Alla Reggia di Portici (Na) ultimo mese per visitare la mostra “Materia. Il legno che non bruciò ad Ercolano” promossa dal parco archeologico di Ercolano: l’unica città del mondo romano che conserva il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Il direttore Sirano ci introduce alla mostra e ci accompagna in una breve visita guidata

Veduta dall’alto della Reggia di Portici che ospita la mostra “Materia” promossa dal parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, all’ingresso della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano” alla Reggia di Portici (foto giorgia bisanti)
“È trascorso quasi un anno dalla inaugurazione della mostra sui legni alla Reggia di Portici”, dichiara il direttore del parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, “e in quest’anno sono stati migliaia i visitatori che hanno colto l’occasione di godere dell’offerta culturale integrata Reggia-Parco Archeologico grazie ad un progetto condiviso con entusiasmo e coraggio dalla Città Metropolitana di Napoli, dal dipartimento di Scienze agrarie, dal Centro MUSA e dal parco archeologico di Ercolano, con il sostegno della Regione Campania”. Ma c’è ancora un mese di tempo per poter visitare la mostra “Materia. Il legno che non bruciò ad Ercolano”, a cura di Francesco Sirano e Stefania Siano, scrigno privilegiato fino al 31 dicembre 2023 del patrimonio di reperti in legno assolutamente unico provenienti dall’antica Ercolano, allestita in un luogo anch’esso unico quale la splendida Reggia di Portici, residenza estiva della famiglia reale borbonica, sede dell’Herculanense Museum e oggi straordinario laboratorio di ricerca e luogo della cultura grazie alla presenza del dipartimento di Scienze agrarie dell’università “Federico II” di Napoli. Ercolano non solo è l’unica città del mondo romano che conserva il suo antico fronte a mare e l’elevato delle case sino al secondo piano, ma anche il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Lo si deve al particolare tipo di seppellimento, causato dalle ondate di fango vulcanico dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “È una mostra che porta su di sé non solo gli eccezionali valori storico archeologici dei mobili di legno dell’antica Ercolano – continua Sirano -, non solo l’interesse artistico e architettonico della reggia di Portici, ma anche il lavoro e la costante cura da parte di decine e decine di persone grazie al cui straordinario impegno essa è stata resa possibile. Anzi si potrebbe quasi dire che il legno, questa materia così particolare, quotidiana, sopravvissuta inaspettatamente a una immane catastrofe, abbia compiuto l’ulteriore miracolo di attirare intorno a sé tanta positiva energia da parte della comunità coinvolta nella gestione, così come da parte dei visitatori”. E proprio il direttore Sirano introduce alla mostra con due interventi per archeologiavocidalpassato.com.
Come è nata questa mostra? E perché nella Reggia di Portici? “Il patrimonio archeologico dell’antica Ercolano – sottolinea Sirano – è eccezionale sotto tutte le prospettive, ma in particolare ci colpisce la presenza del legno. Il legno, come altri materiali organici, si è conservato perché durante l’eruzione del Vesuvio i flussi piroclastici erano privi di ossigeno, molto densi dal punto di vista fisico. In mancanza di ossigeno non permisero che il legno bruciasse. Non ci fu combustione. Quindi i materiali organici nei secoli di permanenza sotto la coltre vulcanica si sono mineralizzati. Così abbiamo avuto la fortuna di avere un patrimonio incredibile, soprattutto di materiale da costruzione o anche materiale in legno che arredava le case. Questi materiali sono stati restaurati nei decenni dopo la loro scoperta per lo più durante gli scavi eseguiti sotto la direzione di Amedeo Maiuri a partire dagli anni Trenta del secolo scorso. Sono stati restaurati certosinamente da generazioni e generazioni di archeologi e di restauratori. Si trovavano nei nostri depositi. E a questo punto con tutto lo staffi del parco abbiamo deciso che non si poteva più aspettare, e bisognava condividere questo incredibile patrimonio con i visitatori. E abbiamo deciso non a caso di localizzare questa esposizione nella Reggia di Portici, un luogo per noi fondamentale: un po’ un ritorno dei materiali di Ercolano nel luogo in cui furono esposti a partire dal 1738, quando cominciarono gli scavi, e dopo pochi anni, una volta allestita la Reggia, qui ebbe sede l’Herculaneum museum, cioè quello che poi fu il primo nucleo del futuro museo Archeologico nazionale di Napoli”.
Con Sirano, breve introduzione-visita guidata alla mostra alla Reggia di Portici. “La mostra “Materia” cerca di condurre il visitatore in un viaggio anche emotivo – spiega Sirano – perché il legno, il materiale che accompagna la nostra vita tutti i giorni, è stato utilizzato per tutti i secoli e questo ci rende molto familiare il ritrovare degli oggetti che ancora oggi possiamo trovare e riconoscere nelle nostre case. È un viaggio che comincia passando per l’evocazione del momento della distruzione di questi luoghi a causa dell’eruzione del 79 d.C. e continua passando all’interno di un’officina. La “materia” che in latino vuol dire sia materia come è per noi oggi, ma anche il legno grezzo, legno destinato non ad ardere ma a essere materiale da costruzione oppure materiale per creare dei mobili. Questa materia ci viene introdotta dalla mostra dapprima nel suo stato originale: quindi abbiamo del legno. Evochiamo del legno fresco attraverso una sponsorizzazione tecnica, un aiuto che abbiamo avuto da una società di ebanistica che ha una collezione – si chiama xiloteca – una collezione di legni preziosi che ci ha messo a disposizione. Per passare poi in una evocazione di una sorta di officina dove il legno veniva lavorato. E qui troviamo strumenti, troviamo materiali vari di decorazione, applique, anche strumenti – come dicevo – sia dell’antica Roma del periodo appunto che vengono dagli scavi di Ercolano, sia strumenti molto più recenti, risalenti all’Ottocento, che ci fanno capire come le tecniche di lavorazione del legno siano delle tecniche molto conservative e che hanno una continuità straordinaria fino ai giorni nostri.

Lacunare del soffitto in legno della Casa del Rilievo di Telefo a Ercolano (foto graziano tavan)
“Si passa poi a conoscere il legno nel suo uso architettonico – continua Sirano -. E abbiamo lo splendido soffitto della Casa del cosiddetto Rilievo di Telefo, appartenuta in origine alla famiglia dei Noni Balbi, una delle famiglie più importanti soprattutto in età augustea di Ercolano antica, una sala splendidamente decorata con marmi al pavimento, alle pareti e poi con questo soffitto di legno colorato, addirittura con lacunari – che quindi sono davvero una premessa di quelli che poi saranno i soffitti rinascimentali, lacunari che come dicevo giocano a trompe l’oeil, cercano di suggerire una serie di livelli che vanno verso l’alto, verso il tetto, e decorati al centro con rosette di cui sono state ritrovate anche delle tracce di foglia d’oro. Quindi una decorazione sontuosa.

Mostra “Materia” alla reggia di Portici: sala con una barca e strumenti legati al mondo della marineria (foto graziano tavan)
“Per poi passare a un altro degli utilizzi che rendeva il legno così prezioso, come già Plinio ci racconta, per gli antichi (“Mille sono gli usi degli alberi, in mancanza dei quali non sarebbe possibile vivere. Con l’albero solchiamo i mari e avviciniamo le terre l’una all’altra, con l’albero costruiamo le case”, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XII, 2). E infatti qui abbiamo una sala dove si espone una barca e si espongono altri strumenti che sono legati al mondo della marineria.

Mostra “Materia” alla Reggia di Portici: una sorta di fiume dove dove scorrono i nomi degli alberi associati a una divinità (foto graziano tavan)
“E poi si passa attraverso una sala in cui si evoca questo significato forte che ha il legno. Il legno non è un semplice materiale per gli antichi romani, ma anche una materia vivente nella quale si innestano una serie di presenze, di divinità: ci sono dei miti legati al legno, ai vari tipi di albero, e ci sono anche – si ricordano nelle fonti letterarie – le varie invenzioni tecniche legate all’uso del legno (“Alcune specie di alberi sono oggetto di una continua protezione in quanto dedicate ciascuna ad una sua propria divinità, come la quercia a Giove, l’alloro ad Apollo, l’olivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole. Inoltre, crediamo che i boschi siano popolati da Silvani, Fauni e varie specie di dee, attribuendo alle selve divinità peculiari, come se fossero scese dal cielo”, Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XII, 2): e qui c’è una sorta di fiume dove passano queste parole che ci introducono all’ultima sala, che è una radura.

Una sala della mostra “Materia” alla Reggia di Portici che ricrea una radura immaginaria (foto graziano tavan)
“Si propone una radura immaginaria. Cambia il pavimento. Diventa morbido il calpestio, perché si immagina di essere in un sottobosco e ai piedi di alberi diciamo stilizzati noi troviamo questi mobili, cioè il legno lavorato. E qui una serie di oggetti di straordinario interesse si susseguono uno all’altro, permettendoci di avere un’idea insieme ammirata, ma anche molto familiare. E a questo collabora il fatto che abbiamo deciso di trasformare un po’ anche la didattica della mostra – conclude Sirano – e sarà una sorpresa appunto che vi riserveremo per chi avrà il piacere di venirci a trovare”.
“Lapilli sotto la cenere”: la quinta clip del parco archeologico di Ercolano ci fa scoprire la mensa degli antichi ercolanesi, che tenevano una dieta principalmente vegetariana con poche proteine dal pescato e animali da allevamento
Nella quinta clip dei Lapilli sotto la cenere del Parco Archeologico di Ercolano, il direttore Francesco Sirano ci accompagna alla scoperta della mensa degli antichi ercolanesi. Grazie al ritrovamento di numerosi reperti organici tra cui legumi, cereali, frutta e cibi preparati è possibile risalire alle abitudini alimentari e commerciali della città di Herculaneum. “Gli scavi archeologici”, spiega Sirano, “ci hanno fatto ritrovare frutta, cereali, legumi, cibi già preparati che si trovavano sulle mense come nei negozi nei ristoranti nei depositi dell’antica Ercolano. Talvolta ne sono stati trovati in quantità davvero considerevoli come nel caso dei cereali: sul cardo quarto un silos conteneva più di 100 chilogrammi di grano”. Alcuni di questi materiali ci aprono una finestra verso i commerci internazionali di Ercolano come dimostra il ritrovamento dei datteri. Se prepariamo una selezione dei principali cibi che si trovavano sulle mense degli antichi ercolanesi, notiamo subito il loro colore uniforme dovuto al fatto che hanno subito un processo di carbonizzazione ma se li osserviamo più da vicino li possiamo riconoscere ancora oggi. Con la restauratrice Elisabetta Canna e l’archeologa Stefania Siano andiamo alla scoperta di questi alimenti. I cereali: abbiamo il grano, l’orzo, il miglio e il farro. E poi cipolle e spicchi d’aglio. Poi abbiamo i legumi: ceci, lenticchie, fave, piselli. Passiamo alla frutta: moltissimi i resti di fichi, mandorle, abbiamo alcune noci, e preziosissimi frammenti di melograno, e infine datteri, un frutto più esotico. Interessante anche la scoperta di frammenti di lievito madre con cui si poteva impastare il pane che aveva due forme diverse: la focaccia e la pagnotta, quest’ultima con un segno radiale per invitare il taglio delle fette di pane. Dalle fonti letterarie sappiamo che questo pane si accompagnava con il consumo delle olive. L’apporto proteico era poi completato dalle uova, dai frutti di mare e dal pesce, e dalle proteine di animali di allevamento. Tra i frutti di mare, capesante, murice, conchiglie di vongole. Il pesce era anche quello pescato all’interno dei golfo. Attraverso l’analisi dei resti recuperati nel setacciamento di materiali gettati in una fogna è stato possibile riconoscere più di 50 specie di pesci, presenti ancora oggi nel golfo di Napoli. Gli antichi ercolanesi per preparare i cibi utilizzavano tegami, pentole di terracotta e di metallo. Invece tegami e pentole di bronzo venivano utilizzati per servirli durante dei pasti di particolare importanza in occasione di festività e solennità familiari. “Si tratta dunque di una dieta basata prevalentemente sul regime vegetariano con apporti proteici dal regime animale estremamente limitati. Molto interessanti sono i dati ricavati dalle analisi paleo-nutrizionali sulle ossa e la dentatura dei fuggiaschi che si trovavano sull’antica spiaggia. Questi dati hanno confermato un accesso alle proteine animali molto limitato, prevalentemente ai livelli sociali più alti della comunità locale”.
“Lapilli di Ercolano”: l’archeologa Stefania Siano si porta a scoprire il teatro antico, il primo monumento scoperto nel 1738. Intanto il Tricolore illumina la facciata di ingresso del Parco Archeologico di Ercolano
Seconda puntata di “Lapilli di Ercolano”: il viaggio virtuale nella città antica continua! Nel rispetto dell’impegno #iorestoacasa. Questa volta è Stefania Siano, funzionaria archeologa del parco archeologico di Ercolano, accompagna gli appassionati lì dove ha avuto inizio la storia degli scavi archeologici di Herculaneum: il Teatro! Sepolto dall’eruzione del 79 d.C. e restituito ai visitatori dopo circa 20 anni dalla sua chiusura, il teatro fu il primo monumento ad essere scoperto (1738) nei siti vesuviani colpiti da quel famoso cataclisma. Fin dalla sua scoperta, suscitò grande interesse, nel corso del Settecento e dell’Ottocento, da parte dei colti viaggiatori che giungevano a Napoli da ogni parte d’Europa e diventò una tappa del Grand Tour. Il teatro è legato a filo doppio alla storia della moderna Resina, oggi Ercolano. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu utilizzato come rifugio ed entrò nelle storia e nei racconti dei cittadini.
Dalla sera di giovedì 19 marzo 2020 la facciata di ingresso in corso Resina del Parco Archeologico di Ercolano prende luce, è la luce del tricolore che brillerà in questi giorni difficili che l’intero pianeta sta affrontando. Il Comune di Ercolano, grazie alla collaborazione con Engie, che si occupa della pubblica illuminazione in città, proietterà il tricolore sull’ingresso del Parco. “È l’ulteriore segnale di solidarietà e vicinanza che il Parco desidera esprimere agli Ercolanesi abbracciando con entusiasmo l’iniziativa dell’Amministrazione comunale di Ercolano”, – dichiara il direttore del Parco, Francesco Sirano. “Siamo tutti uniti sotto il tricolore che rappresenta in questo momento più che mai la condivisione della causa che accomuna tutti noi. La luce del tricolore è il segnale che il Parco di Ercolano continua a vivere in questi giorni, è la dimostrazione che dietro quei cancelli c’è un grande fermento di attività per rendere fruibile il Parco in una modalità virtuale e on line che ci permette di raggiungere i nostri visitatori direttamente nelle loro case. Le tantissime primavere che nei secoli hanno visto rifiorire questi luoghi dopo tante calamità di origine umana e naturale ci danno la certezza che la comunità locale e quella più allargata che nel mondo guarda ai siti UNESCO come a un faro di civiltà e razionalità supereranno questa prova. Uniti usciremo da questo periodo fieri di essere italiani e rinnovati per avere combattuto verso uno stesso obiettivo”. E il sindaco di Ercolano, Ciro Bonajuto: “In un momento delicato come questo, la Città di Ercolano ha voluto realizzare questo simbolo di unità come viatico per venire fuori il prima possibile da questa crisi che ha sconvolto la vita di un’intera nazione. L’ingresso alla Città Antica segna il confine tra la Ercolano moderna e quella di duemila anni fa: l’augurio di tutti è che il Parco Archeologico torni presto ad essere il punto d’incontro per centinaia di migliaia di visitatori che qui giungono da tutto il mondo incantati dalla bellezza e dalla incomparabile storia di questa terra. Ringrazio la società Engie per la sensibilità dimostrata e per aver realizzato gratuitamente questa particolare illuminazione”. “Un gesto simbolico in un momento difficile e doloroso per la nostra città, – aggiunge Ivana Di Stasio, assessore al Turismo del Comune di Ercolano – affinché vengano celebrati i luoghi sacri della cultura che spero possano tornare presto ad ospitare quel turismo sano e consapevole che ha dato il primato ad Ercolano in questi anni”.

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