Roma. Per il ciclo di conferenze “The Clash. Libri e discussioni sul Patrimonio Culturale” dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte (INASA) in presenza e on line presentazione del libro di Carlo Pavolini “Che fare dei Fori?”
Martedì 17 gennaio 2023, alle 16.30, nuovo appuntamento con “The Clash. Libri e discussioni sul Patrimonio culturale” le presentazioni/discussioni all’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma in piazza San Marco 49. E per quelli che non possono essere presenti c’è la possibilità di seguire da remoto usando questo link https://us02web.zoom.us/j/86419004905… ID riunione: 864 1900 4905, Passcode: 091169. Presentazione del libro “Che fare dei Fori?” di Carlo Pavolini (Robin editore). Intervengono: Pietro Giovanni Guzzo, Eugenio La Rocca, Claudio Parisi Presicce. Moderano: Alessio De Cristofaro e Massimo Pomponi. Il libro intende fare il punto sulle vicende dell’area dei Fori Imperiali di Roma, a partire dagli interventi dei primi decenni del ‘900 e dagli sventramenti di epoca fascista (1932-33), con la creazione dell’allora Via dell’Impero. Il testo prosegue prendendo in esame la ripresa, attorno al 1978-’83, del dibattito politico-culturale e amministrativo sull’assetto da dare all’area e, in particolare, sulla controversa proposta di uno scavo stratigrafico integrale della strada, ora denominata Via dei Fori Imperiali. Il volume si conclude con una sintetica analisi sia dei grandi scavi scientifici promossi ai Fori dal Comune di Roma, a partire dal 1995 circa, sia delle proposte progettuali rilanciate – in anni recenti – soprattutto da esponenti della cultura architettonica e urbanistica romana, proposte di cui si annuncia oggi una ripresa da parte della Giunta capitolina, in vista del Giubileo del 2025 e del possibile svolgimento a Roma della prossima Expo.
Roma. A Palazzo Caffarelli dei musei Capitolini al via la mostra “La Roma della Repubblica”, secondo capitolo del ciclo “Il racconto dell’Archeologia”: 1800 opere che illustrano la società romana dal V al I sec. a.C.
Al via una nuova mostra ai musei Capitolini di Roma. Dal 13 gennaio al 24 settembre 2023 le sale al terzo piano di Palazzo Caffarelli ospitano la mostra “La Roma della Repubblica” che illustra, attraverso una serie di temi e contesti archeologici, i caratteri e le trasformazioni della società romana nel corso di ben cinque secoli, dal V alla metà del I secolo a.C. Il progetto è a cura di Claudio Parisi Presicce e Isabella Damiani e promosso da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con l’organizzazione Zètema Progetto Cultura. La mostra, secondo capitolo del ciclo “Il racconto dell’Archeologia”, a più di tre anni dal primo che nel 2019 fu dedicato a “La Roma dei Re”, presenta circa 1800 opere, manufatti in bronzo, pietra locale, in rari casi marmo, soprattutto terracotta, che formano il percorso espositivo basato su un lungo e complesso lavoro in cui si intrecciano metodi di indagine tradizionali e tecniche innovative di ricostruzione. Elemento di notevole impatto è il colore, restituito come proposta fondata sull’analisi delle terrecotte che un’attenta opera di ricomposizione consente di attribuire ad articolati moduli decorativi. La quasi totalità delle opere in mostra non è solitamente esposta al pubblico e in molto casi si tratta di oggetti finora conservati nelle casse dell’Antiquarium, per la prima volta restaurati ed esposti.
Roma. Apre a Villa Caffarelli dei Musei Capitolini la grande mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” che in 100 opere da alcuni dei più importanti musei internazionali ed italiani racconta la complessità e i contrasti dell’ultimo imperatore della gens Flavia, amato e odiato in vita così come in morte

Allestimento della mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” a Villa Caffarelli – Musei Capitolini di Roma (foto Monkeys video Lab)
Un percorso articolato in 15 sale per raccontare la storia di Domiziano, complessa figura di principe e tiranno non compresa dai contemporanei e successivamente dai posteri, che hanno basato il loro giudizio sulle fonti storiche e letterarie a lui, sostanzialmente, avverse. Più recentemente, l’analisi delle fonti materiali, in particolare epigrafiche, ha restituito l’immagine di un imperatore attento alla buona amministrazione e al rapporto con l’esercito e con il popolo, devoto agli dei e riformatore della moralità degli uomini. Un imperatore che non pretese e non incoraggiò la formula autocratica “dominus et deus”, ritenuta da molti la motivazione profonda del clima di sospetti, terrore e condanne a morte sfociato nella congiura nella quale egli perse la vita. La violenta damnatio memoriae che, secondo la drammatica testimonianza di Svetonio e Cassio Dione, avrebbe comportato subito dopo la sua morte l’abbattimento delle statue che lo ritraevano e l’erasione del suo nome dalle iscrizioni pubbliche, fu in realtà limitata ad alcuni contesti e non trova conferma nel numero di ritratti giunti fino a noi a Roma e in tutto l’Impero.

L’ingresso della mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” a Villa Caffarelli – Musei Capitolini di Roma (foto Monkeys video Lab)
Dell’ultimo imperatore della gens Flavia, amato e odiato in vita così come in morte, la mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” racconta la complessità e i contrasti di questa figura e del suo impero: aperta al pubblico dal 13 luglio 2022 al 29 gennaio 2023, a Villa Caffarelli, la nuova sede espositiva dei Musei Capitolini a Roma che, dopo l’importante mostra “I marmi Torlonia. Collezionare capolavori” (14 ottobre 2020 – 27 febbraio 2022), torna ad ospitare una grande esposizione di archeologia romana, coprodotta dalla sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dal Rijksmuseum van Oudheden della città olandese di Leiden. Essa è dunque il risultato di un accordo culturale di dimensione internazionale.

Elmo in bronzo dal Rijksmuseum van Oudheden di Leiden (foto Dutch National Museum of Antiquities)
Wim Weijland, Nathalie de Haan, Eric M. Moormann, Aurora Raimondi Cominesi e Claire Stocks hanno ideato e curato l’esposizione “God on Earth. Emperor Domitian”, ospitata a Leiden dal 17 dicembre 2021 al 22 maggio 2022, cui la Sovrintendenza Capitolina ha partecipato con importanti prestiti. Curata da Claudio Parisi Presicce, Maria Paola Del Moro e Massimiliano Munzi, la mostra ai Musei Capitolini è promossa da Roma Culture, sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura. In continuità con la mostra di Leiden e riprendendo parte del progetto scientifico e dei prestiti, la sovrintendenza Capitolina ha elaborato nella nuova mostra una diversa articolazione del racconto e del percorso espositivo anche grazie all’aggiunta di nuove opere. Densa di significato è stata la scelta della sede espositiva, in un luogo fortemente legato all’imperatore e da lui restaurato lussuosamente dopo l’incendio dell’80 d.C.: il Tempio di Giove Capitolino, sulle cui fondamenta è stata costruita Villa Caffarelli.

Ritratto in marmo di Domizia Longina, moglie dell’imperatore Domiziano (foto RMN-Grand Palais – musée du Louvre / Hervé Lewandowski)
Il racconto della vita di Domiziano è affidato alle 58 opere provenienti dalla mostra di Leiden e alle 36 aggiunte per l’edizione romana: ritratti in marmo ed in bronzo di personaggi imperiali e di divinità, elementi di decorazione architettonica in marmi bianchi e colorati e oggetti di piccole dimensioni in oro e bronzo. I musei che hanno collaborato alla mostra con i loro prestiti sono il British Museum di Londra, la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, il Musée du Louvre di Parigi, la Nederlandsche Bank, il Rijksmuseum van Oudheden di Leiden, il Badisches Landesmuseum di Karlsruhe, la Glyptothek di Monaco, i Musei Vaticani, il museo Archeologico dei Campi Flegrei, il museo Archeologico nazionale di Napoli, il parco archeologico di Ostia e, da Roma, il museo nazionale Romano e il parco archeologico del Colosseo – Antiquarium Palatino. Tra i prestiti, tutti importanti, risaltano l’aureo a nome di Domizia Longina, moglie dell’imperatore, con la rappresentazione del figlioletto divinizzato del British Museum; il ritratto sempre di Domizia Longina del Louvre; il rilievo del Mausoleo degli Haterii dei Musei Vaticani; le teste colossali di Vespasiano e di Tito divinizzati dal museo Archeologico nazionale di Napoli e i frammenti del Dono Hartwig del museo nazionale Romano.

Ritratto femminile di età traianea (la cosiddetta “Dama Fonseca”) conservato ai Musei Capitolini di Roma (foto Roma Capitale / Zeno Colantoni)
L’esposizione è arricchita inoltre da opere della sovrintendenza Capitolina normalmente non esposte al pubblico. Tra i reperti dell’Antiquarium si segnala uno dei pannelli con affreschi della domus romana ricomposti all’inizio degli anni Duemila nella “sala E. Pastorelli” del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di via Genova, reso disponibile per la mostra grazie al rapporto di collaborazione tra le due istituzioni. Tra le sculture in marmo dei depositi capitolini spiccano due opere poco note provenienti dallo stadio di Domiziano: il torso della statua di Ermete che si slaccia un sandalo, visto solo nella mostra Lisippo a Palazzo delle Esposizioni nel 1995, e la testa di giovane satiro ridente coronato di pino. Tra quelle della collezione permanente dei Musei Capitolini ricordiamo il ritratto femminile della “Dama Flavia” (cd. “busto Fonseca”).

La prima sala della mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” dedicata alla caducità della vita (foto Monkeys video Lab)
Prima opera e icona dell’esposizione, a Leiden come a Roma, è il celebre ritratto di Domiziano conservato nei Musei Capitolini. Da esso parte il percorso espositivo, articolato in 15 sale e sviluppato lungo cinque grandi tematiche: Domiziano, imperatore e caro agli dei; l’esaltazione della gens Flavia e la propaganda dinastica; i luoghi privati di Domiziano, dalla casa natale sul Quirinale al palazzo imperiale sul Palatino e alla villa di Albano; l’intensa attività costruttiva a Roma; l’impero protetto dall’esercito e retto dalla buona amministrazione. La statua del Genio di Domiziano è al centro della prima sala, dedicata alla caducità della vita, rappresentata idealmente da ritratti infantili, allusivi all’imperatore e al figlioletto morto prematuramente, e dalla vetrina “del tempo della vita”: sul quadrante di un orologio, soluzione concettuale e visiva per far percepire con immediatezza lo scorrere veloce ed inesorabile del tempo, otto oggetti-simbolo simboleggiano i momenti cruciali della vita dell’imperatore, indicati dal pugnale-lancetta che ucciderà Domiziano. La galleria dei ritratti mostra l’evoluzione dell’iconografia di Domiziano nel tempo. Accompagnano l’imperatore il padre Vespasiano e il fratello Tito, nonché le Auguste Giulia figlia di Tito e Domizia Longina, le cui ricercate acconciature sono emulate dalle dame di età flavia, ma anche la sua familia allargata, composta da liberti e schiavi. Alla damnatio memoriae decretata dal Senato all’indomani del suo assassinio riportano invece due iscrizioni e una moneta, sulle quali il suo ricordo è stato cancellato.

Dettaglio del modellino dell’arco di Tito nella mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” (foto Monkeys video Lab)
Il concetto di continuità dinastica dominò gran parte delle azioni di Domiziano, arrivando all’esaltazione della gens Flavia attraverso l’erezione di archi onorari al fratello divinizzato e, sul luogo in cui sorgeva la casa natale, mediante la costruzione del Templum Gentis Flaviae, monumento di ripresa ma anche di rottura con il luogo e con la tradizione del Mausoleo di Augusto. L’eccezionale testa colossale di Tito divinizzato e i frammenti del Dono Hartwig mostrano la maestosità concettuale e dimensionale del complesso templare dedicato alla famiglia Flavia. La tematica dei luoghi privati dell’imperatore prende avvio dal contesto del Quirinale, il colle sul quale Domiziano nacque, per arrivare alla grandiosità architettonica e decorativa delle ville fuori Roma e, soprattutto, del Palazzo imperiale sul Palatino, opera dell’architetto Rabirio. È questo il luogo dove l’imperatore appariva come dominus e dove l’opulenza e il lusso flavio maggiormente si esprimono, grazie a nuovi linguaggi architettonici e decorativi, che ricorrono al massiccio impiego di marmi colorati.

Lo spazio video immersivo nella mostra “Domiziano imperatore. Odio e amore” (foto Monkeys video Lab)
Il percorso attraverso i luoghi pubblici domizianei illustra l’intensa attività edilizia sviluppata sia nella ricostruzione degli edifici distrutti dall’incendio dell’80 d.C. sia nella realizzazione di nuovi monumenti funzionali alla propaganda imperiale. Tra questi il Foro Transitorio, costruito da Domiziano ma inaugurato dal successore Nerva, e la progettazione di una sistemazione urbanistica dell’area tra Quirinale e Campidoglio attraverso lo sbancamento della sella montuosa che univa i due colli. Sarà possibile avere la percezione di questo intervento attraverso un video immersivo realizzato appositamente per la mostra e destinato a diventare uno dei prodotti della comunicazione del Museo dei Fori Imperiali. Negli edifici per gli spettacoli (Stadio, Odeon, Anfiteatro Flavio) si manifestava maggiormente il consenso popolare; l’impressione e l’atmosfera che essi suscitavano nel pubblico sono evocate dal calco del sepolcro di Quinto Sulpicio Massimo, morto a 11 anni, la cui iscrizione ricorda la brillante partecipazione del bambino prodigio al terzo agone capitolino di poesia greca, e dalla moneta in bronzo con l’effigie del rinoceronte, mai visto a Roma prima dei giochi nell’Anfiteatro voluti da Domiziano. Nella sezione su Domiziano “fuori da Roma, fuori dai confini”, introdotta dalla pianta dell’Impero, sono affrontati il rapporto con l’esercito e l’attività edilizia e monumentale nelle città e nei territori dell’impero, conferma di una coesione non solo militare ma anche sociale.
Roma. Alla Libreria delle Scuderie del Quirinale presentazione del libro “Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela” di Salvatore Settis e Giulia Ammannati: nuova analisi della celebre “Lettera a Leone X” in cui si individua l’origine della moderna tutela del patrimonio culturale

La copertina del libro “Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela” di Salvatore Settis e Giulia Ammannati (SKIRA)
Della famosa Lettera a papa Leone X non esiste “il” testo in forma compiuta, ma varie stesure successive: “Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela” di Salvatore Settis e Giulia Ammannati (SKIRA), un libro fresco di stampa (giugno 2022), ne propone una nuova edizione fondata su un attentissimo esame paleografico e filologico. Il libro è presentato martedì 21 giugno 2022, alle 18.30, alla Libreria delle Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, a Roma. Con gli autori intervengono Marzia Faietti, storica dell’arte e docente all’università di Bologna e Claudio Parisi Presicce, direttore dei Musei Capitolini. Modera Fabio Isman, giornalista e autore. Ingresso libero. Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, ha diretto a Los Angeles il Getty Research Institute (1994-99) e a Pisa la Scuola Normale Superiore (1999-2010). Giulia Ammannati insegna Paleografia latina alla Scuola Normale Superiore di Pisa; si è occupata di Giotto, del Duomo e della Torre di Pisa, del testo di Apuleio.

Papa Leone X ritratto da Raffaello con i cardinali cardinali-Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi: il quadro è conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze (foto da Skira)

Lettera a Leone X: il principale manoscritto è conservato all’Archivio di Stato di Mantova (foto da Skira)
Rinnovando il testo e l’analisi della celebre Lettera a Leone X, questo libro individua in essa l’origine della moderna tutela del patrimonio culturale. La Lettera a Leone X (1519-1520) non fu mai completata né mai raggiunse il destinatario, eppure continua a sollevare interrogativi e dubbi. Chi ne fu l’autore? Il principale manoscritto (a Mantova) è interamente di mano di Baldassarre Castiglione, ma chi si rivolge al Papa dicendo “io” è sempre e solo Raffaello, che studiava le rovine “per molti lochi pieni de sterpi inculti e quasi inaxessibili”. La morte precoce del grandissimo artista (6 aprile 1520), del cui lavoro sul testo resta traccia in un manoscritto di Monaco, spiega perché uno scritto così impegnativo rimase incompiuto.

Baldassarre Castiglione ritratto da Raffaello: l’opera è conservata al Louvre di Parigi (foto da Skira)
Ma quale fu la parte di Raffaello e quale il ruolo del Castiglione? Perché tante correzioni e varianti nei manoscritti? Si può identificare il gioco delle parti fra i due co-autori? A chi spetta l’idea di ricostruire in disegno Roma antica e di tutelarne i monumenti? Al Papa, a Raffaello o a Castiglione? Della Lettera non esiste “il” testo in forma compiuta, ma varie stesure successive: Raffaello tra gli sterpi ne propone una nuova edizione fondata su un attentissimo esame paleografico e filologico. Il lettore troverà in questo libro non solo il testo critico dei due principali manoscritti ma anche un confronto sinottico e genetico, che evidenzia la stratificazione di bozze, correzioni, versioni alternative, individuando in parallelo sia la stesura del Castiglione sia la forma testuale su cui Raffaello lavorò negli ultimi mesi di vita. Il saggio di apertura affronta questi temi alla luce di un’accurata ponderazione delle circostanze documentarie e della storia culturale e istituzionale: le rovine, le raccolte di antichità, i provvedimenti di salvaguardia (prima e dopo il 1519-20) dei Papi e del Comune. Ne riusciranno illuminati lo scenario culturale della Roma di Leone X, lo sguardo di Raffaello su Roma antica, il suo rapporto con Castiglione, l’audace progetto che prese forma negli ultimi mesi di vita dell’artista, e infine l’eredità intellettuale che questa lettera non spedita lasciò alle generazioni successive, e fino a noi.
Ad Amburgo il simposio “Die Neuden Bilden des Augustus / Le nuove immagini di Augusto” (in presenza e su Zoom) con interventi degli archeologi del parco archeologico del Colosseo, della Sovrintendenza Capitolina, dei Musei Vaticani e della Federico II di Napoli: focus sulla “rivoluzione per immagini” scaturita dall’ascesa di Augusto, primo imperatore di Roma cui è dedicata una grande mostra nel 2022

Il parco archeologico del Colosseo partecipa al Simposio “Die Neuden Bilden des Augustus / Le nuove immagini di Augusto” del 17-18 novembre 2021 al Bucerius Kunst Forum di Amburgo, incentrato sulla “rivoluzione per immagini” scaturita dall’ascesa di Augusto, primo imperatore di Roma (27 a.C. – 14 d.C.). Il convegno precede la grande mostra dedicata al princeps in programma nel 2022 e alla quale il PArCo partecipa con importanti prestiti. Saranno presentati gli esiti delle ricerche condotte sulla statua di ‘Apollo Palatino’ e sull’Arco di Augusto nel Foro Romano, con gli interventi di Alfonsina Russo e Federica Rinaldi. Al Simposio “Die neuen Bilder des Augustus” parteciperà anche il direttore dei musei Archeologici e Storico-artistici della Sovrintendenza Capitolina, Claudio Parisi Presicce, con un intervento sul rinvenimento in via Alessandrina di un nuovo ritratto di Augusto. Il convegno si terrà in tedesco e italiano con traduzione simultanea nell’altra lingua. La partecipazione al convegno è possibile anche gratuitamente in forma digitale. A questo scopo, il Bucerius Kunst Forum utilizza il software Zoom. Collegamento zoom: https://buceriuskunstforum-de.zoom.us/join. ID riunione: 812 9618 2382 / Codice ID: 023470. Registrazione su symposium@buceriuskunstforum.de

Simposio “Die Neuden Bilden des Augustus / Le nuove immagini di Augusto”, Amburgo. Augusto segna una svolta nella storia romana. Come primo imperatore (dal 27 a.C. al 14 d.C.), non solo possiede un immenso potere, ma fa anche uso di nuove strategie di comunicazione. La mostra e il simposio preparatorio discutono le immagini e i monumenti di questo tempo. Da un lato, questi sono in una tradizione repubblicana, d’altra parte, sono adattati al nuovo bisogno di dichiarazioni, specialmente nel contesto politico-pubblico. Statue d’onore, rilievi di stato e monete con l’immagine dell’imperatore sono presenti nell’impero in una densità precedentemente inimmaginabile. Le opere pubbliche spesso riconducono a motivi tradizionali, la cui forza risiede nella loro apertura. I viticci bucolici, ad esempio, possono essere intesi come un riferimento all’età dell’oro, ma anche più in generale come espressione di felicità.

La ricostruzione dell’aula di culto con la statua del Genio di Augusto nel Foro a Roma (foto sovrintendenza capitolina)
Con Augusto inizia a Roma un’immensa attività edilizia. La capitale riceve un nuovo paesaggio urbano, i nuovi edifici diventano il vettore di una varietà di immagini. Statue arcaiche creano un’atmosfera sacra nel Santuario di Apollo sul Palatino, mentre viene sviluppata una nuova iconografia per il culto dei Lari, che si combina con il culto del genio dell’imperatore. Il nuovo desiderio per l’immagine all’inizio dell’era imperiale è particolarmente evidente nella sfera privata. Oltre ai dipinti del terzo stile, questo vale per le sculture, i treppiedi in marmo e i candelabri che popolavano i giardini dei ricchi. Le stoviglie sono state scoperte anche come porta immagini. I temi ruotano attorno al mondo di Bacco e Venere e sono ben lontani dalla cultura pittorica pubblico-politica.

Programma mercoledì 17 novembre 2021. Alle 17, benvenuto del prof. Andreas Hoffmann, amministratore Delegato del Bucerius Kunst Forum e curatore della mostra. Alle 17.15, “Le nuove immagini di Augusto. A proposito del concetto della mostra” con Annette Haug, professore di Archeologia classica all’Istituto di Antichità Classica dell’università di Kiel e curatore della mostra. Sezione I+II: Comunicazione e interazione tra imperatore e popolo. 17.45, “Da Ottaviano ad Augusto. L’immagine dell’imperatore. Media e Semantica” con Dietrich Boschung, professore di Archeologia classica all’Istituto Archeologico dell’università di Colonia; 18.30, “Un nuovo colossale ritratto di Augusto dalla Via Alessandrina a Roma e le sue implicazioni per la comprensione del ritratto di Augusto” con Claudio Parisi Presicce, direttore dei musei Archeologici e di Storia dell’Arte del Comune di Roma e direttore esecutivo della soprintendenza Archeologica del Comune di Roma; 19.15, ricevimento.

Programma giovedì 18 novembre 2021. Alle 9, “Sull’iconografia delle nuove immagini dell’imperatore. Tipi di statue, attributi e loro significato” con Giandomenico Spinola, responsabile delle collezioni archeologiche dei Musei Vaticani, Città del Vaticano; 9.45, “Immagini mobili per le persone. L’inizio del principato nella monetazione” con Bernhard Weisser, direttore del Gabinetto delle Monete della Staatliche Museen zu Berlin; 10.30, pausa caffè; 11, “Livia Drusilla, la moglie del primo imperatore romano e la nuova immagine della donna nella gens Augusta” con Claudia Valeri, curatrice della collezione di antichità greca e romana, Musei Vaticani, Città del Vaticano. Sezione III: La nuova immagine della città in augustea. Alle 11.45, “La nuova immagine della città di Roma in epoca augustea” con Johannes Lipps, professore di Archeologia classica all’Istituto di Studi Classici dell’università Johannes Gutenberg di Magonza, attualmente Fellow al Gutenberg Research College, Magonza; 12.30, pausa pranzo; 13.30, “L’Arco di Augusto sul Foro Romano. Dalla disiecta membra alla ricostruzione” con Federica Rinaldi, direttore del parco archeologico del Colosseo, Roma; 14.15, “La nuova immagine della città in Campania. Accoglienza del programma di immagini del Forum Augustum di Cuma e Puteoli” con Carmela Capaldi, docente di Archeologia classica, università “Federico II” di Napoli; 15, pausa caffè. Sezione IV: Nuove immagini – vecchie immagini. Immagini in Culto e Culto Imperiale. Alle 15.30, “Pictures for Cult and Imperial Cult in Augustan Times” con Patric-Alexander Kreuz, professore di Archeologia classica / Archeologia Urbana all’Istituto di Antichità Classica dell’università di Kiel; 16.15, “Immagini per il culto. Una nuova ricostruzione della statua di Apollo Palatino” con Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo e del museo sul Palatino, Roma; 17, pausa caffè. Sezione V: Vivere al tempo di Augusto. Alle 17.30, “Immagini in casa tra tradizione e innovazione nella tarda repubblica e nel primo periodo imperiale” con Annette Haug, professore di Archeologia classica all’Istituto di Antichità classica dell’università di Kiel e curatore della mostra; 18.15, ricevimento.
Roma. Ai musei Capitolini ricomposta la mano del Colosso di Costantino col frammento di dito della collezione del marchese Campana del Louvre esposta nell’esedra di Marco Aurelio con i bronzi del Laterano

Chi da ieri – 29 aprile 2021 – visita i musei Capitolini a Roma e si ferma nell’Esedra del Marco Aurelio dove sono esposti i bronzi, già in Laterano, donati al Popolo Romano da papa Sisto IV nel 1471, trova una novità che è tale soprattutto per quanti quelle sale le hanno frequentate in passato: la mano del colosso bronzeo di Costantino dei Musei Capitolini appare completa, ricomposta con il frammento del dito in bronzo, coincidente con le due falangi superiori di un indice, proveniente dal Museo del Louvre, grazie alla generosa disponibilità del suo presidente-direttore Jean-Luc Martinez. È di grande significato – sottolineano ai Capitolini – che questa straordinaria ricomposizione della mano con il suo frammento, frutto di una proficua collaborazione tra Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e il Museo del Louvre, avvenga in occasione dei 550 anni della donazione sistina (1471-2021), vero e proprio atto di fondazione delle collezioni capitoline, ma anche a quasi 500 anni dalla loro separazione.

La mano del colosso di Costantino ai musei Capitolini prima dell’integrazione col frammento dal Louvre (foto Graziano Tavan)

La mano del colosso di Costantino ai Musei Capitolini, ricomposta col frammento proveniente dal Louvre (foto Zeno Colantoni)
Il frammento in bronzo arrivò a Parigi nel 1860 insieme a buona parte della collezione del marchese Giampietro Campana, uno dei protagonisti del panorama collezionistico romano degli anni centrali dell’Ottocento. In anni recenti è stato possibile riconoscere la pertinenza del frammento a una delle sculture più iconiche dell’antichità romana, il colosso in bronzo di Costantino, di cui restano ai Musei Capitolini la testa, la mano sinistra, con lacune in corrispondenza del dito indice, del medio, dell’anulare e del palmo, e una sfera un tempo sorretta dalla mano. La conferma dell’eccezionale scoperta è venuta nel maggio del 2018 grazie a una prova effettuata a Roma con un modello 3D del frammento parigino, operazione coordinata da Françoise Gaultier e da Claudio Parisi Presicce. Al successo dell’operazione sono seguiti la realizzazione di un calco in vetroresina della porzione di dito così ricomposta e la presentazione della mano originale, completata con le falangi mancanti, in occasione delle due grandi mostre dedicate alla collezione Campana: “Un rêve d’Italie. La collection du marquis Campana”, al Museo del Louvre, e “A Dream of Italy. The Marquis Campana Collection”, all’Ermitage di San Pietroburgo.

La prima descrizione dei frammenti del colosso bronzeo di Costantino risale alla metà del XII secolo, quando questi si trovavano ancora in Laterano. La maestosità dei resti, in cui per lungo tempo si è voluto riconoscere il colosso del Sole eretto un tempo accanto all’anfiteatro flavio, denominato Colosseo per assimilazione con esso, e la preziosità del materiale sono menzionati in numerose cronache e descrizioni medioevali e quattrocentesche. La mano con il globo (integra) e la testa, ciascuna collocata su un capitello, sono riconoscibili in un disegno attribuito a Feliciano Felice del 1465, in cui campeggia, al centro, la statua equestre del Marco Aurelio, anche questa, fino al 1538, in Laterano. Con il trasferimento in Campidoglio nel 1471, la testa colossale trova la sua sistemazione sotto i portici del Palazzo dei Conservatori. L’ultima attestazione dell’integrità della mano è documentata da fonti databili entro la fine degli anni Trenta del Cinquecento. Testimonianze grafiche, di poco successive, mostrano la mano colossale separata dalla sfera e con l’indice già privo delle due falangi superiori. Il frammento oggi al Louvre, dunque, potrebbe essere entrato nel circuito del mercato antiquario romano già in questa fase molto precoce. Comunque nulla si sa del frammento fino alla sua ricomparsa, nella prima metà dell’Ottocento nella collezione del Marchese Campana. Ulteriori ricerche potranno chiarire le vicende del frammento in questo ampio lasso di tempo.
Lazio in zona rossa. A Roma musei chiusi. Ma sul web molte le iniziative culturali promosse da Roma Culture. Ecco il programma ai musei Capitolini, Mercati Traianei, Ara Pacis e villa Torlonia

Il passaggio del Lazio in zona rossa ha determinato la chiusura di mostre e musei su tutto il territorio regionale. Secondo i nuovi provvedimenti, quindi, a Roma da lunedì 15 marzo 2021 musei e spazi espositivi rimarranno chiusi fino a nuove disposizioni. In attesa della riapertura e del superamento della crisi sanitaria, l’invito è quello di seguire le nostre attività online, l’unico modo che abbiamo, in questo momento, per continuare a comunicare la bellezza delle nostre collezioni. L’attività digital della programmazione è promossa da Roma Culture, sia sul sito culture.roma.it che sui canali social di @cultureroma. Tanti gli appuntamenti digital gratuiti sui canali web e social del Sistema Musei di Roma Capitale. Lunedì 15 marzo 2021 per “Educare alle mostre, educare alla città” sulla piattaforma Google Suite, c’è stato l’appuntamento online sul tema della mostra “Napoleone e il mito di Roma”, al momento non visitabile, allestita ai Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali e curata da Claudio Parisi Presicce, Nicoletta Bernacchio, Massimiliano Munzi, Simone Pastor.

Per “Musei Aperti: il racconto in diretta dei Marmi Torlonia ai Musei Capitolini”, il ciclo di incontri online dedicato ad alcuni dei temi connessi alla mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare capolavori”, in programma, in diretta sulla pagina Facebook dei musei Capitolini, martedì 16 marzo 2021 alle 18 l’incontro con Giuseppe Scarpati, archeologo del parco archeologico di Pompei, che parlerà dei “Ritratti di imperatori tra il Museo Torlonia alla Lungara e il Museo Capitolino”. La spettacolare serie dei ritratti imperiali, o presunti tali, che concludeva il percorso espositivo del museo Torlonia alla Lungara costituiva uno dei punti salienti della collezione di sculture antiche allestita per volontà del principe Alessandro Torlonia. Modello ideale per la costruzione della galleria iconografica fu la celebre Sala degli Imperatori del museo Capitolino, formata in gran parte con i busti provenienti dalla prima raccolta del cardinale Albani, acquistata nel 1733 da papa Clemente XII. Il gruppo dei ritratti Torlonia attualmente in mostra ai musei Capitolini è il risultato di una ponderata selezione che offre l’opportunità di presentare alcuni esemplari di grande interesse alla luce dei recenti restauri. Interventi in diretta di 20/25 minuti – interazione con il pubblico (domande con moderatore) massimo 10/15 minuti.

Mercoledì 17 marzo 2021 per la rubrica aMICi online si terranno due incontri fruibili sulla piattaforma Google Suite. Il primo alle 16, a cura di Nicoletta Bernacchio, ricostruisce un angolo sparito di Roma grazie ad alcune vedute dell’Ottocento della Colonna di Traiano, esposte nella mostra “Napoleone e il mito di Roma” ai Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali. Fino all’inizio dell’Ottocento la Colonna di Traiano era circondata da un recinto e posta al centro di una piccola piazza, su cui affacciavano chiese, monasteri ed edifici con botteghe e abitazioni. Questo panorama urbano non esiste più, cancellato dalle demolizioni promosse per l’allargamento della piazza voluto da Governo Napoleonico nel 1812, che portarono alla scoperta dei resti della Basilica Ulpia.

Nel secondo incontro, alle 17.30, con Lucia Spagnuolo e Francesca Romana Chiocci, l’attenzione si sposta sul museo dell’Ara Pacis spaziando dal racconto del progetto dinastico augusteo alla storia dei personaggi rappresentati sui pannelli dell’Ara. Un incontro sempre diverso: dal racconto del progetto dinastico augusteo, alla storia dei personaggi rappresentati sull’Ara Pacis; dalla lettura degli elementi decorativi, alla ricostruzione dei momenti salienti della riscoperta del monumento.

Giovedì 18 marzo 2021, alle 16, sulla piattaforma Google Suite la curatrice Annapaola Agati del museo del Casino Nobile ripercorrerà la storia di Villa Torlonia tra le due guerre attraverso il racconto della genesi di una o più opere esposte e la vita di alcune figure significative o alcuni luoghi nascosti della villa non aperti normalmente al pubblico. (Prenotazione obbligatoria allo 060608). La curatrice del Museo del Casino Nobile guida i visitatori su temi ogni volta diversi: può essere analizzata e approfondita la genesi di una o più opere presenti nel percorso espositivo, o raccontata la vita di alcune figure significative per la storia della villa o ancora, può essere ripercorsa la trasformazione del Casino Nobile da luogo di delizia per i soli principi Torlonia a Museo di se stesso o anche, potrebbero essere svelati alcuni luoghi nascosti della villa che per le loro caratteristiche conservative non possono essere aperti normalmente al pubblico.
Roma. Dal 1° marzo riapre al pubblico, dopo un lungo restauro, il Mausoleo di Augusto, il più grande sepolcro circolare del mondo antico. La sindaca Raggi: “Restituiamo al mondo un gioiello del patrimonio storico dell’umanità dopo anni di chiusura”. La visita sarà arricchita da contenuti digitali, in realtà virtuale e aumentata, realizzati dalla Fondazione TIM

Stavolta è quella buona: da oggi 1° marzo 2021 riapre al pubblico il Mausoleo di Augusto, il più grande sepolcro circolare del mondo antico, emblema della magnificenza architettonica della romanità. Finalmente il monumento torna accessibile a tutti: ingresso gratuito fino al 21 aprile 2021 (Natale di Roma), ma già sold out. Il Mausoleo era stato chiuso dal 2007 per la partenza delle indagini archeologiche preliminari alla realizzazione del grande progetto di recupero e restauro eseguito da Roma Capitale. L’obiettivo era arrivare “in forma” per il bimillenario della morte di Augusto, nell’agosto del 2014. Ma un “ostacolo” aveva fatto slittare ora a data da destinarsi dell’avvio dei lavori, mancando clamorosamente – nonostante le promesse – l’appuntamento con le celebrazioni del bimillenario. Per il sepolcro del primo imperatore gli anni del degrado e dell’abbandono, insomma, sembravano non avere fine. E si parlò addirittura di “maledizione” quando il 19 agosto 2014, proprio nel giorno del bimillenario e delle visite guidate straordinarie al Mausoleo che ne avrebbero dovuto ricordare i fasti, una conduttura dell’acqua si ruppe e allagò il fossato intorno al monumento, portando tristemente a galla, davanti agli occhi del mondo, erbacce e rifiuti. Sembrava fatta a ottobre 2015 quando, dopo anni di annunci, si era aperta la gara per la prima tranche di lavori al Mausoleo di Augusto. Forte dei 6 milioni di euro messi a disposizione dalla Fondazione Telecom – in aggiunta ai 4,2 milioni di fondi comunali e statali già stanziati -, il Campidoglio aveva annunciato l’inizio del cantiere per “gennaio 2016” e l’apertura al pubblico “nel marzo 2017” (vedi Il Mausoleo dell’imperatore Augusto a Roma aperto eccezionalmente al pubblico nei sabati di giugno. Poi finalmente inizierà il restauro nell’ottantesimo anno della sua chiusura | archeologiavocidalpassato).

Ora ogni polemica è alle spalle. Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata mediante un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento grazie allo stanziamento fornito dalla Fondazione TIM. Grazie agli interventi di restauro del Mausoleo realizzati finora, con la sistemazione di numerose concamerazioni interne e l’avvio dell’allestimento del percorso museale, è stato possibile anticipare a marzo 2021 la fruizione del monumento rispetto ai termini previsti per il completamento delle opere di musealizzazione. Anche con il cantiere in corso, il pubblico potrà quindi effettuare una visita dell’area centrale e accedere agli spazi in sicurezza. Contestualmente ai lavori di completamento del percorso museale e di riqualificazione della piazza, diretti Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’area di piazza Augusto imperatore è stata resa fin d’ora più vivibile dallo spostamento dei capolinea dei bus e dall’eliminazione dei parcheggi, con un conseguente guadagno di spazi a tutto vantaggio dei cittadini e della fruibilità dell’area.

La prima giornata ufficiale di visita al Mausoleo di Augusto è stata tenuta a battesimo questa mattina dalla sindaca Virginia Raggi, che ha voluto condividerla con le rappresentanze delle categorie di cittadini particolarmente colpite dalle conseguenze della pandemia: commercianti e commessi, baristi, ristoratori, operai, lavoratori in cassa integrazione, medici, infermieri, volontari della Protezione Civile e sacerdoti, sempre in prima linea per dare supporto durante l’emergenza, e infine studenti e professori dei Centri di Formazione Professionale capitolini, che con grande impegno e sacrificio hanno portato avanti l’anno scolastico superando tutte le difficoltà. Presenti all’apertura delle visite al pubblico anche il presidente della Fondazione TIM Salvatore Rossi, l’assessore allo Sviluppo economico, Turismo e Lavoro Andrea Coia, l’assessora alla Crescita culturale di Roma Capitale Lorenza Fruci, la soprintendente speciale di Roma Daniela Porro, la sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli, il direttore dell’Edilizia monumentale Antonello Fatello e il direttore Musei Capitolini Claudio Parisi Presicce.

“Finalmente riapre il Mausoleo di Augusto, un gioiello del patrimonio storico dell’umanità che restituiamo al mondo intero dopo tanti anni di chiusura”, dichiara la sindaca Virginia Raggi. “Abbiamo lavorato a questo traguardo con impegno e tenacia, sostenuti dal mecenatismo della Fondazione TIM, che ci ha permesso di fare un bellissimo regalo ai cittadini, con la generosità di un’imprenditoria illuminata, sensibile al valore incommensurabile del nostro patrimonio storico, artistico e culturale. Questa prima giornata di visita è il simbolo importante di una ripartenza per la città e per il Paese. Per questo, abbiamo voluto dedicarla alle persone messe a dura prova dall’emergenza sanitaria: Roma valorizza il suo passato, per guardare al futuro insieme ai cittadini”. E Salvatore Rossi, presidente Fondazione TIM: “Siamo orgogliosi di aver lavorato insieme con Roma Capitale per il recupero di uno dei luoghi più importanti dell’archeologia mondiale. Fondazione TIM ha aderito da subito al progetto di restauro e valorizzazione del Mausoleo di Augusto, impegnando complessivamente 8 milioni di euro, per ridare vita a quello che pensiamo sarà uno dei siti più visitati al mondo. È importante che anche mecenati privati collaborino a conservare e promuovere il patrimonio storico e culturale del Paese; è uno degli obiettivi della Fondazione TIM. Lo stiamo facendo mettendo a disposizione non solo denaro ma anche tecnologia: daremo a cittadini e turisti la possibilità di vivere una innovativa esperienza multimediale, che renderà ancora più affascinante e spettacolare la visita del Mausoleo”.

Il Mausoleo potrà essere visitato gratuitamente da tutti fino al 21 aprile, giorno in cui si celebra il “Natale” di Roma. Le prenotazioni, come detto già sold out, saranno nuovamente possibili dal 1° marzo 2021 – per il periodo dal 22 aprile al 30 giugno 2021 –sul sito http://www.mausoleodiaugusto.it, dove si potrà anche pre-acquistare il biglietto d’ingresso. Dal 22 aprile prossimo, e per tutto il 2021, l’accesso resterà sempre gratuito per i residenti a Roma, mentre sarà a pagamento per i non residenti, secondo le tariffe previste per l’anno in corso (4 euro intero; 3 euro ridotto, + 1 euro di prevendita). Le visite, della durata di circa 50 minuti, si svolgeranno dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16 (ultimo ingresso alle 15), in ottemperanza alle indicazioni del DPCM vigente che prevede la chiusura dei luoghi della cultura nel fine settimana. Coloro che hanno prenotato il sabato e domenica saranno contattati e ricollocati in altre date. A partire dal 22 aprile 2021, inoltre, la visita al Mausoleo sarà arricchita da contenuti digitali, in realtà virtuale e aumentata, realizzati dalla Fondazione TIM. I servizi museali saranno gestiti da Zètema Progetto Cultura.
Roma. I Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali riaprono il 4 febbraio con la mostra “Napoleone e il mito di Roma”, nel bicentenario della morte di Bonaparte: con oltre 100 opere (sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme) ripercorre il rapporto tra l’imperatore francese, il mondo antico e Roma

I Mercati di Traiano a Roma il 4 febbraio 2021 riaprono col botto. Il pubblico dei Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali avrà la possibilità di visitare, oltre ai capolavori della collezione permanente, anche la nuova mostra “Napoleone e il mito di Roma” che sarà aperta al pubblico fino al 30 maggio 2021. Ideata in occasione del bicentenario dalla morte di Napoleone Bonaparte, la mostra lo celebra ripercorrendo il rapporto tra l’imperatore francese, il mondo antico e Roma. L’esposizione è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è a cura di Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi, Simone Pastor, Nicoletta Bernacchio. Organizzazione Zètema Progetto Cultura. Concept grafico: Iowa State University. Progetto di allestimento Stefano Balzanetti, Alessandro Di Mario, Eleonora Giuliani assieme a Simone Bove per Wise Design. Il percorso espositivo si snoda attraverso 3 macro-sezioni e comprende oltre 100 opere – tra cui sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme e oggetti di arte cosiddetta minore – provenienti dalle Collezioni Capitoline nonché da importanti musei italiani ed esteri.

Perché Napoleone ai Fori Imperiali. “L’idea di organizzare al Museo dei Fori Imperiali una mostra su Napoleone Bonaparte”, spiegano i promotori della mostra, “è nata da due considerazioni. La prima riguarda una data: il 5 maggio 2021 cadranno i duecento anni dalla morte di questo indiscusso protagonista della Storia. Si tratta di un anniversario importante che non può non riguardare anche Roma, annessa all’Impero Francese dal 1809 al 1814 e città seconda solo a Parigi per volontà di Napoleone stesso. L’altra considerazione sta nei luoghi. Il Governo Napoleonico nel 1811 avviò la sistemazione dell’area a sud della Colonna di Traiano, decretando la demolizione dell’Isolato di Sant’Eufemia e gettando così le premesse per lo scavo, la scoperta e la sistemazione del settore centrale della Basilica Ulpia e di parte della piazza forense, completato nel 1815 da papa Pio VII dopo il suo ritorno a Roma. Ancora oggi il percorso di visita dei Fori Imperiali inizia proprio scendendo nel cosiddetto Recinto Pontificio. Qui nel Museo, inoltre, sono conservati in collezione permanente importanti reperti rinvenuti in occasione di quegli scavi, prime fra tutti le statue dei Daci. Infine, la stessa Colonna di Traiano fu presa a modello per la realizzazione della Colonna Vendôme, eretta a Parigi per celebrare la straordinaria vittoria della Grande Armée nella Battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805), capolavoro strategico che garantì a Napoleone il dominio sull’Europa”.

Roma come modello, quindi. Roma come mito. “La sua storia, i suoi personaggi, le vicende politiche, la religione, la letteratura, l’arte”, continuano i promotori della mostra, “furono assorbite da Napoleone sin da ragazzo, in piena armonia con i tempi. Con la Rivoluzione Francese e poi con la Repubblica gli eroi antichi avevano infatti recuperato tutta la loro esemplarità, non solo morale ma anche politica, assumendo la funzione di icone libertarie e repubblicane. Se in contrapposizione alla monarchia tradizionale dei Borboni i rivoluzionari avevano visto nell’antica Roma l’archetipo repubblicano, via via che si avvicinava al potere assoluto, e una volta conquistato, Napoleone fece della Francia l’erede diretta dell’Impero Romano. Nella stessa biografia di Napoleone si coglie in maniera evidente l’evoluzione dalla fascinazione repubblicana all’immedesimazione imperiale. L’idea di riprodurre l’arte della Roma Imperiale per celebrare la magnificenza di Napoleone portò inevitabilmente con sé l’uso di un linguaggio di propaganda ispirato all’Antico, che aveva le proprie radici formali nel Neoclassicismo e che si andò definendo come uno stile profondamente nuovo, caratterizzato dalla rappresentazione dell’Imperatore come erede dei grandi condottieri del passato e degli Imperatori romani, se non addirittura come eroe e divinità dell’antica Grecia. Napoleone non venne mai a Roma. Tuttavia, la città lo aspettò e per essere capitale del suo nuovo Imperatore fu teatro di numerosi cantieri di abbellimento e ammodernamento. Le arti vissero una stagione felice e così la ricerca antiquaria. Il mito di Roma alimentò Napoleone, e ne fu vivificato”.


Statua in gesso di Napoleone cadetto a Brienne-le-Chateau di L. Rochet, (1853) conservata al Musée d’Yverdon et Région (foto Musée d’Yverdon et Région)
La prima macro-sezione evidenzia il rapporto tra Napoleone e il mondo classico, seguendo la formazione del giovane Bonaparte, anche attraverso l’adozione di diversi modelli tratti dall’Antico, utilizzati di volta in volta per trasmettere messaggi di potere, buon governo e conquiste militari, fino alla divinizzazione della sua figura. In questa sezione sono presenti opere antiche e moderne di eccezionale valore storico, che illustrano il percorso biografico di Napoleone e, allo stesso tempo, i suoi modelli e riferimenti culturali. Tra le opere esposte, ad esempio, il gesso di Louis Rochet per la statua di Napoleone cadetto a Brienne (inizialmente visibile attraverso una riproduzione fotografica) dal Musée d’Yverdon et Région (Yverdon-les-Bains), il bronzo raffigurante Alessandro Magno a cavallo dal museo Archeologico nazionale di Napoli e il grande bronzo di Lorenzo Bartolini raffigurante Napoleone I Imperatore, dal Louvre, in cui Bonaparte è ritratto all’antica, con la corona d’alloro e le fattezze di un imperatore romano. Grandezza militare e visione di un impero sconfinato legano infatti Alessandro Magno a Napoleone il quale, come già molti condottieri prima di lui, tra cui Giulio Cesare, fece propria l’imitatio Alexandri. Napoleone si confrontò idealmente con altri imperatori come Augusto, presente con un ritratto in marmo proveniente dai musei Capitolini. Nota era anche la sua ammirazione per Annibale, qui evocata dalla copia moderna del cosiddetto Annibale del Quirinale. La macro-sezione si chiude con la morte e l’apoteosi di Napoleone, considerato un eroe antico ma anche un santo e un taumaturgo, in continuità con i re del medioevo francese, come raffigurato nel celebre dipinto di A.J. Gros, Il generale Bonaparte visita gli appestati di Jaffa, presente in mostra attraverso l’incisione di A.C. Masson, proveniente dal Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio.


Erma di Napoleone I Re d’Italia in marmo di Carrara di Giovan Battista Comolli (1809) conservato al museo del Risorgimento di Milano (foto Galleria d’Arte Moderna di Milano)
La seconda macro-sezione è dedicata al rapporto di Napoleone con l’Italia e Roma. Si inizia con tre opere di particolare bellezza che illustrano il ruolo di Napoleone come Re d’Italia: il gruppo scultoreo di Pacetti Napoleone ispira l’Italia e la fa risorgere a più grandi destini, dal Castello di Fontainebleau, e due ritratti di Napoleone da Milano (Galleria d’Arte Moderna e Palazzo Moriggia-Museo del Risorgimento). A seguire, il vastissimo programma di trasformazione urbana, che il Governo Napoleonico voleva applicare a Roma, è riassunto nell’istallazione nella Grande Aula di un viale di cipressi, uno dei punti focali della mostra. L’istallazione è introdotta dal ritratto di Antonio Canova dai musei Capitolini, protagonista del panorama artistico romano (e non solo) del tempo e autore del Busto di Pio VII, ancora dai musei Capitolini, esposto nella sala dedicata al complesso rapporto che Napoleone ebbe con il Papato e la religione. La macro-sezione è completata da un articolato approfondimento sullo scavo della Basilica Ulpia: incisioni di Giuseppe Vasi, Angelo Uggeri, Giovan Battista Cipriani e disegni e dipinti dal museo di Roma, nonché – eccezionalmente esposti per la prima volta – i tre progetti redatti nel 1812 da Giuseppe Valadier e Giuseppe Camporese e conservati all’Accademia di San Luca, illustreranno le tappe che portarono alla scoperta delle strutture della Basilica Ulpia e di importanti reperti scultorei, come le statue di Daci, esposte nella collezione permanente del Museo, riunite per la prima volta a sculture provenienti dall’area e oggi conservate nei musei Vaticani.


Bonaparte su un dromedario, bronzo di C.J. Meurant (inizi del XIX sec.) conservato al Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio (foto Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts)
La terza macro-sezione approfondisce alcuni aspetti relativi alla ripresa di modelli antichi nell’arte e nell’epopea napoleonica, come ad esempio quello dell’aquila romana, esemplificato in mostra, tra le altre opere, dal vessillo del 7° Reggimento Ussari dal Musée de l’Armée di Parigi. Nell’approccio all’Antico fu fondamentale per Napoleone la Campagna d’Egitto, impresa militare e culturale insieme, raccontata attraverso alcune opere, come la stampa di Girardet dal museo Napoleonico di Roma, raffigurante Il generale Napoleone Bonaparte alle Piramidi, e la statuetta in bronzo di C.J. Meurant dal Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio: Bonaparte su un dromedario. Dall’Egitto a Babilionia, sulle orme di Alessandro Magno: il percorso è celebrato nella mostra con cinque lastre del fregio con Il Trionfo di Alessandro Magno in Babilonia di Bertel Thorvaldsen, nella versione conservata nei musei civici di Pavia e derivata dal fregio eseguito dal celebre scultore per il Palazzo del Quirinale nel 1812, nell’ambito dell’allestimento degli appartamenti imperiali destinati a Napoleone e alla sua famiglia (ma che la famiglia imperiale non abitò perché Napoleone non venne mai a Roma).

Lo sguardo su Roma riporta al modello per antonomasia: la Colonna Traiana. Dopo la realizzazione dei calchi voluti da Luigi XIV e giunti a Parigi nel 1671, questa straordinaria opera divenne fonte di ispirazione e imitazione per molti artisti francesi. Fu tuttavia con Napoleone che la Colonna ebbe la sua imitazione più celebre e allo stesso tempo originale: la Colonna Vendôme a Parigi, celebrazione di un impero e di un imperatore e delle sue imprese militari.

La mostra si conclude con il famoso quadro Napoleone con gli abiti dell’incoronazione, dipinto da François Gérard nel 1805 e conservato ad Ajaccio, nel Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts: il dipinto raffigura Napoleone al suo apice e rappresenta il compendio più evidente dell’uso che egli seppe fare dei simboli. I gusti personali di Napoleone erano quelli della sua generazione ma egli sapeva che il mondo antico rappresentava una categoria culturale tanto vasta quanto varia che poteva in qualche modo essere adattata a tutti gli usi. Napoleone mise in pratica una sorta di archeologia delle immagini del potere attraverso il recupero meticoloso e spregiudicato di simboli, figure e concetti del passato, da utilizzare per creare un impressionante raccolta di ritratti e di ornamenti, allusioni, richiami e prestiti che serviranno a legittimare un regime, la cui esistenza poggiava essenzialmente sulla forza militare. Le immagini dell’antico-mania napoleonica (la nudità eroica, le insegne del potere, l’alloro, l’aquila…) rifunzionalizzate nel presente sono allo stesso tempo rivolte al futuro: si rivolgono ai posteri e partecipano alla costruzione della leggenda dell’Imperatore.
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