Egitto. Nella valle delle balene (Wadi el Hitan) nel deserto occidentale è stato inaugurato il primo museo al mondo dei Fossili e dei cambiamenti climatici: un viaggio tra i resti fossili dei Basilosauros, i grandi cetacei che 40 milioni di anni fa dominavano gli abissi marini
Visto dal cielo è un puntino in un mare di sabbia. E non è un caso che anche una volta a terra, avvolti in un silenzio che ti prende e ti rapisce, ti sembra quasi di “nuotare” su un fondale piatto e impressionante, disseminato da quanto meno strani filari di pietre. Ma se torniamo indietro di 40 milioni di anni, alla fine dell’era geologica che gli studiosi chiamano Eocene, ci troveremmo veramente in fondo a un grande mare popolato da “mostri” marini, almeno dalla nostra prospettiva umana. Così scopriremmo che quelle strane pietre altro non sono che i resti fossili di grandi balene che ora vedremmo inarcare i loro possenti corpi: saremmo di fronte a degli Archeoceti, i Signori degli Abissi (una sotto famiglia di balene ora estinta). Questo puntino nel deserto occidentale, nel Medio Egitto, è il Wadi el Hitan, la “valle delle balene”, sito Unesco patrimonio dell’umanità dal 2005. Nessun altro posto al mondo conserva fossili di questo tipo in tale numero, concentrazione e qualità. Il Cairo è a 150 chilometri a nord-est, l’oasi più vicina, quella del Fayyum, a una cinquantina. Qui si possono ancora osservare reperti fra i più rari al mondo (altri ne sono stati trovati in Pakistan ed in poche altre zone). Questi reperti fossili ci raccontano una storia delle più incredibili: la trasformazione dei mammiferi acquatici, il salto evolutivo che li portò, alla fine dell’Eocene, dalla vita terrestre alla vita acquatica, perdendo l’uso degli arti per la deambulazione.
Proprio in questo luogo così scomodo da raggiungere (almeno tre ore di pullman dal Cairo) e apparentemente dimenticato dal mondo, nel sito naturalistico di Wadi el Hitan, nel governatorato egiziano di Fayyum, è stato inaugurato il Museo dei Fossili e del cambiamento climatico, un museo unico al mondo realizzato anche grazie alla Cooperazione italiana. Al centro dello spazio espositivo ci sono le ossa del più grande “Basilosaurus isis” mai rinvenuto completo, un tipo di cetaceo preistorico che poteva arrivare alla lunghezza di 20 metri. Intorno c’è anche un percorso a cielo aperto di 11 “stazioni” con pannelli illustrativi in cui si possono ammirare altri fossili di balena sempre risalenti a oltre 40 milioni di anni fa. “Il museo è il primo di questo tipo nel Vicino Oriente, anzi essendo in mezzo al deserto e affrontando gli effetti dei cambiamenti climatici, il museo è il primo di questo tipo al mondo”, spiegano i promotori del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) che ha curato la realizzazione finanziata dall’Italia con circa 500mila dollari.
Dall’esterno il museo dei Fossili di Wadi el Hitan col suo profilo circolare si confonde con le dune del deserto occidentale egiziano, in una sorta di basso canyon. All’interno spiccano due scheletri di Basilosauro, un animale che – spiegano gli esperti – poteva arrivare alla lunghezza di 20 metri. Le ossa formano un doppio cerchio, e intorno pannelli e fossili illustrano altre balene e squali preistorici, granchi e mangrovie pietrificate, coralli di milioni di anni fa. Il complesso è arricchito da una serie di strutture per facilitare la ricezione dei visitatori quali un centro informazioni, biglietteria, caffetteria, posto di polizia turistica, parcheggio e servizi igienici realizzate sempre dalla Cooperazione italiana negli anni precedenti. “Abbiamo posto i muri nel sottosuolo e la cupola sopra”, spiega Gabriel Mikhail, l’architetto progettista, “così da imitare l’ambiente circostante e assicurare una migliore temperatura all’interno. Qui si viene portati in un viaggio che inizia dalla creazione della terra e passa attraverso diverse ere: qui, dove oggi c’è il deserto un tempo c’era una foresta tropicale e prima ancora quest’area era sotto il mare”. Il museo vuole educare i visitatori all’importanza del patrimonio naturale. Il suo messaggio è chiaro: “State attenti ai cambiamenti climatici; se non lo fate, vi estinguerete come queste balene preistoriche”.
L’Italia tra i protagonisti nel restauro di Baalbeck e Tiro, simboli dell’archeologia del Libano
È uno dei templi antichi più famosi del Mediterraneo per la sua monumentalità, di certo il tempio di Giove e Bacco a Baalbeck in Libano è uno dei simboli del Vicino Oriente antico. Con un investimento di oltre 4 milioni di euro sarà proprio l’Italia protagonista nel progetto di consolidamento, restauro e valorizzazione del patrimonio archeologico libanese, in gran parte di epoca romana, nelle città di Tiro e di Baalbeck. L’iniziativa è stata presentata durante una cerimonia a Tiro, nel sud del Paese, alla presenza del ministro della Cultura libanese, Raymond Araygi, e dell’ambasciatore italiano Giuseppe Morabito. All’evento, organizzato e promosso dalla Municipalità di Tiro in collaborazione con la Direzione Generale delle Antichità (Dga), hanno partecipato anche il Presidente del Consiglio per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Cdr), Nabil El Jisr, il direttore dell’ufficio della Banca Mondiale per il Medio Oriente, Ferid Belhaj, il sindaco di Tiro, Hasan Dbouk, e per l’Italia il direttore Utl di Beirut, Guido Benevento.
Il progetto, che prevede un finanziamento anche della Banca mondiale per un ammontare di 8 milioni di euro, consentirà tra l’altro il restauro di monumenti simbolo del Libano, come i templi di Bacco e di Giove a Baalbeck, e l’arco monumentale, la necropoli, le terme, l’arena e la palestra a Tiro. L’iniziativa fa parte del Programma per i beni culturali e lo sviluppo urbano del Libano (Chud), con un finanziamento complessivo di 87 milioni di euro, di cui 10,8 milioni forniti dall’Italia. Il Chud (“Cultural Heritage and Urban Development”) è il programma per la valorizzazione del patrimonio culturale e lo sviluppo urbano in Libano: un vasto intervento proposto dalla Banca Mondiale di sei anni e mezzo di durata, per un importo complessivo di oltre 60 milioni di dollari. Il contributo Italiano è di circa 11 milioni di euro. L’intero programma Chud si sviluppa a Tripoli, Byblos, Baalbeck, Sidone e Tiro su tre linee operative: riabilitazione dei centri storici e miglioramento delle infrastrutture urbane; conservazione e gestione dei siti archeologici; rafforzamento istituzionale e gestione del progetto. L’Italia, attraverso la Cooperazione, si è impegnata a seguire nelle diverse fasi e in tempi successivi del programma, la valorizzazione dei siti archeologici di Baalbek, Tiro e Sidone e l’organizzazione museale della cittadella di Tripoli.

L’area archeologica di Tiro rientra nel Programma Chud che ne prevede il recupero con fondi anche della Cooperazione italiana
“Si tratta di un’iniziativa pionieristica per il Libano”, spiega Guido Benevento, direttore della Cooperazione italiana nel Paese, sottolineando che “il programma fornirà al governo libanese i fondi e l’assistenza tecnica necessari per valorizzare in modo appropriato le enormi risorse archeologiche del Paese”. E il presidente del Cdr, Nabil El Jisr: “Non va sottovalutato il valore anche economico del patrimonio culturale libanese e la necessità di considerare i diversi interventi Chud come progetti pilota da replicare in altre aree del Paese”. Un patrimonio culturale la cui salvaguardia, secondo il ministro della Cultura libanese, deve essere sentita da ogni cittadino come un dovere per mantenere la propria identità nazionale, ricordando che ”i Paesi che rispettano la loro civiltà non deperiscono e non muoiono”.
I lavori di consolidamento strutturale, conservazione e presentazione dei siti, inclusi nel piano finanziato dall’Italia e denominato “Baalbeck & Tyre Archaeological Project Phase 2 (Btap 2)”, saranno avviati non appena il consorzio Cooperativa Archeologia s.c.r.l. – Italiana Costruzioni Spa, vincitore della gara di appalto per il progetto, avrà firmato il contratto. Con l’avvio di queste attività saranno allestiti cantieri di restauro altamente qualificati (tra cui il consolidamento delle colonne del tempio di Giove a Baalbeck, uno dei monumenti più rappresentativi del Libano) e saranno eseguiti anche i lavori di allestimento museografico del nuovo museo archeologico di Tiro, realizzato a partire da un edificio pre-esistente, nel quadro degli interventi Chud, grazie ad una sinergia tra Cooperazione italiana (finanziamento della progettazione e supervisione lavori) e Banca Mondiale (finanziamento della realizzazione delle opere civili da finalizzare con il successivo contratto italiano Btap 2).
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