#buonconsiglioadomicilio. Claudio Strocchi ci conduce nella elegante Sala Specchi per svelarci alcuni capolavori della collezione di bronzetti, tra cui “Venere che castiga Amore”

Nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio per la regia di Alessandro Ferrini: Claudio Strocchi del settore storico-artistico del museo del Castello del Buonconsiglio (Tn) ci conduce nella elegante Sala Specchi per svelarci alcuni capolavori della collezione di bronzetti, raccolta esposta in questa sala dal 2012. Tra queste opere spicca la magnifica Venere che castiga Amore opera di Niccolò Roccatagliata scultore che trovò fama a Venezia nei primi anni del Seicento come valente bronzista.
Siamo in Sala Specchi al castello del Buonconsiglio di Trento. L’ambiente è anche detto Camerone del Torrione, perché si trova all’ultima piano del Torrione, costruito per volontà di Giovanni Hinderbach alla fine del ‘400, che venne inglobato nel Magno Palazzo durante i lavori del cardinale Bernardo Cles. “L’ambiente – spiega Strocchi – oggi si presenta in una veste completamente diversa da quella originaria. I restauri dell’inizio degli anni Trenta, promossi dal soprintendente Giuseppe Gerola, hanno consentito il recupero dell’aspetto settecentesco della sala, quell’aspetto che era stato voluto dal principe vescovo Francesco Felice Alberti di Enno nel 1759, che aveva fatto eseguire le cornici in stucco all’interno delle quali erano posizionati dei dipinti di carattere biblico eseguiti dal pittore veneziano Francesco Fontebasso. A testimonianza dei lavori promossi nel 1759 dal principe vescovo Francesco Felice Alberti di Enno è ancora oggi visibile il suo stemma al centro della sala nel pavimento eseguito a intarsio di marmi policromi”.

Dal 2012 la sala Specchi ospita la collezione dei bronzetti. La raccolta si è formata nella seconda metà dell’Ottocento e nel 1921 è passata in deposito al museo nazionale, oggi museo del Castello del Buonconsiglio. “Tra i suoi capolavori – ricorda Strocchi – sono da annoverare la testa di giovane moro di Severo Calzetta da Ravenna, la testa di fanciullo, poi ancora il calamaio a forma di granchio così come i secchielli, il picchiotto con amorino che doma il leone, eseguiti dai fratelli Grandi, e il torso della Venus pudica capolavoro della bronzistica veneziana. Di grande interesse sono anche gli elementi di fontana rappresentati da un delfino e da un fanciullo che cavalca il delfino: appartenevano a fontane, l’una cinquecentesca e l’altra seicentesca”.

“Venere castiga Amore è un gruppo scultoreo composto da una figura femminile ignuda, eretta, che sostiene con la mano destra un flagello e nella sinistra ha un libro”, descrive Strocchi. “In basso, due puttini che si stanno coprendo l’un l’altro per difendersi. La figura femminile, caratterizzata da una linea serpentinata, ha un corpo dalle forme arrotondate. L’ispirazione del gruppo è derivata da una incisione eseguita da Agostino Carracci nel 1595, dove però uno dei putti è bendato e quindi simboleggia Amore mentre nel nostro gruppo bronzeo nessuno dei puttini è bendato. È possibile quindi che l’interpretazione possa essere diversa. Potrebbe trattarsi infatti della raffigurazione di Grammatica, una delle arti liberali, anzi la prima arte del trivio. Grammatica con il suo flagello sta infatti punendo i fanciulli che sono indisciplinati e li corregge bacchettandoli sulla bocca. L’autore del gruppo è Nicolò Roccatagliata, un artista nato a Genova nel 1560 circa, che ben presto si traferì a Venezia dove divenne molto celebre come bronzista e dove morì nel 1633. Allo stesso autore è riconducibile anche un gruppo raffigurante l’Astronomia oggi conservato in una collezione statunitense che presenta affinità stilistiche al gruppo conservato al Castello del Buonconsiglio. Un’altra raffigurazione di Grammatica sempre visibile al Castello del Buonconsiglio è l’affresco dipinto da Dosso Dossi del 1532 nella camera del Camino Nero dove la Grammatica è rappresentata da una donna vecchia che insegna a leggere a un giovane bambino e vicino a lei è presente anche la frusta o flagello che serve per punire gli indisciplinati”.
Trento. “A tu per tu” con la mostra di Natale “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi” al Castello del Buonconsiglio: nei tre nuovi video scopriamo l’opera Venere e Amore, e conosciamo le figure dello scultore Alessandro Vittoria e del conte Simone Consolati

Tre nuovi contributi video del Castello del Buonconsiglio anticipano i contenuti della mostra “Gli apostoli ritrovati. Capolavori dall’antica residenza dei Principi vescovi”, curata da Giuseppe Sava, inaugurata il 22 dicembre 2020 (ma purtroppo a museo chiuso per emergenza sanitaria), e programmata fino al 5 aprile 2021 nella sala del Torrion da Basso al Castello del Buonconsiglio a Trento. La mostra, organizzata dal museo con l’aiuto della soprintendenza per i Beni culturali, racconta l’affascinante storia di un fortunato ritrovamento di due magnifiche sculture seicentesche in bronzo dorato molto probabilmente commissionate dal principe vescovo e fino al 1803 conservate nella dimora del principe vescovo al Castello del Buonconsiglio. In questi nuovi contributi introdotti da Alessandro Casagrande, per la regia di Alessandro Ferrini, Elisa Nicolini ci parla di “Venere che castiga Amore, un’altra opera d’arte del Roccatagliata, scultore che è noto anche come il maestro dei putti, poiché sono soggetti spesso presenti in molte sue opere. Invece Elisa Colla ci parla del più grande scultore cinquecentesco trentino, Alessandro Vittoria, che ispirò e influenzò il lavoro di Nicolò Roccatagliata quando andò a lavorare a Venezia. Infine Claudio Strocchi ci presenta il conte Simone Consolati e ci parla del suo ruolo strategico per le collezioni museali del Castello del Buonconsiglio.
Venere, Amore e le fusioni seriali. “La statuetta di Venere che punisce Amore si ispira a un’incisione di Agostino Carracci”, spiega Elisa Niccolini, “e ripropone un tema noto nell’arte bronzistica veneta di inizio Cinquecento. I tratti assottigliati del volto, le palpebre pesanti, il modellato morbido, le capigliature ricciute dei bambini riportano all’opera di Nicolò Roccatagliata, artista che ha ideato questa statuetta che poi viene eseguita dalla bottega. Questa statuetta potrebbe essere esempio di una produzione di bronzetti destinata al mercato o comunque a una più ampia circolazione. Una produzione caratterizzata da una rifinitura non sempre così attenta. Diverso il caso degli “Apostoli ritrovati”, qui in mostra, che, destinati a una committenza specifica e raffinata, sono di altissima qualità. I bronzetti sono opere apprezzate e richieste e la fusione del bronzo, realizzata con la tecnica a getto indiretto, ne consente la produzione seriale. Questa tecnica, con l’utilizzo di stampi, predilige la quantità alla qualità, e consente una prolificazione dei soggetti più graditi. Nella bottega dei Roccatagliata è feconda la produzione di bronzetti raffiguranti un putto: non a caso Nicolò Roccatagliata è conosciuto come maestro del putto”.
Alessandro Vittoria e Nicolò Roccatagliata. “Volendo ricostruire l’ambito culturale e artistico che vede la nascita delle statuette degli apostoli attribuite al genovese Nicolò Roccatagliata”, interviene Elisa Colla, “non possiamo non guardare all’operato di un altro grande scultore dell’epoca, Alessandro Vittoria. Nato a Trento, Vittoria fu attivo nella seconda metà del Cinquecento a Venezia e in Veneto. E si distinse come scultore, stuccatore e ritrattista. In particolare ritrasse la gerontocrazia veneziana nei classici busti-ritratto che lui seppe interpretare. Sapeva dare alla fisicità quella tipica controllata torsione del tardo-manierismo veneziano e nello stesso tempo sapeva indagare la psicologia degli effigiati. Roccatagliata fu a Venezia nell’ultimo decennio del Cinquecento e sicuramente guarda con attenzione all’operato di Vittoria. Quindi la mostra mette in relazione l’opera di questi due artisti in tutti gli aspetti in cui Roccatagliata seppe cogliere appunto il controllato movimento dei drappeggi e la fisicità che ritroviamo nelle statuette degli apostoli”.
Caminetto e stipo di Simone Consolati. “Nel 1803”, ricorda Claudio Strocchi, “avviene la secolarizzazione del principato vescovile di Trento. La residenza del principe vescovo il Castello del Buonconsiglio viene quindi depredato di tutti i suoi arredi. Molti finiscono sul mercato e il caminetto della sala grande viene acquistato da Simone Consolati. Lo stesso Simone Consolati acquista anche uno stipo in ebano con intarsi in pietre dure. Simone Consolati in qualità di cultore delle arti riutilizza i materiali recuperati al Castello del Buonconsiglio per arredare la propria villa a Fontanasanta nei dintorni di Trento. E proprio a Fontanasanta si trovavano anche i bronzetti, alcuni dei quali erano stati collocati al di sopra lo stipo in ebano. Manufatti che Giuseppe Gerola recuperò negli anni Venti e Trenta del 1900 e che ancora oggi si possono ammirare nel Castello del Buonconsiglio”.
#buonconsiglioadomicilio. Claudio Strocchi descrive alcune magnifiche sculture lignee tardogotiche: sacri legni scolpiti, intagliati, dipinti del XV secolo

Nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio per la regia di Alessandro Ferrini: Claudio Strocchi del settore Storico-artistico del museo del Buonconsiglio con “Sacri legni scolpiti, intagliati, dipinti del XV secolo” ci svela la storia di alcune magnifiche sculture lignee tardogotiche, tra queste una Schöne Madonna e un altare a portelle del maestro brissinese Hans Klocker.
Il Castello del Buonconsiglio è l’erede del museo civico di Trento, del museo nazionale e del museo provinciale d’arte. Le collezioni sono costituite da capolavori. Claudio Strocchi ci porta nella sezione dedicata all’arte del Rinascimento, sia italiano sia di stampo germanico, dove si possono notare medaglie risalenti al ‘400, in particolare le medaglie del Pisanello, ma anche opere della produzione vetraria di Murano, come il piatto da parata e il calice di vetro. Tra i capolavori che si possono ammirare nella sala vi sono anche esempi di Schöne Madonne, la Bella Madonna, una tipologia di scultura con la raffigurazione della Madonna in piedi che tiene il bambino. In particolare al centro della bacheca c’è una Madonna eretta sulla falce di luna con un Bambino estremamente grazioso in una posa decisamente dinoccolata, un Bambino completamente ignudo – come da tradizione – che viene mostrato ai fedeli. Esempi di questo genere, che derivano dalla tradizione germanica, vengono utilizzati anche per gli altari a portelle”.

“Uno dei capolavori dell’arte dell’intaglio che si possono ammirare – continua Strocchi – è costituito dai quattro rilievi di tema mariano e dal gruppo scultoreo con l’incoronazione della Vergine. Le opere sono state recentemente restaurate e ricomposte, e permettono di capire quello che era la disposizione dei manufatti all’interno di un altare a portelle appositamente realizzato verso la fine del ‘400 per l’altar maggiore della chiesa conventuale di San Marco a Trento. Le opere vennero realizzate dall’artista brissinese Hans Klocker, un artista attivo tra il 1478 e il 1500. I soggetti raffigurati dedicati alla vita della Vergine sono ispirati a incisioni presumibilmente eseguite in area tedesca dal cosiddetto maestro E.S. Sappiamo che l’altare di Hans Klocker venne smontato all’inizio dell’Ottocento nel momento in cui il convento di San Marco venne soppresso. I quattro pannelli con le storie della Vergine arrivarono al municipio di Trento perché la loro appartenenza alle collezioni comunali è documentata dal 1843. Il gruppo dell’Incoronazione, dopo varie peregrinazioni, arriva invece alla chiesa di Gardolo da cui è stato prelevato alcuni anni fa per essere restaurato e conseguentemente esposto al Castello del Buonconsiglio. La composizione allestitiva attuale, con i quattro rilievi che presentano quattro episodi della vita della Vergine e il gruppo dell’Incoronazione al centro, allude alla disposizione originaria, così come si trovava nella chiesa di San Marco a Trento”.

L’altare a portelle o flügel altar era una struttura molto complessa. “Era costituito da una cassa o scrigno, che conteneva sculture”, ricorda Strocchi, “aveva due sportelli mobili, ed era appoggiata a un basamento o predella all’interno del quale vi erano ancora sculture. In questo caso vediamo nello scrigno la Madonna con Bambino affiancata da due santi mentre nella predella vediamo il Cristo con i dodici apostoli. Ma c’è un altro esempio di scrigno d’altare con sculture lignee. Si tratta di un manufatto la cui provenienza è ignota, che risulta appartenere alle collezioni del castello sin dal 1934. In particolare poniamo l’attenzione alla figura centrale della Madonna con Bambino, una figura femminile eretta sulla falce di luna che dal punto di vista tipologico si ricollega alla Bella Madonna che abbiamo visto in precedenza, una tipologia di origine nordica tedesca”.
#buonconsiglioadomicilio. Claudio Strocchi, curatore del museo, svela la storia della Bella Greca, “femme fatale”, ritratta dal trentino Giovan Battista Lampi

Nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio per la regia di Alessandro Ferrini: Claudio Strocchi, curatore del museo settore storico-artistico, ci svela attraverso un magnifico ritratto realizzato dal pittore trentino Giovan Battista Lampi, la storia di una bellissima cortigiana, una “femme fatale” che visse a cavallo tra Settecento e Ottocento facendo innamorare i nobiluomini di molte corti europee: l’affascinante contessa Sophia de Witt, conosciuta come la Bella Greca, può tranquillamente essere considerata la Marilyn Monroe del suo tempo.
“Rientro al museo” è stata l’iniziativa culturale che il Castello del Buonconsiglio ha promosso nel mese di giugno 2020. L’immagine più accattivante proposta per l’iniziativa era il ritratto di una donna con la mascherina di colore azzurro. Ma chi è questa donna misteriosa? Ce la fa scoprire Claudio Strocchi. “È Sophia de Witt, una donna di origine turca che all’età di 12 anni era stata venduta a Costantinopoli come schiava. Il suo compratore era un nobile polacco. Sophia venne accompagnata alla corte del re di Polonia. I contemporanei la descrivevano “bellissima come un sogno, una bambina dei Paesi del Sud”. Tutti quelli che l’hanno vista ammirano la sua bellezza accendendo un fuoco nel cuore degli uomini e l’invidia negli occhi delle donne. A quell’epoca, alla corte del re di Polonia Stanislao Poniatowski, viveva un pittore di origine trentina Giovan Battista Lampi che conobbe la giovane fanciulla e la ritrasse nel dipinto ora esposto al Castello del Buonconsiglio. Venne iniziato nel 1789 in Polonia ma venne terminato nel 1791 quando il pittore si era già trasferito in Austria. Infatti nel dipinto si legge la firma Lampi e la data 1791. Sophia è rappresentata come una giovane donna con un abbigliamento alla moda, uno splendido vestito di seta bianca, la chioma corvina, e un’alta fascia con perle e rubini. Mostra una coppa per omaggiare la dea Vesta. Alle spalle, entro la nicchia, si intravede infatti la scultura della divinità greca a cui Sophia rende omaggio. Il pittore Giovan Battista Lampi sceglie una posa decisamente teatrale che esalta il fascino di questa donna che all’epoca era nota come la Bella Greca. Nel 1798, dopo essere stata per diverso tempo una delle damigelle della zarina di Russia Caterina II, Sophia diventa la moglie di un altro nobile polacco, il conte di origine polacca Stanislao Potocki. Per le sue caratteristiche stilistiche è uno dei capolavori della produzione pittorica di Giovan Battista Lampi. Per lungo tempo è appartenuto agli eredi della famiglia Potocki, e alla fine dell’Ottocento era custodito nella galleria di famiglia a Parigi. È stato acquistato per il Castello del Buonconsiglio nel 1998 e da allora è esposto nella sezione dedicata al pittore trentino Giovan Battista Lampi”.
#iorestoacasa. Il Castello del Buonconsiglio a Trento propone con lo storico dell’arte Claudio Strocchi gli affreschi e le decorazioni a stucco della Sala del Camin Nero

La Sala del Camin Nero al Castello del Buonconsiglio di Trento famosa per gli affreschi e gli stucchi (foto di A. Ceolan / Buonconsiglio)
Nel nuovo appuntamento con i video #buonconsiglioadomicilio lo storico dell’arte Claudio Strocchi parla degli affreschi e delle decorazioni a stucco della Sala del Camin Nero, sala che vide un magnifico intervento pittorico di Dosso Dossi che immortalò le sette Arti liberali, le Virtù cardinali, episodi mitologici e al centro uno stupendo affresco circolare con giocosi putti di gusto mantegnesco. Immagini e regia a cura di Alessandro Ferrini.
“Cinge la stanza un virtuoso coro di sette donne onorate e preclare”: sono queste le parole con cui Pietro Andrea Mattioli introduce la stanza nota come Camera degli Stucchi e che oggi è chiamata Camera del Camin nero. “Le donne preclare a cui allude”, spiega Strocchi, “sono le sette arti liberali che sono rappresentate da Dosso Dossi all’interno delle lunette lungo il perimetro della stanza. Si comincia con Grammatica, segue Retorica, infine Dialettica: sono le tre arti del Trivio. Seguono poi le quattro discipline del cosiddetto Quadrivio, ovvero Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica. Le sette figure delle arti liberali sono affiancate dai personaggi dell’antichità che meglio interpretarono la disciplina o arte. Le sette arti liberali erano quelle discipline che aiutavano l’uomo a diventare libero e soprattutto aiutavano l’uomo a educarsi a essere un perfetto cittadino. Agli angoli del soffitto sono invece raffigurate le quattro virtù cardinali ovvero Giustizia con bilancia e spada, Fortezza in compagnia di un leone, Temperanza che indica una tavola e con la sinistra e regge un libro, e infine Prudenza che sostiene lo specchio per vedere alle proprie spalle e con la sinistra impugna un serpente. Il centro del soffitto è occupato da un oculo in cui il cielo che si intravede è costellato di putti giocosi che sbirciano all’interno della sala. Il tema delle sette arti liberali associate alle quattro virtù cardinali trae ispirazione da un testo scritto nel V sec. d.C. da Marziano Cappella il cui titolo è le Nozze di Mercurio e Filologia, un testo utilizzato all’inizio dell’epoca rinascimentale che era la base della cultura. Non a caso venne scelto come tema da svolgere attraverso gli affreschi in quella che è la sala in cui la cultura di Bernardo Clesio raggiunge uno degli apici”.
“Nella parete breve caratterizzata dal camino in pietra di Ragoli oggi sostituito da una raffigurazione del camino risalente al 1927, le insegne di Bernardo Clesio come principe vescovo e cardinale. La decorazione plastica a stucco è costituita da una miriade di animali fantastici, vegetazione e grandi raffigurazioni di aquile al di sopra di candelabri che sorreggono i tondi entro i quali sono raffigurati i busti degli imperatori. Nelle velette il decoro a racemi dorato risaltava rispetto al fondo di colore blu. E dava una connotazione particolare a tutta la sala”.
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