Aquileia (Ud). Apre al Battistero della Basilica Patriarcale la mostra “La soppressione del Patriarcato e le sue eredità” incentrata sul patriarca Poppone, nell’ambito del progetto “Grande Patriarcato. Dalla fine dell’antichità ai Dolfin” con altre mostre a Grado, Udine, Cividale del Friuli, San Vito al Tagliamento

Giovedì 22 maggio 2025, alle 17, al Battistero della Basilica Patriarcale di Aquileia, si inaugura la mostra “La soppressione del Patriarcato e le sue eredità” realizzata nell’ambito del progetto “Grande Patriarcato. Dalla fine dell’antichità ai Dolfin”, titolo del volume che racconta l’evoluzione e l’influenza del Patriarcato di Aquileia sul Friuli. L’iniziativa è a cura del Gruppo Archeologico Aquileiese, con il contributo di Fondazione Aquileia, Fondazione Friuli, Pro Loco Città di Udine, Cassa Rurale FVG. A partire da Aquileia romana si sviluppò infatti il Patriarcato di Aquileia, genesi del Friuli odierno, da cui si irradiò per secoli un’influenza storica, culturale e religiosa verso ampie aree del nord Italia e le vicine regioni in Austria, Slovenia e Croazia. Accanto alla pubblicazione, c’è dunque anche una mostra diffusa che toccherà cinque luoghi simbolo della storia patriarcale: Aquileia (22 maggio – 31 agosto 2025), Grado (Il Patriarcato di Grado tra Aquileia e Venezia, dal 30 maggio al 31 agosto 2025); Udine (Splendori dell’ultima dimora Patriarcale, dal 1° giugno al 31 agosto); Cividale del Friuli (Sobria nobiltà del Patriarcato medievale, dal 31 maggio al 31 agosto); e San Vito al Tagliamento (La lussuosa vita di un patriarca prestigioso: Lodovico Trevisan, dal 24 maggio al 31 agosto durante i fine settimana). Ad Aquileia, dal 22 maggio al 31 agosto, la mostra si concentra sulla figura del patriarca del Medioevo centrale Poppone, attraverso il quale si gettarono le basi perché fosse concesso agli illustri prelati di disporre di un proprio Stato e di battere moneta.

Antica mappa del Friuli (foto gruppo archeologico aquileiese)

Il patriarca Poppone. “La figura del patriarca Poppone di Aquileia – scrive il Gruppo Archeologico Aquileiese – è tra quelle che si stagliano nitide nel panorama storico del Medioevo centrale e non soltanto per la storia locale: fu infatti paragonato a Odilone di Cluny e Bernardo di Hildesheim, ovvero due tra le più lucide personalità religiose del Medioevo centrale. Con Poppone si gettarono le basi perché fosse concesso agli illustri prelati assisi sulla cattedra aquileiese di disporre di un proprio stato, di battere moneta, di avvalersi di tutta una serie di prerogative socio-economiche e militari che accrebbero -e di molto- il loro potere e di rimando il loro ruolo. Siamo all’inizio del fatidico Mille, che vide una progressiva frattura nei rapporti tra Sacro Romano Impero Germanico e Chiesa, la quale si iscriveva nella cornice dell’ambizioso progetto teutonico di controllo dell’Italia. Tramite per l’attuazione di questo disegno fu il patriarcato di Aquileia che, collocato in posizione assai strategica per l’impero, una volta potenziato con territori più ampi e opportuni benefici, sarebbe stato una garanzia di accesso alla Pianura padana ma anche di sosta e sicuro rientro in patria per truppe, convogli, delegazioni. Tutto ciò, a condizione di poter contare su ecclesiastici di sicura fedeltà. Diversi vescovadi veneti erano poi suffraganei del patriarca e quindi anche quei valichi erano assicurati.

“L’eredità di appoggio al Santo Romano Impero Germanico dei predecessori Rodoaldo (963-983) e Giovanni (984-1019) – continua – fu raccolta da Poppone, con cui avvenne una decisa virata in un senso ancor più marcatamente di conquista. Era stato infatti posto a capo del Regnum Italicum un uomo di assoluta affidabilità, imparentato alla lontana con la casa imperiale, della nobile schiatta degli Ottocari stiriani, per la cui investitura era intervenuto direttamente l’imperatore Enrico II detto il Santo (1002-1024). Correva l’anno 1019 e avrebbe ricoperto la carica patriarcale fino al 1042. Egli possedeva un background militare, familiare e religioso, oltre a una discreta ambizione e a una ferrea tenacia. De facto dal 1019 Poppone ricoprì l’ambito ruolo di vice-imperatore germanico nel Regnum italicum, che poté gestire con notevole autonomia, ancorché non in solitudine, cercando di sanare alcune ataviche contese che si erano incancrenite per una sostanziale frammentarietà ancora marcatamente medievale.

“La spedizione militare di maggiore eco – scrive sempre il Gruppo Archeologico Aquileiese – fu quella compiuta vittoriosamente in Italia meridionale nel territorio della Marsica, a fianco del suo imperatore, nel 1021. Nel 1024, anno della scomparsa di Enrico II, Poppone, pur privato del proprio alto mentore, sembrò non veder compromessa la propria posizione dall’ascesa al trono di Corrado II il Salico, che si premurò di confermargli la propria fiducia e lo appoggiò nell’attacco durissimo sferrato all’isola di Grado per dirimere, manu militari, il dubbio sulle controversie legate all’autocefalia del patriarcato gradese, prima sostenuto dai bizantini e poi da Venezia. Successivamente egli ebbe la concessione di numerose altre liberalità dall’imperatore, a conferma della linea enriciana seguita : il controllo su Grado, il riscatto del monastero di Ossiach (fatto erigere dai genitori) e la conseguente subordinazione al patriarcato di Aquileia, l’immunità della chiesa aquileiese, il diritto di riscuotere alcuni balzelli, l’importantissimo diritto di battere moneta, i diritti di riserva di caccia e di bosco dall’Isonzo alla Livenza, l’istituzione di un capitolo di 50 canonici; tutti fattori che, unitamente alla concessione di diverse giurisdizioni religiose o mercantili e all’assoggettamento al patriarca di numerosi centri del basso Friuli, gettarono le basi dell’ormai irreversibile processo di costituzione dello stato patriarcale (dal 1077 con Sigeardo ed Enrico IV).

La Basilica di Aquileia da drone con piazza Capitolo e piazza Patriarcato: le lastre di pietra di Aurisina bianca riproducono la sagoma dell’impianto edilizio antico (foto fondazione aquileia)

“Nel periodo successivo, nel 1033, si verificò la ricorrenza, attesa da più parti, del millenario della Passione di Cristo, in vista del quale il patriarca aveva fatto rinnovare la basilica, consacrata il 13 luglio del 1031 e pronta ad accogliere quei pellegrini che, attirati da importanti reliquie e dalle indulgenze concesse a Poppone dal papato, avrebbero trovato un duomo di eccezionale rilievo, strutturato secondo i canoni dell’Apocalisse di Giovanni, in cui la copia del Santo Sepolcro avrebbe sottolineato una volta di più il valore salvifico assicurato dalla sosta aquileiese. Egli avviò il rinnovamento e la costruzione ex novo di diversi edifici sacri o funzionali alla vita civile e, tra le altre istituzioni religiose, si impegnò a sostegno del monastero benedettino di S. Maria di Aquileia, che con Poppone fu rifondato e dotato di una serie di importanti beni e benefici, che ne avrebbero garantito una sussistenza sicura acciocché diventasse un luogo idoneo all’accoglienza delle giovani della nobiltà tedesca votate alla vita monastica. Corrado continuò anche nel prosieguo a mantenere la fiducia nel vecchio e combattivo patriarca, che sovente era stato anche in contrasto con i papi che si erano avvicendati a Roma. Nel 1034, infatti, gli riconobbe un ulteriore territorio tra il Piave e la Livenza e nel 1035 si fece rappresentare da lui alla consacrazione dell’abbazia di San Salvatore sul Monte Amiata, collocata in uno dei punti cruciali della Via Francigena.

“Un fatto però giunse a interrompere il sodalizio, senza una reale possibilità di ricomporlo – spiega il GAA -: Poppone, infatti, si macchiò della colpa di aver concesso una sorveglianza troppo blanda e aver così favorito la fuga dell’amico arcivescovo di Milano Ariberto d’Intimiano, divenuto inviso all’imperatore perché aveva appoggiato l’alta nobiltà contro feudatari minori, sostenuti invece da Corrado. Nonostante la scelta di una pubblica sottomissione, in tutto simile a quella che nel 1077 avrà per protagonista Enrico IV a Canossa, la situazione, benché si fosse andata stemperando, portò Poppone a un inesorabile isolamento, che si acuì ulteriormente due anni dopo con la scomparsa dell’imperatore. Il figlio Enrico III, che pure ebbe il riguardo di concedergli delle donazioni importanti, ritenne tuttavia di puntare su altri uomini, anche per le decisioni politiche da intraprendere in merito alle questioni italiche. Un ultimo assalto portato a Grado, recalcitrante alla sottomissione che anche Enrico III aveva sancito, attesta come lo spirito restasse indomito, nonostante le traversie patite. Poppone spirò il 28 settembre 1042, forse a seguito di un arresto cardiaco. Con lui si chiuse una stagione di grandi innovazioni, resa possibile solo grazie all’appoggio fortissimo del potere centrale, di cui egli era emanazione diretta. Aquileia con Poppone, esempio di lucida intelligenza e coraggio del cambiamento, – conclude lo scritto – ridivenne centro di irradiazione di cultura in una nuova e grande età dell’oro, dopo i fasti del periodo romano. Egli lasciò al Friuli l’eredità dello stato patriarcale e al mondo il fascino di una basilica che racchiude tra i suoi tesori anche quelli realizzati dai più quotati artisti europei del Mille, cui Poppone commissionò la “propria” celebrazione”.

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