“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Ottava puntata: gli Horti Farnesiani, dai Farnese a Pietro Rosa e Giacomo Boni

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa ottava puntata scopriamo gli Horti Farnesiani: dai Farnese a Pietro Rosa e Giacomo Boni.

Nel Rinascimento il colle Palatino fu scelto dalla potente famiglia dei Farnese per realizzare un grande giardino privato con viali, alberi, aiuole, fontane, nuovi edifici e una collezione di opere d’arte. Il contenuto mitico e ideologico del luogo, legato alla fondazione di Roma e sede del potere imperiale, rendeva infatti il Palatino con il suo nuovo giardino uno strumento di affermazione della famiglia, che con Paolo III Farnese aveva raggiunto il soglio pontificio (1534-1549). L’Antico era elemento fondante della concezione del giardino: sul colle si potevano ammirare non solo i resti dei Palazzi imperiali ma anche le sculture della collezione privata. Umanisti e antichisti come Fulvio Orsini e Pirro Ligorio furono solo alcuni degli ispiratori del progetto. Gli Horti Farnesiani erano in realtà un luogo per la meditazione e per l’intrattenimento, destinato al tempo libero e non una vera e propria residenza. Soltanto un edificio infatti, oggi non più conservato, era attrezzato con camere, soggiorno e una cucina. Il giardino divenne così cornice di cacce, feste e banchetti, ma anche di visite all’orto botanico e alle collezioni di antichità.

Un’incisione di Giovanni Battista Falda del 1667 mostra in maniera idealizzata l’assetto degli Orti. La storia della loro realizzazione si svolge attraverso il tempo in quasi cento anni. Dall’acquisto dei terreni con il cardinale Alessandro Farnese nel 1537, al primo intervento edilizio sistematico a partire dal 1569 che sfrutta i resti della Domus Tiberiana, con il grande portale rivolto verso il Foro Romano (oggi collocato in via di San Gregorio), la Casina del Belvedere con i celebri affreschi, il Ninfeo degli Specchi, fino agli ultimi interventi di Odoardo duca di Parma, che nel 1628 sposò Margherita de’ Medici, con la realizzazione delle due Uccelliere. Dopo un lungo declino, a partire dal XIX secolo gli Orti ricominciarono ad essere ‘abitati’: con Pietro Rosa, direttore degli scavi incaricato da Napoleone III, le Uccelliere furono trasformate in residenza privata e anche Giacomo Boni le scelse come luogo eletto.
“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Sesta puntata: la fase dopo i palazzi, la domus tardo antica

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa sesta puntata si parla della fase dopo i palazzi: la domus tardo antica.


Dettaglio della decorazione parietale della domus tardo antica sul Palatino (foto PArCo)

Il pavimento musivo della domus tardo antica sul Palatino (foto PArCo)

La planimetria della domus tardo antica sul Palatino, da E. Hostetter et al, A late Roman Domus with apsidal hall on the Palatine, in Journal of Roman Archaeology, 11, 1994 (foto PArCo)
Con la costruzione della Domus Flavia, che si aggiunse alla Tiberiana, il Palatino era quasi completamente occupato dai palazzi del potere, con cui ormai era identificato nell’immaginario collettivo, al punto che il nome Palatium ha assunto poi in molte lingue del mondo il significato di “edificio residenziale di carattere monumentale”. Le abitazioni private non scomparvero però del tutto dalla collina: sulle pendici orientali, in corrispondenza dell’arco di Costantino, alcuni scavi condotti dalla soprintendenza Archeologica e dall’American Academy in Rome, misero in luce, tra il 1989 ed il 1991, i resti di una grande domus. Organizzata su più livelli digradanti verso la moderna via di San Gregorio, l’abitazione, che comprende strutture di età neroniana e antonina, fu ampliata e ristrutturata all’inizio del III secolo. A questo periodo risalgono le decorazioni conservate in uno degli ambienti scavati: un mosaico bianco e nero con fiori a quattro petali, rigoroso nella sua partizione geometrica, a cui fanno da contrappunto pitture a fondo bianco. Eseguita con uno stile semplice, ma aggraziato, la decorazione pittorica presenta il tipico schema tripartito, senza traccia di prospettiva, con edicole disegnate in colore rosso bruno; gli animali, gli uccellini e le ghirlande che le riempiono conferiscono luminosità e un tocco di leggerezza a questa piccola stanza, l’unica della grande domus ad aver superato quasi intatta il passare dei secoli. La ricca casa, i cui antichi proprietari restano sconosciuti, sembra avere avuto una vita breve: già nella prima metà del IV secolo infatti alcuni ambienti vennero abbandonati ed interrati; altri, tra cui la piccola stanza decorata e un’aula absidata aggiunta nel corso del III secolo, rimasero invece in uso, anche se non sappiamo con quale funzione, fino a poco prima del 600 d.C.
“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Quinta puntata: la Domus Flavia, il palazzo per eccellenza

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa quinta puntata si parla della Domus Flavia, il palazzo per eccellenza.

Con l’evolversi della figura del princeps e con il ruolo politico che andava man mano assumendo cambia anche la configurazione funzionale del palazzo dell’imperatore. Il processo inizia con l’introduzione del nuovo sistema politico proposto da Augusto che prevedeva la gestione di nuovi servizi dello Stato da parte del princeps. Questo comportò man mano l’espansione del palazzo imperiale che richiedeva più spazio per uffici e archivi ma anche ambienti per svolgere le cerimonie della salutatio e del convivium, le due funzioni pubbliche per eccellenza. Con Domiziano, l’ultimo dei Flavi, si arriva alla costruzione di un palazzo imperiale che occupa l’intero colle e che doveva, fisicamente e materialmente, sovrastare i comuni mortali, quasi una dimora celeste. Nasce così una nuova tipologia architettonica: il palazzo dinastico.

Il complesso residenziale si articola principalmente in due settori: uno pubblico, la Domus Flavia, ed uno privato, la Domus Augustana, costruiti e progettati, secondo le fonti, da Rabirio, uno dei pochi architetti romani di cui conosciamo il nome. La denominazione di Domus Augustana, utilizzata oggi per indicare solo il settore privato della residenza, doveva in realtà indicare tutto il complesso, che occupava la zona meridionale del colle, per distinguerlo dal settore a Nord conosciuto come Domus Tiberiana.

Non tradendo la funzione abitativa del colle, la residenza degli imperatori andò a sovrapporsi, e ovviamente obliterò, il quartiere abitativo tardo-repubblicano e parte delle residenze neroniane. Osservando oggi l’imponenza dei resti in laterizio, possiamo solo immaginare come si presentasse l’antica e ricca residenza un tempo rivestita di marmi policromi, con ampi cortili colonnati e numerose stanze affrescate: tutti questi elementi giocheranno un ruolo fondamentale nella formazione di un nuovo linguaggio architettonico. Questo grande intervento delineò una nuova fisionomia del colle: per la sua costruzione furono innalzati cumuli di terra e realizzati terrazzamenti che modificarono l’assetto originario del terreno, creando così “una dimora alta come il cielo”, come ci racconta Marziale (Epigr. VIII, 26. 12).

Le strutture della Domus Flavia, ai nostri occhi così imponenti e maestose, non dovevano comunque essere “abbastanza” come residenza privata dell’imperatore. Grazie a quanto riportato da Svetonio, capiamo infatti che gli imperatori, a partire dal primo della dinastia Flavia, non risiedevano in modo stabile sul Palatino, ma commissionavano anche costruzioni di residenze lussuose fuori dall’Urbs dove soggiornavano per lunghi periodi.

Così il fulcro della Domus Flavia era costituito di fatto dagli spazi destinati ai momenti pubblici. Su un maestoso peristilio, con al centro una grande fontana ottagonale, si affacciavano vari ambienti: a settentrione l’Aula Regia dove dovevano tenersi le udienze e gli incontri ufficiali della corte imperiale e, a Ovest dell’Aula Regia, la Basilica; sul lato meridionale la sala da pranzo dell’imperatore: la celebre Cenatio Iovis. Qui gli invitati mangiavano sdraiati sui triclini mentre erano allietati da giochi d’acqua e, quando necessario, godevano della sala riscaldata: questo era possibile grazie a un sistema con doppio piano pavimentale (suspensurae) che permetteva la circolazione di aria calda.
“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Quarta puntata: la Domus Tiberiana, il primo palazzo

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa quarta puntata si parla della Domus Tiberiana, il primo palazzo.

Tra le residenze imperiali del Palatino la Domus Tiberiana è sicuramente la meno conosciuta dal pubblico e dagli stessi archeologi. A rendere “misterioso” questo grande e complesso edificio ha contribuito anche il suo destino rinascimentale: nel XVI secolo infatti la Domus fu coperta ed in parte obliterata dal verde degli Horti Farnesiani, costruiti dal cardinale Alessandro Farnese, che ancora ricoprono il versante Nord-occidentale della collina.

Gli scavi archeologici, di conseguenza, si sono limitati quasi sempre alle parti marginali dell’edificio: ricordiamo l’enorme lavoro svolto da Pietro Rosa – l’archeologo incaricato da Napoleone III, che aveva acquistato i Giardini Farnese – che a partire dal 1861 la scavò sistematicamente per circa 10 anni e ne mise in luce i versanti meridionale ed orientale, e soprattutto quello settentrionale, con le imponenti sostruzioni che raggiungono i 20 metri di altezza e che ancora oggi fungono da spettacolare quinta per il Foro Romano.


Uno dei corridoi della Domus Tiberiana sul Palatino, il cosiddetto Criptoportico Neroniano, in una foto d’epoca Alinari
Ancora in parte da indagare e da interpretare sono gli intricati piani inferiori, dentro i quali sono inglobati resti di numerose case aristocratiche di età repubblicana. Proprio queste domus costituirono il primo nucleo della Domus Tiberiana, a partire da quella di Tiberio Claudio Nerone, padre dell’imperatore omonimo; questa casa fu forse la stessa abitata da Germanico, da Claudio, prima di diventare imperatore, e da Caligola, che secondo le fonti ingrandì la Domus Tiberiana ampliandola “fino al Foro”. Quello di Caligola, che, per uno strano scherzo del destino, proprio in un criptoportico della sua Domus fu ucciso nel 41 d.C., fu il primo grande impulso costruttivo della Domus Tiberiana, che non fu mai, per architettura e cronologia, un edificio unitario, ma che si formò progressivamente grazie a una serie di ampliamenti successivi, assumendo un aspetto monumentale solo a partire dall’imperatore Claudio e poi con Nerone.

In quest’epoca le antiche domus furono infatti inglobate in un grande basamento (di metri 50 x 45 circa) circondato da un quadriportico, che fu collegato all’area del Foro da una scalinata monumentale. Ad epoca claudia si datano anche la grande vasca circondata da giardini, scavata a partire dal 2005, sulla terrazza degli Horti Farnesiani ed il criptoportico messo in luce nella stessa area: esso ha infatti restituito una conduttura di piombo con inciso il nome dell’imperatore.

Con la costruzione del Palazzo Flavio la Domus Tiberiana perse la sua centralità e assunse un ruolo maggiormente funzionale; Domiziano, e poi Traiano ed Adriano continuarono però a curarla, ampliandola, tra l’altro, sul versante Nord con le poderose sostruzioni; vi abitarono anche gli Antonini, e Commodo la ristrutturò dopo un incendio. La vicinanza con il Foro e con la parte ancora abitata della città la fecero preferire alle altre residenze palatine nel corso del Medioevo se, ancora nell’VIII secolo d.C., vi abitò anche Papa Giovanni VII, figlio di Platone, curator dei Palazzi Imperiali.
“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Terza puntata: la Casa di Augusto e la Casa di Livia

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa terza puntata si parla della Casa di Augusto e della Casa di Livia.


La “Stanza dei Festoni” nella Casa di Augusto sul Palatino (foto PArCo)
Con Augusto la storia del colle Palatino come zona di residenza ha la sua svolta più importante: Ottaviano, che sul colle era nato nel 63 a.C., decise infatti di stabilirvi la sua abitazione acquistando la casa dell’oratore Ortensio Ortalo e progressivamente altre proprietà. Lo fa, più che per nostalgia, per una motivazione fortemente politica: non è un caso che le abitazioni di Augusto e della moglie Livia si trovino proprio accanto ai resti delle capanne romulee, un’area fortemente simbolica, legata alle fasi più antiche della città, cui il nuovo princeps voleva idealmente collegarsi, proponendosi come nuovo fondatore della città. A colpire, nell’edificio, non sono le strutture architettoniche, ma soprattutto la raffinata decorazione pittorica di tardo secondo stile, conservata in alcuni ambienti: la “stanza delle maschere”, che evoca la facciata di una scena teatrale; la più semplice “Stanza dei festoni di pino” ed il meraviglioso “studiolo”, dà una delle espressioni più raffinate della pittura romana.


Decorazioni pittoriche in tardo secondo stile nella Casa di Livia sul Palatino (foto PArCo)
Lo stesso può dirsi per la cosiddetta Casa di Livia, ricavata da una precedente abitazione, ristrutturata e decorata anch’essa con pitture di secondo stile. Le due abitazioni mantennero strutture separate, ed erano collegate tra loro da corridoi o criptoportici. La casa di Augusto, costituita da nuclei abitativi distinti, non aveva quindi nulla della monumentalità che caratterizzerà più tardi i palazzi imperiali; la sobrietà dell’abitazione si mostra in perfetto accordo, del resto, con il carattere del suo proprietario, descritto dalle fonti antiche come amante della vita modesta professata dai romani delle origini: Svetonio (Augusto, 73), ci racconta infatti che “le suppellettili e l’arredamento erano semplicissimi, come si può vedere dai letti e dai tavoli rimasti ancora oggi, la maggior parte dei quali a stento appartengono ad una eleganza privata. Dicono che dormisse su un letto con modeste coperte”.

La dirompente innovazione della casa di Augusto si afferma in altro modo: nel collegamento, tramite una rampa monumentale, con l’adiacente tempio di Apollo, votato dopo la battaglia di Azio del 31 a.C. ed inaugurato tre anni dopo. La stretta connessione dell’abitazione con un edificio templare, ereditata da esempi ellenistici e sino ad allora inedita nel mondo romano, conferisce all’abitazione un fortissimo legame con il sacro, che sarà ulteriormente rafforzato con la costruzione, all’interno del complesso abitativo, del sacello di Vesta, citato dalle fonti ma non ancora individuato. La sacralità dell’edificio si estende anche, inevitabilmente, al suo proprietario, e spiana così la strada, aperta con l’apoteosi di Giulio Cesare nel 44
a.C., alla divinizzazione della figura del princeps.
“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Seconda puntata: la Casa dei Grifi, una residenza tardo-repubblicana

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu infatti una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino. In questa seconda puntata si parla della Casa dei Grifi, una residenza tardo-repubblicana sul Palatino.

Casa dei Grifi sul Palatino. Sulla sommità del Palatino, al di sotto del grande Larario del Palazzo imperiale, sono conservati a un livello molto più basso alcuni ambienti di una casa del periodo tardo-repubblicano. Si tratta della Casa dei Grifi, una residenza privata su due piani scoperta agli inizi del XX secolo da Giacomo Boni, che conserva la decorazione pittorica e pavimentale di diversi ambienti del piano terra. Costruita in opera incerta, in una seconda fase fu modificata con strutture in opera reticolata e decorata con pitture e mosaici che possono essere datati alla fine del II secolo a.C. Il nome della casa deriva da una lunetta decorata a stucco con la rappresentazione di Grifi in posizione araldica.


Emblema con cubi prospettici inserito nel pavimento a mosaico di uno degli ambienti del piano terreno della Casa dei Grifi. I cubi sono realizzati in materiali lapidei di colore bianco (palombino), verde (calcare marnoso del nord del Lazio) e nero (ardesia) mentre la cornice è in marmo rosso antico (foto PArCo)
Le pitture sono tra le rare testimonianze del cd. secondo stile iniziale a Roma: le pareti sono decorate con prospettive architettoniche di colonne e pannelli che imitano le pietre preziose, come l’onice. I pavimenti a mosaico sono arricchiti in un ambiente da un elemento centrale bordato in rosso antico e decorato con cubi prospettici ottenuti con accostamento di materiali lapidei di colore bianco, verde e nero. Lo stesso motivo a cubi prospettici ricorre anche sulle decorazioni pittoriche.

Nella domus sono documentate diverse fasi di modifica e decorazione. In età imperiale la residenza fu distrutta e interrata. Le fonti letterarie ci informano che il Palatino in età repubblicana era uno dei luoghi di residenza più ambito dalla classe dirigente romana per prestigio e per prossimità al Foro Romano, centro politico della città. Molti studi hanno provato a localizzare le case dei diversi protagonisti della Repubblica che qui sorgevano, note in alcuni casi per il lusso che esibivano come sappiamo ad esempio da Cicerone, anche lui residente sul colle.
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