Nogarole Rocca (Vr). All’ex oratorio San Leonardo di Pradelle apre la mostra “CON-NESSI. Interazioni millenarie di una necropoli” che vuole valorizzare l’eccezionale necropoli protostorica del III-II millennio a.C. che ha restituito 40 sepolture e molte ossa dei defunti che rivelano informazioni su mobilità, coesistenza sociale e attrattività dei territori
Dal lavoro sinergico della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, del Comune di Nogarole Rocca e del museo Archeologico nazionale di Verona (che ha fornito alcuni corredi esposti al Man-Vr), grazie alla sponsorizzazione di Autostrada del Brennero, nasce la mostra “CON-NESSI. Interazioni millenarie di una necropoli” che viene inaugurata il 6 novembre 2024 alle 10.30 e resterà aperta fino al 2 febbraio 2025, all’ex oratorio San Leonardo di Pradelle, nel comune di Nogarole Rocca (Vr). La mostra, che ha ottenuto il patrocinio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, del FAI – Delegazione di Verona, della Provincia di Verona e della Regione Veneto, vuole valorizzare l’eccezionale necropoli protostorica del III-II millennio a.C. indagata dalla soprintendenza tra il 2017 e il 2019 nella lottizzazione “Le Porte della città” in località San Francesco.

L’area della necropoli protostorica del III-II millennio a.C. indagata dalla soprintendenza tra il 2017 e il 2019 nella lottizzazione “Le Porte della città” in località San Francesco di Nogarole Rocca (vr) (foto sabap-vr)

Un momento dello scavo nella necropoli preistorica e protostorica di Pradelle di Nogarole Rocca (Vr) (foto sabap-vr)
Più di 40 sepolture risalenti al III-II millennio a.C. su un’area di 12.800 metri quadri. Basterebbero i numeri a dire dell’eccezionalità delle scoperte archeologiche condotte dalla Soprintendenza nel Comune di Nogarole Rocca. Le indagini hanno consentito di svelare una straordinaria necropoli preistorica e protostorica, che probabilmente si estendeva su un’area ancora più vasta. E che oggi diventa protagonista di una mostra. Attraverso l’esposizione dei reperti rinvenuti e il racconto dei risultati inediti degli studi in corso sul contesto, si evidenzia il legame di questo rinvenimento con la contemporaneità e le nuove sfide di oggi in termini di mobilità, coesistenza sociale e attrattività dei territori.

Le tracce dei tumuli funerari della necropoli preistorica e protostorica di Pradelle di Nogarole Rocca (Vr) (foto sabap-vr)
La campagna di scavo, che è stata diretta dall’allora funzionario archeologo di zona Gianni De Zuccato e dalla collega Paola Salzani, ha portato alla luce più di 40 sepolture, di epoche diverse: 8 di queste sono risalenti alla fine dell’età del Rame e associate alla Cultura del Bicchiere campaniforme. Imponente l’articolazione della successiva frequentazione fra Bronzo Antico e Bronzo Medio 1 con strutture funerarie circolari (tumuli) e più di 25 sepolture a inumazione e infine le 6 sepolture a cremazione della fine del II millennio a.C.

Una sepoltura a inumazione dalla necropoli preistorica e protostorica di Pradelle di Nogarole Rocca (Vr) (foto sabap-vr)
Gli scavi hanno permesso di recuperare non solo materiali archeologici di eccezionale valore ma anche un importantissimo patrimonio rappresentato dalle ossa dei defunti. È stato così possibile approfondire alcuni temi particolarmente attuali nella ricerca archeologica e nel dibattito scientifico a livello europeo, non solo sulle malattie, sulla dieta e sulla salute dei defunti. Infatti grazie alle analisi genetiche sul Dna e a quelle isotopiche si sono potute reperire informazioni e formulare ipotesi anche sui legami di parentela, sulla provenienza e mobilità degli individui e di alcune materie prime.
Rovereto. Sta per avere un volto il bambino di 10 anni morto più di 4mila anni fa nelle grotte di castel Corno (Tn) e trovato nella campagna di scavo del museo civico di Rovereto nel 1998. Presto una pubblicazione sul sito preistorico delle grotte di Castel Corno

Sta prendendo forma il volto del bambino di Castel Corno di più di quattromila anni fa. Nel 1998 il museo civico di Rovereto ha realizzato uno scavo nelle grotte di Castel Corno, a circa 800 metri di altitudine tra i paesi di Patone e Lenzima, nel comune di Isera (Trento), dove è stata rinvenuta una necropoli del Bronzo Antico le cui prime sepolture risalgono addirittura all’Età del Rame. Sono stati trovati anche i resti di un bambino sepolto all’età di 10 anni.

Nelle immediate vicinanze del castello medievale di Castel Corno un intricato labirinto di grotte formate da una frana fu infatti utilizzato nell’età del Bronzo antico (2200-1650 a.C.) a scopo cultuale e funerario. Il sito è stato oggetto di numerose campagne di scavo dal 1960 ad oggi; le ultime ricerche, condotte nel 1998-‘99 da parte del museo civico di Rovereto, hanno messo in luce numerosi reperti (vasellame, strumenti in pietra e in osso, resti di ossa umane e animali ed elementi d’ornamento, fra cui un “brassard” in pietra verde), oggi conservati ed esposti nelle sale museali.

Viviana Conti, che sta seguendo un progetto di WeScup – il servizio civile trentino al museo di Rovereto nell’area Archeologia, sta ricostruendo il volto di questo bambino grazie all’esperienza acquisita con la Laurea Magistrale in Arti Forensi in Gran Bretagna. Partendo dal teschio ritrovato ne è stata fatta una riproduzione digitale e una prima ricostruzione del volto in 2 dimensioni con Photoshop. Poi il modello di teschio è stato stampato con una stampante 3D e ricoperto prima ricostruendo i muscoli e poi con una finta pelle, fatta di un materiale utilizzato anche per le protesi cinematografiche che renderà l’effetto finale molto realistico anche al tatto.


Sezione delle grotte di Castel Corno e localizzazione dei sondaggi eseguiti, rielaborata da Regola (foto fmcr)
È in fase di preparazione una pubblicazione sul sito preistorico delle grotte di Castel Corno a cura di Maurizio Battisti della Fondazione museo civico di Rovereto e Umberto Tecchiati dell’università di Milano che comprende anche questo interessante progetto. Ma a breve verrà pubblicato anche un approfondimento sul sito del museo. “Le sepolture, purtroppo depredate da scavi abusivi”, scrivono Battisti e Tecchiati, “sono databili tra la fine dell’Età del Rame e la prima Età del Bronzo. Quasi tutte le ossa provengono dalla Grotta 3. Le ossa e i denti, in numero di 190, rinvenuti in questa grotta, sono di almeno 1 feto, 3 subadulti rispettivamente di circa 8 anni e 2 di circa 11 anni, e 2 adulti di sesso indeterminato. L’unico reperto scoperto nella Grotta 1 è una vertebra di un adulto. Solo un radio e un’ulna retti, e il loro controlaterale, sono stati trovati in connessione e così tante ossa rimangono non attribuite. Sono presenti ipoplasia dello smalto e cribra orbitali, carie, tartaro e abrasione dentale. In generale, la situazione dentale mostra molte anomalie di crescita, magari di carattere ereditario o di aspetto endemico della popolazione. Inoltre, le ossa mostrano un ritardo di crescita per quanto riguarda l’invecchiamento dentale. L’unico teschio e il frammento di fibula mostrano aree carbonizzate probabilmente dovute ad eventi tafonomici (fossilizzazione) o a rituali post-deposizionali”.
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