei luoghi e l’antico quadro insediativo-infrastrutturale, nonché economico, dei territori costieri di più di duemila anni fa. L’intenzione è infatti quella di organizzare da subito delle visite guidate del sito, già in occasione degli scavi, e momenti d’incontro in cui rendere pubblici i risultati e l’avanzamento delle ricerche.

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Foto satellitare da Google Earth con l’ubicazione della villa romana al Mutteron dei Frati (foto catalogo beni culturali / mic)

L’importanza del progetto. In termini di ricerca, un progetto di questo tipo è una grande opportunità di conoscenza, sia per il sito direttamente interessato dall’indagine, la villa di Mutteron dei Frati, sia più in generale per la ricerca specialistica riguardante l’architettura, le produzioni, i commerci e il paesaggio d’epoca romana. L’idea progettuale si è concretizzata grazie alla collaborazione tra l’Institut für Klassische Archäologie dell’università di Regensburg, il dipartimento di Beni culturali (dBC) e il dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, all’interesse e al continuo sostegno da parte della soprintendenza ABAP per l’Area metropolitana di Venezia, alla disponibilità, all’interesse e al sostegno della famiglia Ferri De Lazara e di Gianni Carrer e al contributo essenziale della DFG – Deutsche Forschungsgemeinschaft, l’organizzazione pubblica tedesca per la promozione scientifica che ha creduto e finanziato questo progetto di ricerca. Le indagini in programma porteranno auspicabilmente alla scoperta di nuove strutture, rivelando poco per volta la pianta e l’estensione della villa, l’articolazione degli spazi residenziali e produttivi, ma faranno anche luce su aspetti storici, economici, bacini di approvvigionamento dei materiali, sulla particolare fisionomia del paesaggio circostante, di terra e d’acqua, come pure sulla rete dei traffici (fluviali, endolagunari e marittimi) che dovevano animare la fascia costiera altoadriatica in età romana. I numerosi dati raccolti e studiati porteranno a una miglior comprensione delle modalità insediative della fascia costiera e a meglio interpretare altri contesti solo parzialmente noti, contribuendo al contempo a delineare il quadro insediativo, economico e paesaggistico del Veneto Orientale in epoca romana. Lo scavo della villa e la ricerca nei territori circostanti restituiranno alla comunità e ai turisti che ogni anno si riversano sulle spiagge di Bibione racconti dal passato e nuove occasioni di visita, accrescendo l’offerta della località balneare di nuovi punti di interesse storico-archeologico.

“Le sculture romane del museo archeologico nazionale Concordiese” di Elena Di Filippo Balestrazzi

Sculture al museo archeologico nazionale Concordiese

Sculture al museo archeologico nazionale Concordiese a Portogruaro

L’occasione è di quelle ghiotte per incontrare alcuni dei massimi esperti di arte classica, collezionismo antiquario e museografia e al contempo visitare uno dei complessi archeologici più importanti del Veneto, quello di Concordia Sagittaria con il relativo Museo archeologico nazionale Concordiese di Portogruaro. Giovedì 27 febbraio 2014, dalle 10.30, nelle sale museali del municipio di Concordia Sagittaria, Elena Francesca Ghedini, direttore del dipartimento di Archeologia dell’università di Padova, e Irene Favaretto (Università di Padova) presenteranno il volume “Le sculture romane del Museo Nazionale Concordiese” di Elena Di Filippo Balestrazzi. Seguirà, dalle 15, una visita guidata al museo nazionale Concordiese di Portogruaro, alla presenza dell’autrice (ingresso gratuito).

La copertina del volume di Elena Di Filippo Balestrazzi

La copertina del volume di Elena Di Filippo Balestrazzi

Elena di Filippo Balestrazzi

Elena di Filippo Balestrazzi

Il museo di Portogruaro è nato per ospitare le consistenti raccolte di reperti archeologici provenienti dalla città di Iulia Concordia. In occasione del recente riordino degli archivi del museo, voluto dalla direzione generale per favorire lo studio e la comprensione dei materiali conservati, l’autrice si è dedicata allo studio delle sculture muovendo dalla storia dell’acquisizione e dell’inventariazione di ogni reperto. Le schede elaborate comprendono descrizione dello stato di conservazione, analisi stilistica e iconografica, confronto con la bibliografia disponibile. L’autrice considera, in relazione alle diverse datazioni, talvolta problematiche, l’individuazione dei personaggi rappresentati, le funzioni probabili, l’esistenza di botteghe locali, i rapporti con le tradizioni ellenistica, nord-adriatica, italica e romana, le possibilità di una precoce “romanizzazione” precoloniale.  La collezione storica del museo si compone di più “anime”; un nucleo si costituì a partire dalla fine del ‘700 con la raccolta Muschietti, una famiglia di collezionisti locali.

Francesca Ghedini

Francesca Ghedini

Irene Favaretto

Irene Favaretto

La raccolta, nella seconda metà dell’800, venne donata, per lascito testamentario, al Comune di Portogruaro che la conservò presso il Municipio. Sullo scorcio del XIX secolo, a seguito dei fortunati scavi nell’area urbana e nel cd. “Sepolcreto dei militi” di Concordia Sagittaria, grazie all’attività di Dario Bertolini e su volere di Giuseppe Fiorelli, all’epoca a capo della Direzione Generale per gli scavi e i monumenti, si procedette con l’individuazione di una struttura consona in cui raccogliere il materiale di nuovo rinvenimento e quello dislocato nelle diverse sedi concordiesi (Municipio) e portogruaresi (Seminario, casa Muschietti). Il Comune acquisì l’area di via Seminario, di proprietà del Seminario vescovile, ed il Ministero finanziò la costruzione del Museo Concordiese, la cui prima pietra venne posta nel 1885 e che fu poi inaugurato il 28 ottobre 1888. Il Museo, riaperto completamente nel 1986 dopo lavori di restauro e di parziale riallestimento, presenta oggi un’esposizione del materiale rinnovata nelle vetrine, mentre nella sala dei reperti lapidei si è mantenuto il vecchio ordinamento che costituisce di per sé una suggestiva testimonianza dell’approccio collezionistico dell’epoca.

I "tre littori" nell'atrio del museo Concordiese

I “tre littori” nell’atrio del museo Concordiese

Atrio. L’atrio ospita interessanti manufatti lapidei, tra i quali degno di nota è il rilievo con tre littori, vestiti di tunica corta e di mantello, facenti parte di una più ampia scena di sacrificio. E’ datato al I sec. d.C. Un’ara intitolata a Marcus Acutius Noetos presenta sui fianchi bellissimi bassorilievi rappresentanti due uccelli ai lati di un vaso da cui escono tralci di vite animati da uccellini. Da un pezzo segato di quest’ara è stata ricavata nel XIII secolo una scultura raffigurante una Madonna in trono con Bambino, la cui pertinenza all’ara si deve a Dario Bertolini.

La grande sala (basilica) del museo Concordiese

La grande sala (basilica) del museo Concordiese

Sala 1 (Basilica).La sala ospita la maggior parte dei reperti provenienti da Concordia. I materiali sono esposti lungo le navate di sinistra e di destra, secondo un ordine cronologico progressivo. Nella navata centrale si distinguono frammenti di parti architettoniche di edifici pubblici (come parte dell’architrave riferita al teatro della città con iscrizione del I sec. d.C.); capitelli e rocchi di colonne; reperti della necropoli romana di Concordia che si sviluppava lungo la via Annia fuori dalla cinta muraria (stele architettoniche ad edicola – come quella della famiglia dei Cornelii -, cippi sepolcrali – come quello di F. Galla, detto anche del porcinarius, in cui sono rappresentati una coscia di maiale e gli attrezzi del mestiere -, frammenti di soffitti di camere funerarie – come quella a cassettoni, decorata al centro dalla scena di Ganimede rapito dall’aquila); spicca su tutti la statua femminile acefala in marmo di Luni, forse pertinente ad un ciclo statuario, in prossimità della quale sono esposti pavimenti musivi a motivi geometrici del I sec. d.C. e a motivi figurati (Tre Grazie) del III sec. d.C. Nella navata sinistra sono numerose le iscrizioni, sia pagane sia cristiane, relative a semplici cittadini o a notabili che nel centro cittadino occuparono cariche pubbliche: le iscrizioni sono incise su basi la cui collocazione museale lungo la navata serve per ricordare la loro collocazione originaria lungo le strade e negli spazi pubblici più importanti della città. Nella navata destra, infine, si trova la maggior parte dei reperti (sculture, sarcofagi, stele, iscrizioni databili tra la fine del IV ed il V sec. d.C.) rinvenuti nel “Sepolcreto dei militi” scavato tra il 1873 ed il 1876: è esposta una scelta dei 260 sarcofagi lì originariamente presenti e reinterrati.