Torino. Il museo Egizio si racconta in piemontese (la lingua dei suoi ideatori) nel progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: otto clip (una per ogni provincia) realizzate col Centro Studi Piemontesi e patrocinate dalla Regione Piemonte. Greco: “Ricerca e comunicazione non si fermano neppure con la pandemia”. Christillin: “Torino e il Piemonte: un rapporto antico con l’Egizio”. Cirio: “Egitto e Piemonte insieme contro la desertificazione linguistica”


Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)
Il museo Egizio non si ferma, nel rispetto delle regole. E si racconta in piemontese, la lingua dei suoi ideatori. Così mentre l’emergenza sanitaria non molla la presa, ed è imminente un nuovo Dpcm con ulteriori misure restrittive per contenere il contagio, come la chiusura di musei e mostre (e per il museo Egizio sarebbe la terza in questo horribilis anno 2020, dopo quella del 24 febbraio e dell’8 marzo), il direttore Christian Greco ne è certo: “In tempi di pandemia siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, a seguire quanto ci viene chiesto. Ma non verremo meno alla missione del museo. Continueremo a curare, studiare, restaurare, custodire le collezioni egizie; e anche a comunicare, a mantenere il dialogo con il pubblico – locale, nazionale, globale -, perché il museo è la casa di tutti. E quando questa casa è chiusa, siamo noi ad andarli a trovare nella loro”. È in questa filosofia – di ricerca e comunicazione – che si inserisce il nuovo progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” otto clip realizzate in collaborazione col Centro Studi Piemontesi e patrocinate dalla Regione Piemonte in cui il museo Egizio di Torino si racconta in piemontese. Il progetto è stato presentato in un’inedita sala conferenze dell’Egizio priva di pubblico, con la presidente Evelina Christillin, il direttore Christian Greco, il governatore della Regione Piemonte Alberto Cirio e la direttrice del Centro Studi Piemontesi Albina Malerba a parlare davanti alla telecamera.

Il cammino di riscoperta delle proprie radici intrapreso dal museo Egizio in vista della celebrazione dei suoi 200 anni di vita nel 2024, avviato nell’autunno scorso con il riallestimento delle cosiddette “sale storiche” dedicate alla genesi della collezione egittologica torinese, vive oggi una nuova e inedita tappa. Un’operazione culturale vede protagonista la “lingua” della Torino dell’800, il tempo in cui l’istituzione vide la luce: il piemontese è infatti stato scelto come strumento per un viaggio narrativo sul filo della memoria che racconta la storia del museo Egizio e dei personaggi che l’hanno reso grande. Nascono così le otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” che, nel vero senso della parola, ridà voce, con la parlata del loro tempo (ma con sottotitoli in italiano), ad alcune delle più autorevoli figure del passato del Museo, ciascuna legata a una provincia della nostra regione. Sarà quindi possibile ascoltare in perfetto piemontese le vicende di Bernardino Drovetti nel video dedicato alla provincia di Torino, quelle del casalese Carlo Vidua per la provincia di Alessandria, conoscere l’astigiano Leonetto Ottolenghi, il biellese Ernesto Schiapparelli, per la provincia di Cuneo il monregalese Giulio Cordero di San Quintino, per quella di Novara Stefano Molli, natio di Borgomanero, mentre la provincia di Vercelli sarà rappresentata da Virginio Rosa e quella del Verbano Cusio Ossola da Giuseppe Botti.

Evelina Christillin, presidente del museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)
“Nell’assolvere al nostro ruolo di custodi di un patrimonio culturale che appartiene all’umanità intera”, spiega la presidente del museo Egizio, Evelina Christillin, “abbiamo al contempo il dovere e l’onore di valorizzare il legame che ci unisce a Torino e alla Regione Piemonte, di cui siamo ambasciatori nel mondo. Un rapporto antico in cui affondano le origini di questa storica istituzione, in virtù del quale la comunità regionale vive con orgoglio la presenza del museo Egizio sul proprio territorio, così come noi siamo orgogliosi di far parte della storia del Piemonte e di rappresentare un punto di riferimento per la sua gente. Raccontando nel nostro dialetto le vicende dei personaggi provenienti dalle otto Province del territorio, desideriamo dedicarle al 50esimo anniversario della fondazione delle Regioni italiane, e a tutti coloro che ne hanno costruito la storia”.

Il Centro Studi Piemontesi è attivo da mezzo secolo a Torino
“Il Centro Studi Piemontesi”, spiega la direttrice, Albina Malerba, “da sempre ha a cuore la collaborazione con chi è impegnato nella valorizzazione dell’immagine e della storia del Piemonte e ha accolto con entusiasmo l’invito del museo Egizio, una bella e ghiotta occasione – dovremmo dire galupa in piemontese – per raggiungere un pubblico più ampio e probabilmente meno avvezzo alle parlate della nostra terra, ma che ci auguriamo possa affezionarsi a questa lingua di lunga e ricca tradizione letteraria nonché glottologico-linguistica. Come Centro Studi siamo depositari e promotori di una lingua capace di indiscutibile forza espressiva e creativa, e dunque non diminutivamente confinabile nell’esercizio di un quotidiano e purtroppo sempre più povero parlare. Per i testi del progetto del Museo abbiamo optato per il piemontese di koinè, cioè quello della tradizione letteraria scritta (e anche parlata nel capoluogo), che tuttavia non rinuncia ad accogliere apporti di altre realtà più periferiche. Una soluzione ragionevolmente obbligata, che certo non sottovaluta le singole e plurime parlate del Piemonte, ma consente una più ampia e comune comprensibilità”.
Nel corso dei mesi di novembre e dicembre, ogni martedì con cadenza settimanale, il canale YouTube del museo Egizio proporrà queste otto storie esclusive, offrendo al pubblico non soltanto l’opportunità di riscoprire il dialetto piemontese quale patrimonio linguistico accessibile, ridando vigore e dignità alla cultura regionale, ma anche l’occasione per dare un volto ai protagonisti di grandi imprese e guardare da una nuova prospettiva al legame fra questa regione e l’antico Egitto. Ciascuno degli otto racconti si fonda su notizie documentate ed accertate seppur restituite da una narrazione creativa, non inverosimile, con l’intento di accompagnare i fatti reali ai sentimenti, alle ambizioni e allo spirito di uomini che guardarono allo studio, alla scoperta e alla cultura come uniche vie di arricchimento e crescita della società. Il medesimo approccio ha inoltre guidato la scelta della colonna sonora che caratterizza i video: si tratta della Danza Piemontese op. 31 di Leone Sinigaglia (1868-1944) nell’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino. Anche Sinigaglia è un illustre figlio del Piemonte, formatosi fra Torino, Vienna e Praga, la cui produzione musicale comprende opere sinfoniche, da camera e vocali. Molti dei suoi lavori, e quello che accompagna i racconti del Museo Egizio ne è un esempio, traggono spunto dal patrimonio della musica popolare piemontese e si fondono con gli schemi formali del romanticismo tedesco.


Il logo della Regione Piemonte nel 50.mo dell’istituzione
Il progetto ha raccolto l’attenzione della Regione Piemonte, che l’ha patrocinato quale omaggio del museo Egizio ai piemontesi e alla loro terra nell’anno in cui si celebrano i 50 anni della costituzione delle Regioni a statuto ordinario. Un omaggio realizzato grazie alla collaborazione e alla piena condivisione dell’iniziativa con il Centro Studi Piemontesi, la cui attività istituzionale si fonda proprio sull’impegno scientifico volto a promuovere lo studio della vita e della cultura piemontese in ogni sua manifestazione, nella convinzione che un’identità affonda le sue radici più vere e profonde nel proprio patrimonio storico e culturale. “Non è un paradosso parlare la lingua piemontese dentro al più grande museo egizio del mondo”, interviene Alberto Cirio, governatore della Regione Piemonte, che non è voluto mancare alla presentazione del progetto, nonostante questo difficile momento. “La storia si incarica sempre, prima o poi, di scuotere la scatola della memoria per disvelare arcani misteri. Erano Piemontesi e parlavano piemontese i collezionisti del tempo quando fu pensato e costruito il secondo più grande museo dedicato alle antichità egizie dopo quello del Cairo. A queste persone, la cui storia è pressoché sconosciuta se non per gli addetti ai lavori, gli organizzatori hanno dedicato l’omaggio più grande, quello di farli parlare in video attraverso i loro manoscritti trasformandoli così da nomi stampati sui libri in personaggi che raccontano le loro scoperte nella lingua del loro tempo. Nel 50esimo anniversario delle identità regionali siamo orgogliosi di aver sostenuto questa iniziativa geniale nella sua «intuizione scenica», e allo stesso tempo pedagogica quando ricorda che la nostra terra custodisce beni materiali di inestimabile valore ma anche immateriali come quello dell’antico idioma che parlavano i nostri antenati. Spesso parliamo per acronimi che condensano meccanismi complessi in poche letterine che testimoniano la dolorosa rinuncia ai nostri idiomi, da quello nazionale a quelli dialettali. Egitto e Piemonte – chi l’avrebbe detto – uniscono oggi le forze per resistere alla tempesta della desertificazione linguistica, ma anche per omaggiare personaggi illustri della nostra regione che parlavano piemontese anche nelle terre d’Oriente. C’è, tuttavia, un significato ulteriore – conclude – che segna il passo di iniziative come questa che coincidono con il «senso della continuità» e la voglia di «proseguire» per portare a termine un progetto, un’idea un programma che non si fermano neppure di fronte alla pandemia trasformando così le insidie della condizione umana in opportunità”.
#iorestoacasa. “Passeggiate del Direttore”: nel quinto incontro il direttore del museo Egizio ci ricorda il ruolo di Vidua nella nascita del museo, ci riporta alle atmosfere dell’Ottocento con le sale storiche, e ci fa conoscere il Canone Regio
Le “Passeggiate del direttore”, pensate nell’impegno lanciato dal Mibact #iorestoacasa, sono giunte alla quinta puntata dedicata al ruolo ricoperto da Carlo Vidua nella nascita del museo Egizio, alla concezione del museo per tutto l’Ottocento, resa oggi dalle cosiddette Sale storiche, fino a conoscere uno dei papiri più famosi e importanti conservati a Torino, il Canone Regio. La “passeggiata” inizia da una vetrina che conserva alcune statuette lignee (ushabti) con il cartiglio del faraone Seti I, gentilmente prestate dal museo civico di Casale Monferrato, perché dà modo al direttore Christian Greco di parlare della figura e del ruolo di Carlo Vidua, conte di Conzano, originario proprio di Casale Monferrato, esploratore, collezionista, viaggiatore. “Intorno al 1819 Vidua si reca in Egitto – ricorda Greco – dove probabilmente vede una lista manoscritta di Bernardino Drovetti con l’intera collezione. E allora scrive immediatamente a Prospero Balbo, presidente dell’accademia delle Scienze di Torino, perché insista con il re Vittorio Emanuele I per l’acquisto della collezione. A Balbo scrive: “Solo se Torino acquisterà questa collezione l’Italia (che in realtà non esisteva ancora, non era stata ancora unificata) sarà un grande Paese”. E aggiunge: “Questo perché avrà il primo museo Egizio in Torino, la prima Galleria in Firenze, e il più grande museo di Antichità classiche in Roma”. Ecco il valore che veniva dato alla cultura e il valore dell’investimento davvero lungimirante che i Savoia decisero di fare con questo museo. La cultura come colonna identitaria di un Paese, e mi piace pensare che non a caso proprio Torino, Firenze e Roma si siano passate il testimone per essere capitale di questo Paese grazie anche alla forza che hanno delle collezioni che esse custodiscono”.

Le due tele di Lorenzo Delleani del 1871 con il museo Egizio e il museo di Scienze naturali (foto museo egizio)
Si torna alla storia del museo: nel 1824 la collezione Drovetti arriva a Torino e il museo arriva nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze che da allora è la sede dell’Egizio. Nel 1832 si decide di unificare la collezione, che in parte era all’università, insieme alle antichità classiche. E così nasce il regio museo di Antichità ed Egizio. “Nell’800 il museo è essenzialmente un luogo di studio”, spiega il direttore. “Lo vediamo molto bene in un quadro di Lorenzo Delleani, che rappresenta il direttore e altri studiosi con il libro in mano che leggono le stele e cercano di capire cosa vi sia scritto. La collezione serve dunque a studenti e studiosi per capire l’Antico Egitto, perché proprio in queste sale si andava via via scrivendo la storia dell’Antico Egitto”. Proprio recentemente il museo Egizio ha voluto ricreare questa atmosfera allestendo le cosiddette Sale storiche (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2019/12/27/torino-il-museo-egizio-apre-al-pubblico-nuovi-spazi-dedicati-al-racconto-della-propria-storia-allestite-cinque-nuove-sale-fra-cui-quella-dedicata-alla-fedele-ricostruzione-di-un-ambiente-museale-de/) dove troviamo una vetrina originale dei primi allestimenti del museo dove sono stati posti gli oggetti così come erano esposi nell’Ottocento: raccolti per tipologie e senza didascalie, perché il museo è un luogo di studio dove studenti e studiosi vengono per approfondire, per capire, per cercare di mettere su carta qua era l’antica civiltà egizia. O ancora una vetrina con un sarcofago che ricorda quanto si vede nel dipinto di Delleani. In queste sale è stato infine possibile riunificare ciò che era stato separato nel 1939: come il medagliere dei sovrani d’Egitto in epoca greca (da Tolomeo I Soter a Cleopatra VII) e romana (imperatori fino ad Adriano), gentilmente concesso dai musei Reali di Torino, dove – appunto nel 1939 – è stata spostata dal palazzo dell’Accademia delle Scienze la collezione di antichità.
Tra i documenti meravigliosi che il museo conserva c’è il papiro di Torino, la lista reale di Torino: il Canone Regio. È uno dei documenti più importanti che esistono al mondo. In ordine cronologico raccoglie il nome dei sovrani che si sono succeduti alla guida dell’Egitto. È una lista di 77 nominativi che vanno dall’epoca di Narmer all’età ramesside, con alcune epurazioni: non ci sono i faraoni che non vengono ritenuti degni di essere ricordati, o quanti sono oggetto di damnatio memoriae. “Ma grazie a questa lista”, sottolinea Greco, “confrontata con la lista cronologica di Manetone, è stato possibile costruire quella colonna dorsale cronologica dell’Antico Egitto per ricostruire la storia di questa civiltà. Questa lista la vide Champollion in Egitto: gli venne portata una tavola lunga quasi tre metri con una serie di frammenti di papiro e lui capì immediatamente la valenza di quel papiro tanto che disse che si trovava davanti a un documento così importante che non osava nemmeno respirare nel timore che il suo respiro condannasse all’oblio il nome di faraoni conservati per secoli”.
Commenti recenti