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Roma. Il parco archeologico di Veio, ora sito del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, apre due domeniche: occasione per visitare il santuario etrusco di Apollo o del Portonaccio. Ingresso gratuito

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Il santuario di Apollo o del Portonaccio nel parco archeologico di Veio (Roma) (foto mic)

Due aperture domenicali del parco archeologico di Veio, che con il Decreto 53/2024 di riorganizzazione dei musei statali del ministero della Cultura, è diventato uno dei siti del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Due occasioni per visitare l’area archeologica ai confini settentrionali della città metropolitana di Roma, all’interno dell’area naturale protetta del Parco Regionale di Veio, dichiara sin dalla sua ubicazione lo stretto legame che storicamente caratterizzò i rapporti tra la grande città etrusca e Roma. Appuntamento domenica 23 giugno 2024 e domenica 7 luglio 2024, dalle 10 alle 16. L’ingresso al Parco nelle giornate di apertura è libero e gratuito, grazie anche al protocollo d’intesa stipulato dal Parco di Veio con il Corpo di San Lazzaro – Gruppo Roma e Viterbo.

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L’area archeologica di Veio con il santuario del Portonaccio in una veduta dall’alto (foto mic)

Tra le evidenze archeologiche che si riferiscono all’insediamento dell’antica Veio, il Santuario etrusco dell’Apollo (o santuario di Portonaccio, dal nome della località), situato nelle vicinanze della Mola di Isola Farnese, rappresenta per visitatori ed escursionisti il tradizionale punto di accesso ai percorsi che attraversano la parte sud del Parco regionale e si trova tutt’oggi immerso in un contesto paesaggistico di forte suggestione, connotato dagli elementi naturali che anche in antico caratterizzavano il luogo. Tra i più monumentali e venerati d’Etruria, il santuario sorgeva subito al di fuori della città e conobbe una lunga fase di frequentazione, dalla metà del VII secolo a.C. fino alla piena età romana (II secolo a.C.). Indagato a partire dal 1916, quando si rinvennero le celebri statue in terracotta di Apollo, Hermes ed Eracle che decoravano il tetto del tempio arcaico (fine VI sec. a.C.), il santuario si articola in due nuclei principali: a est vi è l’area con l’altare dedicato a Menerva, mentre a ovest si innalza il tempio a tre celle dalla ricchissima decorazione architettonica, oggi evocato dalla ricostruzione realizzata nei primi anni Novanta su progetto dell’architetto Ceschi.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaNuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per giugno il focus è sulla dea Uni, la sposa di Tinia | archeologiavocidalpassato). Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani.

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Statuetta votiva in bronzo di Minerva armata, produzione umbra (Maestro Fiesole, 425-400 a.C.), parte della Collezione Kircheriana, conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

LUGLIO E LA DEA MENERVA. Menerva era senza dubbio una delle divinità principali degli Etruschi, presto identificata con la Atena dei Greci. Una dea con lo stesso nome (Minerva) era venerata anche dai Romani e da altri popoli di lingua latina. Il significato del nome sembra legato alla divinazione: secondo le fonti latine, infatti, il verbo “promenervare” significava “avvertire in anticipo”. Menerva è rappresentata come Atena: una giovane donna abbigliata con lunghe tuniche e mantelli eleganti e sobri, che impugna una lancia e indossa un elmo e l’ègida (una particolare armatura di pelle di capra, spesso decorata con serpenti, sulla quale spicca la testa della Gorgone Medusa, che pietrificava i nemici con lo sguardo).

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Gruppo votivo di Minerva e Ercole, terracotta plasmata a mano e dipinta (500 a.C.) dal santuario di Portonaccio di Veio, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Gli Etruschi, ispirati dai miti greci, ritenevano Menerva nata direttamente dalla testa di Tinia, il padre degli dei, e la consideravano protettrice dell’arte della guerra e degli eroi particolarmente valorosi, ai quali poteva offrire aiuto nelle loro imprese. Non a caso Menerva/Atena è spesso raffigurata insieme a Ercole: di solito lo assiste nelle sue celebri fatiche o lo guida sull’Olimpo per essere accolto fra gli dei.

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Altorilievo dal frontone posteriore del Tempio A di Pyrgi (Santa Severa) con episodi del mito dei Sette contro Tebe: Zeus (al centro) fulmina Capaneo mentre Atena (a sinistra) si allontana alla vista di Tideo che morde il cranio di Melanippo (in basso), terracotta plasmata a mano e dipinta (470-460 a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

La dea però non approvava la brutalità: l’altorilievo di Pyrgi mostra Atena che abbandona disgustata il guerriero greco Tideo, al quale stava per donare l’immortalità, perché ha ceduto alla ferocia e ha morso il cranio del suo nemico Melanippo.

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Statue votive dal santuario in località Portonaccio a Veio, terracotta plasmata a mano e dipinta, V secolo a.C. circa, conservate al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Le statue di ragazzi e fanciulle venivano offerte dalle famiglie aristocratiche in occasione, rispettivamente, del raggiungimento della maggiore età e del matrimonio dei giovani

Esistevano certamente dei miti di origine etrusca legati a Menerva, ma finora sembrano documentati solo da poche scene, incise su specchi in bronzo e difficili da interpretare in mancanza di fonti letterarie dirette. In particolare, alcune immagini mostrano uno stretto rapporto della dea con diverse figure infantili (definite “Epiur” e “Maris”) e forse potrebbero alludere al legame che esisteva fra questa divinità e l’allevamento dei bambini / la crescita delle nuove generazioni. Le offerte rinvenute in alcuni santuari, infatti, indicano che Menerva era incaricata di proteggere i bambini e i ragazzi e che svolgeva un ruolo importante nei riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Questo aspetto del culto è evidente ad esempio nel santuario di Portonaccio a Veio, uno dei più ricchi e importanti dell’Etruria, che ospitava un altare e un tempietto dedicati a Menerva e dove avevano luogo i riti di passaggio dei giovani venienti. Gli Etruschi si affidavano alla dea anche per conoscere il futuro: la presenza di un oracolo è infatti documentata in diversi santuari, ad esempio a Veio-Portonaccio e a Punta della Vipera (attuale Santa Marinella).

Etruria meridionale. Apre il santuario del Portonaccio di Veio (VII-V sec. a.C.), tra i più antichi e venerati d’Italia: pronto a ospitare anche i pellegrini della via Francigena diretto al Giubileo della Misericordia a Roma

L'area archeologica di Veio con il santuario del Portonaccio in una veduta dall'alto

L’area archeologica di Veio con il santuario del Portonaccio in una veduta dall’alto

Modellino del santuario del Portonaccio a Veio

Modellino del santuario del Portonaccio a Veio

Era tra i santuari più antichi e venerati d’Italia. L’area sacra dedicata a Menerva/Minerva, oggi nota come santuario del Portonaccio, sorgeva immediatamente fuori la città di Veio, in Etruria meridionale, su un ripiano tufaceo non vasto, a picco sul fosso della Mola. Era attraversato in tutta la sua lunghezza dalla via che conduceva dalla città di Veio al litorale tirrenico e alle famose saline veienti, il cui tracciato fu ricalcato in epoca romana dalla strada basolata ancora in parte conservata. E nel Medioevo il sito, dove nel frattempo era sorto il borgo di Isola Farnese, fu interessato dal passaggio della via Francigena, percorsa dai pellegrini che da Canterbury, in Inghilterra, attraverso la Francia e le Alpi raggiungevano la città eterna, Roma. E proprio per consentire una visita del santuario del Portonaccio ai numerosi pellegrini dei nostri giorni – che lungo la via Francigena raggiungeranno Roma per il Giubileo straordinario della Misericordia -, riapre l’area archeologica di Veio secondo i nuovi orari: martedì, mercoledì, venerdì, domenica e festivi dalle 8 alle 14; giovedì e sabato dalle 8 alle 16. Il biglietto intero avrà il costo di 2 euro, quello ridotto di 1 euro.

Particolare dell'Apollo di Veio proveniente dal santuario del Portonaccio

Particolare dell’Apollo di Veio proveniente dal santuario del Portonaccio

Pianta dell'area archeologica di Veio in Etruria Meridionale

Pianta dell’area archeologica di Veio in Etruria Meridionale

Il santuario è il risultato di una complessa vicenda, sia edilizia che cultuale, risalente ai primi decenni del VII secolo a.C., che raggiunge l’assetto finale intorno alla metà del V secolo a.C. La costruzione del tempio, voluta certamente dal re tiranno della città, sostituì precedenti strutture risalenti alla seconda metà del VII secolo a.C.: una sorta di casa-torre con vano di base seminterrato, adibita ad abitazione degli addetti al santuario, e successivamente (verso il 530 a.C.) una residenza riccamente ornata da fregi fittili raffiguranti, tra l’altro, l’apoteosi di Ercole. Il nucleo più antico, situato all’estremità orientale del ripiano, era legato al culto della dea Menerva, la latina Minerva, venerata sia nel suo aspetto oracolare che in quello di protettrice dei giovani e del loro ingresso nella comunità. In onore della dea, ricordata da iscrizioni votive accanto ad altre divinità (Rath=Apollo; Aritimi=Diana; Turan=Venere). Verso il 540-530 a.C., al posto di più antiche strutture murarie, furono eretti un tempietto a semplice cella con relativo grande muro di sostruzione del ripiano tufaceo costruito per regolarizzare la sommità del dirupo, un altare quadrato con bothros (fossa dei sacrifici), un portico e una gradinata di accesso dalla strada. Numerosi e pregiati gli ex voto in avorio, in bronzo, oltre a particolari ceramiche in bucchero, tra i quali spiccano quelli con dediche di personaggi importanti come Tolumnius, Vibenna, venuti da città lontane (Vulci, Castro, Orvieto) attirati dalla fama dell’oracolo di Menerva. Eccezionale lo splendido donario in terracotta policroma raffigurante l’apoteosi di Ercole, introdotto tra gli dei dell’Olimpo dalla sua protettrice Minerva, eseguito verso il 500 a.C. Nella parte occidentale del santuario fu eretto verso il 510 a.C. il tempio a tre celle di tipo tuscanico ornato dall’eccezionale apparato decorativo in terracotta policroma di cui facevano parte nel gruppo delle statue acroteriali, quelle di Apollo ed Ercole. Il tempio fu affiancato da una grande piscina, alimentata da un apposito cunicolo e da un vasto recinto retrostante che racchiudeva un bosco sacro. Il culto era quello di Apollo/Rath nel suo aspetto oracolare profetico ispirato al modello delfico, al quale si collegavano i riti di purificazione. Associato ad Apollo era Ercole, l’eroe divinizzato caro ai tiranni, e forse Giove/Tina, la cui immagine dovremmo supporre sul fastigio dell’edificio templare.

Il santuario di Minerva con il restauro che ne restituisce i volumi

Il santuario di Minerva con il restauro che ne restituisce i volumi

Apollo ed Eracle: statue in terracotta policroma

Apollo ed Eracle: statue in terracotta policroma

Oggi il tempio è visibile nella sua ricostruzione dalla sagoma dell’edificio sino al tetto, compresi altri particolari tra cui le decorazioni architettoniche e una statua di Apollo di 12 metri di altezza. Dall’ingresso degli scavi si giunge al santuario percorrendo un breve ma suggestivo tratto di basolato romano immerso nel verde. “Dalle iscrizioni”, spiegano gli archeologi, “sappiamo che il complesso templare era dedicato alla dea Minerva, ma è generalmente noto come santuario “di Apollo” per la bellissima statua fittile acroteriale (destinata a decorare il vertice del frontone del tempio) rappresentante il dio, attualmente conservata al museo nazionale di Villa Giulia”. Il santuario si componeva del tempio vero e proprio, di una piscina annessa, servita da una serie di cunicoli sotterranei, alcuni dei quali ancora ben visibili, e di una piazza, che a Est terminava in una larga piattaforma quadrangolare. In età post-classica nella collina furono aperte cave per ottenere materiale da costruzione le quali hanno provocato il collasso dell’area centrale del complesso; le strutture sono state quindi raccolte blocco per blocco dal fondo della cava e restaurate nella forma attuale.

Nuovi orari di apertura per l'area archeologica del santuario del Portonaccio a Veio

Nuovi orari di apertura per l’area archeologica del santuario del Portonaccio a Veio

“Il restauro del tempio”, continuano gli archeologi, “ha ricreato con una struttura leggerissima e affatto invasiva quelle che dovevano essere le dimensioni del tempio, consentendo una chiara comprensione della struttura ed anche della localizzazione delle decorazioni. Il ricchissimo corredo fittile, datato alle fine del VI sec. a.C. era composto di lastre di rivestimento, di affreschi su terracotta per le pareti della cella, di antefisse (ornamento in terracotta dei tetti degli edifici antichi, posto alle estremità delle tegole convesse) a testa gorgonica e a testa di menade, e soprattutto di bellissimi gruppi acroteriali, tra i quali il più famoso è sicuramente l’Apollo. Gli acroteri che decoravano il columen (trave centrale) del tetto a doppio spiovente del tempio, come anche le antefisse, sono tutte opere attribuibili ad un’unica bottega, probabilmente quella del famoso artista Vulca, noto dalle fonti latine come artista attivo a Roma nella decorazione del grande tempio di Giove Capitolino, voluto dal re etrusco Tarquinio il Superbo ed inaugurato nel 509 a.C.”. Soddisfatto Daniele Torquati, presidente del XV Municipio di Roma: “Ringrazio a nome dei cittadini del Municipio tutti gli attori che hanno voluto, portato avanti e ottenuto la valorizzazione dell’area archeologica di Veio, traguardo importante per residenti, visitatori e pellegrini in vista del Giubileo della Misericordia”.