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Pompei: riapre al pubblico la Schola Armaturarum a otto anni dal crollo che indignò il mondo, costò il posto al ministro Bondi, e in seguito al quale sarebbe nato il Grande Progetto Pompei. Obiettivo aprire anche gli ambienti retrostanti la Casa dei Gladiatori con i dipinti recuperati e le anfore in situ

Quanto restava della Schola Armatorarum dopo il crollo del 2010 (foto coordinamento Uil beni culturali)

Sono passati poco più di otto anni da quel tragico 6 novembre 2010 quando le immagini drammatiche del crollo della Schola Armaturarum di Pompei sollevarono l’indignazione del mondo intero. “Gravissimo danno al patrimonio artistico italiano: a Pompei è crollata l’intera Domus dei Gladiatori, così chiamata perché al suo interno gli atleti si allenavano e nella quale deponevano le armi all’interno di alcuni incassi ricavati nei muri”: così iniziava l’articolo del Corriere della Sera on line del 6 novembre 2010, annunciando il crollo della Schola Armaturarum (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/01/11/pompei-si-restaura-la-schola-armaturarum-a-piu-di-cinque-anni-dal-crollo-che-costo-il-posto-al-ministro-bondi-dalle-macerie-della-domus-dei-gladiatori-al-grande-progetto-pompei/). Ma le immagini di quel disastro, che costò il posto all’allora ministro Sandro Bondi, e in seguito al quale, un anno, dopo avrebbe preso forma il Grande Progetto Pompei, stavolta sono destinate ad essere archiviate definitivamente come una brutta pagina dei beni culturali italiani. Dal 3 gennaio 2019 la Schola Armaturarum torna visitabile al pubblico ogni giovedì negli orari di apertura del sito, per gruppi contingentati di visitatori, primo passo verso un più articolato progetto di fruizione e di musealizzazione, esteso anche ai vani retrostanti, che consentirà di vedere i dipinti e gli oggetti nel loro luogo di rinvenimento. Il racconto di questo luogo simbolo della rinascita di Pompei sarà affidato ai restauratori che illustreranno il minuzioso intervento di restauro sugli affreschi, e gli ambienti retrostanti oggetto dell’ultima campagna di scavo che ha contribuito a chiarire la funzione di questo edificio.

I teli bianchi che in questi anni hanno protetto le decorazioni della Schola Armaturarum

Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi a Pompei

Dopo il crollo del novembre 2010, il governo Berlusconi, attraverso i ministri prima Galan, subentrato a Bondi, e poi Fitto, avviò su sollecitazione del commissario europeo Johannes Hahn un progetto straordinario di messa in sicurezza e di manutenzione degli scavi, perfezionato dal governo Monti (ministri Barce e Ornaghi). L’area venne intanto sottoposta a sequestro dalla procura di Torre Annunziata. Il Grande progetto Pompei da 105 milioni di euro fu inviato all’Ue a dicembre 2011 e approvato a febbraio 2012, i primi bandi pubblicati ad aprile. Ma per lunghi mesi la Schola è rimasta così, recintata e inaccessibile, coperta da teli bianchi a ricordare a visitatori e istituzioni che Pompei resta un luogo fragile, dove non bisogna mai smettere di vigilare e intervenire. “Il dissequestro della Schola Armaturarum avvenuto nel corso dell’anno appena conclusosi (2015, ndr) e, finalmente, l’inizio dei lavori di copertura delle pareti affrescate originali, ovvero di quelle porzioni di mura che già miracolosamente si salvarono al bombardamento del 1943 cui seguì il restauro delle parti crollate e il rimpiazzo in cemento armato del soffitto”, sottolineava nel novembre 2016 il soprintendente Massimo Osanna, “si colloca in un momento “storico” che non può che risultare simbolico. I lavori partiti due settimane fa sono anch’essi espressione di quella rinascita generale del sito che, finalmente, viene percepita dal pubblico e dalla stampa, ma che soprattutto coincide con attività concrete, quelle dei cantieri del Grande progetto e di interventi a lungo attesi, come questo della Schola. L’obbiettivo finale al quale stiamo lavorando è, al momento, quello di proteggere le strutture dell’edificio per poi pensare alla migliore soluzione di restauro dello stesso, che soprattutto consenta al pubblico di continuare a godere tangibilmente di un altro pezzo della storia di questa città antica”.

Massimo Osanna, direttore generale del parco archeologico di Pompei

Il soprintendente, oggi direttore generale del costituito parco archeologico di Pompei, ha mantenuto la promessa: la Schola Armaturarum è un altro tassello del grande patrimonio dell’antica città romana recuperato e reso fruibile dal pubblico. “Da metafora dell’incapacità italiana di prendersi cura di un luogo prezioso che appartiene all’intera umanità, la riapertura della Schola Armaturarum rappresenta un simbolo di riscatto per i risultati raggiunti a Pompei con il Grande Progetto, e più in generale un segnale di speranza per il futuro del nostro patrimonio culturale”, dichiara Massimo Osanna. “Da quel crollo avvenuto nel novembre del 2010, la cui risonanza mediatica determinò un coro d’indignazione internazionale, si è affermata una nuova consapevolezza della fragilità di Pompei e la necessità di avviare un percorso di valorizzazione, fatto non solo d’interventi straordinari ed episodici, ma soprattutto di cure e di attenzioni quotidiane”.

La Schola Armaturarum di Pompei alla fine degli scavi (1916) vista dall’angolo di via dell’Abbondanza e Vicolo di Ifigenia (archivio fotografico Soprintendenza Pompei)

Il deposito di anfore intatte trovato negli ambienti mai scavati della Schola Armaturarum in via dell’Abbondanza a Pompei

Scavata da Vittorio Spinazzola tra il 1915 e il 1916, la Schola Armaturarum era probabilmente un edificio di rappresentanza di un’associazione militare, come si può dedurre dalle decorazioni e dal rinvenimento di armi custodite al suo interno. Gli ultimi scavi eseguiti per la messa in sicurezza delle strutture, sembrano rafforzare questa ipotesi. Sul retro dell’edificio sono infatti venuti alla luce ambienti di servizio dove si custodivano anfore contenenti olio, vino pregiato e salse di pesce provenienti dal Mediterraneo (Creta, Africa, Sicilia, Spagna), prodotti di qualità da servire in occasioni conviviali o di rappresentanza. La notizia delle prime scoperte nel cantiere della Schola erano state date nel novembre 2017: “Siamo solo all’inizio di questa avventura”, sottolineavano in soprintendenza, “e già iniziano a emergere reperti intatti che aggiungono elementi nuovi alla lettura della storia dell’antica città” (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/24/pompei-nuove-scoperte-negli-ambienti-dietro-la-schola-armatorarum-crollata-nel-2010-trovato-un-deposito-di-anfore-intatte-osanna-importanti-per-capire-la-vera-destinazione-della-domus-de/).

Effetto del bombardamento alleato del 1943 a Pompei

Quello del 2010 non fu l’unico crollo dell’edificio. Durante i bombardamenti alleati del ’43, la struttura venne semidistrutta e andarono perduti in maniera irreparabile gran parte degli elevati e degli apparati decorativi. Nei successivi restauri condotti da Amedeo Maiuri tra il 1944 e il 1946, si procedette a una ricostruzione integrale delle pareti laterali fino a 9 m di altezza e alla realizzazione di una copertura piana in cemento armato. Come avvenne per molti restauri dell’epoca, l’intervento ricostruttivo, finalizzato a riproporre i volumi originari dell’edificio, fu eseguito con materiali impropri (ferro e cemento) rispetto alle tecnologia costruttiva antica. L’indagine della Procura non ha individuato cause o responsabilità del crollo del 2010. È tuttavia probabile – ipotizzano in soprintendenza – che il collasso fu determinato da una serie di concause, aggravate dall’intensità delle piogge di quei giorni: il probabile malfunzionamento dei sistemi di smaltimento dell’acqua e il conseguente peso eccessivo della copertura moderna; la spinta del terreno retrostante; l’incompatibilità dei materiali utilizzati nella ricostruzione postbellica; la mancanza di un sistema programmato di monitoraggi e manutenzione. Il crollo aveva interessato in maniera preponderante la ricostruzione moderna di Maiuri e in misura minore le pitture originali.

Un affresco restaurato della Schola Armatorarum di Pompei

Gli interventi di recupero hanno avuto inizio nel 2016 con il supporto tecnico di Ales, la struttura interna del Mibac che si occupa da più di tre anni della manutenzione programmata di Pompei. “Realizzata una copertura temporanea che consentisse l’avvio dei lavori”, spiegano gli archeologi della soprintendenza, “si è proceduto inizialmente alla messa in sicurezza delle strutture e degli apparati decorativi, per evitare l’ulteriore perdita di porzioni originali. È stato cioè necessario in una prima fase ripristinare la stabilità delle murature e degli intonaci superstiti, fortemente compromessa dalle sollecitazioni dovute al crollo della copertura e delle pareti laterali. Successivamente si è intervenuti sulle superfici dipinte agendo in parallelo, sulle pareti conservate all’interno dell’edificio e ricomponendo in laboratorio i frammenti recuperati dopo il crollo. Si è scelto di ripristinare la leggibilità figurativa attraverso un’attenta pulitura e un’accurata presentazione estetica, pur garantendo la riconoscibilità dell’intervento. In particolare il trattamento delle lacune presenti sulle pareti dipinte è stato oggetto di un’approfondita riflessione critica. Si è scelto di adottare il tratteggio, una tecnica messa a punto dall’Istituto Centrale del Restauro negli anni ’40, che consiste nell’accostamento di leggerissimi tratteggi verticali ravvicinati che ripropongono la policromia originale e consentono di ripristinare l’unità dell’immagine perduta, garantendo tuttavia la possibilità di distinguere da vicino l’intervento di restauro”.

Pompei. Nuove scoperte negli ambienti dietro la Schola Armatorarum, crollata nel 2010: trovato un deposito di anfore intatte. Osanna: “Importanti per capire la vera destinazione della domus dei Gladiatori”

Il deposito di anfore intatte trovato negli ambienti mai scavati della Schola Armatorarum in via dell’Abbondanza a Pompei

Quanto restava della Schola Armatorarum dopo il crollo del 2010 (foto coordinamento Uil beni culturali)

Sono passati sette anni da quel tragico 6 novembre 2010, ma le immagini drammatiche del crollo della Schola Armatorarum di Pompei che sollevarono l’indignazione del mondo intero sono ancora vive nella nostra memoria. Fu proprio da quel disastro, che costò il posto all’allora ministro Sandro Bondi, che un anno dopo avrebbe preso forma il Grande Progetto Pompei (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/01/11/pompei-si-restaura-la-schola-armaturarum-a-piu-di-cinque-anni-dal-crollo-che-costo-il-posto-al-ministro-bondi-dalle-macerie-della-domus-dei-gladiatori-al-grande-progetto-pompei/). Oggi il visitatore del parco archeologico di Pompei che percorre via dell’Abbondanza all’altezza della domus dei Gladiatori c’è un grande cantiere di restauro e di scavo. Sì, avete capito bene. L’evento drammatico del crollo ha dato il là all’avvio di ricerche sistematiche di tutto il complesso visto che finora l’unico ambiente portato alla luce è quello ben conosciuto che affacciava su via dell’Abbondanza scavato nel 1915 da Vittorio Spinazzola. E i risultati raggiunti sono molto incoraggianti non solo perché sono emersi reperti intatti ma anche perché lo scavo di questi altri  ambienti dovrebbe chiarire la reale destinazione dell’edificio. Se il suo carattere pubblico militare fu infatti chiaro fin dall’inizio per via delle grandi dimensioni e della sua decorazione (i trofei all’ingresso e le figure alate e armate che decorano le pareti), tuttavia la sua esatta destinazione, deposito di armi o scuola di formazione della gioventù pompeiana, continua a non essere certa.

Un restauratore al lavoro sugli affreschi della Schola Armatorarum di Pompei danneggiati dal bombardamento del 1943

Gli ambienti retrostanti della domus dei Gladiatori hanno restituito dunque un deposito di anfore. Alla Schola Armaturarum, ormai simbolo di rinascita per Pompei, dove è in corso il restauro degli affreschi originali salvatisi dal bombardamento del 1943, dallo scorso luglio è stato infatti avviato anche lo scavo degli ambienti retrostanti, mai prima indagati. “Siamo solo all’inizio di questa avventura”, sottolineano in soprintendenza, “e già iniziano a emergere reperti intatti che aggiungono elementi nuovi alla lettura della storia dell’antica città”. È stato riportato alla luce un deposito di anfore, al momento formato da quattordici reperti immersi nel lapillo. Si tratta di uno dei tre ambienti individuati alle spalle della parte di struttura più nota della Schola Armatorarum. Le anfore rinvenute intatte, dovevano contenere olio, vino e salse di pesce: un’anfora presenta iscrizioni dipinte in cui si leggono numeri, a indicare i quantitativi, e, verosimilmente, il prodotto contenuto. L’uso come deposito dell’ambiente è confermato dai graffiti visibili su una delle pareti dell’ambiente, che ribadiscono l’attività di stoccaggio.

Sulle anfore ritrovate nel deposito della Schola Armatorarum presenti iscrizioni dipinte

“Siamo contenti delle scoperte che stanno emergendo”, dichiara Massimo Osanna, direttore del Parco archeologico. “Pompei ha iniziato una nuova stagione, quella di una ricerca archeologica intensa e del prosieguo della conoscenza del sito. Dopo il suo recupero, attraverso le messe in sicurezza di tutte le sue regiones, l’apertura di nuove domus restaurate, la restituzione alla fruizione di interi quartieri finora inaccessibili, grazie al recupero della percorribilità di quasi tutte le vie urbane, ci si può dedicare  anche ad attività di scavo, che si affiancano alla manutenzione programmata e che consentiranno  di fornire nuove ipotesi alla storia della vita quotidiana degli antichi, in alcuni casi dando risposta a quesiti  irrisolti, come potrebbe essere per la Schola armatorarum”. Al termine dello scavo, previsto per il mese di dicembre 2017, le anfore saranno ricollocate in situ nell’ambito del più ampio progetto di valorizzazione del “museo diffuso” che il parco archeologico sta adottando in più aree degli scavi per ri-contestualizzare i reperti nei luoghi di provenienza.

Un affresco restaurato della Schola Armatorarum di Pompei

L’esplorazione della struttura completa della Schola non è il solo intervento del genere previsto a Pompei. In corso è anche il grande cantiere di scavo nella Regio V, il cosiddetto “cuneo” (un’area di oltre 1000 mq nella zona posta tra la casa delle Nozze d’Argento e gli edifici alla sinistra del vicolo di Lucrezio Frontone), dal quale ci si aspetta di portare in luce  ulteriori strutture e reperti di ambienti privati e pubblici. In quest’area (sul pianoro delle regiones IV e V), inoltre,  sarà previsto l’allestimento di un laboratorio di studio archeologico dei reperti che verranno alla luce e un deposito per la loro conservazione temporanea.

Pompei. Si restaura la Schola Armaturarum a più di cinque anni dal crollo che costò il posto al ministro Bondi. Dalle macerie della Domus dei Gladiatori al Grande Progetto Pompei

6 novembre 2010: a Pompei è crollata la Domus dei Gladiatori, dove si allenavano gli atleti nell'antica Pompei

6 novembre 2010: a Pompei è crollata la Domus dei Gladiatori, dove si allenavano gli atleti nell’antica Pompei

Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi a Pompei

Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi a Pompei

La domus dei Gladiatori crollata in via dell'Abbondanza

La domus dei Gladiatori crollata in via dell’Abbondanza

“Gravissimo danno al patrimonio artistico italiano: a Pompei è crollata l’intera Domus dei Gladiatori, così chiamata perché al suo interno gli atleti si allenavano e nella quale deponevano le armi all’interno di alcuni incassi ricavati nei muri”. Iniziava così l’articolo del Corriere della Sera on line del 6 novembre 2010, annunciando il crollo della Schola Armaturarum che sarebbe costato il posto al ministro per i Beni culturali dell’epoca, Sandro Bondi (si dimise nel marzo dell’anno successivo). “Secondo quanto si apprende dalla soprintendenza – continua-, vi erano anche dipinti nella parte sottostante il perimetro della sala. L’edificio, che si apre su via dell’Abbondanza, la strada principale della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d. C., era visitabile solamente dall’esterno ed era protetto da un alto cancello in legno. Il crollo, secondo primi accertamenti, è avvenuto intorno alle ore 6 ed è stato notato dai custodi appena arrivati al lavoro verso le ore 7.30. L’area è stata transennata e non è possibile accedere. È stato predisposto un percorso alternativo per i turisti”. E poi il primo commento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Quello che è accaduto a Pompei dobbiamo, tutti, sentirlo come una vergogna per l’Italia. E chi ha da dare delle spiegazioni non si sottragga al dovere di darle al più presto e senza ipocrisie”. La risposta del ministero fu immediata per voce di Roberto Cecchi, segretario generale del Mibac: “Questo ennesimo caso di dissesto ripropone il tema della tutela del patrimonio culturale e quindi della necessità di disporre di risorse adeguate e di provvedere a quella manutenzione ordinaria che non facciamo più da almeno mezzo secolo. La cura di un patrimonio delle dimensioni di quello di Pompei e di quello nazionale non lo si può affidare ad interventi episodici ed eclatanti. La soluzione è la cura quotidiana, come si è iniziato a fare per l’area archeologica centrale di Roma e per la stessa Pompei”. E il ministro Bondi: “Quanto è accaduto ripropone la necessità di disporre di risorse adeguate per provvedere a quella manutenzione ordinaria che è necessaria per la tutela e la conservazione dell’immenso patrimonio storico artistico di cui disponiamo. Il crollo ha interessato le murature verticali Schola Armaturarum che erano state ricostruite negli anni Cinquanta, mentre parrebbe essersi conservata la parte più bassa, la parte cioè che ospita le decorazioni affrescate, che quindi si ritiene che potrebbero essere recuperate. Allo luce dei primi accertamenti, il dissesto che ha provocato il crollo parrebbe imputabile ad uno smottamento del terrapieno che si trova a ridosso della costruzione per effetto delle abbondanti piogge di questi giorni e del restauro in cemento armato compiuto in passato”.

Quanto resta della Schola Armaturarum dopo il crollo (foto coordinamento Uil beni culturali)

Quanto resta della Schola Armaturarum dopo il crollo (foto coordinamento Uil beni culturali)

Sono passati più di cinque anni da quel tragico crollo che portò il sito di Pompei all’attenzione del mondo. E dall’antica città romana, distrutta nel 79 d.C. da un’eruzione del Vesuvio, arrivano finalmente buone notizie: avviati gli interventi di recupero della Schola Armaturarum, posta su via dell’Abbondanza, all’angolo con il vicolo di Ifigenia (Regio III, Insula 3, Civico 6). Dopo il dissequestro dell’edificio nello scorso mese di dicembre, ricorda la soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia, sono iniziati i lavori di recupero di quello che un tempo fu luogo di riunione di una associazione militare. Gli interventi attuali consistono nella realizzazione di coperture a protezione delle pareti affrescate originali, ovvero di quelle porzioni di mura che già miracolosamente si salvarono al bombardamento del 1943 e a cui negli anni ’50 seguì il restauro delle parti crollate e il rimpiazzo in cemento armato del soffitto. Gli interventi di copertura sono propedeutici agli interventi di messa in sicurezza dell’edificio, in attesa di valutare la possibilità di ricostruire in futuro le parti crollate, già non più originali a seguito del bombardamento e ridar così forma e volume idealmente all’edificio. Termine dei lavori febbraio 2016. Quindi in un secondo momento si valuterà se ed eventualmente come ricostruire la “Schola”.

Il governo Berlusconi avviò un progetto straordinario di messa in sicurezza e di manutenzione degli scavi sfociato nel Grande progetto Pompei

Il governo Berlusconi avviò un progetto straordinario di messa in sicurezza e di manutenzione degli scavi sfociato nel Grande progetto Pompei

Dopo il crollo del novembre 2010, il governo Berlusconi, attraverso i ministri prima Galan, subentrato a Bondi, e poi Fitto, avviò su sollecitazione del commissario europeo Johannes Hahn un progetto straordinario di messa in sicurezza e di manutenzione degli scavi, perfezionato dal governo Monti (ministri Barce e Ornaghi). L’area venne intanto sottoposta a sequestro dalla procura di Torre Annunziata. Il Grande progetto Pompei da 105 milioni di euro fu inviato all’Ue a dicembre 2011 e approvato a febbraio 2012, i primi bandi pubblicati ad aprile. Ma per lunghi mesi la Schola è rimasta così, recintata e inaccessibile, coperta da teli bianchi a ricordare a visitatori e istituzioni che Pompei resta un luogo fragile, dove non bisogna mai smettere di vigilare e intervenire. “Il dissequestro della Schola armaturarum avvenuto nel corso dell’anno appena conclusosi (2015, ndr) e, finalmente, l’inizio dei lavori di copertura delle pareti affrescate originali, ovvero di quelle porzioni di mura che già miracolosamente si salvarono al bombardamento del 1943 cui seguì il restauro delle parti crollate e il rimpiazzo in cemento armato del soffitto”, sottolinea il soprintendente Massimo Osanna, “si colloca in un momento “storico” che non può che risultare simbolico. I lavori partiti due settimane fa sono anch’essi espressione di quella rinascita generale del sito che, finalmente, viene percepita dal pubblico e dalla stampa, ma che soprattutto coincide con attività concrete, quelle dei cantieri del Grande progetto e di interventi a lungo attesi, come questo della Schola. L’obbiettivo finale al quale stiamo lavorando è, al momento, quello di proteggere le strutture dell’edificio per poi pensare alla migliore soluzione di restauro dello stesso, che soprattutto consenta al pubblico di continuare a godere tangibilmente di un altro pezzo della storia di questa città antica”.

I teli bianchi che in questi anni hanno protetto le decorazioni della Schola Armaturarum

I teli bianchi che in questi anni hanno protetto le decorazioni della Schola Armaturarum

Sopralluogo dei restauratori sotto i teloni

Sopralluogo dei restauratori sotto i teloni

La struttura di copertura temporanea consisterà in tre ali larghe di circa tre metri, che seguono e inglobano il perimetro dell’edificio storico, con appoggi disposti all’interno dello stesso e lungo il perimetro esterno. Il perimetro della struttura sarà schermato da un sistema di teli microforati di pvc, stampati con testi e immagini sull’intervento in corso così da permettere una buona visibilità interna, una certa schermatura dall’irraggiamento solare diretto e una buona comunicazione per la fruizione e valorizzazione turistica. Previsto anche il diserbo di tutta l’area della Schola, la risagomatura del terreno dell’ambiente a nord dell’ambiente principale e la formazione di una trincea drenante retrostante alla parete ovest. Una volta montata, le murature affrescate saranno liberate dai teloni plastici che le hanno protette per questi cinque anni, e potranno entrare in campo i restauratori, per operare al coperto e senza che pioggia o sole interferiscano con le operazioni. Gli interventi in programma per un valore complessivo di circa 80mila euro sono stati coordinati dal responsabile unico del procedimento Cesira d’Innocenzo, dal direttore archeologo dei lavori Paolo Mighetto e dal direttore operativo archeologo Mario Grimaldi, dal coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione Mariano Nuzzo e per il rilievo laser scanner dall’architetto Raffaele Martinelli. “Abbiamo immaginato una struttura reversibile”, spiega l’architetto Paolo Mighetto, del gruppo di progettazione della segreteria tecnica della soprintendenza Pompei, “semplicemente appoggiata sul manufatto antico. Dopo il restauro conservativo delle pareti ovest, nord ed est della Schola, sulla base dei risultati scientifici che avremo acquisito si potrà procedere alla sistemazione definitiva dell’edificio”.