Torino. Al museo Egizio quinto appuntamento del ciclo “Nel laboratorio dello studioso”: protagoniste la dea Anuket e le altre divinità venerate sull’isola Elefantina di Aswan nella mostra curata da Paolo Del Vesco “Un santuario portatile per la dea Anuket”

È dedicato alla dea Anuket e alle altre divinità venerate sull’isola Elefantina di Aswan il quinto appuntamento di “Nel laboratorio dello studioso”, il ciclo di mostre bimestrali dedicato all’attività scientifica condotta da curatori ed egittologi del dipartimento Collezione e Ricerca del Museo Egizio di Torino. La nuova mostra, dal titolo “Un santuario portatile per la dea Anuket”, è debuttata il 14 gennaio 2022 all’Egizio. Al centro dell’esposizione un piccolo santuario in legno, risalente al tempo del faraone Ramses II (ca. 1279-1213 a.C.), dedicato alla dea Anuket e ad altre divinità venerate nell’importante centro religioso di Elefantina, presso Aswan, nell’Egitto meridionale. L’ottimo stato di conservazione, la presenza di un portico con due colonne sulla facciata e le decorazioni sulle pareti, tra cui una scena con navigazione fluviale della barca sacra della dea Anuket, sono alcuni degli elementi che rendono il manufatto un oggetto unico nel suo genere.


L’archeologo Paolo Del Vesco, curatore al museo Egizio di Torino (foto museo Egizio)
La mostra è stata curata da Paolo Del Vesco, curatore e archeologo del museo Egizio dal 2014, con esperienze di scavo in Italia, Siria, Arabia Saudita, Egitto e Sudan. In particolare, Del Vesco ha partecipato alle missioni archeologiche del museo Egizio a Saqqara e a Deir el-Medina e ha collaborato alla realizzazione delle mostre “Missione Egitto 1903-1920. L’avventura archeologica M.A.I. raccontata” (2017- 2018) e “Anche le statue muoiono. Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo” (2018) e delle nuove sale dell’Egizio “Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani?” (2021). Sono previste due visite guidate da un’ora con il curatore della mostra: la prima il 25 gennaio 2022 e la seconda il 1° marzo 2022, entrambe alle 16.30. La partecipazione è consentita a un massimo di 25 persone con prenotazione online; il costo è di 7 euro a persona (escluso il biglietto d’ingresso). La mostra si conclude il 20 marzo 2022.

Il santuario in scala ridotta proviene dal sito di Deir el-Medina, il villaggio che durante il Nuovo Regno ospitava gli artigiani che realizzavano le tombe della Valle dei Re e delle Regine, e apparteneva ad un certo Kasa, un membro di questa particolare comunità. Lo stesso Kasa, suo figlio Nebimentet e altri loro familiari sono raffigurati sulle pareti esterne del piccolo santuario, mentre si prodigano in offerte in onore della dea Anuket, dal caratteristico copricapo svasato di piume di struzzo, faceva parte, insieme al dio a testa di ariete Khnum e alla dea Satet, della triade divina venerata nell’area di Elefantina. La devozione verso queste tre divinità era particolarmente sviluppata poiché si credeva che esse garantissero e controllassero il fenomeno naturale in assoluto più importante per la prosperità della civiltà egiziana: la piena annuale del Nilo e la conseguente inondazione dei campi.


Le due tele di Lorenzo Delleani del 1871 con il museo Egizio e il museo di Scienze naturali (foto museo egizio)
Oggetti di questo tipo sono estremamente rari. Per altri esempi di santuari lignei in scala ridotta, ma appartenenti ad epoca diversa e comunque privi del portico frontale a colonne, bisogna scomodare il ricchissimo corredo funebre del faraone Tutankhamon. La particolarità e la bellezza del piccolo santuario della dea Anuket, che arrivò a Torino con la collezione Drovetti intorno al 1824, colpì anche il pittore Lorenzo Delleani: nel suo dittico del 1871, intitolato “I Musei” ha ritratto lo scorcio di una sala dell’Egizio dell’epoca, riproducendo in primo piano proprio questo oggetto. Un dettaglio che i visitatori possono scorgere all’inizio del percorso di visita del museo Egizio, nelle sale dedicate alla storia della collezione, dove il dipinto è attualmente in esposizione.

A far da corollario al santuario sono esposte alcune stele che testimoniano la vita religiosa della comunità di Deir el-Medina. Spiccano fra queste una stele dedicata al sovrano divinizzato Amenhotep I e a sua madre, la regina Ahmose Nefertari, considerati numi tutelari del villaggio, una stele dedicata ad una manifestazione della dea Hathor ed una realizzata in onore della dea serpente Meretseger, “colei che ama il silenzio”. Altri oggetti in mostra ci parlano poi di culti legati ad una sfera più domestica e familiare: piccole stele e busti che testimoniano, ad esempio, la devozione verso gli antenati, o figurine femminili in terracotta impiegate in rituali connessi con la fertilità, con la protezione della maternità e la cura di punture di scorpioni o morsi di serpenti.
Egitto. Al Cairo il conto alla rovescia è cominciato per la grande parata dei faraoni del 3 aprile col trasferimento di 22 mummie reali dal museo Egizio di piazza Tahrir al nuovo museo nazionale della Civiltà egizia di Fustat. Oggi conosciamo altri sei protagonisti dei protagonisti del corteo
Al Cairo il conto alla rovescia è cominciato. Manca una settimana al grande giorno, il 3 aprile 2021, per la parata reale dei faraoni: cioè il trasferimento di 22 mummie reali dal museo Egizio di piazza Tahrir al museo nazionale della Civiltà egizia a Fustat, e alla contestuale inaugurazione del nuovo museo alla periferia del Cairo. E in attesa del grande evento il ministero del Turismo e delle Antichità “svela” i nomi di re e regine le cui mummie andranno a stare nella nuova dimora a Fustat: dopo Seqenenre Taa II, Ahmose Nefertari, Amenhotep I, e Ahmose Merit Amon, oggi facciamo la conoscenza di altri sei protagonisti della “Golden parade” del 3 aprile 2021.

La mummia del re Thutmosi I della XVIII dinastia (Nuovo Regno), trovata nel nascondiglio di Deir el-Bahari (TT320) nel 1881, è una delle 22 mummie che saranno trasferita dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà Egizia. Divenne re dopo la morte senza eredi del re Amenhotep I. Salì al trono all’età di quasi quarant’anni, durante il suo regno il dominio egiziano si estese a Sud. Le sue campagne militari hanno aperto nuove opportunità di scambio commerciale e relazioni diplomatiche ed economiche con i vicini dell’Egitto. Ha avuto molti figli, tra cui la regina Hatshepsut.

La mummia del re Thutmosi II, trovata nel nascondiglio di Deir el-Bahari (TT320) nel 1881, è una delle 22 mummie che saranno trasferita dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà Egizia. Il re Thutmosi II è il figlio del re Thutmosi I (XVIII dinastia, Nuovo Regno). Il suo regno è stato assicurato attraverso il suo matrimonio con la sorellastra, Hatshepsut, figlia di Thutmosi I. Suo figlio, Thutmosi III, gli succedette sul trono. Gli studi dimostrano che il re morì all’età di circa 30 anni.

La mummia della regina Hatshepsut, trovata nel 1903 nella tomba (KV 60), nella Valle dei Re a Luxor, è tra le 22 mummie reali che saranno trasferite dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà Egizia il 3 aprile 2021. La regina Hatshepsut è la figlia del re Thutmosi I. I successi di Hatshepsut come potente regina, e poi faraone al potere, l’hanno resa una delle figure più famose nella storia dell’antico Egitto. Sposata con il suo fratellastro, Thutmosi II, Hatshepsut divenne reggente dell’Egitto, un monarca in tutto tranne che nel nome. Per diversi anni ha governato il Paese per conto del figliastro. Nell’antico Egitto, una donna non poteva diventare faraone. Hatshepsut, in quanto figlia di un faraone e moglie di un altro, rivendicava la più pura stirpe reale e presto si dichiarò faraone.

La mummia del re Thutmosi III, trovata in un sarcofago di cedro nel nascondiglio di Deir el-Bahari (TT320) nel 1881, sarà trasportata nella processione delle mummie reali dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà Egizia il 3 aprile 2021. Troppo giovane per governare dopo la morte di suo padre, Thutmosi III iniziò il suo regno come monarca solo di nome. La sua matrigna, Hatshepsut, è stata sua reggente per diversi anni e poi si è dichiarata faraone. Per i successivi due decenni, il giovane monarca crebbe fino a diventare quello che sarebbe stato il suo ruolo finale: uno dei faraoni guerrieri del Nuovo Regno. Dopo la morte di Hatshepsut, ha lanciato una serie di campagne militari che hanno consolidato la posizione dell’Egitto come una delle superpotenze della regione. La sua battaglia a Megiddo è considerata un modello di strategia militare.

La mummia del re Amenhotep II, stata trovata nel 1898 nella sua tomba (KV 35) nella Valle dei Re a Luxor, sarà tra le 22 mummie che saranno trasportate nella processione delle mummie reali dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà Egizia. Il re Amenhotep II, figlio del re Thutmosi III della XVIII dinastia (Nuovo Regno), era famoso per essere un grande atleta, era il più alto della sua famiglia e si vantava della sua abilità atletica e spesso si rappresentava mentre eseguiva esercizi sportivi che riflettevano forza e abilità. Aveva la reputazione di eccellente auriga e mostrava una notevole abilità con l’arco e le frecce. Ha lanciato campagne per garantire ricchezza e potere per l’Egitto.

La mummia del re Thutmosi IV, che fu trovata nel 1898 nella tomba di Amenhotep II (KV 35) nella Valle dei Re, è una delle 22 mummie reali che saranno trasportate in un maestoso corteo dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà Egizia di Fustat. Thutmosi IV è il figlio del re Amenhotep II, della XVIII dinastia del Nuovo Regno. La “Stele del Sogno” eretta dal re Thutmosi IV tra i piedi della Sfinge a Giza ci racconta che quando era un giovane principe si addormentò all’ombra di questa figura colossale, durante una battuta di caccia nel vicino deserto. La Sfinge gli apparve in sogno e gli ordinò di rimuovere la sabbia che ricopre il suo corpo, in cambio di diventare il prossimo re sul trono del paese.
Egitto. Il 3 aprile sarà inaugurato il nuovo museo nazionale della Civiltà egizia a Fustat, proprio nel giorno della grande parata reale col trasferimento di 22 mummie reali dal museo Egizio di piazza Tahrir. La sala delle mummie sarà visitabile dal 18. Ecco alcuni dei re e regine protagonisti del corteo

Il 3 aprile 2021 sarà un giorno importante per il Cairo e tutto l’Egitto. Ci sarà la parata reale dei faraoni: cioè il trasferimento di 22 mummie reali dal museo Egizio di piazza Tahrir al museo nazionale della Civiltà egizia a Fustat. Ma quello sarà il giorno proprio dell’inaugurazione del nuovo museo alla periferia del Cairo. Proprio nell’ambito del piano del ministero del Turismo e delle Antichità per promuovere il museo nazionale della Civiltà Egizia a Fustat dopo la sua apertura, il prossimo 3 aprile 2021, Khaled el-Anani, ministro del Turismo e delle Antichità, ha concesso un 50% riduzione sul prezzo del biglietto per egiziani e stranieri per un periodo di due settimane, dal 4 al 17 aprile 2021, per visitare l’esposizione. Sarà inoltre consentita la visita alla Royal Mummies Hall, a partire dal 18 aprile 2021, che coincide con la Giornata del Patrimonio Mondiale. Infatti proprio nelle due settimane successive all’apertura del museo, la sala sarà allestita e le mummie saranno collocate all’interno delle loro due visualizzare le volte.

Intanto cresce l’attesa per la processione delle mummie reali del 3 aprile 2021. Intanto il ministero del Turismo e delle Antichità dà qualche informazione in più sulle mummie reali che andranno a stare nella nuova dimora a Fustat: 10 delle 22 mummie, che saranno trasferite dal museo Egizio al museo nazionale di Civiltà egizia sono state trovate nel 1881 nel nascondiglio di Deir al-Bahari, che è stato il primo a essere scoperto in Egitto. Si tratta della tomba TT320, nota anche come “deposito reale”, situato vicino a Deir al-Bahari nel cimitero di Taiba, a ovest di Luxor.

Nel 1898, l’egittologo francese Victor Loret trovò un altro deposito di mummie reali nella tomba del re Amenhotep II (KV35), nella Valle dei Re a Luxor. All’interno di questo nascondiglio sono state trovate altre 10 delle 22 mummie che saranno trasferite dal museo Egizio al museo nazionale della Civiltà egizia.

La mummia di Seqenenre Taa II, stata scoperta nel deposito di Deir El-Bahari (TT320), a ovest di Luxor nel 1881, è una delle 22 mummie reali che saranno trasferite nella parata reale dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà egizia. Il re Seqenenre Taa II era il sovrano di Tebe (l’odierna Luxor). La storia ricorda Seqenenre Taa come il re che iniziò la guerra di liberazione contro gli Hyksos, una guerra che continuò con i suoi figli Kamose e Ahmose I.

La mummia della regina Ahmose Nefertari, scoperta nel nascondiglio di Deir el-Bahari (TT 320) nel 1881, è una delle 22 mummie reali che saranno trasferite dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale della Civiltà egizia di Fustat. Potente e influente durante la sua vita, Ahmose Nefertari mantenne il suo potere durante il regno di suo figlio, Amenhotep I; madre e figlio furono venerati come coppia divinizzata dagli egiziani, specialmente nella necropoli di Deir el-Medina.

La mummia del re Amenhotep I, scoperta nel nascondiglio di Deir el-Bahari (TT 320), a ovest di Luxor nel 1881, sarà tra 22 mummie reali trasferite in una grande parata dal museo Egizio di Tahrir al museo nazionale Egizio civiltà. Il secondo faraone della XVIII dinastia, Amenhotep I, era un bambino quando divenne re e governò con l’assistenza di sua madre, la regina Ahmose Nefertari. Amenhotep I ha condotto diverse campagne militari. Ha anche iniziato o completato molti progetti di costruzione. Ricordato come un grande sovrano, fu divinizzato dopo la sua morte insieme a sua madre.

La mummia della regina Ahmose Merit Amon, figlia del re Ahmose e della regina Ahmose-Nefertari, scoperta nel 1930 nella tomba numero (TT 358) a Deir el-Bahari, a ovest di Luxor, è una delle mummie che verrà trasportata nella parata delle mummie reali che il mondo sta aspettando.
#iorestoacasa. “Le Passeggiate del Direttore”: con il dodicesimo appuntamento il direttore del museo Egizio, Christian Greco, ci fa conoscere gli artisti e gli artigiani del villaggio di Deir el Medina fondato da Amenhotep I, e la ricca collezione dagli scavi di Schiaparelli e della MAI
Le “Passeggiate del Direttore”, giunte al dodicesimo appuntamento, ci portano a tu per tu con gli artigiani e gli artisti che realizzarono le tombe dei faraoni e delle regine. Questi vivevano nel villaggio di Deir el Medina. Ed è proprio dalle sale dedicate alla cultura materiale di questo villaggio che parte la “passeggiata” del direttore Christian Greco. La pianta mostra chiaramente il nucleo abitativo con le necropoli a occidente e a oriente. “Il villaggio – ricorda Greco – era già stato investigato dagli agenti di Drovetti. E a Torino ci sono molti oggetti della collezione Drovetti. Ma fu oggetto di indagini specifiche a partire dal 1903 da parte di Ernesto Schiaparelli e della Missione Archeologica Italiana in Egitto”. Ma perché questo villaggio è così importante? “Deir el Medina fu fondato all’inizio del Nuovo Regno (XVI sec. a.C.) per insediare gli artigiani, i lavoratori, gli artisti che dovevano poi costruire e portare a compimento le tombe nella Valle dei Re e nella Valle delle Regine. Si tratta di una comunità di circa 120 famiglie che ha una sua evoluzione dall’inizio del Nuovo Regno all’età ramesside: quindi una comunità che per più di 500 anni continuerà ad abitare in questo villaggio e a costruire le tombe regali”.

La statua cultuale in calcare bianco del faraone Amenhotep I proveniente da Deir el Medina e conservata al museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)
Il museo Egizio di Torino possiede una delle collezioni più importanti che ci parlano degli abitanti di Deir el Medina. “Una statua in calcare bianco ci ricorda uno dei fondatori del villaggio, il faraone Amenhotep I, oggetto di un culto privato e personale proprio all’interno del villaggio. Sulla statua – tra l’altro – si legge “Sa Ra” cioè “figlio del dio Sole”, che mostra ancora una volta la relazione molto stretta tra il sovrano e la divinità solare. Nella IV dinastia si aggiunse questo epiteto a quello regale e la solennizzazione del culto divenne molto importante. Il sovrano – ricordiamolo – non è solo colui che regge le sorti politiche, economiche e militari del Paese, ma è davvero colui che fa in modo che Maat (“l’ordine”) in Egitto possa essere portato avanti. La sua connessione con il divino quindi è fondamentale. Ma non c’è solo il culto del faraone. Anche la madre, Amhose Nefertari, viene vista come una divinità protettrice del sito di Deir el Medina. Di lei il museo Egizio di Torino possiede una serie di statue lignee importantissime, in cui a volte viene anche rappresentata con un colore nero. Probabilmente è un aspetto simbolico-rituale. Il nero è un colore importantissimo per l’antico Egitto. Lo stesso Egitto veniva chiamato Kemet “terra nera”, che altro non è che il limo che si deposita sulle sponde del Nilo quando vi è l’inondazione del dio Hapi, che fa diventare la terra molto fertile. Ecco quindi che il nero simboleggia la fertilità e la rinascita del Paese. Faraone e regina vengono continuamente rappresentati in vari oggetti che sono stati ritrovati a Deir el Medina: in stele dove i proprietari fanno delle offerte, ma anche in intarsi lignei che facevano parte del mobilio e a volte addirittura in un piccolo ostracon. Tantissimi e svariati gli oggetti provenienti da Deir el medina. Tra questi, un piccolo modellino di cappella: proprio quello dipinto in un quadro di Lorenzo Delleani, dove si vedeva Ariodante Fabretti, l’allora direttore del museo, insieme a Lanzone in una sala mentre studiavano gli oggetti e proprio sul pavimento era posizionato questo oggetto molto importante che si vede nella sezione di Deir el Medina”.
Il museo egizio ha avito un ruolo fondamentale nel determinare chi fossero questi lavoratori nel villaggio di Deir el Medina. Ed è stato possibile non solo grazie alla cultura materiale che era qui preservata, ma agli studi che proprio in questo museo vennero portati avanti, soprattutto da Černý, uno studioso che proveniva da quella che allora era la Cecoslovacchia e che nell’immediato dopoguerra cominciò a fare visite regolari in museo a Torino, a studiare i documenti qui preservati, scrivendo un libro fondamentale, “The Workman Village”, ancora oggi di importanza vitale per chiunque si voglia dedicare agli studi di Deir el Medina.
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